CAPITOLO
VII:
IL MOSTRO DENTRO
A casa Marcel dormiva. La cena speciale
che gli aveva preparato era sul tavolo, il dolce anche.
Kay decise di non svegliarlo, si
spogliò e si mise il suo bizzarro pigiama di Cars e si mise a letto
silenzioso.
Nel sonno Marcel lo sentì e gli si
accoccolò contro senza svegliarsi sul serio.
Al mattino Kay aveva messo la sveglia
presto, voleva tornare da Ramon per finire la canzone quel giorno
stesso, in due così ispirati sicuramente potevano farcela, anche se
ora veniva la parte più complicata, il testo.
Quando il telefono suonò la cavalcata
delle valchirie, lo spense e si spaventò subito dopo per i due occhi
di brace che lo fissavano come se lo stessero assorbendo.
Due buchi neri.
Marcel era sveglio e probabilmente da
un bel po'.
- Ehi, mi hai spaventato... di solito
dormi... - Disse piano ed assonnato, la voce roca e gli occhi piccoli
e stropicciati.
Sembrava ancor di più un criceto,
così.
Marcel sospirò anche se era serio ed
indecifrabile, poi gli baciò la punta del naso in un gesto molto
tenero.
Dopo di questo disse piano:
- Non trattenerti mai più del dovuto
con lui. -
Kay rimase colpito di quella frase,
sapeva a cosa si riferiva. Aveva immaginato qualche litigio ma questo
era sorprendentemente calmo.
- Non sei arrabbiato? - Chiese flebile
sentendosi in colpa, risultando così da mangiare di baci. Marcel si
trattenne a stento, però sorrise divertito carezzandogli il viso.
- No perchè so come fa per catturare
le persone. Le ammalia, fa in modo che il tempo voli e riesce a
fargli fare quello che vuole. Ma non è il suo stile provarci subito,
prima ti circuisce, poi affonda. Come un serpente. Stai attento. Non
trattenerti più, tieni d'occhio l'ora e quando la sera cala, prima
di cena, torna a casa. - Marcel parlava ancora con sorprendente
calma, quasi sereno. Si capiva che sapeva perfettamente quello che
diceva. Key però capì anche che non glielo avrebbe ripetuto due
volte. La seconda avrebbe fatto una scenata ingestibile, si sarebbe
infuriato.
Così annuì e sorrise con aria di
scuse.
- Perdonami, non volevo. Ho visto la
cena speciale... la possiamo scaldare per pranzo? - Marcel annuì.
Non gli stava facendo pesare nulla, era davvero sorprendente. Dopo di
questo lo baciò e gli diede il buongiorno tornando ad accoccolarsi
sul suo petto magro. Kay lo circondò con le braccia e gli carezzò i
capelli arruffati e poi la schiena inarcata. Il suo bisogno di
serenità era maggiore della voglia di sgridarlo o litigare.
Ne rimase molto colpito e si ripromise
di non trascurarlo più per Ramon.
Marcel per il resto della mattina non
rimase a dormire, stranamente.
Si alzò e, sempre rigorosamente nudo
com'era nel suo stile, si mise al pianoforte a comporre.
Si lasciò andare catturando quelle
strane sensazioni che provava.
Era stato bravo a gestirle e a non
farsi mangiare da esse, non voleva spaventare Kay e fare piazzate,
odiava litigare con lui, era una cosa che proprio lo faceva stare
male più di qualunque altra cosa. Però se non tirava subito fuori
quello che sentiva, sarebbe morto.
Kay gli aveva insegnato a non tenersi
dentro le cose importanti e visto che fino ad ora aveva parlato con
lui quasi di tutto tranne che di Ramon, decise di farlo nelle
canzoni.
Marcel aveva appena concluso il tour
del secondo album, aveva avuto il doppio del successo del primo,
stava decollando come in molti gli avevano predetto. Ma ora doveva
confermarsi con un altro album più bello degli altri.
Il primo parlava della doppiezza e
dell'ambivalenza, il secondo di rabbia, odio e follia. Entrambi
ispirati a Ramon.
Il terzo sapeva di cosa avrebbe
parlato.
Alzandosi dal letto con quella
sensazione, sapendo di dover tirare fuori tutto prima di cadere di
nuovo, seppe che anche quello avrebbe parlato di Ramon.
Ma in modo diverso dagli altri.
Voleva fare una specie di evoluzione
personale all'interno delle sue relazioni.
Parlare per metà della storia con
Ramon così divoratrice e distruttiva, e per l'altra metà di quella
con Kay, introdurre la salvezza, l'amore, il positivo.
Il sole.
Il suo sole dentro che aveva il viso di
Kay.
Così cominciò con quest'idea, sapendo
che forse solo dopo sarebbe riuscito a voltare veramente pagina.
Ripensò per l'ennesima volta a Ramon e
a cosa aveva significato per lui. Non poteva negare che fosse stato
importante, ma l'aveva distrutto. L'aveva creato ed ucciso.
Lo stava trasformando in un assassino.
Non aveva idea di che cosa l'avesse fermato, quel giorno, cosa di
preciso? Era pronto a farlo, la follia si era impadronita di lui.
Eppure?
Eppure... Kay avrebbe detto che non lo
era diventato perchè non lo era davvero.
Ripensare a Ramon e buttare giù testi
e musiche per lui fu un esorcismo che sapeva avrebbe dovuto fare.
A distanza di qualche tempo, dopo che
tutto era finito e quasi sepolto, vedeva le cose con distacco e
obiettività. Riusciva a capire cosa era andato storto, cosa aveva
sbagliato lui stesso, quale era il loro rapporto.
//Quel secondo album è molto oscuro,
ha toni davvero dark e con questo si ritaglia una nuova fetta di
pubblico. Il primo era ambivalente, per cui c'era un po' di un tipo
ed un po' di un altro, ma per il secondo c'è molta rabbia, è quasi
del tutto rock ed è piaciuto molto ad altri fan. Questo l'ha
consacrato nel mondo della musica eclettica. Marcel è un talento
unico, riesce a fare qualunque tipo di canzone, qualunque genere. O
per lo meno molti.
Soprattutto è credibile ed
interpretativo. Ha anche la tecnica.
Non sanno che riesce ad essere così
credibile perchè ha vissuto tutto quello che scrive.
Quell'inferno lui l'ha vissuto ed ora
non riesce ad uscirne.
Si guarda le mani e scuote la testa.
Per quanto potrà trascinarsi? La musica prima o poi non lo salverà
più. È marcio dentro.
Deve farcela, deve uscirne ma non sa
come fare, quando pensa di provare a stare sobrio, ricorda Ramon, a
quando l'ha quasi ucciso, a cosa era diventato per lui e gli vengono
conati di vomito.
Come fanno le persone a farlo sul
serio?
Ammazzare e magari anche ripetutamente.
I raptus sono un istante, è un miracolo che si sia fermato.
Come è possibile superare quella
sensazione lancinante... quella voglia di ucciderlo, togliergli la
vita, soffocarlo... cancellarlo... ancora adesso ha la stessa voglia,
ma ne è terrorizzato, non riesce a non pensare che in realtà lui
sia un mostro.
È questo che Ramon ha visto in lui, si
dice.
Un mostro.
L'ha solo fatto uscire.
Un giorno potrebbe ammazzare davvero e
quando chiude gli occhi e vede il suo viso, gli torna quel
desiderio... perchè è lui il colpevole, se lasciava che la bestia
dormisse in lui, non sarebbe successo niente.
È colpa sua.
Se un giorno avrebbe ammazzato sul
serio, sarebbe stata solo colpa sua.
**
Non avrebbe mai pensato di riuscire a
respingerlo.
Non avrebbe nemmeno mai pensato che
alla fine Ramon gli corresse dietro.
Non quel giorno, era troppo massacrato
per riuscirci. Appena si era ripreso, se l'era visto arrivare nei
camerini, prima di un concerto.
Lui e la sua faccia accattivante da
maledetto, così sicuro di sé, così seducente.
L'aria da artista dannato quale poi
era.
Marcel impallidì e allontanò di
scatto la truccatrice. Voleva solo morire. Ci fu quel secondo in cui
lo guardò dallo specchio, Ramon era dietro di lui e si fissarono. Fu
un momento.
Guardò delle forbici per la spuntata
ai capelli, erano proprio davanti a sé.
Quel desiderio di conficcarsele nel
collo.
Quel desiderio irresistibile di farlo e
porre fine a tutto.
Tremò per trattenersi, così si girò
di scatto.
Non era pronto a rivederlo, era presto.
Forse non sarebbe più stato pronto.
- Vattene! - Riuscì a dire a denti
stretti. Ma stava morendo nel dirlo. Stava ancora morendo.
Cos'aveva di tanto speciale che
l'attirava e lo respingeva al tempo stesso?
L'aveva amato fino alla follia ma come
era stato possibile? Perchè?
Non era umanamente possibile arrivare
ad amare qualcuno in quel modo, ma forse non era stato vero amore.
Era stata solo un'insana ossessione per qualcuno che aveva una
calamita e sapeva come attirare a sé chiunque.
Ora lo odiava con la stessa intensità,
ma in sé ancora i due sentimenti convivevano combattendo fino a
distruggerlo.
Ramon sorrise orgoglioso di quella
reazione visibilmente shockata, si avvicinò e Marcel alzò subito le
mani per fermarlo come fosse spaventato. Gli occhi spalancati,
spiritati. Uno truccato pesantemente di nero e l'altro no.
Ramon accentuò il sorriso, gli
piaceva.
- Sei davvero quello che ho visto quel
giorno. Ora ci sei! - Era davvero felice d'aver creato quel mostro.
- Tu hai fatto uscire una bestia e ne
sei anche fiero?! - Disse finalmente per chiarire definitivamente
cosa pensava.
A Ramon non importava.
Si chinò su di lui, appoggiò le mani
sulle sue cosce e cercò la sua bocca con quello sguardo divoratore.
Una volta sarebbe bastato.
Marcel stava aprendo istintivamente la
bocca, il desiderio di farlo era grande. Aveva un potere ipnotico
erotico.
Però all'ultimo si ritrasse e lo
respinse, usò troppa forza.
Ramon sogghignò e tornò verso di lui.
- Avanti che lo vuoi, aspettavi che
tornassi! - Ma Marcel per qualche miracolo si ricordò di cosa
voleva.
- Tu sei tornato con me perchè hai
visto la mia follia, hai visto che potevo farti male, potevo
ucciderti. Tu vuoi che ti facciano male fino ad ammazzarti perchè
sei troppo vigliacco per farlo da solo. Però non sarò il tuo
mostro. - Marcel sperava di essere stato definitivo, ma Ramon sorrise
ancora in quel modo orribile e veloce come un serpente gli prese
l'orecchio fra i denti e tirò, dopo ripose sibilante:
- Ma tu ormai lo sei. Sei il mio
mostro. E ti piaci. Per questo mi odi. - Marcel con questo scattò
improvviso, si era trattenuto a stento spasmodicamente, ma non ci
riusciva più, ormai. Era al limite estremo, si sentiva superare la
soglia della decenza e perdersi ogni volta, aveva paura di sé stesso
perchè sapeva che poteva arrivare alla fine.
Con quello scatto lo spinse alzandosi,
stava per andargli addosso, ma ad occhi sgranati si fermò rigido
senza nemmeno respirare, l'aria da chi aveva perso il senno e cercava
disperatamente di ritrovarlo.
- Vattene o lo faccio davvero! - Ramon
era finito a terra per la spinta e da lì si mise a ridere per
provocarlo, era davvero fastidioso, sapeva come tirare fuori il
peggio che aveva davanti.
Marcel strinse il pugno e tese il
braccio, ma poi alzò entrambi oltre la testa, si girò e si prese i
capelli tirandoseli fino a gridare.
- PERCHE' DIAVOLO VUOI CHE SIA IO AD
AMMAZZARTI? NON PUOI FARLO DA SOLO? ESCI E FATTI INVESTIRE! PERCHE'
CAZZO MI DEVI ROVINARE ANCORA DI PIU'? - Ramon si alzò senza
sistemarsi i vestiti tutti attorcigliati addosso, si scompigliò
ulteriormente i capelli trascurati e continuò la sua risata di
scherno.
- Perchè non ho finito il mio
capolavoro! Tiro fuori la potenzialità latente negli altri, no? Tu
hai ancora un pizzico di te che trattieni spasmodicamente... non ho
finito il mio lavoro come pensavo... - Non si capiva quanto lo
pensasse o quanto lo dicesse solo per farlo di nuovo scattare, però
comunque otteneva esattamente quello che voleva.
- Sei un gran pezzo di merda. - Disse a
denti stretti, teso come una corda di violino fino allo spasmo. Non
sapeva quanto ancora sarebbe riuscito a trattenersi. Si sentiva
sempre più di là.
- Guarda che lo penso sul serio, non
sei completamente te stesso ancora! - Marcel si girò di nuovo con
furia lasciandosi i capelli e allargando le braccia, con un'aria
altamente nevrotica.
- E sarebbe un assassino, quello che
devi tirare fuori? Quello che vedi in me? Mi stai mandando fuori di
testa, ho sempre più voglia di picchiarti fino a chiuderti per
sempre la bocca e deformarti la faccia... fino a farti smettere di
fissarmi in quel modo soddisfatto del mostro che hai creato! -
Ramon a quel punto, ancora estremamente
padrone di sé, si avvicinò a lui senza toccarlo, fino però a
sfiorarlo. Poi con aria di sfida, un'aria malefica, disse con
cattiveria:
- E' qua che ti sbagli mio caro... non
sono io che ti ho creato. Era tutto dentro di te! Io l'ho solo fatto
uscire. Ho tolto un coperchio! - Marcel in quell'istante invece di
scattare con furia e completare l'opera iniziata prima, si girò e se
ne andò sparendo. Non lasciò traccia per nessuno. Senza telefono,
senza nessun sistema per rintracciarlo.
Ramon seccato si dovette arrendere ed
andarsene convinto di poter tornare un'altra volta a tormentarlo per
prendersi quello che gli spettava.
Dovettero tardare il concerto di
un'abbondante ora e mezza, non furono in grado di trovarlo. Quando si
fece vivo aveva mezzo viso, quello truccato, tutto disfatto e
annerito dal trucco, mentre l'altro mezzo era ancora candido ma
arrossato per le lacrime che aveva versato.
Gli occhi gonfi.
Non si sarebbe retto in piedi, non
sarebbe mai stato nemmeno intonato la metà, se non fosse tornato ai
soliti metodi.
In quel momento chi si occupava di lui,
i suoi stessi assistenti, si guardarono e si trovarono davanti ad un
bivio molto netto.
O annullare il concerto dicendo che
stava male, o dargli qualcosa per tirarlo su e spingerlo in scena e
salvare la faccia almeno in parte.
Ovviamente non ci persero il sonno.
Lo mandarono sul palco.
Marcel dopo quella volta cambiò numero
di telefono e casa e si mise dietro una guardia del corpo con l'unico
compito di tenergli lontano Ramon a qualunque costo.
Fu così che lentamente riuscì ad
estirparlo dalla sua vita, a non vederlo più. Ma non a smettere di
pensarci, non ad uscirne sul serio.
Sprofondato nel nero che gli aveva
lasciato, si sentiva marcire giorno dopo giorno, incapace di uscirne,
incapace di farcela da solo.
Ormai era finito.
- Maledetto Ramon fottuto! - Ormai dare
la colpa a qualcuno era l'unica soluzione per sopravvivere, visto che
era obbligato a farlo e che il mondo era ancora lì.
Però la cosa peggiore per lui era
sapere che alla fine Ramon aveva potuto creare il mostro, perchè il
mostro già c'era.
Era questo il punto, dopotutto.\\