NOTE: è da un po’ che quando Marco e Mario si incontrano per via del club o della nazionale, non ci deludono e fanno i cuccioli innamorati. Così questa volta stavo guardando le foto dei loro abbracci ed una in particolare dove si vedevano un paio di chiletti di troppo sui pettorali di Mario. E mi sono immaginata questa scena. Andre è Schurrle ed è il terzo fratello, li aiuta sempre a riappacificarsi! Buona lettura. Baci Akane

SEI PROPRIO IMBECILLE



Le mani di Marco scivolarono sotto la maglia di Mario, da dietro. Risalirono fugaci sul petto a cercare i capezzoli e Mario squittì in modo poco mascolino mentre il compagno appoggiava le labbra sul suo collo sudato, assaggiando il sapore salato della sua fatica ben ricompensata.
Ma mentre Mario si stava rilassando contro il suo ragazzo che lo abbracciava da dietro, questi separò la bocca dalla sua pelle e disse con un tono stranito e schietto:
- Ma Mario! Ti devo regalare una seconda?! - Mario girò il capo verso di lui senza capire.
- Una seconda?! -
- Di reggiseno! - Mario allora si voltò del tutto facendo levare le mani di Marco, una volta davanti a lui lo guardò incredulo che avesse osato dire una cosa simile.
- Stai scherzando?! - Chiese col broncio.
- No, no! Mario, hai la seconda di tette! - Mario sbiancò e sgranò gli occhi senza capacitarsi di come osasse quel cinghiale dire una cosa del genere!
- Non è vero, sono normale! - Disse toccandosi i pettorali e stringendoli permaloso con aria indispettita.
Marco però gli tolse poco democraticamente la maglietta, poi la tolse anche a sé stesso e lo girò verso lo specchio, mettendoglisi accanto, ma di profilo.
- Questi sono pettorali normali. - Disse indicando il suo torace del tutto nella norma. - quelle sono tette! - Insistette senza un minimo di sensibilità, come sempre.
Mario voleva ribattere che si sbagliava, ma guardandosi in confronto a lui, così vicini, non poteva certo negare. Così fece il broncio e gli vennero gli occhi lucidi.
Come osava dire che era ingrassato?
Dopo tutta la fatica che aveva fatto e che stava facendo per tornare in forma in campo, lui lo prendeva in giro così!
Proprio lui, il suo ragazzo.
- Tu… tu… - Cercò di dire con le guance gonfie di rabbia, trattenendo disperatamente le lacrime.
Marco si rese conto che stava per scoppiare e lo guardò nel panico, capendo col consueto secondo treno di aver fatto una gaffe colossale.
- Mario, io… - Ma nemmeno lui sapeva cosa dire per rimediare e Mario lo spinse via gridando un melodrammatico:
- Sei un imbecille! - Per poi scappare via da lui. Marco cercò di inseguirlo, ma si ritrovò coi suoi vestiti in faccia e la strada sbarrata da Andre che, avendo visto il fratello correre come una furia disperata, nudo sotto le docce, aveva capito che era uno di quei momenti.
Uno di quelli in cui interveniva per salvare il mondo.
Il mondo lo salvava evitando che i gotzeus si lasciassero.
- Che gli hai fatto, ora?! - Chiese con il tono di chi sapeva fin troppo bene cosa significava quello strillo di prima.
- Ma nulla! - Esclamò difensivo e con foga Marco.
Andre lo fissò severo con le mani ai fianchi.
- E perché ti ha strillato isterico che sei imbecille? -
Marco voleva dire che non ne aveva proprio idea, ma sapeva che Andre non gli avrebbe creduto, lo conosceva troppo bene.
Così sospirò e si decise guardando in alto, mentre girava sul dito le mutande usate di Mario.
- Beh, potrei aver detto che ha una seconda di tette! - Andre lo fissò incredulo.
- Gli hai detto che ha le tette?! - Marco tornò a guardarlo stringendosi nelle spalle difensivo.
- Ma è vero! Gli ho toccato i capezzoli e mi sono ritrovato con le mani piene delle sue tette! Ha una seconda! - Andre sospirò irritato e scosse il capo.
- Dio, sei proprio imbecille! - E con questo lo spinse, prese un asciugamano ed entrò nelle docce a cercare di rimediare, come sempre, ai casini di quel fratello scemo ed insensibile che era Marco.

Quando entrò, Mario era uno degli ultimi rimasti sotto la doccia perché aveva fatto l’intervista fuori dopo la partita. Era sotto il getto dopo essersi lavato in fretta e furia con l’aria del cagnolino afflitto e bastonato.
Andre chiuse il rubinetto e l’avvolse con l’asciugamano con la sua solita dolcezza, poi lo abbracciò.
- Dai, non voleva dire che sei ingrassato… - Cercò di mediare come sempre.
- Certo che voleva dire! E poi è vero! - Andre sospirò e alzò gli occhi al cielo, Mario era fuori di sé, piangeva ancora.
- Sì ok, voleva dirlo. Ma lui è scemo, che vuoi farci… non è nato con il dono della sensibilità! Quando sua madre era incinta di lui, ha mangiato cachi, quindi quando ha partorito, ha fatto nascere una merda! Per questo quando apre bocca spara solo stronzate! - Quando lo disse senza pensarci e col tono di chi davvero cercava di consolare e non di sdrammatizzare, Mario scoppiò a ridere fra le lacrime e Andre sospirò di sollievo.
Riuscì così ad alzargli il visetto bagnato e ad asciugarglielo dalle lacrime, poi con aria affettuosa e dispiaciuta, disse:
- Sai com’è fatto. Non filtra. Dice e basta. Ma ti ama più della sua vita. Fra te ed i suoi capelli sceglierebbe te! E tu sai quanto tiene ai suoi capelli! - Mario fece un altro sorriso e smise di piangere. - Dagli la possibilità di scusarsi. Se ci pensa un secondo sa che vieni da un periodo difficile, sei stato tanto fermo ed è normale perdere un po’ la forma, ma si vede che la stai recuperando e sicuramente è quello che ti avrebbe detto dopo se non l’avessi spinto via! - Mario non ne era convinto, e nemmeno Andre, però doveva dargli ragione sul fatto che lui era così, non era sensibile e diceva le cose senza filtrarle, però comunque lo amava come non aveva mai amato nessuno.
Sebbene a volte fosse da impiccare.
Specie perché lasciava che quel Pierre Abumecazzo ci provasse con lui e gli dava pure corda solo per gonfiare il suo ego smisurato.
Alla fine si lasciò convincere ad uscire dalle docce e quando andarono di là, negli spogliatoi, li trovarono quasi vuoti. I più se ne erano andati e rimanevano alcuni, fra cui un Marco che stringeva ancora le mutande di Mario.

Marco si alzò e gli andò incontro sempre con l’indumento del compagno in mano, Andre lo guardò e scosse il capo alzando gli occhi al cielo, ma decise di non intervenire oltre. Doveva anche arrangiarsi. Così andando dai due compagni rimasti a cambiarsi, gli chiese se potevano sbrigarsi che c’era un melodramma in corso e visto che tutti sapevano della loro tormentata love story, si sbrigarono e ridendo se ne andarono.
La porta si chiuse sullo spogliatoio e rimasero soli, Mario nell’asciugamano, tutto bagnato e col broncio, gli occhi rossi e l’aria davvero abbattuta.
Marco, nel vederlo così, si sentiva un verme strisciante e non sapeva davvero come poteva rimediare, così con la testa completamente vuota, disse solo un mogio:
- Perdonami, non volevo ferirti… purtroppo non ci ho pensato, sai come sono fatto… io… farò tutto quello che vorrai per rimediare! -
Mario voleva però vendicarsi un po’, di solito faceva subito pace, però era comodo così.
Lo guardò trattenendo il fiato, assottigliò gli occhi e incrociò le braccia al petto.
- Rasati a zero! - Marco, sentendolo, sbiancò e barcollò, per poco non svenne. Si toccò i capelli come per assicurarsi che fossero ancora lì e stava per dire ‘scordatelo’, ma si rese conto d’avergli giocato davvero un brutto tiro se sbraitava ancora.
Così seppure gli pesasse, chiese con aria da cucciolo implorante:
- Va bene se li faccio solo tanto corti, ma non a zero? - Mario capì che stava seriamente cercando un’alternativa valida e così sentendosi soddisfatto della sua piccola vendetta, scoppiò a ridere gettando la testa all’indietro.
- Alla fine aveva ragione! - Disse andando al suo borsone per tirare fuori il cambio.
- Su cosa? Chi? - Marco, shoccato dal non capire se dovesse tagliarseli o meno, lo riempì di domande rimanendo fermo impalato in mezzo allo spogliatoio.
- Andre! - Mario si raddrizzò, si tolse il telo e se lo passò sulla schiena rimanendo nudo davanti a Marco che comunque inghiottì a vuoto. - Alla fine tieni più a me che ai tuoi capelli! - E solo loro tre sapevano quanto era importante quel fatto!
Marco capì che l’aveva solo messo alla prova e che l’aveva superata, così si illuminò tutto:
- Allora non devo tagliarli? -
Mario lo guardò male per un momento e lui si raggelò, ma poi sorrise e scosse la testa.
- No, ma se vuoi puoi tenerti le mie mutande usate! -
E con questo si infilò quelle nuove.
Marco guardò le mutande di Mario che aveva ancora in mano e se le mise nella propria borsa senza esitare, Mario rise e si sentì definitivamente meglio.
Quando entrambi si videro più rilassati, Mario sospirando prima di mettersi il resto dei vestiti si avvicinò e si prese la pancia strizzandosela da solo.
- So bene che sono ingrassato, Marco. Ed è una cosa che mi distrugge, mi conosci, sai quanto tengo al mio corpo, ad essere in forma perfetta e tutte queste cose qua. Tanto quanto tu tieni ai tuoi capelli. - Marco annuì colpevole senza dire mezza parola. - Sono stati dei mesi duri… molto duri. Prima dell’infortunio comunque non avevo più il posto da titolare perché Guardiola ce l’aveva con me per qualche ragione, poi mi sono fatto male ed ho passato i mesi a pensare che fosse finita del tutto, che non sarei più tornato in campo, che era la scusa perfetta. E tu dall’altra parte eri alle prese a troieggiare con quel Abumecoso! Stavo andando fuori di testa! Così ho esagerato col cibo! Ho lavorato tantissimo per dimagrire e tornare in forma. Certo, Marco. Sono ingrassato e mi brucia. Spero di tornare perfetto com’ero, ma se chi amo mi ricorda che ho fallito non è facile, sai? - Lo punzecchiò ancora, perché l’aveva davvero ferito e Marco con un enorme senso di colpa lo cinse per i fianchi e scese con le mani sul suo sedere morbido e tondo, anche quello un po’ più grosso del solito. Poi lo palpeggiò.
- Ma io amo la tua morbidezza, lo sai… - Mario sorrise. Era vero che gli piaceva morbido.
- Sì, ma per me è una prova di tutti i miei errori. -
Marco sospirò e gli prese il viso fra le mani, gli sistemò i capelli bagnati per dietro e gli toccò con dolcezza la punta del naso.
- Non hai sbagliato nulla, sei umano. Hai passato un momento bruttissimo e stai cercando di superarlo. Nessun errore, nessun fallimento. Non è colpa tua se Guardiola è un coglione e tu ti sei infortunato ed il tuo fidanzato è un imbecille. Se lo becco gli do una bella lezione! Sai per caso dov’è? - Disse scherzando su sé stesso. Mario sorrise accettando il suo abbraccio e si rilassò.
- Non lo so, ma gli dirò che lo cerchi per fargli il culo. Così magari diventa meno ossuto! - E con questo fu Mario a palpeggiarlo. Era una delle loro tipiche conversazioni.
Mario gli rimproverava che quando era stressato mangiava troppo poco, Marco gli diceva che mangiava troppo tanto. Però entrambi si adoravano così come erano. Uno troppo magro e l’altro troppo tondo.
- Mi perdoni? - Chiese poi Marco, dopo aver riso con lui. Mario piegò la testa di lato e lo guardò con la sua solita dolcezza.
- Come potrei tornare a casa lasciandoti col muso? - Marco sapeva che l’avrebbe perdonato, ma non poteva certo farlo trapelare. Contento delle sue parole, finalmente poté baciarlo senza rischiare di giocarsi la lingua a morsi.
Quando le bocche si unirono ed i sapori furono una cosa sola, il mondo svanì ed anche le sparate da imbecille di mister capelli perfetti.
Quando si baciarono, rimasero solo Marco e Mario che stavano per tornare ognuno a casa propria in attesa di potersi rivedere, a telefonarsi ogni giorno per due ore e a scriversi messaggi su whatsapp per 22 ore su 24.
Quando si baciarono, tutto passò in secondo piano e rimase solo un senso di beatitudine.
A volte non era perfetto, era vero.
A volte era proprio difficile, altre pure impossibile.
Spesso senza un aiuto esterno non ce la potevano fare.
Ma poi bastava poco, rivedersi, uno sguardo, un tono supplichevole, un tocco dolce e tutto veniva spazzato via.
Si poteva ricominciare da capo ed andare oltre in un rapporto che diventava sempre più forte.
Dopo il bacio, Marco gli prese il viso fra le mani e lo contemplò con dolcezza e cura, imprimendosi ogni istante nella memoria, riempiendosi gli occhi dei suoi lineamenti morbidi e delicati.
- Comunque grazie… - Mormorò poi serio, con quell’intensità che difficilmente si dimenticava. Mario sorrise, stava per rispondere ‘a te di esserci’, ma poi Marco concluse. - Di non farmi tagliare i capelli! -
E così Mario gettando la testa all’indietro, fra le sue braccia, scoppiò a ridere come un matto.
- Dio, sei proprio imbecille! -
Marco sorrise trionfante. Se c’era una cosa che adorava quanto i propri capelli, era Mario, era vero.
Ed in particolare quando rideva così.
Anzi. Quando Mario rideva così per lui.
Ecco cosa adorava quanto i propri capelli!