CAPITOLO III:
DALL’ODIO ALL’ATTRAZIONE
Didier non fece
che pensarci ripetutamente tutta la notte ed i giorni successivi, fino a che
decise di lasciarlo veramente in pace e non dire assolutamente niente che lo
riguardasse.
Fernando ne
guadagnò in serenità e Di Matteo ne fu contento a sua volta, però capì che era
una serenità labile come un filo di lana su cui non poteva rischiare troppo,
quindi decise di utilizzare El Niño nella seconda parte della finale, prevedendo
perfettamente che sarebbero finiti ai supplementari.
La notte prima,
a Monaco di Baviera, nell’albergo, Didier non sapendo cosa poi intendesse fare
il mister e non volendo rischiare davvero la finale, decise di tentare un
ultimo avvicinamento per fare veramente pace con lui e sistemare le cose.
Fernando
solitamente pernottava con Juan Mata e David Luiz, quelli con cui andava più d’accordo.
Uno era anche suo compagno di nazionale, mentre l’altro comunque si era
affezionato a lui in un batter d’occhio.
Quella sera
Didier servendosi della propria influenza si impose sui due ragazzi per avere
la camera libera e tramando alle spalle di Fernando, dopo cena se lo ritrovò in
camera.
Quando lo vide
entrare per poco non morì, gli cadde l’orologio ed imprecò in spagnolo, quindi
imprecò di nuovo per l’imprecazione ed infine batté il piede nervoso.
Didier ridacchiò,
era carino anche così. Anzi. Soprattutto.
- Ho chiesto un
favore a quei due per poter stare da solo con te. Stanotte dormirai con me, se
non ti dispiace. -
- Certo che mi
dispiace! - Ormai non riusciva quasi più a trattenersi con lui, del resto aveva
già visto tutto. Bè, quasi.
Il ragazzo della
Costa D’Avorio rise ma non demorse, infatti si fece avanti e sistemò le proprie
cose nel suo letto.
- Mi dispiace
che ti dispiace ma ormai ho deciso! - Prepotente come sempre. Fernando sbuffò
togliendosi la maglia seccato. L’eleganza era un vago ricordo!
Didier si stava
divertendo parecchio.
- Bè, mi sta per
chiamare Sergio, se non stai in perfetto silenzio… -
- Cosa mi fai? -
Chiese con le braccia conserte dopo essersi tolto anche lui la maglia. Fernando
ingoiò a vuoto. Fra il suo corpo e la sua espressione provocante c’era da star
male, a volte, ma non per i motivi soliti.
Rimasero un po’
a fissarsi, poi il ragazzo si sciolse e fu anche peggio. Tornò infatti serio:
- Senti dai,
volevo solo rimediare e sistemare le cose fra noi… non voglio che rimanga così…
- Sembrava quasi normale.
Fernando storse
la bocca per niente convinto.
- Così come?
Fredde? Per me è il massimo! - Era scettico ed ironico e all’altro piaceva
anche di più.
“Dannazione,
mi piace sempre!”
Si stava
effettivamente prendendo una bella botta!
In quel momento
furono di nuovo interrotti dal telefono dello spagnolo che, rimanendo in boxer,
sempre rigorosamente bianchi e stretti, si stese sul letto a pancia in giù
dimenticando ogni cosa. Gli era bastato vedere il suo nome sul display per
scordarsi di essere mezzo nudo con uno svitato, tale lo considerava. Non aveva
mai pensato che Didier ci provasse con lui e tanto meno di piacergli, per
questo l’aveva fatto.
Perso nella voce
del suo ragazzo con cui aveva comunque un rapporto strano e non si definivano
morosi nemmeno a pagarsi, non notò lo sguardo bruciante di Didier sul proprio
fondoschiena e nemmeno sulle gambe che muoveva su e giù piegate all’indietro.
Se lo stava
letteralmente mangiando, era la visione più succulenta che gli fosse mai
capitata a tiro e messosi in tenuta da notte che corrispondeva solo a degli
shorts comodi e ad una maglia larga senza maniche, si stese nell’altro letto,
anch’egli a pancia in giù e lo scrutò con attenzione in completo silenzio.
Aveva un profilo
perfetto, dei lineamenti deliziosi e delle lentiggini che erano la fine del
mondo. Poi gli occhi scuri contrastavano coi capelli che si schiariva. Di loro
erano castani, non certo biondi. Però stava bene, così come gli donava quel
taglio di capelli sempre alla moda che teneva ovviamente in modo a dir poco
perfetto, esattamente come dovevano stare.
Era un gran bel
ragazzo dall’aria fragile, fanciullesca, quasi, e delicata. Magari in realtà
non era così. Ammirò i suoi tatuaggi, non ne aveva tantissimi ma nemmeno pochi,
gli donavano sulla pelle lattea. Se lo immaginò fra le sue braccia e decise che
le loro pelli diverse insieme sarebbero state perfette e notando l’orologio a
terra vicino al suo letto, si alzò e si inginocchiò per raccogliere i pezzi e
provare ad aggiustarlo.
Fernando non lo
notò e lui rimase lì ad ascoltare le loro voci senza capirci molto se non che
Sergio lo stava facendo ridere e lo stava rilassando molto bene.
Sembrava tutt’altra
persona, ma quello poteva farlo anche lui: rilassarlo e farlo ridere! Bastava
smettesse di odiarlo!
Quando mise giù
la conversazione, lui aveva rimesso a posto il suo orologio e quando si
guardarono, Didier glielo porse con un’espressione da ‘tregua?’
Fernando,
sorpreso di quel gesto ma reputandolo comunque troppo vicino per i suoi gusti,
prese l’orologio e lo ringraziò comunque, poi si tirò su sul gomito e piegò la
gamba di lato per mettersi a sedere ma non poté perché Didier non si mosse da lì,
rimase in ginocchio a terra davanti al suo letto e lo fissò insistente come a
chiedere se lo perdonava.
Fernando capì
che voleva quello ma non se la sentiva di accontentarlo. Non voleva averci
molto a che fare. Del resto capiva che se volevano essere compagni di squadra e
giocare bene insieme dovevano risolvere questo alterco.
Didier sembrava
sinceramente disposto a farlo, ma poteva fidarsi? Era diffidente di natura,
tendeva a non dare retta facilmente a nessuno se poteva.
Con Sergio era
stato faticosissimo.
- Vabbè,
proviamo a mettere tutto da parte. Guarda che ci metto un secondo a farti
fuori, eh? - Didier avrebbe voluto vederlo ma sorrise sinceramente contento per
quella piccola conquista, questo fermò l’altro in quella posizione, ancora che
cercava di alzarsi. Ora si sentiva nudo, prima non l’aveva notato nemmeno.
Didier era
vestito ma non si muoveva da lì e lo fissava pensando a chissà cosa, ne ebbe
sentore quando abbassò lo sguardo tenebroso sul suo corpo candido, le linee dei
muscoli erano rilassate ma mano a mano che le sue pupille lo percorrevano da
quella vicinanza relativa, si sentiva bruciare e a disagio cominciò a chiedersi
se in realtà semplicemente ci stesse provando con lui.
Arrossì e provò
vergogna nel ritrovarsi così, specie quando giunse sul suo inguine con lo
sguardo più intenso che avesse mai ricevuto. Strinse automaticamente le gambe e
si alzò raggomitolando le gambe sotto di sé, sembrava un furetto e Didier si
alzò appoggiandosi al suo stesso letto, si protese verso di lui ed in perfetto
silenzio raggiunse il suo viso col proprio.
Fernando
trattenne il fiato, non sapeva cosa fare, tanto meno cosa stava per fare lui,
ma alla fine con sollievo e delusione insieme non fece nulla.
Si limitò ad
alzarsi e basta.
Una cottura
lenta, estremamente lenta, troppo per uno come Didier abituato ad entrare con
irruenza nelle vite di chi voleva e a prendersele con la forza per poi
abbandonarle una volta avute.
Però certe volte
prevaleva il suo lato furbo e questa volta sembrava uno di quei casi.
Alla fine si alzò
in piedi e tornò al proprio letto, quindi si stese sotto le lenzuola e
piegandosi tutto per stare comodo lo guardò rimanere imbambolato seduto in
mezzo al materasso come l’aveva lasciato.
- Tutto ok,
allora? - E dire che non era successo niente.
Fernando si
riscosse e con l’idea che ormai lui ci provasse, si rivestì ed andò a dormire a
sua volta senza rispondere.
“Che
strano questo ragazzo…”
Con questo
pensiero, si addormentò.
La finale spazzò
molte cose e, come un uragano, molte ne portò via ma altre ne fece arrivare.
Nuove. Inaspettate. Strane.
Come inaspettato
fu vedere Didier abbracciare e consolare Arjen e Bastian, stringerli a sé
entrambi con un abbraccio pieno e sentito.
Fu inaspettato
perché da uno così nessuno se lo sarebbe aspettato e fu inevitabile rimanerci a
bocca aperta.
In realtà era
una questione di conoscersi.
Fernando non era
andato più in là di molto, quindi quando l’aveva visto compiere quello
splendido gesto sportivo era rimasto catturato da lui ed aveva cominciato
inevitabilmente a rivalutarlo.
Quello gli scattò
dentro qualcosa.
Dopo, comunque,
recuperarsi fu impossibile.
Fu un abbraccio
generico comune di tutti, festeggiamenti ad oltranza, corse, abbracci e perfino
baci.
Baci innocenti.
Ed uno
decisamente per nulla innocente.
Dopo aver fatto
loro tutto il campo dello stadio, proseguirono la follia negli spogliatoi.
Avrebbero dovuto lavarsi, cambiarsi, rimontare in pullman, salire in aereo e
tornare a Londra dove la città li aspettava per festeggiarli ulteriormente.
Non sarebbero
andati a dormire.
Non sarebbero più
stati in grado di ragionare.
Ma il famoso
bacio poco innocente avvenne all’inizio, negli spogliatoi, sotto la doccia.
C’era un
groviglio di gente che saltava, cantava e faceva un casino che Dio la mandava.
Da non sentire i propri pensieri e non capire nulla.
L’euforia
bastava da sola a stordire, ma come se non bastasse ci si erano messi spumante
a volontà con cui, al posto della doccia, avevano deciso di lavarsi.
Molto fu colpa
dei fumi alcolici, dunque, molto della gioia ubriacante di cui erano comunque
tutti pregni.
Altri ancora,
invece, ci misero proprio del loro.
Erano sotto la
doccia con un gran via vai di compagni che entravano e se ne andavano, in molti
facevano delle stupide lotte con saponette e spugne facendosi anche parecchio
male, altri facevano a gara di pizzicotti o si spruzzavano con l’acqua come se
non fossero già abbastanza bagnati.
Fernando stava
saltando e cantando con Juan, come aveva praticamente fatto per tutta la
serata, sembravano per nulla intenzionati a lavarsi e quando lo spagnolo fu
preso in una lotta strenua con gli altri sotto la doccia che uscirono
rincorrendosi per tutto lo spogliatoio, Fernando rimase solo a ridere.
Il suo lato
spagnolo aveva avuto il sopravvento, per quella sera, e non c’era verso di
ricordarsi di avere un po’ di contegno. Era comunque più sano di molti altri di
loro.
Fu esattamente
in quel momento, con il corpo insaponato e la voglia di correre con gli altri
di là, che entrò tale Didier Drogba.
Fernando che
stava ridendo come un matto, quando si girò e lo vide rimase sospeso nell’indecisione.
Non sapeva se spegnersi, tendersi, rabbuiarsi o continuare a ridere. Era
felice. Era incondizionatamente felice. Voleva festeggiare.
Didier fu più
veloce perché non aveva dubbi. Si avvicinò con quella di festeggiare, l’abbracciò
ridendo, gli fece gli ennesimi complimenti per non si sapeva bene cosa, dopo di
che, con Fernando stordito più di prima che non riusciva a contrastare tutta
quella gioia e quegli abbracci, dopo aver fatto anche lui i complimenti per i
suoi goal importanti, si ritrovò la sua bocca contro la propria.
Ed il bacino
insieme al resto del corpo possente, forte, caldo, muscoloso e bagnato.
Scivolarono l’uno
sull’altro e Didier lo premette contro le piastrelle, il getto dell’acqua li
bagnò entrambi assordandoli, bevvero l’acqua che li ricopriva e le lingue non
poterono che star lì ad intrecciarsi in un bacio che tolse completamente il
fiato.
Si baciarono a
lungo, mescolando i rispettivi sapori ubriacanti, con le mani di entrambi che
viaggiavano sui rispettivi corpi per esplorarsi come si doveva e sentirsi,
sentirsi veramente.
Didier strofinò
il bacino contro il suo e dopo averlo sentito reagire, si separò soddisfatto.
L’osservò da
vicino sorridendo felicissimo, quindi replicò euforico:
- Complimenti
davvero! - E lì per lì Fernando credette si riferisse al suo lato caliente…
arrossì, si irrigidì e credette di cadere. Fu tenuto su da lui che ammiccò. -
Per la partita e la vittoria. - Fernando non era convinto intendesse quello ma
risposte balbettando imbarazzato.
- Gra-grazie…
anche a te. Sei stato… grande… - Nella partita, nella partita. Si ripeteva. Ma
Didier capì quello che volle e soddisfatto lo lasciò per andare dagli altri.
Fernando rimase
così inebetito sotto la doccia a ripetersi mentalmente quel bacio mentre
cercava ancora di capire che diavolo fosse successo e soprattutto come fosse
possibile.
Quando dall’odiarsi
erano passati al… a cosa? Apprezzarsi? Attrarsi? A cosa?
Girandosi
schiacciò il viso contro le piastrelle e lì rimase secco.
Quando tornò di
là e trovò il suo telefono con dieci chiamate di Sergio, fu l’ora esatta in cui
morì del tutto.
Fernando riuscì
a sentire Sergio quando erano tutti praticamente usciti dagli spogliatoi, aveva
rallentato di proposito come se improvvisamente non contasse più festeggiare la
Champions. Sospirò, seduto sulle panchine, poi lo chiamò. C’era ancora qualcuno
che finiva di vestirsi ma le orecchie indiscrete se ne erano andate.
Non sapeva come
sarebbe apparso, probabilmente Sergio l’avrebbe sgamato subito.
- Oh finalmente
riesco a sentirti, cazzo! - A Fernando venne subito il sorriso sulle labbra.
- Eccomi qua!
Prima c’era un casino che… - Tentò di spiegare ma Sergio sapeva bene come
funzionavano queste cose.
- Lo so,
immagino… allora com’è tenere quella coppa in mano? -
Il ragazzo
sorrise ulteriormente.
- Meraviglioso,
credimi! Non pensavo fosse così esaltante… è stato come ubriacarsi senza bere
nulla! -
- Che figata!
Sono contento! Volevo esserci ma non ho proprio combinato… cazzo, quanto vorrei
venire. Quasi quasi volo a Londra e ti aspetto lì… -
- Eh magari… ma
staremo tutta la notte a festeggiare, aspetteresti un sacco. Vieni domani, così
abbiamo tutto il tempo che vogliamo! -
Sergio sospirò.
- Non vedo l’ora
che inizi il ritiro della Nazionale, cazzo! Voglio averti tutto per me!
Condividerti così con tutte quelle persone mi fa rosicare! -
Fernando rise
istericamente.
- Senti chi
parla! Quello che lo devo condividere con tutte le sue notti infuocate con
chiunque gli capiti a tiro! -
Sergio rise.
- Io lo faccio
per sopportare la tua mancanza altrimenti mi sparo! E poi lo sai che sono solo
scopate vuote giusto per svuotare le palle e rilassarmi. Perché mi piace
scopare! Con te è diverso! - Preso dall’entusiasmo perché il suo compagno aveva
vinto la sua prima Champions, lo stava per dire ma Fernando lo fermò secco.
- Non dire cose
di cui potresti pentirti! - Sergio smise di respirare e tornò in sé. Stava per
dire qualcosa di grosso, era vero, ed entrambi non volevano parlare di quelle
cose.
Si fece tutto
molto serio, improvvisamente. L’euforia della vittoria congelata e la voglia di
stare insieme stranamente indecifrabile. Volevano vedersi ma non per non
potersi dire cosa provavano. Eppure se l’avessero fatto sarebbe stato più
difficile poi tornare uno a Madrid e l’altro a Londra.
Era il patto.
Non considerarsi una coppia, niente impegni seri, niente sentimenti, mai
dichiarazioni.
Però Fernando
senza Sergio non riusciva a stare.
- Ti sento
strano, cosa succede? Non sei contento della coppa? -
“Ci
siamo!” Pensò teso
Fernando sperando di essere convincente quella volta anche con lui. Non l’aveva
mai ingannato.
- Certo che sono
felice. È solo che… dai, ne parliamo domani se vieni. Ti aspetto, eh? Quando
sei sull’aereo dimmi che vado a casa… -
Si erano presi
un appartamentino privato in periferia di Londra, ovviamente Sergio aveva
copiato l’idea a Cris il quale se avesse saputo che ne era a conoscenza l’avrebbe
ucciso.
- Ok, ora va a
festeggiare come meriti! Ubriacati e fa tante cazzate! Voglio vederti fuori,
quando vedrò le immagini della festa londinese! Non deludermi! -
Fernando pensò
che forse, fuori, lo era già. Però sorrise in modo strano e annuì, quindi lo
salutò e decise di rimandare tutto a domani. Non poteva non dirgli niente. Lui
era Sergio.
Il punto era che
non poteva nemmeno fare a meno di lui.
Cosa doveva
fare?
Si strofinò il viso
fra le mani e fu richiamato proprio in quel momento.
- Ehi tutto
bene? Aspettiamo solo te! - Didier!
Fernando sussultò
come se gli avesse sparato e fissandolo con occhi sgranati dimenticò di dover
controllare la propria mimica facciale.
Si morse le labbra
e si alzò di scatto.
- No arrivo! -
Didier però ci mise un istante a capire che aveva qualcosa di strano, non
riusciva a controllarsi più bene in sua presenza e la cosa gli piaceva un
sacco.
- Hai litigato
con qualcuno? - Entrò nello spogliatoio, Fernando raccolse il suo borsone e
cercò di non guardarlo.
- No, perché? -
Ma quando si girò lo vide a pochi centimetri da sé e morì per un proverbiale
istante. Un istante atroce.
Lui, la sua
altezza, il suo fisico possente, il suo sguardo penetrante e quell’aria da
pantera che aveva.
- Perché sei
molto strano. È per il bacio di prima? Ero preso dall’euforia ma non voglio che
ti abbatta così. Goditi la festa, è una splendida serata! -
Fernando però
indietreggiò istintivamente per poterlo aggirare e andare oltre. Cercava di
ignorarlo ma non ci riusciva. E poi in teoria avevano fatto pace, in teoria le
cose erano a posto. In teoria…
- Hai baciato
tutti perché eri preso dall’euforia? - Chiese ponendo un quesito effettivamente
utile.
Didier si stupì
ma era anche piuttosto sicuro d’averci preso.
- No dai. Hai
capito cosa intendevo. - Fernando si impuntò mettendo le mani ai fianchi
tornando improvvisamente inglese. Alzò il mento in segno di sfida e lo guardò
dall’alto al basso. Figuratamente. Era più alto Didier.
- No non ho
capito! Eri contento e mi hai baciato. Perché l’hai fatto solo con me? -
Avrebbe potuto cominciare un discorso estremamente lungo ma si trattenne e si
limitò a quello.
Didier stava
rispondendo quando vennero a chiamarli.
- Juan, cazzo! -
Esclamò spontaneo Fernando perché sapeva che non ci sarebbe più stata un’occasione
più perfetta.
Didier rise ed
uscì passando accanto ad un allibito Juan. Ovviamente gli piaceva più di prima
dopo quel ‘Juan, cazzo!’ così spontaneo.
Juan, manco a
dirlo, non capì cosa aveva fatto e guardando l’amico ci rimase male.
Quando riuscì a
mettere a fuoco e a capire qualcosa, non riconobbe la stanza in cui si trovava
e nemmeno il letto su cui stava steso.
Per prima cosa
si assicurò di essere vestito e dopo di che si guardò intorno.
Era la camera di
un albergo.
Come diavolo ci
era finito? Sentì lo sciacquone del bagno e sgranò gli occhi terrorizzato. Cercò
di tirarsi su ma la testa cominciò a girargli e a scoppiargli, quindi tornò giù
ma si mise a pancia di sotto e alzò il capo poggiandolo sul mento, puntò la
porta del bagno socchiusa e strinse gli occhi per capire cosa fosse successo.
Aveva un momento
di buio totale, non ricordava come era finito lì.
Quando intravide
la figura alta e prestante di Didier gli venne un conato di vomito ma non perché
lui lo facesse vomitare, bensì stava tornando orrendamente sobrio tutto d’un
colpo.
Cercò di
trattenersi ma non riuscì e rotolando giù dal letto si trascinò a carponi verso
il bagno, aprì la porta e senza nemmeno guardarlo lo spinse di lato arrivando
in tempo al water. Ficcata la testa dentro, vomitò l’anima fra le risate
fastidiose di quel fastidioso individuo.
Come osava
ridere?
Lo sentì
toccargli la schiena e carezzarlo e solo allora il malessere si placò. Smise di
vomitare, non avendo più niente da buttare fuori e rimase stordito riverso
sulla tazza cercando di ritrovare le forze per alzarsi.
Didier ebbe pietà
e prendendolo da dietro, da sotto le braccia, lo tirò su di peso ma piano.
Quando lo mise in piedi il ragazzo indicò il lavandino e lo lasciò lì, gli
rimase dietro per assicurarsi che non andasse giù di schianto, dovette tenerlo
un paio di volte, poi quando lo spagnolo si fu rinfrescato e sciacquato per
bene la bocca, sospirò e si tirò su. Barcollò ancora, quindi con la testa che
esplodeva lo guardò. Aveva ancora bisogno di lui, che idea ignobile.
Alla fine non
ebbe scelta e senza dire niente gli tese il braccio che Didier, ridacchiando,
si fece passare intorno al collo. Tenendogli la mano e circondandogli la vita,
lo accompagnò di là per poi adagiarlo sul letto. Una volta lì lui si lasciò
andare steso di schianto con le gambe a terra. Didier lo guardò e ci rimase
secco lui, questa volta.
Era lascivo da
morire, sembrava gli dicesse di saltargli addosso.
Aveva le braccia
larghe ai lati, i capelli scomposti, l’espressione abbandonata al sollievo per
non aver più bisogno di vomitare.
Senza dire nulla
gli alzò le gambe e gli tolse le scarpe, Fernando mugolò e Didier si maledì.
Non era tipo da approfittare di uno ubriaco, anche se lo voleva con tutto sé
stesso.
O forse sì?
Cercò di
ricordarsi che tipo fosse e nel mentre si sedette nel letto matrimoniale con
lui carezzandogli la fronte ed il viso rinfrescato, gli scostò delle ciocche e
assorbì i suoi splendidi lineamenti morbidi.
Era come
carezzare il latte.
La sua mano
dalla pelle scura risaltava sulla sua così chiara e si immaginò cosa dovesse
essere passargliela sul petto.
Guardò il suo
corpo, era vestito con la divisa della squadra e gli stava tutta malmessa
addosso. Senza domarsi passò le dita su di essa e gli tirò giù la cerniera
della felpa. Era strano vestito così, non era da lui esserlo. Solitamente si
metteva più elegante.
Si morse le
labbra carnose. Era sveglio e lo guardava con due fessure sottili, ma non
sapeva bene cosa gli stava facendo.
Cosa gli stava
facendo?
Stava
approfittando di lui ora che non era in sé?
Quando se ne
sarebbe ricordato l’avrebbe demolito, l’avrebbe perso ancora prima di averlo.
Ma magari non se ne sarebbe mai ricordato.
Ci pensò
velocemente mentre gli apriva la felpa del tutto e gli tirava su la maglietta
sotto. Eccola lì la sua pelle liscia e bianca tutta per sé. Qualche tatuaggio
che gli donava e rivelava la sua vera essenza. Passò le dita su alcuni di essi
e si incantò nel contrasto dei loro rispettivi colori.
Cos’aveva quel
ragazzino che lo faceva uscire tanto di sé?
Avrebbe voluto
annegarci in quel suo latte.
Raggiunse la
vita e l’elastico dei pantaloni. Era il caso?
No che non lo
era. Ma voleva. Poteva? No, non poteva. Però voleva.
Dannazione. Si insultò
nell’infilare le dita per tirarglielo giù e fu Fernando a togliergli l’incombenza
di decidere da solo.
Un Fernando
ubriaco.
Si abbassò da
solo i pantaloni insieme ai boxer bianchi in microfibra, firmati.
Didier pensò che
se l’era cercata e gli si sistemò meglio accanto per chinarsi e far sua l’erezione
rilassata. Era troppo ubriaco. Forse non l’avrebbe nemmeno sentito, mentre
glielo succhiava. Non si sarebbe nemmeno eccitato. Non sarebbe stato bello. E
poi… insomma, non ne era cosciente. Non era divertente.
Fu allora che
decise e tirandogli su tutto, lo ricoprì senza però prima arrivare al viso e
baciarlo di nuovo. Gli sfiorò in realtà solo le labbra. Fernando le aprì
subito, sotto l’effetto dell’alcool, per volerne di più ma ancora una volta
Didier si rivelò estremamente capace di seguire la propria volontà ed un
codice.
Scoprì d’averne
uno solo in quel momento ma non si lamentò. Andava bene così. Forse non se ne
sarebbe pentito.
Forse.
- Dormi tanto
nessuno si aspetta che torniamo a casa, stanotte… - Disse piano all’orecchio.
Fernando mosse il capo rabbrividendo al suo sussurro e non capì perché non
andava bene addormentarsi lì e basta.
Non lo capì
proprio, in quel momento era tutto nebbia. Nebbia assoluta.
Fu così che
semplicemente si addormentò e basta.