CAPITOLO IV:
COSCIENTE ED INDIMENTICABILE
 
Fernando aprì faticosamente gli occhi senza volerlo davvero, stava molto bene lì dov’era. Aveva dormito come non avrebbe pensato di poter fare e la sensazione era simile a quella di quando lo faceva con Sergio.
Quando si destò meglio, la testa cominciò a dolergli e battergli, quindi richiuse gli occhi e cercò di stare il più immobile possibile. Dopo di che li riaprì di scatto.
Aveva vagamente intravisto un’immagine non convenzionale, una figura scura e possente esattamente davanti al proprio viso.
Quando il mondo tornò a fuoco, fra dolori atroci, la finestra filtrava i raggi del giorno e lo vide bene.
Il viso di Didier addormentato, sereno e rilassato. Era steso davanti a lui e dormiva stringendolo a sé come fosse un bambino. Erano stesi entrambi sul fianco e le sue labbra erano davvero vicine. Il suo respiro sulla fronte. Sgranò gli occhi terrorizzato e pregò di non averlo fatto, poi cercò di muoversi poco per vedersi. Erano entrambi vestiti. Le lenzuola li coprivano, avevano dormito… cercò di capire l’ora ma fu un’impresa. Era giorno. Spostò lo sguardo oltre Didier ma non vide orologi sul suo comodino e sentì un ticchettio. Cercò i polsi del ragazzo, erano sulla propria schiena: lo stava praticamente abbracciando!
Sicuramente era tardi, aveva la sensazione di essere in un terribile ritardo per qualcosa ma proprio non riusciva a ricordare cosa di preciso.
Doveva alzarsi, sciogliersi da quel piacevole abbraccio caldo e comodo ed andarsene. Ovunque fosse.
Non riconobbe la stanza e non ricordò che diavolo ci facesse lì con lui ma dedusse che fosse colpa dei festeggiamenti della notte passata.
Visto da così vicino Didier non era male. Non era tanto una questione di lineamenti, che comunque erano molto affascinanti, quanto di tipo.
Era carismatico, non passava inosservato. Era questo il fatto.
Inghiottì a vuoto.
Ma perché lo teneva così?
Mentre dormiva sembrava anche buono e dolce.
In un flash, esattamente lì, ricordò il bacio che era avvenuto la sera precedente negli spogliatoi dello stadio e morì avvampando. Si prese istintivamente la bocca fra le mani e sussultò imprecando in spagnolo. Questo svegliò Didier i cui splendidi occhi grandi e neri si posarono su quelli inpanicati di Fernando.
Sorrise malizioso.
Lo spagnolo si spense andando in blackout e riuscì anche ad eccitarsi per un qualche motivo assurdo, specie quando le gambe di Didier avvolsero le sue intrecciandosi. Sentì i piedi di entrambi nudi e la sensibilità aumentò facendogli premere il viso contro il collo e scivolare giù sul petto per potersi nascondere meglio. Fortunatamente era vestito ma sentì comunque troppo bene il suo corpo sodo e morbido sotto il tatto. Lo circondava come fosse una sua proprietà, poi, semplicemente, si sentì prezioso e fortemente desiderato.
- Cosa mi hai fatto? - Chiese avendo il timore che avesse approfittato di lui. L’avrebbe odiato a vita.
Didier smise di solleticargli i piedi coi propri e cominciò a carezzarlo delicato per calmarlo.
- Niente! Ti ho solo visto fuori dal mondo e ti ho portato in albergo perché stavi per vomitare in mezzo alla strada. So che ci tieni alla tua immagine pubblica così ti ho nascosto prima che cominciassi a fare piazzate. Poi una volta qua hai vomitato e ti sei addormentato. Giuro che non ti ho fatto niente! Non potrei mai! -
Fernando scattò alzando la testa, lo guardò battagliero e accusatore disse:
- Certo che potresti! Sarebbe da te e lo sai! Me lo aspetterei, da uno come te… - Didier non gli diede torto, ci aveva seriamente pensato e se fosse stato veramente in sé non avrebbe esitato. Però perché non l’aveva fatto?
Quello si era snudato davanti a lui, glielo aveva praticamente chiesto, da ubriaco, e non aveva approfittato.
Si dava dell’idiota ma almeno ora poteva guardarlo negli occhi sereno e con la coscienza a posto, qualcosa che non poteva dire di avere spesso. Anzi. Quasi mai. Era famoso per essere uno che recitava bene… in partita era il primo a buttarsi e fingere qualche infortunio pur di avere un calcio di punizione o rigore a favore. Se ne sbatteva, lo faceva lo stesso, lui aveva quella che pochi avevano al suo livello.
La faccia tosta!
Fernando, dopo averlo scrutato a dovere da vicino come fosse un caccia, ascoltò la sua risposta questa volta sincera.
- Lo so che sono così ma fidati, non farei che vantarmene se l’avessi fatto. Ed onestamente me ne sono pentito perché probabilmente non avrei potuto averti in altro modo che quello! - Era un dannatissimo bugiardo perché era fortemente convinto di poterlo avere anche da sobrio, ma voleva usare le strategie per divertirsi.
Lo spagnolo sospirò, credette a metà del suo discorso ma ci credette. La parte sul non aver approfittato di lui ed essersene pentito.
- Allora suppongo di doverti ringraziare! - asserì risentito verso sé stesso e schifato dal dover dirgli una cosa simile. Ma ciò che era giusto era giusto!
Didier sorrise contento di averlo finalmente ammansito un po’, poi però si rese conto che gli piaceva di più quando imprecava dimenticando la sua fissa per la perfezione e l’eleganza inglese e spostando una mano dalla sua schiena che stava ancora carezzandogli, gli sfiorò il viso soffermandosi sulle labbra.
Aveva davvero dei bei lineamenti, sembrava una statua di ghiaccio, a volte.
Gliele percorse e con malizia cercò di infilarvisi. Fernando non oppose molta resistenza, in realtà, perché un po’ stordito dai postumi della sbornia ed un po’ ammaliato da quella vicinanza ubriacante e dai suoi modi sicuri ed addirittura erotici.
O forse solo prepotenti.
Però si ritrovò a ricevere il suo pollice nella bocca, lo sentì sulla lingua e si impose con tutto sé stesso di stare fermo ma fu inebriante. Non sapeva di nulla, era solo un dito, ma era l’atto erotico che lo stava prendendo. Poi iniziò senza dire niente a baciargli piano e sensuale il viso.
La fronte, le tempie, il naso piccolo e dritto leggermente all’insù. Il fiato non c’era più.
Alla fine sostituì il dito alle labbra e gliele carezzò con sensualità inattesa.
Erano calde, umide e morbide. Estremamente morbide.
Entrambi non respiravano, erano appena svegli, forse non era una grande idea baciarsi ma finchè le funzioni corporee erano unicamente concentrate sul senso del tatto, poteva andare bene.
- Se non sei cosciente non è bello… volevo che sapessi che lo sto facendo… che te ne ricordassi… - Mormorò poi.
Fernando fece una smorfia per il sapore della sua bocca che assaggiò e Didier sorrise divertito.
Dio, come amava quelle sue smorfie da principino snob. Un dannatissimo falso inglese!
Alla fine non resistette più e se lo prese, finalmente.
Non come la sera prima, con foga, negli spogliatoi, quando cominciavano già ad ubriacarsi e a non capire niente.
Nessun entusiasmo, nessun’euforia. Solo loro, svegli, sobri e coscienti.
Più coscienti che mai.
Alla fine però dimenticò il sapore amaro del risveglio e mandò tutto al diavolo quando trovò piacevole la sua lingua che si insinuava nelle labbra schiuse. Quando gli aveva dato il proprio accesso?
Si bruciò a quel contatto, andò in tilt, morì, forse, e poi ricambiò per portarlo con sé.
Fu un bacio lento e voluto, estremamente consapevole e soprattutto indimenticabile.
Proprio come aveva voluto Didier.
Ammaliato da lui, Fernando non riuscì a respingerlo e a riflettere, si limitò ad assecondarlo e ad andare via con lui.
Via, ovunque volesse andare.
Via insieme alle sue mani che scivolavano dal viso giù fino al collo e poi sul davanti, a riabbassargli quella cerniera alzata quella notte. Ad aprirgli la felpa e a tirargli su nuovamente la maglietta.
Finalmente poté toccarlo ancora, avere la sua pelle bianca e liscia sotto i polpastrelli, scorrere le dita scure su tutto il suo biancore invitante.
Non si sarebbe staccato dalla sua bocca per tutto l’oro del mondo ma lo fece solo per poter continuare ad assaggiare la sua pelle e spingendolo fino a stenderlo sulla schiena, gli salì sopra col busto. La bocca sul collo, le mani sul torace, sotto i vestiti. Le braccia di Fernando aperte come se si concedesse del tutto a lui, come quella notte da ubriaco.
Era sobrio, ora, poteva fargli tutto quello che voleva e non c’erano scuse per fermarsi.
Poteva anche cadere il mondo, l’avrebbe avuto.
Scese divorandosi i suoi capezzoli sul petto che si alzava e abbassava frenetico dal piacere, la sua lingua lo esplorava mandandolo in delirio e non riusciva a smettere come lui di guardare le loro pelli così diverse che si strofinavano creando un contrasto fantastico, ipnotico.
Febbrile gli abbassò i pantaloni e i boxer, oh quei dannati boxer bianchi che l’avevano ucciso. Quanto mostravano e quanto invitavano?
Li abbassò e Fernando si inarcò per porgersi, Didier gli si avventò sul suo inguine e gli fece sentire per bene quanto lo volesse, lo portò all’estremo piacere quasi con l’insana intenzione di inglobarlo in sé.
Lo avvolse con le labbra e lo leccò fino a farlo gemere più forte e mano a mano che la sua voce si sentiva, lui cresceva d’intensità e di forza, come se cercasse di strapparglielo.
Fernando non l’aveva mai provato con tanta irruenza. In vita sua aveva avuto solo sua moglie e Sergio.
Con sua moglie, che conosceva da quando era bambino, era ormai diventato un sentimento fraterno e non lo facevano da tantissimo, con Sergio invece era regolare, quando riuscivano a vedersi. Lo uccideva in altri modi perché era passionale ma soprattutto sensuale. L’accendeva fino a farlo impazzire, sapeva come fare.
Didier sembrava volesse mangiarselo, era la potenza, l’irruenza, l’esplosione di un vulcano, uno tsunami seguito da un terremoto.
Sergio era la miccia che l’accendeva e lo mandava a fuoco, Didier era una tempesta secolare che lo devastava scaraventandolo lontano da sé stesso anni luce.
Si trovò ben presto ad allacciargli le gambe intorno alla testa e a schiacciarselo contro nel cercare al contempo di dargli spinte nella bocca in modo da averne di più.
E a gridare tirando le lenzuola sotto di sé.
Solo per quello.
Solo per averlo avuto con la bocca.
Didier si chiese un istante cosa sarebbe dovuto essere possederlo del tutto e leccandosi le labbra nel ripulirsele dopo quel sorprendente orgasmo, si issò sulle braccia per tirarsi su e raggiungerlo.
Fernando ansimava confuso, gli occhi pieni di una voglia pronto a ricominciare, fremeva in ogni parte del proprio corpo e il perdersi fu deleterio. Come sempre.
Didier gli morse il labbro inferiore pronto a proseguire e a demolirlo parte per parte quando proprio in quel momento qualcosa vibrò distintamente sul comodino.
Vibrò insistentemente fino a che non fu calcolato.
Fernando aprì mezzo occhio e lo spostò per vedere, quando realizzò che si trattava del proprio telefono si fermò.
Didier non avrebbe avuto da pensarci ma lui sapeva, sapeva profondamente che doveva prenderlo e vedere chi era. Sul momento non si ricordava perché ma la coscienza glielo stava gridando e la seguì istintivamente su uno sbuffo dell’altro che intanto si divorava di nuovo il suo collo.
Quando lesse il nome impallidì ed imprecò in spagnolo. Didier sentì chiaramente il suo cuore rallentare brutalmente un istante da che correva impazzito sotto le sue labbra.
Si preoccupò e si alzò per guardarlo.
Era terrorizzato e l’eccitazione svanì in un istante, si premette la mano sul viso, continuò ad imprecare tremando e stringendo forte gli occhi.
- Fernando? - Chiese piano sperando non fosse niente di grave.
Lo era, come poteva non esserlo? Non aveva mai visto un tale cambiamento in nessuno.
Vedendo che non faceva niente, sbirciò il nome ed imprecò a sua volta.
Doveva interromperli proprio in quel momento?
- Non puoi rispondere! -
- Devo! - Disse subito di scatto a denti stretti.
- Non puoi, si accorgerà subito! -
- DEVO! SE NON RISPONDO SE NE ACCORGE PRIMA ED E’ PEGGIO! E POI IO DEVO COMUNQUE! -
- MA SE SEI IN QUESTE CONDIZIONI NON DEVI! -
- NO TU NON CAPISCI! NON E’ CHE IO DEVO PER UN OBBLIGO NEI SUOI CONFRONTI. IO DEVO PER ME STESSO! DEVO! DEVO RISPONDERE PER ME STESSO. DEVO SENTIRE LA SUA VOCE. SE SO CHE E’ LA’ CHE MI ASPETTA STO MALE SE NON RISPONDO, SE NON LO SENTO, SE NON LO VEDO! TU NON CAPISCI E NON PUOI! - Fu la prima volta che lo sentiva urlare e si tirò del tutto su in ginocchio per lasciargli lo spazio, ma soprattutto rimase di sasso nel sentirgli dire quelle cose. In vita sua nessuno aveva parlato in quel modo.
Lo vide sull’orlo delle lacrime, era convinto sarebbe scoppiato se avesse risposto ma non voleva evitare.
Che razza di rapporto aveva con quel ragazzo?
Se lo chiese capendo che non erano semplicemente amanti e basta, che non si trattava solo di una questione di coppia o di sentimenti o di sesso o di tutti e tre.
Era qualcosa di diverso. Di molto di più.
Capì quando lo vide rispondere con una vocina sottile e tremante.
- Sergio? -
Gli bastò sentire la sua voce dall’altra parte per crollare. Le lacrime uscirono e Didier trovò le sue risposte.
“Ne è dipendente! Come un vampiro lo è del sangue umano! Fernando è totalmente dipendente da Sergio!”
Non seppe dire di preciso come e perché lo capì ma per lui fu innegabile che si trattasse di questo e si raggelò. Poteva esistere un rapporto simile?
Se provava attrazione per un altro non sarebbe dovuto venire automatico l’allontanamento? Il voler scappare? Sentirlo di meno? Voler allentare?
- Davvero hai già chiamato? Oddio, non ho sentito niente… no, dormivo… ma che ora è? - L’altro rispose e poi lui allarmato si tirò su cercando un orologio. Lo trovò sul comodino, quello che aveva rotto e che Didier gli aveva aggiustato.
Sgranò gli occhi. Era ora di pranzo.
- Cazzo ho dormito così tanto? - Sergio sembrò ridere dall’altra parte e questo funzionò da calmante. Didier ne rimase impressionato a guardarlo.
Aveva pianto sentendo la sua voce ed ora rideva perché l’altro rideva. Non era possibile che un essere umano avesse tanto controllo su qualcuno.
- Come non devo preoccuparmi? Tu mi stai aspettando a casa ed io non ci sono! Non puoi stare tutta la vita… Sergio, smettila di ridere e prendermi in giro! Certo che mi sono ubriacato stanotte, me l’hai detto tu di farlo! Finiscila! Dai, arrivo. Aspettami! Idiota, era per dire! -
Fernando ora parlava spedito, non piangeva più e nemmeno tremava anzi, era rilassato e sereno. Aveva ritrovato sé stesso e la propria calma, quindi in piedi aveva messo giù il telefono ed aveva cominciato a ricomporsi.
Didier, immobile, lo guardò impallidito ed impressionato. Era schizofrenico?
- Fernando? - Chiese per vedere se era un altro.
Il ragazzo si fermò e lo guardò quindi tornò ad occuparsi di sé decidendosi anche a spiegargli.
- Sergio è a Londra, eravamo d’accordo così da ieri sera. Vado da lui. Tu… - A questo punto si fermò e smise con la frenesia. Era addirittura felice di vedere Sergio. Didier si sentì usato e capì come si sentivano le sue conquiste una volta che le scaricava.
Era così tremendo? O forse per lui lo era perché… perché?
- Ne riparliamo, ok? Non è questo il momento! Che non ti salti in testa di seguirmi! - Sembrava molto importante per lui non farsi seguire, era chiaro che avevano un posto segreto. Aveva parlato di casa, perché tutto quel mistero?
Dider però lo trovò delizioso nel metterlo in riga a quel modo e ridacchiò mettendo da parte la sensazione di ‘usa e getta’; rimase in silenzio a guardarlo ancora un po’.
- Didier? Non ho sentito! - Fernando gli sventolò il dito davanti al viso come un padre avrebbe fatto col figlio dopo averlo rimproverato, infine si sentì soddisfatto della risposta.
- Va bene, va bene! Sembri mio padre! - non sapeva bene cosa dire, era preso completamente in contropiede ed ormai la voglia di sesso era andata nel cesso.
Era normale?
Quando rimase solo si rispose.
“E’ schizzato! Ha personalità multiple e gli scattano quando sente quel Sergio! Cazzo, che tipo!”
Questo, naturalmente, non fece che alimentare il suo immenso fascino verso quel ragazzo.
Se prima era impossibile toglierselo dalla testa, ora sarebbe diventata un’impresa titanica.
Buttandosi nel letto prese il proprio cellulare e ringhiando lamentoso chiamò Juan per avere delucidazioni circa le personalità di quel tipo.
Non ne sarebbe comunque mai venuto a capo.