CAPITOLO II:
DEGENERANDO
Come da Fernando
previsto, Didier cominciò a tormentarlo non poco continuando a parlare di lui
come se non fosse presente, consapevole che invece era sempre lì ad ascoltarlo.
Alla fine, all’ennesima, non fu proprio in grado di trattenersi ed ignorarlo e
sfoderando la sua famosa espressione da smorfia di schifo che su di lui
risultava estremamente deliziosa, rivoltandosi negli spogliatoi dove erano
entrambi solo in intimo, disse esasperato ed acido come uno yogurt:
- Tu pensi di
tirare la corda ancora per molto? No, così almeno mi regolo su quanto ancora
dovrò sopportare il tuo sciocco comportamento infantile per non dire ai limiti
del disgustoso! - Juan partì coi fischi d’ammirazione seguito da tutti gli
altri che si aspettavano qualcosa anche senza conoscere bene El Niño.
Didier fece interiormente i salti di gioia perché finalmente era riuscito nel
suo intento e mostrando poi solo un gran sorriso sicuro di sé e vittorioso,
disse asciugandosi il torace muscoloso con tranquillità:
- Pensavo fossi
sordo, che non reagivi mai! - Faccia tosta assurda!
Fernando respirò
a fondo arricciando il naso come se aspirasse del veleno, quindi strinse gli
occhi in modalità serpente e poi tornò a girarsi per pettinarsi i capelli. Era
la prima cosa che faceva quando usciva dalla doccia, dopo aver indossato i
boxer. Boxer attillati, sottili e bianchi ovviamente, che lasciavano poco all’immaginazione.
Didier ammirò di
nuovo il suo fondoschiena sodo e alto estremamente piacevole, la posizione
altezzosa e aggraziata del suo corpo che anche solo nel fare una cosa simile
dimostrava, poi si perse nelle sue mani che passavano i biondi capelli bagnati
con il pettine almeno un centinaio di volte. Era maniaco.
- Ecco, è
tornato sordo! - Commentò odiosamente provocandolo a reagire di nuovo. Continuò
a vestirsi comunque fissandolo intensamente, senza staccargli gli occhi di
dosso. E ovviamente a continuare a parlare di lui.
Fernando dopo
aver sistemato i capelli si vestì con movimenti seccati, poi alla fine, prima
di uscire, gli andò davanti e di nuovo con quell’espressione severa che puntava
a trucidarlo, assolutamente irriconoscibile, ringhiò:
- Se pensi che
io sia uno spagnolo che fa l’inglese non dovresti provocarmi così perché sai
che potrebbe finire male! - Dopo di questo uscì senza aggiungere altro.
Ovviamente i fischi d’ammirazione non demolirono nessuno, perché Didier era
ancor più conquistato da quel ragazzo e non ci fu verso, per Juan, di farlo
ragionare.
Questa volta era
pericoloso farlo andare avanti.
Il mister
puntava al miracolo, per quella finale già miracolosa di suo, e sembrava essere
pratico di miracoli visto che ne aveva già fatto uno ritrovando per metà El Niño,
il campioncino che tutti conoscevano. Non era al suo massimo splendore, però
non andava male come l’anno scorso o l’anno prima ancora.
Si stava
riavendo e l’unica per tornare era giocare e giocare ma non solo, doveva farlo
in un ambiente a lui congeniale dove si sentiva apprezzato e nessuno gli faceva
pressione.
Ormai la finale
era alle porte e non poteva permettersi di perdere ulteriormente tempo per
lasciare che Didier si divertisse a suo piacere.
Con un gesto composto
del braccio li richiamò entrambi con un sospiro altrettanto composto. Altro
straniero che sembrava inglese per i modi.
Lui era
italiano, non spagnolo, e forse sarebbe dovuto essere anche peggio a
temperamento, ma Di Matteo pareva imperturbabile in ogni caso.
Anche se
sembrava impermeabile a tutto, comunque notava ogni cosa che lo circondava e
questa volta aveva notato che ultimamente Didier tormentava troppo Fernando,
cosa che non giovava al ritorno di El Niño!
- Dovete
collaborare, voi due! Mi piacerebbe utilizzarvi di più insieme ma se andate
avanti a ruggirvi contro la vedo dura! - Era serio, pacato e perentorio. Didier
sghignazzò e Fernando si drizzò preoccupato:
- Io non
ruggisco! - Didier rise ancora di più.
- Ma dentro
gliene dici peste e corna! Fai delle espressioni quando ti dice qualcosa che se
potessi lo uccideresti! Dovete trovare il modo di andare d’accordo! Tu stai
recuperando e sono contento ma se non posso utilizzarti a pieno perché con lui
piuttosto che collaborare fai il kamikaze in area, mi mettete in difficoltà! E
tu! - Poi puntò Didier che continuava a ridere come un bambino. Il ragazzo di
colore grande e grosso smise di ridere ma con fatica. Di Matteo non era uno che
scherzava molto però nemmeno sgridava più di tanto. Faceva ramanzine, questo sì!
- Smettila di
tormentarlo solo per far uscire lo spagnolo che c’è in lui! Sono affari suoi se
vuole fare l’inglese! Lascialo, se in questo modo torna il giocatore che era,
ben venga! Fate pace e trovate il modo di collaborare altrimenti vi chiudo in
cantina per la settimana che rimane! -
La minaccia
stuzzicò parecchio Didier mentre spaventò alquanto Fernando che faticò a non
impallidire e a non cominciare con qualche insulto dei suoi.
- Non sarebbe male
come tentativo! - Commentò Didier ancora scherzando. Di Matteo sbuffò, quando
non voleva far sul serio non c’era verso ed ormai l’opinione che Fernando aveva
di lui era troppo pessima per farlo scendere a compromessi. Lo detestava
profondamente.
- Se la smette
io sono disposto a mettere tutto da parte! - Disse lo spagnolo guardando da un’altra
parta e stringendo i pugni dietro alla schiena. Didier lo fissò scettico.
- La vedo dura!
- Il mister sospirò insofferente.
- Didier
piantala o ti tolgo tutti i tuoi massaggiatori! - Questa minaccia sortì qualche
effetto perché lo fissò come a dire di non provarci. Il suo fisico era possente
e forte grazie al trattamento che lui stesso ci riservava, oltre agli
allenamenti. Ogni massaggiatore che aveva assunto aveva un ruolo specifico e
tutti insieme collaboravano per non fargli sentire i suoi 34 anni. Funzionava,
a quanto pare!
Comunque nessuno
dei due fu convinto di quella conversazione e Di Matteo stesso capì che non
avrebbe potuto utilizzarli insieme per molto durante la finale.
“Sarà
un guaio…”
Pensò mentre li
vedeva tornare dagli altri.
Forse Didier
voleva dare retta veramente al mister, per una volta, o forse semplicemente
voleva prenderlo come scusa per fare quello che voleva.
Però nel
tentativo di fingere di sistemare le cose, peggiorò tutto.
La sessione d’allenamento
pomeridiana era finita e Didier stranamente non aveva fatto alcuna battuta su
Fernando fingendo che non ci fosse.
Diretti alle
rispettive auto per tornare a casa, il numero undici fermò il numero nove
piazzandosi davanti alla sua portiera per impedirgli di salire.
- Spostati! -
Sibilò a denti stretti Fernando esasperato non sapendo più cosa fare. Doveva
chiamare Sergio per tranquillizzarsi, ascoltare la sua musica, doveva fare
qualcosa od esplodeva e lui, la fonte principale di tutti i suoi problemi, era
lì a rompergli di nuovo le scatole.
Didier però
rimase appoggiato alla sua auto con le braccia conserte ed un sorrisino niente
male.
- Dai, permettmi
di scusarmi davanti ad un bicchiere… - Fernando credette d’aver sentito male ma
per non smentirsi nemmeno lui, di nuovo con quella smorfia acida sul bel
visetto elegante e delicato, disse:
- Nemmeno morto!
- Didier inarcando stupito le sopracciglia, sciolse le braccia e si tese verso
di lui:
- Ma sei
seriamente arrabbiato, allora! - Fernando alzò gli occhi al cielo e sospirò
cominciando a battere impaziente il piede per terra. Doveva chiamare Sergio.
- Che acuto! -
respirava sempre più pesantemente, la pazienza scemava a vista d’occhio.
- Dai, voglio
scusarmi… il mister ha detto di collaborare, di fare pace, di… - Fernando a
quello non ci vide più e colmando la seppur poca distanza fra loro, gli fu
davanti e puntandolo col dito sul petto muscoloso, cominciò a dire ad una
velocità invidiabile, come se fosse effettivamente inglese doc!
- A te non te ne
importa niente del mister, quindi non prendermi in giro! Ti ha detto un sacco
di cose che non hai mai fatto! Fai sempre quello che ti pare! Ora vuoi solo
rompermi le palle! Vedi di piantarla che non ne posso più! Sono cazzi miei
quello che faccio, come lo faccio e perché! A te non deve importare se io
voglio trattenermi e dare di me un’idea piuttosto che un’altra! Se preferisco
contenermi e fare lo snob lo faccio! Tu chi sei per farmi cambiare e per vedere
il vero me stesso? Nemmeno Sergio ha rotto tanto le palle quando ha scoperto
questo lato del mio carattere! Lasciami in pace perché non sei nessuno! - Poi
aveva concluso con una pesante imprecazione in spagnolo che Didier aveva
intuito.
Ammutolito e
stupito per quello sciogli lingua inglese pieno di parolacce e di scoperte,
rimase come ammaliato da lui e da quella specie di doppia personalità
adorabile. Poi si perse in Sergio.
- Sei fidanzato?
Stai con questo Sergio? - Fernando vacillò e sgranando gli occhi terrorizzato
si rese conto d’aver parlato troppo ed indietreggiando di scatto inciampò con
il tallone, non cadde solo perché Didier lo prese per il polso attirandolo a sé.
Fernando si divincolò come un gatto furioso e guardandolo come fosse il nemico
primo, con uno sguardo tremendamente cupo e furibondo, ringhiò a denti stretti
in pieno spagnolo style:
- Non sono cazzi
tuoi! -
Didier riuscì
anche ad eccitarsi nel vedere chiaramente tutto il suo temperamento focoso.
Ora come ora non
aveva più scelta. Doveva averlo.
Rimase sorpreso
ad osservarlo, stava per riprenderlo per i polsi con quella di costringerlo a
parlarne e rispondergli od eventualmente a baciarlo, quando il suo cellulare
squillò.
Fernando saltò
di sorpresa e lo prese, quando vide il nome impallidì e Didier capì:
- E’ lui? Stai
con lui, vero? Ti consiglio di non rispondere proprio ora o capirà che c’è
qualcosa che non va! -
Fernando
indietreggiò ancora e lo fulminò di nuovo, sempre più schifato.
- Non posso non
rispondergli! E poi non c’è assolutamente niente che non va! - Didier rimase di
sasso, specie quando lo vide rispondere veramente e guardandolo dire il suo ‘pronto’
in spagnolo, gli si accapponarono i peli del corpo.
Tremava di
rabbia, la voce era tesa ed insicura, il tono basso e roco, gli occhi erano
lucidi dal nervoso apocalittico che aveva dentro ma lui rispose lo stesso al
suo ragazzo finendo ovviamente per preoccuparlo.
- No, niente, è
che… - Didier capiva un po’ di spagnolo, giusto le cose principali.
Probabilmente Sergio gli stava chiedendo cosa avesse e lui cercava
disperatamente di non dire nulla. A quel punto doveva aver insistito e percepì
vagamente una frase in spagnolo che probabilmente era un’insistenza. Qualcosa
del tipo ‘pensi di riuscire a nascondermi le cose?’. A quel punto Fernando era
crollato e dandogli le spalle, tenendosi gli occhi con le dita, si era ,esso
anche a piangere dal nervoso liberato.
Didier non
poteva capire quale irritazione montasse in lui l’esplodere in quel modo, perché
faceva sempre di tutto per trattenersi, per apparire perfetto come voleva e poi
quando non ce la faceva perché accumulava ed esplodeva, per lui era un dolore
interiore vero e proprio. Non lo reggeva proprio lo stress di quel tipo e solo
Sergio lo sapeva, per questo gli aveva fatto quel CD e lo chiamava ogni giorno
per farlo ridere. La sua voce lo rilassava.
Didier non si
mosse ma guardò la sua schiena tesa tremare vistosamente. Capì che piangeva e
si sentì un verme nell’averlo ridotto così.
Per la prima
volta nella sua esistenza.
Continuarono a
parlare in spagnolo più stretto e più piano e non percepì altro, però non se ne
andò perché questa volta come minimo doveva scusarsi veramente.
Quando Fernando
terminò la sua conversazione non piangeva più e sembrava stare veramente
meglio, gli occhi castani erano lucidi ed il viso rosso, però sembrava calmo.
Vacillò quando lo vide ancora lì e non si mosse diffidente. Piuttosto avrebbe
lasciato lì la sua macchina!
- Senti, io non
sapevo che ti mandasse così fuori di testa… e non sapevo che stai con qualcuno…
sucsa… - Il tono era mite e sincero, quindi calmò Fernando che smise di essere
sulla difensiva e sciolse le braccia con un sospiro, chiuse gli occhi e
parlando piano come se fosse in bilico su un filo di cristallo, rispose:
- Non sai tante
cose di me. Ora fammi andare! -
Didier si
sentiva sempre peggio.
- Ma non puoi
tornare a casa dalla tua famiglia così. Capiranno… -
Fernando riaprì
gli occhi a alzò le mani a mezz’aria come per mettere le distanze e fermarlo:
- Sta venendo
Sergio. Ci vediamo nel nostro solito posto. Per favore. Lasciami. Andare. -
Didier come se
si sentisse momentaneamente sconfitto su tutta la linea, si fece in parte non
sapendo che dire di preciso.
- Non volevo
mettermi in mezzo fra te e lui. - Ed era una bugia perché anche se l’avesse
saputo avrebbe rifatto tutto. Fernando lo capì e lo guardò amaro.
- Avresti fatto
di peggio, se l’avessi saputo! Ti consiglio di non seguirmi perché se ti becca
ti investe! Avrò il mio da fare a tenerlo buono ma almeno così mi riprendo! -
Aprì finalmente la portiera della macchina per salire e lo guardò di sbieco con
due occhi gonfi che promettevano tempesta:
- Questa volta
segui il mio consiglio. Lasciami in pace. -
Didier non disse
niente, lo guardò salire e partire in silenzio, poi pensieroso si avviò alla
propria auto e chiamò Juan.
- Sto perdendo
la testa per lui! - Juan ci mise pochissimo a contestualizzare e ridendo lo
prese in giro:
- Tu perdi la
testa in un attimo per chiunque! - Era anche vero, ma questa volta si sentiva
di dire che era diverso. Non poteva dirlo veramente, però sul momento lui era
così. Precipitoso.
- Questa volta
veramente! - Juan si fece serio.
- Bè, caro mio.
Devi passare sul cadavere di Sergio Ramos. E fidati che non sarà facile! -
Parole profetiche.