*Finalmente sono finiti a letto insieme, è successo, era ovvio ma ce l'hanno fatta sudare la prima volta. Ma il giorno dopo è sempre la parte più dolente delle prime volte e con un pensatore come Alan, ovviamente non sarà una passeggiata. Ci sono molte cose a cui devono pensare ed è ora di farlo. Buona lettura. Baci Akane*

12. QUELLE SAGGE PAUSE

Quando i suoi occhi azzurri gli avevano fatto dono di uno sguardo assonnato al risveglio, Alan vi aveva visto felicità nel vederlo ancora lì. 
- Non sei sgattaiolato come un ladro... - Quello fu il suo buongiorno ed Alan fu felice che sdrammatizzasse, così riuscì a sorridere. Ma fu un sorriso appannato e confuso.
Eric si stupì più del vedere che non mascherava il suo reale stato d’animo, piuttosto di vederlo ancora lì. 
- Sei confuso... - Constatò stupito. Alan alzò una spalla ma gli carezzò una guancia con le dita chiuse. 
- È normale. Io ho bisogno di pensare, ieri ho agito d’impulso perché non ne potevo più, ma... - Alan non sapeva come proseguire e alzò di nuovo le spalle. - Ma non so cosa fare. Ci sono tante cose da considerare ed io non so nemmeno perché l’ho fatto davvero. - 
- Lo volevi... - Suggerì Eric consapevole che non fosse così semplice. 
- Non è così semplice... - Disse infatti Alan, Eric sorrise sapendolo. 
- Immagino di no. - 
- Sai... - Così iniziando Alan si sollevò con la schiena mettendosi a sedere sul letto, Eric rimase ancora giù steso sul fianco, rivolto verso di lui. - Ci sono molte cose da considerare. Io sono più grande di 14 anni e sono il tuo capo in questo momento. Non da meno tu probabilmente l’hai fatto con leggerezza senza nessuna motivazione e volontà dietro. Ti andava e l’hai fatto, come voi giovani fate la maggior parte delle cose. E poi eri scosso dalla giornata avuta ed io ti sono stato vicino, quindi è stato normale, ma questo non significa che magari vuoi un seguito e che eri serio nei miei confronti. - Eric voleva interromperlo ma sentirlo fare considerazioni su di loro era molto bello e rimase lì in silenzio ad ascoltare il suo flusso che finalmente non frenava e non nascondeva dietro a cose politicamente corrette e a doveri. - E poi ci sono io, io non ho la minima idea del reale motivo per cui l’ho fatto. Il mio più caro amico è gay ed è innamorato di me da sempre. Se era per mettermi alla prova e sondare uno dei miei più grandi dubbi soffocati, potevo chiedere a lui. Però sono venuto da te, così giovane, un mio tirocinante... io davvero non capisco il motivo dietro questo mio gesto. Cosa mi aspettavo dopo la fine del, diciamo così, esperimento. - Alan era abituato a parlare molto per convincere la gente di ciò che voleva, in quel momento lo faceva per convincere sé stesso che era tutto corretto e giustificato, ma non sapeva quale soluzione volesse tirar fuori. 
- E come ti senti alla fine di questo esperimento? - Chiese Eric con una semplicità tipica di un ragazzo di ventisei anni. 
Alan lo guardò da sopra e sorrise realizzandolo: 
- Bene, molto bene. - 
- Non sei pentito di nulla? Non so, di averlo fatto, di aver scelto me... al di là del motivo che ora come ora non conta... - 
Alan guardò davanti a sé ripensando alla sua giornata di ieri, a come si era sentito i giorni precedenti, i mesi e pure gli anni e a come si sentiva ora.
Libero. Finalmente libero. 
- No, non sono pentito. Anche se non so perché con te e cosa mi aspettavo, comunque ho trovato una risposta importante di cui avevo un terrore assoluto. - 
- E sarebbe? - Eric si sollevò sul gomito per guardarlo meglio in viso durante quella risposta: 
- Che questo è il mio mondo, io vi appartengo e non è una questione di persone, è una questione di genere. All’interno del quale con certe persone funziona meglio che con altre, ma è genere. - Era una risposta particolare, Eric non sapeva come prenderla ma seguì il suo impulso e si allungò quel che bastava per baciarlo, lo fece con grazia, eleganza e sensualità, sfiorandogli poi il viso col dito. Liberando quei modi che si prodigava da molto a nascondere per non avere problemi nell’essere identificato come gay. Non erano modi troppo smaccati, ma erano modi che rivelavano comunque ed ora non aveva paura di mostrarli, non ad Alan. 
Alan lo accolse con una calma incredibile e quando riebbe a mente lucida le sue labbra su di sé, si sentì a casa. Non ne ebbe paura, non provò l’istinto di fermare tutto e andarsene. Sentì che andava bene ed ebbe la conferma che cercava.
Questo non toglieva che Eric era sbagliato per quel suo nuovo percorso. 
- Festeggiamo il genere giusto? - Disse malizioso Eric infilando la mano sotto le lenzuola per arrivare in mezzo alle sue gambe. Alan schizzò sorpreso per poi sorridere malizioso a sua volta, lasciandolo muoversi fino a stimolare la sua erezione mattutina. 
L’eccitazione salì presto come se non ne avesse avuto abbastanza la notte precedente, Alan si abbandonò al piacere che strisciante risaliva lungo il suo corpo, sotto la sua pelle, fino a farlo sospirare e spingere leggermente il bacino contro la sua mano. Eric corse a succhiargli l’orecchio e quella combinazione di elementi fu devastante, venne in poco questa volta ed Eric sorridendo si spostò di nuovo sulle sue labbra baciandole. 
- Buongiorno nuovo Alan. - Decise di approfondire la loro confidenza e fu un po’ strano, ma non poi così male. 
- Eric... - Fece poi Alan dopo essersi ripreso, seppure a stento. Gli carezzò le braccia raggiungendo le mani mentre gli si accoccolava contro di lui piegando le gambe di lato in un’altra posa elegante. - Voglio che ci pensi bene. Sei giovane e ti sei buttato senza rifletterci, lo volevi, ti andava e l’hai fatto. Ma hai 26 anni ed io 40 e sei il mio tirocinante per un anno intero. Ormai qualcosa di meno. Voglio che... che prima di decidere cosa fare fra di noi, se continuare a sperimentare e a fare ciò che ci va intimamente, tu capisca che non è una situazione comune alle altre che hai già vissuto. Prima di decidere, pensarci bene perché potremmo fare un disastro di proporzioni bibliche. Io non voglio rischiare di rovinarti la carriera brillante che sono sicuro tu hai e poi insomma. Quattordici anni non sono pochi. Non sono nulla per una notte, ma per altro... - 
- Vuoi dire una relazione? - Chiese Eric sorpreso. Si raddrizzò per guardarlo e piegò la testa di lato. - Pensavo che fosse solo una prova, che finisse tutto qua. - Alan sorrise. 
- Perfetto. Mi hai già dato la risposta. - Eric capì d’aver sbagliato frase e mettendosi in ginocchio con agitazione per dare forza ai suoi pensieri confusi, disse: 
- No io pensavo che tu pensassi che questa fosse una prova, ma a me piacerebbe vedere cosa succede se andiamo avanti, proseguire... io non... io mi sono espresso male e... - Alan sorrise e gli mise una mano sulla guancia per calmarlo. 
- Ok, però al di là di cosa pensavo e cosa voglio e spero io... tu fermati e riflettici per un po’, congeliamo tutto quanto, perché se pensi che sia come qualsiasi altra relazione avuta fino ad ora... - 
- Non ne ho avute. - Disse asciutto Eric chinando lo sguardo quasi con vergogna. 
- A maggior ragione, vuoi davvero provare ad averne una con me? Vuoi davvero propormi questo? Guardami, ho 40 anni e sono il tuo capo per un sacco di altri mesi... - Alan ci teneva che Eric capisse e che fosse sicuro nel caso in cui avessero deciso di proseguire quel piacevole e strano discorso, ma non era il momento di scegliere, non dopo una notte insieme. 
Eric capì che Alan la vedeva dal punto di vista di un adulto saggio e maturo, quello che aveva sempre cercato. Non l’adulto, ma la maturità. La consapevolezza che se si fosse fidato, avrebbe fatto bene perché comunque non l’avrebbe massacrato. Perché è questa la maturità. Saper gestire bene le situazioni. 
In Alan cercava sicurezza, stabilità, calore, calma ed una serie di cose che non aveva mai avuto, come la dolcezza, per esempio. 
- Va bene, prendiamoci del tempo per riflettere lucidamente e senza fretta. Penso che ne abbiamo bisogno entrambi, no? - Disse alla fine. Alan annuì e sorrise avvicinandosi per baciarlo. Lo fece con delicatezza pensando che forse sarebbe stato l’ultimo, perché un ragazzo come lui non poteva davvero volere qualcosa di serio con uno così grande e così diverso. Erano mondi diversi, stesso genere, ma mondi davvero troppo diversi e lui sapeva che certe differenze non erano una passeggiata. Non voleva rischiare né la propria felicità, né tanto meno quella di un ragazzo così meraviglioso e bisognoso di amore, un amore sconfinato. L’amore che forse non aveva mai avuto, non nel modo giusto. 
E non era forse vero che lui aveva una grandissima voglia di darglielo, quell’amore? Magari nel tempo e con calma, ma farlo? 

- Sei un idiota! - Sbottò Desirée senza mezzi termini pochi istanti dopo il loro ingresso in studio. Eric la fissò senza avere idea di come avesse fatto in mezzo secondo a capirlo. 
- Come... come diavolo hai fatto? C’erano telecamere nel parcheggio? - Rispose spontaneo mentre confabulava vicino a lei facendo il caffè consueto dell’inizio giornata. 
- No... se era per lui non l’avrei mai capito, ma tu sei un libro aperto! - Eric la fissò stralunato toccandosi una guancia in modo spontaneo e poco mascolino e lei sollevò gli occhi al cielo esasperata: - Oh mio Dio, ma che ti ha fatto? Eri decente nel trattenerti, ora si vede che sei gay e cotto di lui! - 
- Ma come... - Eric ancora non se ne capacitava ma lei sembrava in vena di spiegazioni o quanto meno parole. 
- Non sono idiota, finora lo guardavi fantasticando, ora lo guardi sapendo cosa si prova... - Non proseguì oltre, fu criptica ma sufficientemente efficace. Eric avvampò ripensando alla splendida notte insieme e non riuscì a proferire parola. Si sentì l’adolescente alle prese con la propria reale identità sessuale, incapace di nasconderla e gestirla. 
Desirée sospirò spazientita per l’ennesima volta prendendo la tazzina di caffè e preparando per la seconda. 
- Cosa avete deciso? - 
- Come mai sei così interessata improvvisamente? - Chiese lui malizioso cercando di prendere tempo e di sdrammatizzare qualcosa che lo agitava enormemente. 
- Perché lavoro con entrambi, imbecille! Voglio capire cosa aspettarmi da qui ai prossimi mesi! - Eric capiva che aveva logica il suo ragionamento. Come sempre. 
Si strinse nelle spalle passandosi la mano fra i capelli perfetti, rimase sul collo e si perse nella porta di Alan chiusa con lui dentro, alle prese con i primi compiti di giornata. 
- Non lo so... ha detto di pensare bene a cosa voglio e suppongo che anche lui abbia bisogno di pensare... è stato un atto impulsivo dovuto a... beh suppongo alla botta emotiva e all’imprevedibile avvicinamento avuto ieri... - Arrossì ricordando il proprio lungo pomeriggio di debolezza. Desirée sospirò e scosse il capo prendendo il secondo caffè e mettendo su il terzo. Col secondo si avviò verso lo studio di Alan, consapevole che da parte sua non sarebbe uscito nulla. 
- Io al posto vostro aspetterei che l’anno si concluda del tutto. Con lui ci puoi riuscire a mantenere tutto su un piano normale. E dopo in caso provate a frequentarvi se siete ancora dell’idea. - Eric rimase da solo col caffè che finiva di scendere dalla macchina, perso su quanto assurda e al contempo perfetta potesse essere quell’idea. Insomma, alla fine non era una cosa facile ovviamente. Si trattava di aspettare un bel po’ di mesi, ma c’era da dire che sperimentare quella ‘cosa’ fra loro e lavorare allo stesso momento poteva essere davvero fatale. Sospendere tutto ti permetteva di capire bene quel che volevi ed eventualmente proseguire nel caso poi si fosse ancora sulla stessa lunghezza d’onda. E se lo si era ancora significava che c’erano delle ottime basi e premesse per un’ipotetica storia d’amore.
“Dopotutto non lo so nemmeno io se lo voglio davvero, è stato tutto improvviso.”
Poteva davvero essere solo la foga del momento in fondo. Una voglia matta. Qualunque cosa. 
- Una cosa per volta... - Mormorò a fior di labbra sovra pensiero per capire come gli sembrava. 

Alan era perfettamente in grado di decidere da solo, ma voleva farlo comunque dopo aver sistemato con Paolo. La situazione era degenerata in un attimo ed alla fine comunque lui aveva avuto ragione. Solitamente gli amici ce l’hanno, specie se ci tengono in quel modo. 
Per il resto del giorno Alan fu gentile al solito modo con Eric e fu come se nulla fosse successo, il giovane si sorprese non poco nel vedere quella capacità. Per un momento pensò di aver sognato ogni cosa. 
Prima di andare a casa e quindi al momento di salutarlo, entrò nel suo ufficio con già la giacca addosso e il telefono stretto nervosamente nell’altra. 
Bussò esitando e al suo gentile ‘sì?’, sbucò dentro. Lo guardò con l’intenzione di dire che andava via e salutarlo, scendendo al suo livello, ovvero fingendo che nulla fosse successo. 
Ma poi al posto di parlare e sorridere solare come sempre, aveva fatto un’aria imbarazzata di scuse e dalle sue labbra era uscito un delicato:
- Tutto bene? - Alan si era tolto gli occhiali da vista poichè stava leggendo alcune carte da ore, lo guardò con attenzione e accentuò il suo sorriso che prima era stato gentile, lì tornò intimo. Fu un piccolo guizzo, ma Eric lo vide e si tranquillizzò. 
- Lo sarà dopo che avrò sistemato le cose col mio migliore amico. - Si ritrovò a dire. 
- Io intendevo... fra noi... - Usare quel termine fu strano e difficile, aveva paura di essere deriso e rifiutato anche se sapeva che non sarebbe stato da lui, ma comunque non era facile. Trattenne il fiato, poi Alan rispose. 
- Benissimo. E tu? - Eric si sentì deluso. 
“Tutto qua?” Si rese conto che si era aspettato di più, anche se era vero, avevano deciso di congelare tutto prima di una decisione definitiva.
Ma quanto si poteva congelare qualcosa che scalpitava? 
“Forse scalpita solo in me...” Di nuovo i dubbi risalirono striscianti in lui, ma la sua bocca si limitò a sorridere: 
- Bene. - Disse facendo del suo meglio per apparire convincente. - Io vado, ci vediamo domani. - Ma forse questo aveva parlato più di quanto avesse voluto. 
Prima di poter chiudere la porta sentì la voce di Alan richiamarlo. 
- Eric? - Eric si fermò e il secondo dopo se lo ritrovò davanti. La mano sulla sua, il viso vicino e la sua presenza così dannatamente sconvolgente. Si perse nel suo sguardo profondo e nel loro contatto, quel contatto di mani che nessuno dei due ritirò. 
- Se ci comportiamo come una coppia non riusciamo a riflettere bene... - Che avesse capito il suo stato d’animo non l’aveva stupito, piuttosto la sua frase, quella sì. Il fatto che avesse cercato di tranquillizzarlo e quelle mani dicevano altro rispetto al comportamento normale tenuto in tutta la giornata. 
- Ecco... lo so... - Abbassò lo sguardo colpevole di non sapeva bene cosa. - É solo che non vorrei tu mi archiviassi facilmente... io voglio che tu mi tenga davvero in considerazione, mentre decidi... - Alan, colpito dalle sue parole coraggiose e mature ma anche sicure di sé, sorrise ancora e forte del fatto che Desy se ne era andata, avvicinò le labbra alla sue concedendosi un momento di debolezza:
- Ho voluto farlo per tutto il giorno... - Mormorò a quel punto facendo partire un brivido lungo tutto il suo corpo. Eric rimase paralizzato appoggiato alla porta e capì che era semplicemente molto bravo a fare quello che doveva a scapito di ciò che voleva. 
A quel punto Eric schiuse le labbra ed in risposta si infilò con la lingua fra le sue, approfondendo quel bacio che aveva voluto anche lui. 
Se lo concessero in silenzio senza altri gesti particolari. Le mani strette in quel modo e quella sorta di appunto. Non dimenticarti di pensare a me.
E ci avrebbero pensato molto entrambi, ma non da soli. 
Usando le rispettive fidate amicizie, perché era esattamente per questo che servivano gli amici ed una volta che Alan fu a casa di Paolo per chiarire, capì che lui aveva già capito. Lo capì da come lo accolse abbracciandolo in silenzio senza aspettarsi chissà cosa. 
- Avevi ragione. - Sussurrò Alan sciogliendo l’abbraccio. Paolo, sorpreso dell’ammissione, lo guardò con quella punta di consapevolezza che non celava la ferita che si era improvvisamente aperta, ma l’averlo ritrovato comunque come amico era sufficiente in quel momento. 
Piuttosto che perderlo definitivamente, andava bene così.
“Certe storie non sono fatte per essere vissute.”
Si disse mentre capiva da quella semplice frase e dal fatto stesso che Alan fosse venuto a cercarlo, che doveva essere poi andato da Eric e ceduto definitivamente ai suoi istinti.
Voleva chiedergli perché lui, perché un giovane conosciuto da pochi mesi e non lui. Ma certe domande era meglio non farle se non si era certi della risposta. E sicuramente lì non c’era una risposta facile da sentire.