*Siamo al penultimo capitolo, per capire come Eric ed Alan arriveranno alla scelta finale, bisogna passare per i loro amici. Alan ha chiarito con Paolo, mentre Eric ha una consigliera bizzarra che spesso tende a dare consigli al contrario. Nel frattempo in studio arriva un caso molto particolare e delicato che farà capire chiaramente ad Eric cosa vuole fare. Buona lettura. Baci Akane*
13. A COSA SERVONO GLI AMICI
- Non dirmi che ti sei deciso... - Disse invece Paolo allegramente, cambiando abilmente modalità. Alan imbarazzato sgusciò dentro il suo appartamento molto più modesto rispetto al proprio. - Carne giovane, eh! Quindi sei quel genere... - Continuò ironizzando per sopportare meglio quel momento che sperava di poter digerire, un giorno. Del resto aveva già digerito molto, poteva farcela.
- Che genere? - Chiese Alan.
- Quelli che preferiscono i giovani... - Alan rise allentando anche la propria tensione, grato che l’amico fosse riuscito a fare quello sforzo.
- Non lo so se sono così, per il momento ho seguito un impulso ma gli ho detto di pensarci, lo devo fare anche io. È stato troppo improvviso. -
- Pensarci... è così tipico di te... - Lo derise prontamente.
- Beh ci sono andato a letto, eh? - Puntualizzò seccato Alan, un altro pugno immaginario colpì Paolo, ma sorrise ancora enfatizzando la situazione.
- Però... intraprendente... e credi di poter aspettare che pensi? Voglio dire... se ti chiede tempo? Dopotutto è giovane e volubile, potrebbe voler finire il praticantato e intanto cambiare idea... - Alan aveva ovviamente già pensato a quell’eventualità, ma alzando le spalle si buttò sul divano col labrador di Paolo che gli piombò poco delicatamente addosso massacrandolo.
- Se è così che deve andare significa che è meglio. - Alan non era sicuro di cosa voleva e far decidere ad Eric o al fato era la cosa migliore mentre si destreggiava in quell’enorme caos.
Paolo mentre prendeva da bere per entrambi tirando fuori la bottiglia che aveva preso per lui, disse:
- Sei parecchio confuso e spaventato, eh? - Non aveva bisogno che glielo confermasse, lo conosceva. Alan sospirò e piegò la testa alzando contemporaneamente la spalla.
- Non è che sia facile, sai... - Alan appoggiò la nuca allo schienale col cane che si stendeva col muso su di lui. Paolo lasciò il calice sul tavolino davanti a lui e si sedette dall’altra parte ascoltandolo senza interromperlo: - Io semplicemente ho agito d’istinto ma non sono uno che agisce così e quindi ho bisogno di pensare. Se dovesse chiedermi il resto dell’anno e poi gli passasse pazienza, ormai però ho capito che... beh, sono questo. Ovviamente non sono attratto da tutti, per ora è capitato con lui ma sento che... che finalmente nuoto nelle mie acque, capisci? Ma lo sapevo. Era come se io fossi lì su quel gommone da anni consapevole di saper nuotare, ma avessi paura lo stesso di annegare. Ed ora che mi sono buttato ho avuto conferma di ciò che sapevo. So nuotare. - Amava le metafore, Paolo non lo interruppe lasciando che la propria mano carezzasse la schiena del labrador mentre quella di Alan lo faceva con la testa. - Però il punto è... perché mi sono buttato proprio in quel mare e non in un altro? Voglio dire... perché Eric e non chiunque altro? - Ovviamente era la fatidica domanda che Paolo non voleva fare per non sapere la risposta, ma capì che nemmeno Alan la conosceva. Così cercando di aiutare il suo amico, ricordandosi qual era il ruolo deciso da lui, disse:
- Allora magari più tempo ti chiede e meglio è... - Alan annuì sempre con lo sguardo perso in avanti, rivolto ad Eric e al suo sorriso limpido e al bisogno di essere sé stesso e non quello sempre perfetto e a posto. Non troppo questo o quello.
- Vedremo... - Fece poi spostando pigramente la testa verso di lui. Paolo fece altrettanto sperando di riuscire a mascherare bene la propria tristezza. Con lui non sarebbe mai successo quel che aveva sperato da una vita. - È davvero troppo giovane, non credo succederà più nulla... - Paolo non ne era sicuro perché da quel che aveva capito di lui era un giovane che era stato obbligato a crescere in fretta e rinforzarsi per poter arrivare ai propri scopi e realizzare sé stesso. Probabilmente la chiave del loro ‘contatto’ era quella. Che Eric non aveva ventisei anni perché in realtà aveva esperienze per uno di almeno dieci anni di più.
- Magari ti stupirà... - Fece invece. Alan meravigliato lo guardò.
- Magari... -
- Sai, sono confuso... - Disse Eric dopo l’ennesimo bicchiere di acqua.
- Beh anche io lo sono, perché non ti ubriachi? Hai un ottimo motivo per farlo, ti sei scopato il tuo capo di 14 anni più grande, più motivo di questo... - Laura non sapeva proprio filtrare i pensieri, a maggior ragione con lui. Eric sospirò e si versò da bere da solo. Il locale ormai vuoto, ma loro ancora dentro in attesa che lei sistemasse e chiudesse.
Lui appoggiato al bancone col gomito e l’aria depressa, lei che stava contando i soldi in cassa valutando se la somma corrispondeva a quella degli scontrini battuti.
- Se mi ubriaco non riesco a pensare e ne ho bisogno... - Lei alzò le spalle.
- Pensi già un sacco per via del lavoro, anche per l’extra lavoro devi pensare? - Ovviamente doveva ma lei cercava di alleggerire una situazione che forse non serviva appesantire troppo.
- Secondo Desirée lui è tipo con cui puoi sospendere una situazione strana e riprenderla dopo qualche tempo e nel frattempo ci puoi stare a contatto e lavorare serenamente. Il punto è che forse non lo sono io. Ho paura di non resistere tutto questo tempo fianco a fianco con lui... - Eric parlava a ruota libera da molto ormai e lei ascoltava con mezzo cervello mentre con l’altro faceva un sacco di altre cose.
- Perché dovresti sospendere? Insomma, non è stata solo una scopata? Vi andava e l’avete fatto, non è che ci sia molto da fare... mica siete innamorati o cose simili... - Lei la metteva più cruda e schietta, Eric sentendolo dalla sua voce capì che gli stonava qualcosa.
- No non è così. Non ci amiamo però sento che c’è un sacco di potenziale nel nostro rapporto, solo che ovviamente è presto e... e ci sono molti ostacoli... -
- Ok, uno lo puoi superare aspettando perché fra qualche mese non sarà più il tuo capo. Ma l’altro non lo supererai mai. Ha 40 anni, Eric. Cosa credi di risolvere con questo dato? - Dopo aver constatato che il conto era corretto, mise via in borsa il guadagno giornaliero e andò da Eric rimanendo al di qua del bancone, prese un bicchiere da whiskey e se ne versò un po’ sollevandolo contro il suo bicchiere con l’acqua.
- Bevo io al tuo posto allora. - Fece lei poi. Eric arricciò le labbra e la guardò senza vederla.
- Conta tanto l’età? - Chiese senza bere mentre lei lo faceva senza esitare.
- Beh non sottovalutare la cosa. Insomma, un giovane ed uno più vicino alla mezza età sono due mondi molto diversi. Un giorno vi peserà questa differenza. All’inizio va tutto bene, c’è l’innamoramento, ma quando lui ne avrò cinquanta o sessanta e tu più di dieci di meno... -
- Perché bisogna pensare così a lungo termine? Chi ci dice che comunque andremo avanti così a lungo? Io voglio solo vivere il momento. È ora che sono attirato da lui, magari fra dieci anni ci saremo lasciati... voglio dire, stiamo creando un caso sulla base di nulla! - Esclamò seccato Eric, Laura lo guardò stupita.
- Beh se dici questo hai già la tua risposta... - Eric non la capì e ci rimase di stucco.
- Qu-quale? In che senso? - Laura prese un secondo bicchiere e riempì entrambi dando il secondo a lui che lo guardò torvo, poi lei rispose:
- Non cerchi una storia a lungo termine, vuoi qualcosa di bello ma momentaneo. Sicuramente se ti sei preso da lui significa che comunque quel qualcosa deve essere serio e profondo ma non per sempre. Per questo tu non sei turbato dal fattore età. Ma scommetti che per lui è un ostacolo insormontabile? - Eric esitò mentre sentiva una sorta di terrore risalire da dentro. Inghiottì. Forse non c’era nulla a cui pensare, forse davvero non era una storia a cui si poteva ambire. Forse non era proprio nulla.
A quel punto Eric prese quel bicchiere di ridotte dimensioni e bevve, lo mise giù, sorseggiò quello che aveva in bocca che gli bruciò la gola per lo shock del passare dall’acqua a quello e poi come in una sorta di illuminazione portata proprio dall’alcool, disse deciso:
- Finché non vivo qualcosa non so cosa voglio davvero. È assurdo pensarci tanto ora, l’unica è provare. - Laura però dovette fare la guastafeste anche se spesso lo sosteneva perché era l’incosciente per eccellenza.
- Sì ma questo esperimento potrebbe andare a discapito della tua carriera, in questo momento. Lui resta il tuo capo ora e ti deve dare un giudizio che per te è essenziale. - Fu strano sentire questa cosa così sensata e ragionevole da lei che solitamente dava consigli bizzarri e totalmente incoscienti.
Eric a quel punto si sentì senza fiato e gli parve di avere gli occhi lucidi, sensazione che cancellò con un altro bicchiere.
Dopotutto Laura aveva ragione, aveva un ottimo motivo per bere.
- È solo che ho paura di perdere la mia più grande occasione. E non parlo del lavoro. Quello ovviamente è importante, ma ho paura che se non la vivo ora poi si perde tutto e se questa è la mia storia? Se questa è la storia che aspettavo da sempre e poi non tornerà più? Ho la sensazione di non potermi perdere questo treno, ma forse parlo così perché sono giovane, no? Vivo tutto come se fosse essenziale, magari poi non lo è... Dio non so proprio che fare... -
Laura non sapeva cosa consigliargli perché era una decisione così importante che doveva prendere lui. Lei gli aveva solo presentato tutte le opzioni del caso, aprendogli gli occhi. Ma non poteva scegliere al suo posto. Poteva solo farlo bere ancora, anche se ovviamente ubriacarsi non serviva a nulla.
Nessuno dei due alla fine aveva le idee chiarissime, perché se erano partiti con un’idea, parlando coi loro rispettivi amici erano finiti per cambiare idea, o meglio confondersi ulteriormente.
Alla fine il giorno dopo erano tornati in studio con la testa che scoppiava e la totale incapacità di decidere il da farsi.
Perciò, semplicemente, vedendo che Alan continuava a comportarsi da capo gentile come aveva sempre fatto, Eric decise di approfittarne e fare solo il tirocinante volenteroso e curioso. Anche lui come aveva sempre fatto.
Ad aiutarli arrivò un caso difficile, il giovane non maggiorenne era affidato ad una famiglia che lo voleva adottare, ma in scena era arrivata la madre biologica a chiedere di riavere il figlio.
Il problema era rappresentato dal fatto che la madre biologica era scomparsa abbandonando deliberatamente il ragazzo perché lei era tossicodipendente e conviveva con un uomo violento che aveva abusato del ragazzo.
In poche parole, quel giovane aveva passato un’infanzia orribile, poi la polizia l’aveva trovato in circostanze complicate, all’interno di un’indagine, e l’aveva affidato ai servizi sociali che l’aveva messo nelle splendide mani di un’ottima famiglia.
Ovviamente il giovane si era trovato bene nell’arco del tempo, ma al ritorno della madre apparentemente disintossicata che aveva lasciato l’uomo violento, aveva impugnato la legge per riprenderselo.
Dal momento che il ragazzo non voleva tornare da lei, la famiglia si era rivolta a lui, avvocato di diritto di famiglia.
Situazione delicata era dire poco.
Ma fu proprio grazie a quel caso che Eric capì esattamente cosa voleva e cosa doveva fare.
Naturalmente avendo a che fare con un minore, si tendeva ad ascoltare i genitori affidatari che si rivolgevano all’avvocato. Cosa che Alan fece con calma e distacco cercando di non farsi coinvolgere. Dopo aver chiesto precisazioni sulle prove delle reali condizioni della madre biologica, chiese di parlare da solo con il ragazzo di quindici anni, cosa che non sarebbe stata scontata.
Lui era assunto dai genitori affidatari, non dal ragazzino. Perché parlare con lui?
- Ma... ma cosa c’entra lui? Siamo noi che vogliamo i suoi servizi. - Chiese l’uomo confuso.
Alan, senza scomporsi, disse:
- Voglio essere sincero, non ci sono molte possibilità di vincere contro una madre biologica riabilitata. Dai dati che mi avete fornito questa donna adesso è pulita da un anno, lavora e ha tagliato totalmente i contatti con quell’uomo e non solo, dite che non si frequenta con nessuno. - Ovviamente i genitori avevano assunto un investigatore privato prima di decidere come muoversi e proprio vedendo le ottime possibilità della madre, avevano capito di aver bisogno di un avvocato in gamba.
- E... e quindi perché vuole parlare con Marco? - Chiese ancora lui. Alan senza scomporsi, rispose calmo:
- Perché devo avere un’ottimo motivo per accettare una causa così difficile con così scarse possibilità di successo. - Disse quindi senza spostare lo sguardo. - E questo ottimo motivo me lo può dare solo lui. Ma dobbiamo rimanere soli. - Fu a questo punto che la donna annuì e prendendo il marito per mano, si alzò lasciandoli soli.
Eric rimase dentro, quando lo vide alzarsi e sedersi vicino al ragazzo in una sedia uguale alla sua, vide anche che il suo volto si apriva in un’espressione dolcissima che ispirava un sacco di fiducia.
Eric rimase senza parole a guardarlo in disparte, ad ascoltarlo mentre gli chiedeva la sua versione e gli faceva delle domande su quello che era successo con la madre biologica e poi con la famiglia, infine vedendo che piano piano il ragazzo si apriva, finì con la fatidica domanda, ma la fece in un modo che Eric rimase totalmente catturato.
Gli teneva la mano e non sembrava minimamente un avvocato. Alan sembrava sempre un avvocato lì dentro, non importava quanto diversa poi fosse la sua indole. Ma in quel momento era completamente vero, sé stesso, un uomo che forse non sarebbe mai stato padre ma che era un peccato perché sarebbe stato uno di quelli speciali.
- Voglio che tu sia sincero, al mondo non esiste nessuno che conosca tua madre meglio di te. Sei tu che ci sei cresciuto e ci hai vissuto per quindici anni, voglio che tu mi dica sinceramente se ti puoi fidare di quella che hai incontrato in questo periodo. Voglio che mi dici cosa ne pensi e cosa vuoi. Al di là di loro, so che non vuoi ferirli e deluderli, ma prometto che quel che dirai rimarrà qua dentro e non lo dirò mai. - Il ragazzino fissò Alan confuso e meravigliato.
- Ma lei prima ha detto che ci sono scarse possibilità di successo contro di lei... - Alan sorrise.
- Sì, è vero, ma se tu non vuoi andare da lei e non ti fidi, se tu mi dirai che non vuoi, io farò tutto ciò che è in mio potere per impedirlo. E posso assicurarti che nel mio settore non troveresti nessuno in grado di giocarsi la carriera come faccio io. - Eric si rese conto che non respirava più, né lui né il giovane. E si rese conto di avere gli occhi lucidi, come il ragazzino.
Alla fine, dunque, Marco rispose:
- Io voglio rimanere con i miei genitori affidatari, non posso dimenticare quello che mi ha fatto e che ha permesso mi facessero. Non ho voluto dirlo a nessuno questo per evitare che mi guardassero in modo diverso, ma mi sono dovuto prostituire sotto la sua custodia perché c’erano uomini a cui piacevo e lei pur di avere i soldi di una dose mi ha lasciato nelle mani di quei sudici. Io credo davvero che ora lei stia bene e si sia pulita e sia affidabile, ma vede, Alan... io non voglio. Non voglio più stare sotto il suo tetto. Vederla ogni tanto è un conto, ma non tornerei mai ad essere suo figlio. - Alan, colpito nel profondo da quella rivelazione, fu spettacolare nel non dimostrare quanto ne fosse toccato e sorridendo fiducioso e dolcemente annuì, senza far trapelare lo schifo provato nel sentire quella storia.
- Allora farò tutto quello che posso. - E Marco, un ragazzino in piena adolescenza che ne aveva viste troppe, non aveva idea di quanto fosse quel suo ‘potere’, però decise di fidarsi. Decise che se non ci sarebbe riuscito quel signore, nessuno avrebbe potuto.
Fu lì in quel momento, davanti a quella scena che Eric realizzò cosa voleva da quell’uomo. Voleva avere l’occasione di vivere una storia vera a tutti gli effetti, voleva innamorarsi, voleva approfondire quel sentimento, quella scintilla nata in quel momento. Quella scintilla che gli aveva fatto capire che lui era diverso dagli altri, che aveva un’anima meravigliosa e proprio perché non voleva assolutamente perdersela, capì cosa doveva fare.