/altre foto coscar/
Sarebbe andato subito da lui a chiederglielo, ma essendo in campo non aveva potuto.
Per cui aveva aspettato la fine della partita e l’aveva subito
cercato, ma trovandolo seduto arrabbiato nella panchina, aveva
sospirato pensando che non fosse il momento, con ancora tutti lì.
Così aveva tirato per le lunghe il lavaggio ed aveva aspettato di
essere solo. Lo spogliatoio si era svuotato repentinamente e Diego ed
Oscar erano rimasti soli.
Non gli chiese come mai era ancora lì mentre gli altri si erano già avviati.
Indossò la biancheria intima e giocò con la maglietta intima.
- Che c’è? - Chiese un musone Diego, come se sapesse che aveva una
cosa da chiedergli. Oscar lo guardò sorpreso. - Non stai mai così tanto
a cambiarti. -
- Potevi andare se non ti andava di aspettarmi. - Diego alzò le spalle.
- Andiamo sempre insieme. - Risposta che non diceva nulla.
Oscar si infilò la maglietta e cercò i pantaloni.
- Beh? - Chiese di nuovo come un carro armato.
Oscar sospirò e si decise.
- Dicono che l’hai morso. - Lo sparò senza saper come chiederglielo senza farlo rimanere male.
Diego infatti si alzò dalla panchina di scatto andandogli davanti impettito ed aggressivo, tipicamente suo stile.
Oscar indietreggiò spaventato, le mani alte, attento.
- Non lo dico io. Io non ci credo. Non ho visto non ero proprio
lì… - Diego contrasse la mascella, arrabbiato, nervoso. Era stato
espulso per uno scontro particolarmente vigoroso con un avversario, ma
non gli aveva fatto niente di male, davvero.
Purtroppo con somma d’ammonizione era stato buttato fuori.
Sul momento non ci aveva pensato, gli era andato contro come un rinoceronte, come suo solito.
- Non l’ho morso, cazzo! Non ha fatto una piega, non c’era nemmeno
il segno! Ti pare che se uno viene morso non cerca di spostarsi? Non mi
dà un pugno? - Oscar annuì. Spesso era l’unico amico di Diego, l’unico
che stava sempre con lui, l’unico con cui stava in camera e faceva i
viaggi.
L’unico con cui parlava e rideva… con lui, Diego era gentile e simpatico.
Oscar abbassò le mani ed il tono, lo guardò con aria da cucciolo e chiese timidamente:
- Cosa gli hai fatto? - Non aveva rivisto la scena, l’aveva vista
sul campo e gli era sembrato che facesse qualcosa di strano, ma non
aveva capito e per qualche ragione lo riteneva importante capire.
Diego allora si avvicinò, lo prese per i fianchi e appoggiò la
fronte alla sua, ripetendo esattamente la mossa. Poi scivolò col viso
sul suo, spostando il naso contro la sua guancia e poi giù sul collo,
dove nell’incavo aveva appoggiato le labbra, premendogliele deciso,
parlandogli.
- Qua gli ho detto che quelle uscite se le deve ficcare in culo! -
Oscar avrebbe riso, ma rimase inchiodato a lui, alle sue labbra
che gli avevano parlato sul collo, alle mani sui fianchi che lo
tenevano a sé.
Poi le alzò e lo circondò carezzandogli la nuca fino ad abbracciarlo e strofinare il capo contro il suo.
- Qua ho realizzato che avevo appena fatto una cazzata. Cercavo di
rimediare, ma sapevo come sarebbe andata. - Oscar rimase immobile, le
mani giù, il fiato che non voleva uscire, quasi.
- Hai… hai solo parlato sul suo collo? - Diego non si staccò. Lo sentiva pulsare. Lo sentiva caldo. La voce tremare.
- Sì… - Tornò ad abbassare le labbra proprio dove erano state
prima, sulla pelle sensibile dell’incavo, scivolando su, sul collo,
sotto l’orecchio.
- Perché dicono che l’hai morso? - Diego non ne aveva idea e non
gliene importava più. Dopo aver cominciato non riusciva a smettere e
staccarsi ed iniziò a camminare spingendolo in avanti. Oscar
indietreggiò assecondandolo, fino ad arrivare al muro dove l’appoggiò.
- Non lo so, è stato tutto veloce. Se vedi uno che mette la bocca
sul collo di un altro e quella persona ha una brutta fama, pensi sempre
male. - Rispose sempre con la bocca sul suo collo. Oscar sussultò
chiudendo gli occhi, le mani istintivamente sulla sua vita, a tenerlo a
sé. Voleva chiedergli perché non si staccava più, voleva dirgli che
aveva capito.
Ma rimase lì a sperare che facesse altro.
- Perché l’hai fatto? - Chiese confuso, non capendo a cosa si riferisse. Se a quello in campo o a quello lì.
- Che importanza ha? - Oscar non lo sapeva proprio.
- Mi dà fastidio che metti la bocca sul collo di qualcuno in
questo modo. - Appena lo disse si rese conto di cosa significava e
trattenne il fiato cercando di girare la testa per vedere la sua
espressione, ma lui era immerso nel torpore del suo collo morbido e
sorridendo iniziò a leccarlo e carezzarlo, poi a succhiarlo e a quel
punto tutto sparì e finì. Tutto venne spazzato via.
Oscar si ricordò di un dialogo con il suo amico Juan, quando era
ancora al Chelsea un giorno ci aveva goffamente provato con lui, gli
piaceva moltissimo e siccome aveva un rapporto molto stretto con molti,
fra cui Eden, Cesar e Fernando, con un moto di gelosia si era
dichiarato.
Juan l’aveva respinto dolcemente dicendo che non era la persona giusta per lui.
‘Ma mi piaci da morire! Come fai a non essere giusto?’
Juan aveva sorriso teneramente, carezzandolo.
‘Quando lo incontrerai e ti ritroverai in una situazione dove
sarai inchiodato a lui, incapace di respingerlo, capirai che lui è
giusto ed io no.’
Non aveva avuto senso, non aveva capito e ci era stato male.
Ma ora capiva.
Non riusciva a muoversi, a respingere Diego che gli baciava il collo, che glielo leccava.
Non riusciva proprio a separarsi da lui. Ed eccitandosi subito,
alzò le mani infilando le dita fra i suoi capelli ricci, tenendolo
contro di sé per non farlo smettere.
Le labbra di Diego risalirono, gli leccò l’orecchio, poi la guancia ed infine gli succhiò il mento.
Prese il suo labbro fra le proprie e poco dopo aderì a lui perdendosi, trovando la sua lingua a cercarlo e accettarlo.
Fu un bacio lento ed intenso, niente di feroce e passionale, ma al tempo stesso sconvolgente, bello, puro.
Pulito.
Diego provò l’insano istinto di inginocchiarsi e farlo suo con la
bocca, ma si fermò pensando che non voleva sporcarlo troppo, che gli
sarebbe servito tempo per assimilare quel bacio e che non poteva
esagerare.
Con lui non poteva esagerare. Assolutamente.
Così usò per la prima volta nella sua vita quella delicatezza che mai avrebbe pensato di essere in grado di usare.
Quando si separò, Oscar tornò a respirare, lo guardò confuso ed eccitato e rimase in attesa.
Diego sorrise con una dolcezza che poteva riservare solo a lui.
- Scusami. Non ne potevo più. Lo volevo fare da una vita. - Oscar arrossì.
“Ed io volevo che lo facessi da una vita.”
- Va tutto bene. - Mormorò invece, piano.
Tutto bene.
Molto.
- Andiamo? - Oscar annuì e Diego lo lasciò andare, aspettandolo in parte che si rivestisse.
Non ne parlarono, non dissero nulla.
Ma per quello il tempo non gli sarebbe mancato.