NOTE:
di getto, dopo aver realizzato che sia Gonzalo che Paulo rimanevano
alla Juve nonostante le mille ragioni per entrambi di andarsene, ho
scritto questa fic. Non aspettavo altro che il mercato si chiudesse,
non ci volevo credere che per una volta il mercato non ha separato le
coppie più belle. Anche Dries e Lorenzo sono rimasti insieme, Karim si
è riunito sia a James che a Zizou ed a me mancherebbe solo che Riky
andasse a vivere a Torino da Cris per qualche bellissima ragione.
Comunque deliri a parte, ecco qua la fic della reunion. So che qualcuno
l’aspettava, la dedico a chi me l’ha chiesta! Buona lettura. Baci Akane
LA SECONDA OCCASIONE
La porta sbatté violentemente per poi tornare a sbattere di nuovo, chiudendosi.
Gonzalo saltò sul posto
per poi girarsi in tempo per vedere il piccolo uragano arrivargli
davanti e spingerlo come se fosse un uomo grande e grosso.
Paulo era furioso, ma non aveva dubbi su questo.
Gonzalo decise di non reagire e guardandolo stranito rimase senza parole.
- Che... che c’è? - Chiese sapendo benissimo la risposta.
- Lo sai bene cosa c’è!
- Esclamò infatti Paulo. - Da quando sei arrivato non hai detto mezza
parola, sembra che ce l’hai con me! Sei tu che sei tornato, ho sentito
che rimarrai perché sia il mister che Cristiano ti vogliono qua e tu
non mi dici nulla! Cosa cazzo c’è, ora? Non era quello che speravamo?
So che mi hai tenuto a distanza perché pensavi che la relazione a
distanza ci facesse soffrire, ma se torni in squadra con me... -
- E tu sai bene perché
ti tengo ancora a distanza, cazzo! - Gonzalo avrebbe voluto
rimanere zitto, infatti l’aveva evitato, ma alla fine sbottò pur
conoscendosi. Se iniziava sapeva come poteva andare a finire, non
voleva. Voleva tenere chiusa quella maledetta boccaccia che si
ritrovava.
Paulo lo guardò spalancando gli occhi, non aspettandosi quella risposta.
Ormai il campionato era
alle porte ed il calciomercato era ancora in pieno atto, sarebbe finito
fra qualche settimana, quelli erano gli ultimi giorni di ritiro. Paulo
aveva avuto pazienza, sapendo che Gonzalo era particolare e
probabilmente non sapendo cosa avrebbe fatto, aveva voluto rimanere
distaccato per non illudersi, ma visto che le voci che giravano era che
lui sarebbe rimasto alla Juve, perché diavolo faceva così?
- Invece non lo so, non
lo so proprio, dannazione! Ti ho lasciato spazio pensando che volessi
andartene, invece vengo a sapere che rimarrai e continui a non
parlarmi, cosa diavolo hai, si può sapere? Guarda che lo so che mi ami!
- Gonzalo lo fissò sconvolto per un attimo, incerto se reputarlo
presuntuoso o solo troppo perspicace.
- Come diavolo fai a dirlo? - Chiese solamente.
Paulo andò dritto
dritto nella sedia con i suoi effetti alla ricerca del suo portafogli
che trovò con dentro il suo braccialetto rosso.
- Per questo! - Lo
sventolò vittorioso e arrabbiato insieme. Con lui ormai comunicava solo
con rabbia e passione. E rotolando sulle lenzuola.
- L’hai visto solo ora, non potevi sapere che l’avevo tenuto! - Paulo rise ironico.
- Io ti conosco, so che
mi ami perché un amore come il nostro non si spegne solo per qualche
chilometro stupidissimo di distanza! - Paulo era molto sicuro e non
avrebbe mollato, Gonzalo in effetti non sapeva più cosa dire a quel
punto e strofinandosi la faccia, guardò il suo polso dove ancora c’era
quel filo rosso che proveniva da un’usanza popolare in Sudamerica.
Promessa solenne.
Chi lo indossava aveva
una promessa solenne da mantenere, non lo toglieva finchè intendeva
mantenerla. Paulo l’aveva ancora addosso nonostante lui non lo tenesse
più al polso, ma nel proprio portafoglio.
Come faceva a sapere che lo amava ancora, come faceva anzi ad amarlo ancora?
- Il problema non è
cosa farò io, ma cosa farai tu. - Disse allora Gonzalo arrendendosi.
Provò a sembrare stronzo nel dirlo, ma dagli occhi lucidi di Paulo capì
che non lo era abbastanza.
- Io?! - Fece
abbassando il tono. Gonzalo sospirò e si appoggiò a debita distanza,
sul balcone della finestra di quella camera d’albergo dove la squadra
avrebbe pernottato qualche giorno prima di concludere definitivamente
il ritiro e attendere l’inizio della Serie A.
- Non voglio in alcun
modo che tu sia influenzato da me nella tua scelta. È la tua carriera,
ci devi pensare bene, devi essere lucido e cinico. Non scegliere in
base al cuore o al tuo pisello, ma scegli solo con la testa, per la tua
carriera. Ne hai una gloriosa davanti, ma se farai le scelte sbagliate
te la brucerai. Io la mia l’ho avuta, non ho vinto quanto avrei voluto,
ma ho avuto molte soddisfazioni. Tu puoi superarmi, ma devi scegliere
lucidamente per il tuo solo bene. - Finalmente aveva buttato giù la
maschera e detto le cose come stavano. Paulo, smarrito e preso in
contropiede, rimase un attimo inebetito a sentire.
- Ma cosa dici? -
Mormorò... - perché la Juve non è una buona scelta? C’è Cristiano
Ronaldo, è venuto Sarri, ci sono molti grandi giocatori... e ci sei
anche tu... - Gonzalo sospirò strofinandosi il viso esasperato.
- Andiamo come fai a non arrivarci? - Disse a denti stretti.
- Ma cosa? - Continuò Paulo avvicinandosi a lui.
- Il mister mi adora,
preferirà sempre me a te e a Mario. E anche Cris mi preferisce perché
ha già giocato con me, lui predilige giocatori che lo conoscono o che
comunque sappiano giocare secondo i suoi tempi e i suoi modi, con cui
formare una combinazione in attacco... per questo l’anno scorso
preferiva Mario a te, al Real preferiva Karim agli altri... un campione
per essere tale ha sempre bisogno di una spalla. Io me ne sono andato
da Madrid perché non volevo essere la sua spalla, ma l’avevo fatto già
per diversi anni e so come funziona, so farlo. Solo che non volevo più
farlo, volevo essere io la stella. Karim invece era in grado di farlo e
l’ha fatto poi per molti anni. - Paulo ora capiva il suo punto di vista
e improvvisamente il suo comportamento antipatico sembrava pieno di
amore e altruistico. Gli vennero le lacrime agli occhi, che però tentò
di trattenere mentre Gonzalo proseguiva sconfitto nell’ammettere cose
che non avrebbe voluto dire per non influenzarlo. - Io adesso sono a
fine carriera, diciamo, e non posso pretendere di essere la stella in
qualsiasi squadra io andrò, perciò rimanere qua e fare la spalla di
Cristiano è un ottimo modo di proseguire da qui in poi. Ma questo andrà
sicuramente a tuo discapito e vedrai che ho ragione. - Paulo scosse la
testa faticando a parlare. - Vuoi davvero continuare facendo la mia
riserva? Perché se resti è questo che farai... - Gonzalo era duro ma
realista, era vero ciò che diceva e lo sapeva. Ma gli faceva male
l’idea di lasciarlo ora che l’aveva appena ritrovato.
Gli si avvicinò
annullando la distanza, gli prese il viso fra le mani ma Gonzalo gli
prese a sua volta i polsi e gliele tolse girando la testa per fermarlo.
Paulo rimase lì lo stesso.
- Guardami! - Esclamò piano. - Guardami! - Implorò.
Gonzalo, con timore, lo
guardò. Erano vicini, uno davanti all’altro. Si sentivano i respiri
sulla pelle, le guance di Paulo erano rigate da due calde lacrime
grosse.
- È tanto brutto
scegliere di essere persona, prima che calciatore? - Gonzalo, colpito
da quella risposta, sorrise in modo strano.
- Dio, sei così
argentino! - Era una cosa che gli diceva ogni volta che faceva qualcosa
di tipico per un argentino. Cose come scelte di cuore e di pancia, come
ora. Paulo lo prese per un fare pace e cercò di baciarlo, ma Gonzalo
ritirò all’ultimo la bocca.
- Sono ancora convinto
che sbagli a rimanere e che devi pensare ad essere calciatore ora. Hai
sempre tempo per fare l’innamorato. - Paulo voleva dargli una testata,
ora, e smise di piangere e implorarlo, strinse i pugni, lui ancora gli
teneva i polsi e non glieli lasciò.
- Sei proprio un
idiota, che ne sai tu di cosa è meglio per me, di cosa voglio? Fra
dieci anni ti sarai dimenticato di me, la nostra storia è qua ed ora e
ti ho dimostrato che ci amiamo davvero, è adesso che va vissuta, chissà
cosa succederà domani! Tu dici di pensare alla carriera, magari me ne
vado e davvero ti dimentichi di me... pensi che non lo rimpiangerò per
sempre di aver rinunciato a te oggi, oggi che avevo questa grandissima
occasione di stare ancora un poco con te? Magari sarà solo questa
stagione o solo qualche mese, ma credi che non ne valga comunque la
pena? - Paulo era come le cascate del Niagara.
Gonzalo però era più
una roccia inamovibile, testardo e convinto di dover fare questo per
lui. Lo spinse il necessario per uscire da lì e lasciarlo. Serio e
deciso, ribadì.
- Devi scegliere da
calciatore, ora e subito. Non perdere nemmeno un secondo. Io ho sempre
scelto pensando alla mia carriera e non mi pento di nulla, anche se ho
lasciato indietro persone meravigliose che ho amato e mi hanno amato.
Un giorno tutto questo finirà e potrò pensare all’amore, adesso non è
quel momento. Te l’avevo detto e non ho cambiato idea. Siamo
calciatori, Paulo. - Paulo non era d’accordo, non dopo la sofferenza
patita durante quell’anno così tanto distanti. Voleva solo poter vivere
qualche tempo di nuovo con lui, voleva solo stare bene dentro di sé,
essere felice, sentirsi completo.
Come si poteva amare al punto da mettere una persona davanti a tutto?
- Non sono d’accordo
con te, ognuno vive secondo le sue priorità. Le mie sono altre e solo
io so di cosa ho davvero bisogno. Non tu, non il mister, nessuno. Solo
io. - Con questo andò alla porta e puntandolo col dito, disse serio e
minaccioso. - Vedrai che avrò ciò che voglio davvero! Lo sai che alla
fine l’ottengo. -
E Gonzalo lo sapeva, ma ugualmente sospirò solo quando rimase in camera.
Sperava con tutto sé
stesso che rimanesse lì, ma non poteva essere egoista e convincerlo.
Doveva essere una sua libera scelta. Sapeva che per la sua carriera
fermarsi ora alla Juve sarebbe stato un grave errore, ma quanta gioia
potevano avere ancora come coppia, se si fosse fermato?
“Dovrà essere una sua libera scelta. Non mia.” Sebbene lui avesse rifiutato diverse proposte per poter rimanere lì.
Gonzalo era attaccato
al telefono, nel sito del calciomercato per vedere la notizia che
sapeva sarebbe per forza dovuta arrivare entro la fine ufficiale del
mercato.
Si chiudeva alla mezzanotte del 2 settembre, era sicuro che Paulo se ne sarebbe andato.
Non si parlavano da
quel giorno, più per sua volontà che di Paulo, ma dopo le partite dove
era stato riserva come gli aveva annunciato, era certo al cento
percento che se ne sarebbe andato. Invece allo scoccare della
mezzanotte, si scontrò con la shoccante verità che non aveva firmato
per nessun altro club.
Gonzalo si raddrizzò a
sedere sul divano, aveva tenuto la sua vecchia casa non sapendo dove
sarebbe andato dopo il prestito, così alla fine gli era andata bene di
poter tornare lì. C’erano dei bei ricordi, dopotutto.
Mezzanotte passata da
due minuti. Gonzalo aggiornò la pagina che scriveva le novità del
calciomercato minuto per minuto. C’erano una serie di acquisti insulsi,
poi il colpo di scena di Icardi al PSG e poi basta. Niente di grosso.
Gonzalo piegò le labbra verso il basso.
- Possibile? - Chiese a
sé stesso alzandosi dal divano istintivamente, senza sapere come
prendere la cosa, senza sapere cosa fare, sentendo solo un enorme pugno
allo stomaco espandersi tipo un buco nero che lo divorava da dentro.
Iniziò a sentirsi
estraneo a sé stesso, fino a che realizzò che si stava preparando per
uscire. Quando si ritrovò con le chiavi dell’auto in mano, si chiese
dove diavolo stesse andando, ma lo sapeva.
La testa era leggera, gli sembrava di essersi ubriacato, ma era totalmente sobrio.
Quando arrivò a casa di
Paulo, non sapeva nemmeno se fosse ancora lì. C’era la pausa della
nazionale e lui era stato convocato. Gonzalo no.
Arrivò davanti al suo
cancello e suonò con l’ansia che non fosse lì, che se ne fosse
già andato o che non fosse solo. Poteva essere con la sua finta
ragazza. Se era finta perché passare del tempo con lei in privato?
Quando devi fare le
ferie è un conto, sai che ti riprendono e tutti si aspettano che tu
vada con lei, però il tuo tempo libero, quello normale cioè, potevi
passarlo con chi volevi.
Gonzalo pensò a tutte
queste cose nel breve tempo che intercorse fra il proprio suono e la
voce metallica di Paulo proveniente dal citofono.
- Sì? - Riconobbe la
sua vocina assonnata, probabilmente sarebbe partito il giorno dopo di
buon mattino e quindi stava dormendo. Gonzalo soppesò l’idea di non
fare nulla, si morse la bocca. - Chi cazzo è?! - Chiese impaziente
Paulo.
- Sono io. - Disse infine Gonzalo in spagnolo.
Silenzio.
Il cancello si aprì
automaticamente per farlo passare con l’auto, lui entrò superando il
vialetto d’ingresso davanti casa sua, parcheggiò in uno spiazzo e
scese. Raggiunta la porta, questa si aprì. Vi sbucò Paulo con
un’espressione cupa e tesa, il broncio come se fosse pronto a lottare
ancora.
Gonzalo si fermò prima
di avanzare, esitando nel portico antestante l’ingresso, da dentro la
luce li illuminava in modo indiretto, Paulo non aveva acceso quella
esterna e non lo fece.
I due si guardarono seri, senza respirare per un lungo istante, poi Gonzalo, lentamente, disse:
- Quindi rimani. -
Disse senza saper quale emozione esprimere. Sapeva solo che si sentiva
pieno di qualcosa, gli sembrava di essere in procinto di esplodere.
Paulo annuì. - Hai deciso proprio. - Paulo fece ancora di sì col capo.
- Te ne pentirai, vedrai. E mi odierai. - A quello Paulo indispettito
rispose:
- Se è per quello ti
odio già! - A quello, Gonzalo si aprì in un sorriso e finalmente
libero, perché ormai la decisione era presa e non sarebbe cambiata, gli
prese il viso fra le mani e con un trasporto tipico suo, lo baciò di
slancio togliendogli il respiro.
Ormai il travaglio era finito e dannazione, non era mai stato più felice di così. Proprio mai.
Appena le labbra si
sigillarono insieme, ad entrambi sembrò di tornare a respirare dopo un
tempo infinito di apnea. Paulo gli saltò subito addosso circondandolo
con braccia e gambe, come un tenero koala pieno di fuoco e passione,
con la stessa Gonzalo lo tenne a sé abbracciandolo. Entrò con lui
addosso e chiuse la porta con il corpo, appoggiandosi addosso per non
cadere, ma le bocche non si separarono più.
Mentre le lingue
lottavano per la supremazia, intrecciandosi in un’unica cosa, le menti
correvano ai litigi di quel lungo anno difficile.
Vedendo che Milano era
troppo vicina e che lui veniva quasi ogni giorno come se non fosse
cambiato nulla, aveva fatto di tutto per andarsene in Inghilterra. Non
che lì poi avesse fatto meglio, si era spento appena se ne era andato.
Non era davvero a fine carriera, aveva trentun anni, ok, ma il suo
problema era che non riusciva a tenersi bene come un Cristiano che a
trentaquattro sembrava averne dieci di meno.
Ognuno era fatto a modo
suo, ma Gonzalo sapeva che in realtà si era lasciato andare, quando
aveva lasciato Paulo. L’aveva fatto pensando alla carriera, arrivato
Cristiano alla Juve, non aveva voluto essere ancora la sua spalla, ma
non aveva calcolato che separarsi da Paulo non sarebbe stato come
separarsi da Dries e da tutti gli altri.
Paulo non se ne era mai
andato, Gonzalo non era mai riuscito a voltare cinicamente pagina, non
era mai riuscito a buttarsi su una nuova fiamma per distrarsi, come
aveva sempre fatto.
Paulo saltò giù senza
staccarsi dalla sua bocca, respiravano entrambi con affanno ed
iniziarono a togliersi a vicenda i vestiti. Si alzarono le maglie e se
le tolsero staccandosi brevemente, appena furono a torso nudo tornarono
a baciarsi, Paulo lo tirò verso il salotto prendendolo per l’elastico
dei pantaloni che abbassò chinandosi in ginocchio davanti a lui.
Gonzalo si trovò così improvvisamente senza la sua bocca nella propria,
ma la sentì ben presto in una zona migliore.
La sorpresa lasciò il
posto all’eccitazione quando sentì la sua lingua sul suo inguine.
Lasciò subito andare un sospiro che divenne gemito quando Paulo lo
avvolse succhiando con maggior impeto. L’eccitazione salì nella sua
bocca mentre lo divorava, decisamente un bel modo per fare
definitivamente pace.
Mentre il calore si espandeva insieme ai brividi che lo ricoprivano, Gonzalo pensò che la resa era una cosa meravigliosa.
Aveva sempre detestato
perdere, ma ora, la sconfitta nella lotta con Paulo, era dolcissima, la
cosa migliore che gli potesse capitare.
Sentendosi vicino
all’orgasmo, lo tirò su bruscamente, lo spinse sul divano e lo stese
tirandogli su le gambe, gli prese i pantaloni e glieli tolse insieme ai
boxer. Una volta nudo, si sistemò sopra. Paulo l’accolse aprendo le
gambe, lui si mise in mezzo trovando caldo il suo posto preferito.
Caldo ed eccitante.
Quando Gonzalo lo
ricoprì col suo corpo possente, Paulo iniziò ad andare in estasi. Non
era ancora entrato, ma già si sentì trasportato in un altro mondo.
In quell’anno avevano
fatto sesso. Sesso di rabbia, fra un litigio e l’altro, mentre Gonzalo
scappava e lo rifiutava senza riuscirci davvero.
Era stato l’anno più
brutto della sua vita e lo dimostrava il proprio rendimento a calcio,
non era mai andato così male, mai. Eppure aveva giocato con il migliore
del mondo.
Molti pensavano che era
colpa sua, che non era riuscito ad esprimersi perché erano entrambi due
protagonisti quando giocavano, ma lui non si sentiva di dare la colpa a
Cristiano, perché lui era benissimo in grado di giocare con i compagni,
era uno che segnava tanto ma che anche faceva molti assist. Lui voleva
imparare da Cristiano, ma in ogni caso di palle goal, di situazioni a
suo favore ne aveva avute molte, così come di occasioni. Però non aveva
mai reso come le altre volte. Non ci era riuscito.
Aveva pensato a Gonzalo
quasi ininterrottamente e anche quando non ci aveva pensato, una parte
di sé era spenta, era persa. Non era più stato sé stesso dal momento in
cui Gonzalo l’aveva lasciato.
Si era sentito vuoto,
morto addirittura. Aveva lottato in tutti i modi, non si era mai
arreso, in qualche modo aveva sempre saputo che sarebbe tornato tutto a
posto, che l’avrebbe spuntata, che ne sarebbe valsa la pena.
Al momento di decidere se scegliere per la propria carriera o col cuore, aveva ricordato come si era sentito lontano da Gonzalo.
Forse non era forte come sembrava, forse faceva di tutto per esserlo, ma in realtà non lo era davvero.
La bocca di Gonzalo
scivolò sulla sua pelle, divorandolo come se fosse fuoco rovente, dove
passava avvampava diventando ferro liquido. Gonzalo leccava, baciava e
mordicchiava affamato, come volesse divorarlo e lui non vedeva l’ora
che lo facesse sul serio. Voleva sentirlo dentro, ne aveva bisogno.
Avevano fatto sesso altre volte, ma mai da coppia, mai dopo essere
tornati davvero insieme.
Raggiunta l’erezione la
fece sua voracemente, con fretta, mentre la voglia diventava
incontenibile e sapeva di non resistere più.
Passò subito alla parte
più sotto, sollevandogli le gambe si immerse con la lingua e le dita
nella sua apertura innescando un piacere diverso, che gli era mancato.
Mentre poi con le dita entrava ed usciva, la bocca tornò sulla sua
erezione dura. Quel doppio piacere fu per Paulo deleterio. Si trovò a
tirare a sé la sua testa mentre si teneva una delle ginocchia contro il
petto, i gemiti sempre più forti.
Ora era lì perché era il suo compagno, di nuovo.
Ora era lì perché si era arreso al loro amore.
- Ti prego, vieni che
non ce la faccio più... - Ansimò Paulo. Gonzalo non se lo fece ripetere
e alzandosi gli si stese di nuovo addosso, si appoggiò le gambe sulle
spalle e dopo un istante gli scivolò dentro con un colpo forte e secco.
Il mondo subito svanì.
Quello era il suo Gonzalo, forte, irruente, indelicato. Caldo, focoso, passionale.
Era il suo vulcano che
erano più le cazzate che faceva piuttosto che le cose giuste, ma
nonostante questo sapeva farsi volere così bene.
Il suo Gonzalo non passava mai inosservato, non lo dimenticavi. Non potevi.
Iniziò a muoversi dopo
essergli entrato, lo fece subito con movimenti decisi, entrando ed
uscendo e ad ogni colpo era sempre più fluido, più facile e lui sempre
più veloce e forte, il ritmo sempre più intenso mentre con il bacino
spingeva ed i muscoli guizzavano sulla sua schiena e sulle sue cosce, i
glutei si stringevano ed il suo membro duro ed eccitato andava sempre
più in profondità con una follia crescente che si espandeva insieme ai
brividi.
Il mondo venne
inghiottito da un buco nero creato da loro, dai loro corpi uniti, dai
loro orgasmi che arrivarono in sequenza, inondando i loro corpi
bollenti e sudati, mentre le bocche si respiravano una sull’altra e si
chiamavano ammettendolo.
- Ti amo, Paulo. - Quando lo sentì dire, Paulo strinse forte gli occhi lasciando uscire le lacrime calde.
Gli erano mancate da
matti quelle magiche parole, parole che non avrebbe mai dato per
scontato, che le avrebbe sempre trovate preziose e meravigliose.
Il mondo svanì lento,
dolcemente, con lui che si abbandonava sfinito, ansimante, sconvolto.
Con le sue braccia che lo avvolgevano e la sua bocca che lo baciava
sulla fronte sudata.
- Ti amo anche io Gonzalo. - E da lì, finalmente, si poteva ricominciare.