SOLO A CHICAGO



1. FINZIONE E REALTÀ

La musica irrompe fra le mura della palestra, mentre mi muovo saltando leggero e veloce sui piedi che cambiano ogni volta di posizione, per essere sempre pronto allo scatto o ad un cambio d’intensità.
I pugni veloci contro la palla da pungiball a sospensione, il mio attrezzo preferito per allenarmi. Quando mi alleno mi piace una musica forte, molto ritmata. In questi momenti mi isolo e scarico tutta l’energia in eccesso, non è poca quella che ho.
- Ehi! - Una voce bassa e roca mi arriva a distrarmi e per poco, di riflesso, non mi giro dando un pugno a chi mi ha interrotto. Mi fermo in tempo e lo guardo scoppiando subito a ridere.
Jason si tiene le orecchie con le mani ed ha un’aria molto alla Hank Voight, in questo momento.
Ridendo mi sfilo il guanto da boxe e vado allo stereo che abbasso. Jason tira un sospiro di sollievo e si toglie le mani.
- Sei sordo? - Chiede seccato. Io rido e mi tolgo anche l’altro guanto andandogli incontro.
- Mi aiuta a caricarmi! - Dico indicando le attrezzature con cui mi alleno alla boxe nella mia palestra personale.
- Non sei sempre già abbastanza carico di tuo? -
Rido ancora dandogli un pugno leggero nella posa da pugile, lui lo ignora completamente, ma fa un mezzo sorrisino.
- Vuoi dire che sono iperattivo? -
- No, che ti viene in mente! - Smetto di dargli pugni e continuo a ridere andando a prendere la bottiglietta d’acqua posata a terra, vicino a dove mi stavo allenando.
- Come fai a non diventare scemo con quella roba? - Mi chiede riferendosi all’house che avevo tirato fuori dalla playlist.
- È la musica per allenarmi… electro house, heavy metal… devono avere un ritmo preciso. - Spiego per mostrare la velocità con cui mi alleno. - Mi permette di avere un’intensità giusta e mi carica, appunto. - Ripeto bevendo l’acqua che chiudo per poi prendere un’asciugamano appeso al muro, me lo metto intorno al collo e mi asciugo il sudore. - Però solitamente mi piacciono altri generi, dipende dal momento, sono versatile! -
Spiego avviandomi verso l’uscita della palestra. Jason mi segue paziente ascoltando i miei discorsi logorroici.
- Mi hai visto con la chitarra, no? - Ho trovato una chitarra sul set, l’altro giorno, e mi sono messo a suonare. Per me è una droga. Se trovo uno strumento lo suono, sono piuttosto in gamba anche con la batteria!
- C’è qualcosa che non sai fare? - Chiede seguendomi su per le scale. Ci penso e poi scuoto la testa girandomi con aria presuntuosa:
- In effetti no! Sono un Dio! - Esclamo spaccone. Finalmente Jason ride e salendo mi dà una spinta sulla schiena. Jason che ride è quasi un evento, il suo personaggio è quasi stato costruito su di lui. Hanno prima scelto l’attore e poi creato il personaggio. Cose così non sono molto frequenti nella recitazione, però quando succedono significa che hai personalità e che sei qualcuno.
Arriviamo alla cucina da cui le scale scendevano, gli scatoloni sono ancora un po’ in mezzo, ci siamo trasferiti a Chicago da poco, aspettavamo di vedere come sarebbero andate le cose con lo spin off, cioè se lo avessero aperto davvero o no. Prima avendo solo qualche parte ogni tanto in Fire facevo io su e giù. Quando mi hanno proposto ufficialmente di essere il regular nello spin off di PD, ho preso tutta la famiglia e son venuto qua. Gli indico la sedia calciando alcuni dei cartoni e apro il frigo mezzo vuoto.
- Tua moglie mi ha aperto e mi ha fatto venire a cercarti. È andata a fare un po’ di spesa. -
- Immagino che avrà brontolato dicendo ‘e meno male che doveva andare lui! Sì dopo, sì dopo ed il risultato è che la sua dannata palestra è già tutta montata perfetta, mentre il resto della casa è un cesso!’ - La scimmiotto facendo la donna isterica e lui ride di nuovo. Davvero è raro vedere Jason ridere, ma non lo conosco benissimo, con PD abbiamo iniziato le riprese da poco, però vedo che gli piace la mia compagnia, mi cerca spesso nel tempo libero.
Lui non farà venire tutta la famiglia, mi pare, so che sono ben sistemati in un villone stratosferico a Los Angeles.
Perciò ora è qua a Chicago da solo e siccome io e lui ci conoscevamo da Fire perché i nostri personaggi erano nella stessa storyline, è stato più facile legare con me. O meglio. Sono io che lego facilmente con chiunque.
Ogni tanto viene da me, facciamo due chiacchiere.
- Ti posso dare solo l’acqua! - Dico ridendo riferendomi al fatto che è un disastro col trasloco e non abbiamo mai niente da mangiare, ma il tempo di allenarmi lo trovo sempre!
Jason annuisce guardando un po’ le scatole in giro, pensieroso.
- Quando vi raggiungono i figli? - Chiede mascherando alla perfezione il suo stato d’animo. Mi appoggio al ripiano della cucina e lo guardo penetrante.
- Appena sistemiamo tutto qua. L’opzione era aspettare il semestre, ma ci mancano troppo. - Adesso sono coi nonni nella vecchia città.
Jason sospira ed ogni tanto si vede quel pizzico di Hank che mi confonde.
Solitamente c’è una bella differenza fra la persona ed il personaggio ed anzi rischi di diventare schizofrenico accanto ad uno con cui lavori. Però quando persona e personaggio sono simili, è difficile distinguere e ti confondi tu stesso, a volte hai come la sensazione di non sapere se hai i riflettori addosso oppure se sei nel privato.
Jason mi confonde, è carismatico di natura, ha stile. Molto stile. È estremamente intrigante ed interessante.
Come Voight.
Il problema in questi casi è che se non distingui la realtà dalla finzione, rischi di perdere il contatto con il mondo, in qualche modo. E quando le cose si mescolano, è un casino.
È come vivere costantemente in un film, dove tu sei un altro, la tua vita è differente e le cose non funzionano come eri abituato. Rischi di dimenticare la realtà, le cose importanti, e finisci per vivere una vita non vera, non tua, delle esperienze che non dovresti. Ma è più forte di te, ti lasci andare e prima che tu te ne accorga lo stai già facendo. E quando lo fai sei fregato!
- Ti mancano? - Chiedo io serio, tendo a scherzare e a fare lo scemo sempre, però ci sono volte in cui riesco benissimo ad essere serio.
Lui non mi guarda, si stringe nelle spalle fingendo che non sia poi così grave, ma già dal fatto che uno come lui finisca qua da me per passare il tempo, è indicativo.
- Loro preferiscono stare là, hanno vita là, scuole, corsi, non so. Tanto poi io appena finisco le riprese con la prima stagione, presupponendo che ci rinnovino per la seconda, torno a casa. Si tratta di un paio di mesi separati, l’abbiamo fatto spesso per altri film. - Spiega fingendo che non gliene importi molto, che vada comunque bene. Sorrido e lo abbraccio di slancio stritolandogli la testa con le mie braccia nude e muscolose su cui alcuni tatuaggi fanno sfoggio, uno sul bicipite gonfio, l’altro sulla spalla. Sono fiero del mio corpo, è ben allenato e del resto sono un pugile, oltre che un attore. È normale. Adesso indosso una canottiera nera aderente e ficco la sua testa contro il mio petto, lui spiazzato rimane fermo qualche istante, rigido.
- Vedrai che il tempo volerà! - Dico poi. Lui mi batte sulla spalla come per dire ‘ok ok sto bene’, ma non parla. Così sorrido ancora e lo lascio strillando allegro come niente fosse: - Nel frattempo puoi aiutarmi a mettere via questo cesso! - Aggiungo una pacca sulla schiena e lui mi fissa dapprima spaesato e poi male. Forse sembro schizofrenico con tutti questi cambiamenti di atteggiamento, ma essere sensibili e premurosi non preclude energia, forza e allegria. Per me tutto è lecito, tutto è parte di me.
Posso anche essere arrabbiato, cosa che però non mi capita mai.
Sono più che altro un iperattivo che ama fare l’idiota. Lo trovo gratificante. Non so perché. Forse perché gli altri ridono, amo l’allegria, amo circondarmi di gioia e quindi cerco sempre di crearla.
Non mi interessa di fare l’idiota, non ho dignità.
Jason è l’opposto, è molto chiuso e composto e spesso serio, però vedo che si sta un po’ mollando con me e la cosa mi piace.
- Ti piacerebbe che ti aiutassi! - Dice poi alzandosi, poi guarda l’ora. - Vieni così puzzolente sul set? - quando lo dice non ci credo, poi realizzo che ha scherzato sul serio ed io colgo al volo la palla senza fare una piega.
- No se mi aiuti a lavarmi! - Ammicco malizioso e lui mi dà un calcio nel sedere.
- Sbrigati o ti lascio qua! - Borbotta spingendomi verso il corridoio. Io rido rumorosamente e saltello andando in camera.
- Non scappare, faccio in un lampo! -
- Sarebbe una novità! - Risponde alzando la voce per farsi sentire, io continuo a ridere, lo sbircio ed ha un’aria più aperta e rasserenata. Mi dispiace se sta male, perciò se facendo l’idiota lo aiuto a stare bene, farò l’idiota.
In questo sono bravo.