NOTE:
ho scritto questa fic di getto la settimana dei test a Bahrain, so che
Lewis è rimasto il lunedì e che la sera era ancora là perché era in
palestra nello stesso albergo. E so che Seb è rimasto sia lunedì che
martedì dove ha fatto le sue parti. E lunedì era comunque nel garage
perché facevano test Mick e Charles e si è visto Seb al tavolo con Mick
e Corinna, la madre. E poi ho visto Charles e Mick salutarsi ed io ho
immaginato un po’ di cose. Premetto che ho molta fantasia e che non so
niente, ovvero sono solo le mie personali visioni di loro, di Seb come
il campione che ispira e che tiene ai giovani che ha intorno, come a
suo tempo Michael fece con lui. Ho visto un Seb così e l’ho scritto.
Spero qualcuno condivida la mia idea. Buona lettura. Baci Akane
Lo vedo pensieroso
oggi. Più del solito. Charles non è uno che fa molto casino e che parla
senza che glielo chiedano, ma so che è anche un ragazzo che sa
divertirsi nelle situazioni che gli piacciono.
Quando siamo in Ferrari
per motivi di lavoro che comprendono magari dei test, preparazione,
studi oppure anche eventi a cui dobbiamo partecipare, lo vedo sempre
molto concentrato ma al tempo stesso grintoso in qualche modo.
È partecipe, solo che
poi devo trascinarlo sempre un po’, invitarlo a dire quello che pensa
di quella cosa che si sta facendo oppure cerco di istigarlo quando
facciamo qualche ripresa pubblicitaria o intervista insieme. Poi si
lascia andare, ho il dono di rilassare e far ridere tutti quindi non mi
stupisce che ci riesco, però il punto è che si fa fare perché quei lati
che a volte soffoca per timidezza, ci sono.
È anche normale sia
intimidito in un ambiente simile così grande per lui, ricordo come ci
si sentiva ed io ho iniziato in un ambiente molto più mite e modesto
come la Toro Rossa, poi la Red Bull ed infine la Ferrari. Sono andato
per gradi. Lui è arrivato in Alfa e poi direttamente in Ferrari tic e
tac.
Quando lo vedo così
pensieroso rimango ad osservarlo un po’, abbiamo fatto i test a Bahrein
e il primo è stato Mick. Forse è per questo che è pensieroso.
Dopo i test ho voluto
passare del tempo con Mick e Corinna visto che poi ho frequentato molto
casa loro a suo tempo ed ora so che sono loro ad aver bisogno di me,
come quelle volte avevo io bisogno di Michael.
Così mi è sembrato
giusto stare con loro e chiacchierare quasi come ai vecchi tempi,
quando Michael mi faceva stare con loro e mi riempiva di consigli
oppure semplicemente mi aiutava a rilassarmi mentre la pressione era
alle stelle.
Per me è stata dura
perché ero considerato il suo erede ed io ripetevo che lo ero solo
perché tedesco come lui, però ho sofferto questa pressione lo stesso e
tutt’ora a volte la soffro da solo, quando penso che Michael aveva già
vinto un sacco alla mia età e che io in tanti anni in Ferrari non sono
riuscito a fare nemmeno un unghia di quel che ha fatto lui. Insomma, a
volte mi do la mazza sui piedi da solo, a volte non sono per niente
lucido perché arrivano pensieri e ansie e mi dico ‘dai questa la devi
fare bene, quante occasioni pensi di avere ancora?’
E penso a Mick. Per lui
sì che è dura. Lui che è il figlio di Michael ed ora è in accademia
Ferrari, ha fatto i primi test con questa macchina, l’ha guidata con la
tuta rossa. Come può essersi sentito?
Dopo il pranzo insieme,
abbiamo fatto due passi e gli ho detto qualcosa per aiutarlo, perché un
po’ mi sento in dovere di farlo ed un po’ voglio farlo, perché suo
padre lo fece con me e fu prezioso ogni consiglio ed anche solo la sua
presenza al mio fianco, il suo essere fiero di me ogni volta che
vincevo qualcosa.
Così non so se posso fare qualcosa per lui, ma se posso la farò.
Gli ho detto che è
normale avere paura nella sua situazione e che sarà difficile, più
diventerà bravo e farà strada, più diventerà difficile perché la
pressione ed il peso sulle sue spalle saranno grandissimi.
- Ma voglio dirti
quello che mi disse tuo padre quando gli chiesi come aveva vinto in
quel dato circuito così difficile in quelle condizioni così avverse. -
Mick mi ha guardato assetato di queste informazioni ed io, con un
sorriso molto semplice, ho detto: - curva per curva, Mick. Pensa alla
prima curva, superala e poi pensa a quella dopo. È molto semplice. Il
resto se deve venire verrà da sé. - Mick ha riso.
- Non credo sia stato così facile come la mette lui. - ho riso anche io perché è stata la mia stessa reazione.
- No per niente, ma se
pensi alla prima curva invece che all’ultima, forse all’ultima ci
arrivi. - Cerco di aver semplificato qualcosa che non è facile, ma lui
ha annuito e realizzato che al di là del consiglio utile o meno che gli
avevo appena dato, quel che contava è quello che contò per me quando
Michael mi disse questo.
Avere qualcuno al proprio fianco pronto a sostenerlo in ogni caso.
Questo fu per me
essenziale e Mick mi ha guardato così con gratitudine, contento di
avere me anche se sa che non avrà suo padre qua nei circuiti.
- Le cose andranno come
devono andare. - Questo lo direbbe Lewis, ma penso che abbia ragione, a
volte. Mick ha sorriso e mi ha ringraziato ed io spero di essere stato
un po’ utile.
Tornato in scuderia, ho
notato Charles pensieroso a bazzicare e l’ho visto incontrare Mick e
salutarlo con un bel sorriso. È lì che ho avuto sensazione.
Ho fatto il padre per Mick, non dovrei farlo per Charles? Anche lui non ce l’ha. O meglio Mick ce l’ha ma è diverso.
Gli metto una mano
sulla spalla facendolo saltare e lo accompagno per i corridoi dei
garage, verso la riunione coi risultati dei primi test dove ci
comunicheranno informazioni utili o meno.
- Allora come va? -
chiedo allegramente. Lui mi guarda con la sua solita aria calma e
tranquilla, cerca di sorridere convincente, ma non gli riesce. -
Avanti, spara. - Charles mi guarda sorpreso.
- Cosa? - Io sospiro e gli spettino i capelli.
- Che succede, pensi
che Mick ti rimpiazzerà presto? Che se non darai ottimi risultati non
ti terranno? È questo che pensi? - Charles colto in contropiede si
stringe nelle spalle rallentando l’andatura volendo infine approfondire
questo.
- Beh più o meno,
forse. Insomma, so come funziona. Tu sei il quattro volte
campione e puntano più su di te che su di me, poi ci siamo noi
altri qua per fare bene ma più in funzione tua probabilmente, cioè in
certe situazioni penso che sia così... E sono appena arrivato e già
danno così tanta importanza a lui e mi chiedo cosa gli passi per la
testa. - Guardo Charles sfogarsi e tirare fuori così tante cose che
nemmeno immaginavo. Evidentemente sono più bravo di quel che pensassi a
far parlare la gente, forse in qualche modo ispiro la confidenza.
- Io non sono il primo
pilota, io sono un pilota vecchio, stanno solo cercando quello
vincente, quello vero. Nel frattempo hanno me, ma è momentaneo. -
Spiego mentre mi sembra di non avere più tempo per vincere il mio
fantomatico mondiale in rossa.
Ma sarebbe così grave?
Ovviamente mi inghiotto questo pensiero mentre trasudo tranquillità e sicurezza anche se non ce l’ho.
- Quindi o io o Mick? -
Alzo le spalle cercando qualcosa da dirgli, cosa direbbe Michael? Beh
caro Seb. Non sei lui. Era giusto dire a Mick quello che Michael disse
a me, ma per ora basta così.
Ora sii per loro quel che Michael fu per te, ma a modo tuo.
Così mi fermo prima di
varcare la soglia della sala riunioni e gli prendo il braccio senza
paura del contatto. Charles sussulta ma mi guarda concentrato e torvo.
- È sempre una
competizione, anche fra me e te che siamo nello stesso team. Dicono di
aiutarci a vicenda, ma quando ti sei trovato ad essere più veloce di me
mi hai giustamente superato, tu avresti vinto al mio posto. Comunque
hai fatto un risultato migliore del mio. Tu non hai sbagliato a livello
tecnico come ho fatto io. - Non so nemmeno cosa sto cercando di dirgli.
Essere quel che Michael fu per me non è facile anche perché devo
esserlo per entrambi ed è vero che un po’ sono in competizione questi
due qua.
Ma se scommettessi,
direi che Mick subentrerà a me. Seppure avere due giovani così bravi
nello stesso team crea solo confusione e rischia che nessuno dei due
prevalga nettamente.
- Io sono un po’
confuso su come dobbiamo fare. Cioè non so se sia giusto competere con
te. Mattia ha detto di farlo se lo vogliamo, e credo di volerlo fare,
ma è giusto? - La sua domanda mi spiazza e poi capisco dove stia il
punto della questione e sorridendo paterno, gli stringo il braccio
intorno alle spalle.
- Hai troppo rispetto
per me. Però devi correre per vincere, non importa contro chi sei.
Corri per vincere sempre. Punto. -
Charles arrossisce.
- Avere un compagno di team come te non è facile. -
- Però vuoi vincere il
titolo, vero? - Charles sempre intimidito annuisce e trovo il fuoco che
si accende nei suoi occhi. Un fuoco di cui si vergogna forse. Così gli
do uno scappellotto sulla nuca rinvigorendolo:
- Allora provaci! - E
questo sono io che semplifico anche le cose complicate. Non è facile la
nostra situazione, ma è più difficile per me che per lui. Lui deve
cercare di vincere e correre bene. Io devo dimostrare che non hanno
puntato su di me per tanti anni per nulla, che non sono un fallimento,
un fumo. E poi ho il mio grande sogno, il mondiale in rossa. Che forse
non realizzerò mai o che forse è quest’anno o mai più.
Guardo Charles entrare
più sereno e dritto e mi rendo conto di avere un’importanza che non
avevo mai considerato prima di qualche mese a questa parte, quando è
arrivato Charles prima e Mick dopo. È difficile e complicato.
Abbiamo un ruolo
importante, io e Lewis ora. Prima eravamo solo campioni, anzi cercavamo
di essere campioni. Ora lo siamo già e quel che conta non è rimanerlo,
ma comportarci da tali. È come essere supereroi. Ci sono moltissime
responsabilità e solo ora me ne rendo conto.
- Hai solo il controllo
della tua auto e spesso nemmeno quello, per cui pensa ad arrivare vivo
al traguardo mentre cerchi di fare il miglior risultato in quel
momento. - aggiungo mentre varchiamo insieme la soglia.
Pressapoco è quel che diceva Michael. Penso che sia il consiglio migliore per un giovane pieno di pensieri.
Sospiro stendendomi in uno dei lettini per gli esercizi della palestra dell’albergo che ci ospita.
Lewis ha messo un po’
di musica di sottofondo mentre si fa i suoi soliti video con le tutine
per allenarsi, io mi strofino il viso e massaggio le tempie col mal di
testa che un po’ inizia a scemare.
- Come va? - Mi chiede iniziando a fare i suoi esercizi mentre i miei consistono nel guardare lui che li fa.
Mi metto sul fianco,
appoggio la testa alla mano e lo guardo ammirando il suo corpo
muscoloso ed atletico che guizza ai suoi movimenti.
Starei ore così a guardarlo.
- Meglio ora! - Lewis ridacchia.
- Ti basta poco per
stare meglio! - Dice ironico. Io mi abbandono pesantemente sulla
schiena e mi copro la faccia spontaneo, come per cancellare ogni cosa.
- È pensante, sai? - Dico infine dando voce a quel che ho soffocato per tutto il giorno.
- Cosa? - chiede lui lanciandomi un’occhiata un po’ in ansia, ma non si ferma dal saltare la corda.
- Essere un supereroe! - Dico spontaneo senza rifletterci molto, Lewis scoppia a ridere e perde il ritmo dei suoi salti.
- Siamo supereroi ora? -
- Da grandi poteri derivano grandi responsabilità! Quel tizio aveva ragione! -
- Quel tizio... - Ripete lui incredulo. - È uno dei più grandi realizzatori di tutti i tempi... -
- Sì chiunque sia
comunque aveva ragione. - Taglio corto mettendomi di nuovo sul fianco
con la testa appoggiata alla mano a guardarlo. Lui continua i suoi
salti.
- Di cosa parli? -
- Beh, prima abbiamo
lavorato per essere campioni, ora lo siamo e questo comporta molte più
responsabilità di quel che immaginassi. Cioè non ci ho mai pensato
prima, ma oggi mi sono trovato a dare consigli a Mick e a Charles e ad
assicurarmi che stessero bene. E ci tengo perché mi rivedo in loro e
ricordo come mi sentivo confuso e quanto mi ha aiutato Michael in
quegli anni. - Era come se non avessi visto l’ora di parlarne e tirarlo
fuori. Lo faccio con estrema facilità. Lewis smette di saltare si siede
ad uno dei macchinari per le gambe dove incastra i piedi. Io mi tiro su
a sedere perché mi è praticamente davanti, distiamo si e no un metro.
Lo guardo appoggiando le mani dietro di me.
- Lo capisco, anche io
me ne sto rendendo conto. Abbiamo una bella responsabilità ora. Siamo
pieni di giovani che cercano di emularci, giovani talenti che hanno
sognato di essere noi ed ora sono qua a lottare per questo e lo fanno
davanti a noi, lo fanno proprio con noi. Non è facile per loro. E la
nostra responsabilità è enorme, perché dobbiamo in qualche modo
coltivare questi talenti invece di demolirli. Non è facile. -
Lo ascolto parlare,
lieto che abbia i miei stessi dubbi e pensieri, lo immaginavo. Mentre
parla mi sento meglio perché compreso e condiviso. Ed alla fine non ci
sono soluzioni, ma a volte per stare meglio basta sapere che non siamo
soli in questi stati d’animo e tutto diventa più leggero. Mi metto in
piedi davanti a lui mentre apre e chiude le gambe stringendo le
maniglie ai lati della seduta. Mi appoggio sulle sue ginocchia fermando
i movimenti e mi chino verso la sua bocca. Mi fermo un momento prima.
- Per fortuna che io ho te e tu hai me. - Dico riassumendo tutto. Lewis sorride dolcemente invitandomi con le sue labbra.
- A capirci e
sostenerci? - Annuisco baciandolo, lui mi accoglie con la sua
morbidezza e mentre le nostre labbra si fondono e si succhiano, mentre
i nostri sapori si mescolano con le lingua che si intrecciano, tutto
torna a posto. La testa smette di farmi male e la pressione sulle
spalle si alleggerisce.
Se gli altri hanno noi. Noi abbiamo noi.
Non andremmo da nessuna parte da soli.