NOTE: non potevo esimermi. No, non sono Diego Costa e Gareth Barry ma sono Diego Costa e Oscar… dopo il contatto focoso ho cominciato a sproloquiare con la mia cara Derret ed abbiamo stabilito che quelli sono i modi di Diego di provarci con i ragazzi… al che qualcuno dovrebbe dargli lezione di dolcezza ed abbiamo pensato ad Oscar. Poi do un’occhiata a qual è il loro effettivo rapporto e mi ritrovo un sacco di foto dolcissime di loro due sempre insieme per ogni occasione, ma soprattutto con Diego CHE SORRIDE DOLCEMENTE a lui! Allora ho deciso. Ecco cosa è successo dopo la partita e dopo l’attacco frainteso. E’ una piccola fic scritta di getto. Spero vi piaccia. Baci Akane

NON ERA UN MORSO



/altre foto coscar/


Sarebbe andato subito da lui a chiederglielo, ma essendo in campo non aveva potuto.
Per cui aveva aspettato la fine della partita e l’aveva subito cercato, ma trovandolo seduto arrabbiato nella panchina, aveva sospirato pensando che non fosse il momento, con ancora tutti lì.
Così aveva tirato per le lunghe il lavaggio ed aveva aspettato di essere solo. Lo spogliatoio si era svuotato repentinamente e Diego ed Oscar erano rimasti soli.
Non gli chiese come mai era ancora lì mentre gli altri si erano già avviati.
Indossò la biancheria intima e giocò con la maglietta intima.
- Che c’è? - Chiese un musone Diego, come se sapesse che aveva una cosa da chiedergli. Oscar lo guardò sorpreso. - Non stai mai così tanto a cambiarti. -
- Potevi andare se non ti andava di aspettarmi. - Diego alzò le spalle.
- Andiamo sempre insieme. - Risposta che non diceva nulla.
Oscar si infilò la maglietta e cercò i pantaloni.
- Beh? - Chiese di nuovo come un carro armato.
Oscar sospirò e si decise.
- Dicono che l’hai morso. - Lo sparò senza saper come chiederglielo senza farlo rimanere male.
Diego infatti si alzò dalla panchina di scatto andandogli davanti impettito ed aggressivo, tipicamente suo stile.
Oscar indietreggiò spaventato, le mani alte, attento.
- Non lo dico io. Io non ci credo. Non ho visto non ero proprio lì… - Diego contrasse la mascella, arrabbiato, nervoso. Era stato espulso per uno scontro particolarmente vigoroso con un avversario, ma non gli aveva fatto niente di male, davvero.
Purtroppo con somma d’ammonizione era stato buttato fuori.
Sul momento non ci aveva pensato, gli era andato contro come un rinoceronte, come suo solito.
- Non l’ho morso, cazzo! Non ha fatto una piega, non c’era nemmeno il segno! Ti pare che se uno viene morso non cerca di spostarsi? Non mi dà un pugno? - Oscar annuì. Spesso era l’unico amico di Diego, l’unico che stava sempre con lui, l’unico con cui stava in camera e faceva i viaggi.
L’unico con cui parlava e rideva… con lui, Diego era gentile e simpatico.
Oscar abbassò le mani ed il tono, lo guardò con aria da cucciolo e chiese timidamente:
- Cosa gli hai fatto? - Non aveva rivisto la scena, l’aveva vista sul campo e gli era sembrato che facesse qualcosa di strano, ma non aveva capito e per qualche ragione lo riteneva importante capire.
Diego allora si avvicinò, lo prese per i fianchi e appoggiò la fronte alla sua, ripetendo esattamente la mossa. Poi scivolò col viso sul suo, spostando il naso contro la sua guancia e poi giù sul collo, dove nell’incavo aveva appoggiato le labbra, premendogliele deciso, parlandogli.
- Qua gli ho detto che quelle uscite se le deve ficcare in culo! -
Oscar avrebbe riso, ma rimase inchiodato a lui, alle sue labbra che gli avevano parlato sul collo, alle mani sui fianchi che lo tenevano a sé.
Poi le alzò e lo circondò carezzandogli la nuca fino ad abbracciarlo e strofinare il capo contro il suo.
- Qua ho realizzato che avevo appena fatto una cazzata. Cercavo di rimediare, ma sapevo come sarebbe andata. - Oscar rimase immobile, le mani giù, il fiato che non voleva uscire, quasi.
- Hai… hai solo parlato sul suo collo? - Diego non si staccò. Lo sentiva pulsare. Lo sentiva caldo. La voce tremare.
- Sì… - Tornò ad abbassare le labbra proprio dove erano state prima, sulla pelle sensibile dell’incavo, scivolando su, sul collo, sotto l’orecchio.
- Perché dicono che l’hai morso? - Diego non ne aveva idea e non gliene importava più. Dopo aver cominciato non riusciva a smettere e staccarsi ed iniziò a camminare spingendolo in avanti. Oscar indietreggiò assecondandolo, fino ad arrivare al muro dove l’appoggiò.
- Non lo so, è stato tutto veloce. Se vedi uno che mette la bocca sul collo di un altro e quella persona ha una brutta fama, pensi sempre male. - Rispose sempre con la bocca sul suo collo. Oscar sussultò chiudendo gli occhi, le mani istintivamente sulla sua vita, a tenerlo a sé. Voleva chiedergli perché non si staccava più, voleva dirgli che aveva capito.
Ma rimase lì a sperare che facesse altro.
- Perché l’hai fatto? - Chiese confuso, non capendo a cosa si riferisse. Se a quello in campo o a quello lì.
- Che importanza ha? - Oscar non lo sapeva proprio.
- Mi dà fastidio che metti la bocca sul collo di qualcuno in questo modo. - Appena lo disse si rese conto di cosa significava e trattenne il fiato cercando di girare la testa per vedere la sua espressione, ma lui era immerso nel torpore del suo collo morbido e sorridendo iniziò a leccarlo e carezzarlo, poi a succhiarlo e a quel punto tutto sparì e finì. Tutto venne spazzato via.
Oscar si ricordò di un dialogo con il suo amico Juan, quando era ancora al Chelsea un giorno ci aveva goffamente provato con lui, gli piaceva moltissimo e siccome aveva un rapporto molto stretto con molti, fra cui Eden, Cesar e Fernando, con un moto di gelosia si era dichiarato.
Juan l’aveva respinto dolcemente dicendo che non era la persona giusta per lui.
‘Ma mi piaci da morire! Come fai a non essere giusto?’
Juan aveva sorriso teneramente, carezzandolo.
‘Quando lo incontrerai e ti ritroverai in una situazione dove sarai inchiodato a lui, incapace di respingerlo, capirai che lui è giusto ed io no.’
Non aveva avuto senso, non aveva capito e ci era stato male.
Ma ora capiva.
Non riusciva a muoversi, a respingere Diego che gli baciava il collo, che glielo leccava.
Non riusciva proprio a separarsi da lui. Ed eccitandosi subito, alzò le mani infilando le dita fra i suoi capelli ricci, tenendolo contro di sé per non farlo smettere.
Le labbra di Diego risalirono, gli leccò l’orecchio, poi la guancia ed infine gli succhiò il mento.
Prese il suo labbro fra le proprie e poco dopo aderì a lui perdendosi, trovando la sua lingua a cercarlo e accettarlo.
Fu un bacio lento ed intenso, niente di feroce e passionale, ma al tempo stesso sconvolgente, bello, puro.
Pulito.
Diego provò l’insano istinto di inginocchiarsi e farlo suo con la bocca, ma si fermò pensando che non voleva sporcarlo troppo, che gli sarebbe servito tempo per assimilare quel bacio e che non poteva esagerare.
Con lui non poteva esagerare. Assolutamente.
Così usò per la prima volta nella sua vita quella delicatezza che mai avrebbe pensato di essere in grado di usare.
Quando si separò, Oscar tornò a respirare, lo guardò confuso ed eccitato e rimase in attesa.
Diego sorrise con una dolcezza che poteva riservare solo a lui.
- Scusami. Non ne potevo più. Lo volevo fare da una vita. - Oscar arrossì.
“Ed io volevo che lo facessi da una vita.”
- Va tutto bene. - Mormorò invece, piano.
Tutto bene.
Molto.
- Andiamo? - Oscar annuì e Diego lo lasciò andare, aspettandolo in parte che si rivestisse.
Non ne parlarono, non dissero nulla.
Ma per quello il tempo non gli sarebbe mancato.