NOTE:
la gara è quella del Belgio, dove il sabato muore il giovane Antoine
Hubert, morte che tocca tutti i piloti ma in particolare Charles e
Pierre. La fic l’ho scritta proprio in quel weekend, quando il ‘dolce’
Charles non aveva tirato fuori del tutto il suo vero carattere, e come
ho detto per ‘Shock’, fic pubblicata nello spin off ‘Opposti in
contrasto’, quel che ho scritto resta com’è, per il futuro vedrò come
evolvere le cose ed eventualmente ‘correggerle’.
Sono stati tutti molto
colpiti dall’ennesima morte in pista e è Seb molto più emotivo di quel
che sembra, quello davvero forte nella coppia è Lewis, anche se Seb è
quello che dal di fuori riesce a fare e dire sempre ciò che deve. Nel
privato però è lì che crolla e che ha bisogno di tutto l’amore di
Lewis. Lewis quel giorno ha scritto qualcosa sul suo profilo IG che mi
ha colpito, a proposito dell’amare chi c’è vicino, di non aver paura di
dimostrare i propri sentimenti quando possiamo farlo. E mi sembrava
perfetto per loro. Buona lettura. Baci Akane
/Lew/
Le gare difficili non sono quelle sulle piste difficili, le gare davvero difficili sono quando prima è accaduta una tragedia.
Le immagini mi scorrono
davanti agli occhi, mentre assistevo in diretta alle scene shoccanti e
mi rendevo conto che quello che sembrava un vero brutto incidente, era
fatale.
Non riesco a togliermelo dagli occhi, in un istante i miei problemi nelle prove libere passano totalmente.
Per tutto il tempo
penso solo che vorrei tanto abbracciare Seb, ma so che è molto
impegnato con il suo team come io lo sono col mio, però non riesco a
non pensare al povero Antoine che è morto dopo un brutto incidente
nella pista in cui correremo domani, in cui fra poco saremo chiamati a
fare il miglior tempo possibile per le qualifiche, per posizionarci
bene.
Dio, come si fa a correre con questo stato d’animo, in queste condizioni, dopo questa tragedia?
Da un lato è necessario
farlo, come dice Seb in questi casi, se non lo fai subito è finita,
rischi che si inneschi un meccanismo di paura che ti remerà solo
contro, dall’altro ho sempre avuto paura di queste cose, ma nonostante
questo devo per forza andare avanti.
È normale avere paura, bisogna sempre ricordarsi che l’obiettivo primario non è vincere, ma arrivare vivi al traguardo.
Toto lo dice sempre, nonostante sia uno in grado di far di tutto pur di vincere, anche prendere decisioni difficili.
Alla fine riesco sempre
a mettere da parte ogni pensiero e problema e correre come devo fare,
però prima di salire, prima che quei semafori si spengano, io ho sempre
quel pensiero fisso.
Spero di rivedere tutti i miei cari alla fine.
E nonostante questo
perché corriamo lo stesso, se c’è questa ovvia e normale paura? Paura
per noi, ma anche per chi corre con noi, i nostri amici, i nostri
compagni.
Per me Seb, prima era Nico.
Perché?
Non succede sempre per
fortuna, ma a volte succede e quelle fanno male, ma non solo. Una volta
potresti essere tu, o chi ami. E lo sai, lo sai bene, lo metti in conto
ma sai che se succederà farà un male cane.
Ma perché corriamo lo stesso?
Perché la passione
brucia più di qualsiasi paura, perché le cose brutte possono succedere
anche a casa, al sicuro mentre fai qualcosa di tranquillo e non
rischioso. Ecco perché.
E se alla fine ti succede mentre fai la cosa che ami più in assoluto, alla fine eri felice.
La paura non ti può fermare, ti deve tenere in vita.
Sono cose che mi hanno
detto nel corso dei miei anni di F1 e che so bene, ma ugualmente ti
tocca profondamente quando succedono. Ed ora vorrei solo che Seb mi
abbracciasse e mi giurasse che starà attento.
So che lo è sempre, ma ora è diverso.
Finchè non lo vedo
sorridermi, finchè la sua mano non mi tocca e stringe il braccio e la
mia non prende la sua spalla, finchè non ci guardiamo da vicino e ci
parliamo, non sono sereno. Appena lo fa, tutto riprende una dimensione
accettabile.
Come faccio a correre
bene anche quando c’è l’apocalisse intorno? È una cosa che mi chiedono
spesso, non soffro mai la pressione in nessun caso.
Quando salgo in
macchina affido tutto a Dio e mi fido, accadrà quello che è giusto che
accada. Ci penserà Lui. Io devo solo correre.
Ma è anche vero che ho i miei modi di stare bene.
Seb ha un certo potere su di me, mi calma.
Non è che faccia cose
speciali o che mi dica sempre chissà che. A me basta vederlo, toccarlo.
Mi basta che mi sorrida. Ed ecco qua che le mie ansie si
ridimensionano.
Mentre Charles parla,
io e lui ci complimentiamo per i risultati, lui è secondo ed io terzo,
quindi subito mi chiede di Antoine, se ho visto le scene perché
qualcuno di noi era nei paraggi, così impallidisco subito e ne
parliamo. Siamo qua in piedi dopo le qualifiche, in attesa di
rispondere alle nostre tre domande a testa e di fare le solite foto e
poi la press, per cui non c’è tempo per noi e sappiamo che poi a parte
qualche minuto in bagno, finchè la press non finisce non avremo davvero
tempo.
E così è poco quel che possiamo concederci, ma ce lo facciamo bastare.
Vedo come il suo
sguardo si assicura che mentre parlo di quel che ho visto, io stia bene
o comunque non troppo male. Vedo come i suoi occhi meravigliosi mi
scrutano al di là delle mie parole, per leggere nel mio profondo, ed io
mi sento meglio anche per questo. Perché per lui sono così importante
che farà di tutto per arrivare vivo al traguardo, domani. E si prenderà
cura di me, stanotte, come io lo farò con lui. Perché in questi momenti
hai un freddo interiore che solo un abbraccio può cancellare, ma non un
abbraccio qualsiasi. Il suo abbraccio, quello della persona che ami.
/Seb/
Lui cerca di
sorridere ed essere normale, fa qualche vaga battuta ma lo so che è
profondamente turbato da quello che è successo. E vorrei cancellare
tutto, ma la verità è che io forse sono più turbato di lui.
Di gara in gara,
quest’anno, ma forse anche da molto prima in realtà, ho iniziato a
sviluppare questa sorta di paura di guidare che è quella che mi fa fare
le cagate poi in gara e mi fa guidare comunque male, non come il
Sebastian Vettel dei tempi migliori.
Quello più incosciente, forse, più spensierato e con meno responsabilità.
Ma non è solo questo e dentro di me lo so.
Ho paura, a volte. E forse sempre. Ho paura di non arrivare vivo, ho paura che lui non arrivi vivo.
È una cosa che
solitamente controllo bene, come tutto nella mia vita. Riesco a
celarla, a soffocarla, a far finta di nulla, ma non è che non la provo.
Non è che sto bene.
In realtà non sto bene.
Ultimamente andava
meglio, ma poi è successo questo ad Hubert e forse è per ricordarmi che
il rischio è dietro l’angolo ed il prezzo è davvero alto. Sono disposto
a pagare un prezzo simile?
Quando entro in camera
con lui, alla fine di quella che penso sia stata una delle giornate più
lunghe e complicate, so che anche se smettessi di correre perché non
sono più in grado di controllare alla perfezione ogni cosa, lui lo
farebbe lo stesso.
Lui non smetterebbe. Non risolverei alcun problema.
Non starei meglio, non sarei più sereno, avrei comunque paura. La paura sarebbe sempre lì e forse sarebbe anche peggio.
- Mi chiedo se è così che si sentono le mogli a casa... - Dico appena varco la soglia.
Non era mia intenzione, volevo rallegrare l’atmosfera, distrarci, ma non ci sono riuscito e questo fa capire quanto sto male.
Lewis, che era dentro
da qualche minuto, mi guarda sorpreso. Anche lui si aspettava che
cambiassi discorso con qualche stupido gioco.
È seduto sul letto, è
ancora vestito ed ha messo in carica il telefono con cui stava
scrivendo qualcosa, forse sul suo profilo social.
Alla fine l’ho detto e
tanto vale parlarne, credo faccia più meglio a me che a lui. Forse ne
ho più bisogno io, anche se volevo assicurarmi che stesse bene. Anzi,
volevo farlo stare bene io.
Ma è questo una relazione, uno scambio reciproco.
- Come fanno ad
aspettare a casa la fine di una gara, chiedendosi se ne usciranno vivi?
- Lewis prende tempo intanto che cerca cosa dire.
- Non ci hai mai pensato prima? Corri da tanto, solo ora te lo chiedi? -
Ne abbiamo parlato ogni
tanto. Di questa paura di non rivedersi alla fine. Però ogni tanto è
un’ombra che diventa davvero pesante.
- Sì certo... - Rispondo vago cercando di ricordare come la vivevo.
Inizio a mettere giù le
cose dalle tasche e silenzio il telefono che metto a faccia in giù sul
comodino, lui rimane seduto a fissarmi come se fossi di cristallo
improvvisamente. - Ci ho pensato ovviamente, ma mi sono detto che se
dovessimo farci fermare da tutto quello che fa paura e da tutto ciò che
ci fa correre dei rischi, dovremmo ucciderci subito perché anche stare
chiusi in casa è pericoloso. Si può morire in qualsiasi momento. Ma io
non ho paura di morire. - Concludo poi deciso, lo guardo sentendo le
mani tremare improvvisamente, vorrei dirlo in modo più sereno, ma la
voce mi trema. - Ho paura che chi amo muoia ed ho visto Charles che ha
perso un altro caro amico e come lui altri piloti giovani. Charles
piangeva, l’ho consolato e non sapevo cosa dirgli, ma non mi ha fatto
domande. Io volevo chiedergli come ha fatto a continuare a correre dopo
Jules, ma non ho avuto coraggio. Mi ha turbato il suo pianto, ma vedo
in lui una forza che è assurda per un ragazzo così giovane e penso
che... che comunque meriti di vincere. Merita il successo. Merita che i
suoi sogni, qualunque essi siano, si avverino. - Improvvisamente le
parole escono dalla mia bocca e non so più fermarle. Vado verso il
bagno per nascondermi, per non farmi vedere così turbato e debole, ma
mi fermo e continuo, lo guardo meravigliato mentre sento la mia stessa
voce sempre più tremante buttare tutto fuori.
- Come fanno i parenti
ad aspettare a casa che il proprio caro finisca sano e salvo? E se non
succede? Se lui non tornerà più? - I brividi mi scuotono, mi strofino
le braccia. - Ho freddo... - Dico sorpreso senza capire come sia
possibile, non fa freddo.
Lewis a questo punto si
alza dal letto e mi raggiunge. Invece di abbracciarmi e coprirmi, mi
spoglia. Lo fa veloce, ma senza frenesia. Io lo guardo senza capire
perché lo fa, ho detto che ho freddo, non caldo.
Poi lo vedo che si
spoglia a sua volta e mi tira per il braccio verso il letto. Sono
confuso e perso per lo sfogo che ho tirato fuori senza immaginare di
averne bisogno. Lewis senza dire nulla se non - vieni - mi stende sul
letto, viene subito dietro con me, ci copre e poi chiude la luce grande
lasciando accesa solo quella piccola del comodino.
I suoi occhi sono due
specchi di un’anima profonda e meravigliosa, non credo di poter
arrivare ad amarlo di più ed oggi me ne sto rendendo conto.
- Ti amo troppo per
perderti, è una cosa che non potrei sopportare. Diciamo sempre che può
succedere ma che non ci possiamo far fermare da nulla, ci diciamo che
se capiterà non sarà a noi, ma poi quando capita fa male, così male. E
vedo Charles e la sua forza ed io non so se ce l’avrei. - Continuo
mentre lascio che le lacrime escano dai miei occhi.
Lewis a questo punto mi
abbraccia e mi sale sopra diventando una coperta umana, calda,
pulsante, liscia e forte. Nascondo il viso contro il suo collo
profumato.
È sempre profumato in qualche modo.
- Anche se stai male e
la situazione è tragica, è la cosa più bella che tu mi abbia mai detto.
- Dice piano al mio orecchio, baciandomi piano e ripetutamente. Sorrido
e riemergo dal suo collo per guardarlo, mi sta ancora sopra, i nostri
occhi si incrociano così come i nostri corpi rimangono intrecciati ed
inizio a sentire meno freddo dove lui si appoggia a me. - Non abbiamo
controllo sulla vita, le tragedie possono capitare in ogni momento,
facendo qualunque cosa. Quello che possiamo fare è tenere vicini chi
amiamo, sempre, senza paura. Senza allontanarci. Senza rinunciare.
Abbiamo solo il presente e l’amore che nutriamo. Dobbiamo dirlo che
amiamo, dobbiamo far sentire il nostro amore. È tutto quello che
possiamo fare, perché le cose brutte succederanno qualunque cosa tu
faccia. E starai male. Però dobbiamo amare quando possiamo farlo. -
Quando lo dice, qualcosa scatta, qualcosa di importante. Come se finalmente la chiave girasse.
Cerco la sua bocca
nella quale trovo conforto, il calore della sua lingua contro la mia,
il suo sapore e poi le mie mani sul suo viso a stringerlo. E scendo a
toccare le sue braccia e poi la sua vita, perché lo devo sentire su di
me, lo devo sentire di più.
Il calore scaccia lentamente il freddo e la paura viene piano piano battuta dall’amore.
Il nemico della paura non è il coraggio, ma l’amore.
Le mie dita si infilano
nella sua fessura mentre Lewis inizia a strofinarsi su di me e a farmi
sentire la sua erezione contro la mia. Si muove come un’onda perpetua,
sensuale su di me, su e giù, mentre mi eccito e si eccita ed il calore
portato dai nostri corpi sempre più uniti e le nostre bocche che non si
staccano, danno vita alla medicina migliore.
Piega le gambe
sistemandosi a cavalcioni su di me, si solleva mentre lo accompagno, si
lecca la mano e mi strofina l’erezione già dura, lo rifà fino a che non
sono bagnato, poi lo indirizza dentro di sé e con una sensualità unica,
si adagia su di me mentre gli entro dentro.
Immediatamente il
calore si espande come un’esplosione, mentre i nostri corpi uniti si
muovono intrecciati, avvinghiati. Lo tengo per i fianchi mentre lo
aiuto a muoversi su e giù su di me, non riesco a staccargli gli occhi
di dosso. Da lui e dal suo corpo muscoloso, perfetto e bellissimo, la
sua pelle che amo troppo ed il suo viso che è semplicemente splendido.
Lewis si muove
aumentando l’intensità ed i gemiti. Il calore ed il piacere aumentano,
si mescolano, ma sento il bisogno di più, sento il bisogno di avere
ancora.
Lo prendo e cambio
velocemente le posizioni, una volta che è steso sotto di me, gli alzo
le gambe e torno ad entrare. Quando lo faccio affondo subito e alzo il
ritmo e l’intensità. Posso entrare meglio, posso farlo più mio e lo
faccio.
Più forte, più a fondo, più veloce.
Il calore è alle stelle. Non ho più freddo. Ora sto bene, Dio sto così bene.
- Stringimi... - Ansimo
al suo orecchio, lui lo fa cingendomi le spalle ed il collo con le
braccia. - Più forte... - Aggiungo mentre affondo più forte, più
veloce, più disperato. Lewis usa le unghie nella mia pelle bianca,
questa sensazione mi dà sollievo e mentre lo sento, mentre sento il suo
amore assoluto, arriva l’orgasmo per entrambi.
È un calore liquido,
dolce e meraviglioso, che ci invade e ci coccola, mentre il freddo e la
paura sono un vago ricordo e per un momento nemmeno quello.
Crollo su di lui e
rimango fermo dentro Lewis per un istante, lui mi tiene a sé,
dolcemente, mentre mi imprimo questa sensazione per ricordarla nei
momenti difficili, nelle gare difficili, quelle che nessuno vorrebbe
mai correre. Quelle dove hai paura che quella brutta cosa capiti a te.
Perché a volte hai più paura di altre.
E mi tengo stretto questo calore. Questo amore.
- Ti amo. - Glielo dico perché non è mai abbastanza.
- Ti amo anche io. - Me lo dice perché i rimpianti sono la cosa peggiore.
Ha ragione lui, abbiamo solo il presente e se amiamo qualcuno, dobbiamo vivere questo amore.
/Lew/
Gli carezzo la
guancia dove la barba morbida è della sua tipica lunghezza. La sua mano
stretta sul mio braccio anche mentre dorme, come ad assicurarsi che io
non vada via.
Non sono io che si è sposato e farà un altro figlio.
Ma questo, si sa, è una cosa diversa.
Diversa in che modo?
Perché io ho avuto il
coraggio di vivere il vero me stesso nel mio privato e non avere alcuna
relazione di facciata? Ho il desiderio di essere padre, ma sposarmi
solo per quello mi sembrerebbe di tradire quel figlio.
Questo sono io, Seb è un altro.
Seb per tradizione ha
sempre pensato di doversi sposare e fare una famiglia ed ora l’ha
fatto, ma questo non c’entra con l’amore che nutre per me.
Il modo disperato e totalmente coinvolto in cui mi ha preso è stato meraviglioso, non so nemmeno descriverlo.
Toccante, ecco come lo definirei.
Io lo conosco e so che
ogni volta che salirà sulla macchina penserà a rivedermi alla fine, che
la sola cosa che conta sarà quella, alla fine, e questo in un modo o
nell’altro influenzerà sempre la sua gara. Nonostante questo, l’altra
parte, quella del pilota tedesco, cercherà sempre di fare ciò che è
giusto. Perché sì. Perché è così che si fa.
A volte magari farà
delle manovre proprio contro di me e probabilmente mi farà pure uscire
di pista, poi alla fine della gara mi chiederà se sto bene ed io gli
terrò il muso perché sono permaloso. Fino a che si farà perdonare con
qualche cavolata.
E poi ogni tanto uscirà questa paura, paura non tanto di correre quanto di non rivedermi alla fine.
Eh, caro Seby... sapessi io che terrore ho a questo proposito.
Oggi sono stato io quello forte, è giusto alternarsi.
Domani probabilmente
non farai una gara perfetta, la tua priorità sarà ancora rivedermi alla
fine, dopo il traguardo. Poi riuscirai a conviverci.
Seb si muove
sistemandosi meglio sopra di me, non si sveglia, ma dorme meglio,
mentre il suo viso sentendo il mio petto si distende e si rilassa.
A volte mi chiedo come facevamo prima.
Può dire quello che
vuole, ma nessuno mi toglie dalla testa che ad un certo punto si è
messo ad aiutare Charles invece che pensare a fare la sua gara apposta.
Non perché non sentiva bene la macchina e sapeva che non sarebbe
riuscito a finire in una buona posizione, ma perché voleva che oggi
vincesse Charles.
Perché il piccolo prima ha pianto di nuovo, prima della gara, dopo la cerimonia per Antoine.
E quindi, toccato da
lui, sono sicuro che ha deciso che oggi l’avrebbe aiutato, o oggi o mai
più. Oggi perché Charles partiva in pole position quindi aveva concrete
possibilità di vincere, ma senza quel piccolo aiuto non so se ci
sarebbe riuscito, alla fine gli sono arrivato molto vicino, mi bastava
un altro giro per prenderlo. Sono stati quei centesimi di secondo
preziosi che lui gli ha fatto guadagnare quando mi ha rallentato di
proposito, che gli hanno dato il necessario per passare il traguardo
come primo.
Sono contento per Charles, lo meritava, oggi più che mai.
Sia perché è un bravo
pilota e merita di vincere, sia perché stava così male che una gioia la
meritava. Lui ed il suo coraggio, la sua forza d’animo.
Ma io so che Seb oggi
ha voluto aiutarlo, non perché aveva problemi per conto suo. Lo
conosco. Ne sono sicuro, ho questa sensazione, nessuno mi toglierà
quest’idea. Non glielo chiedo nemmeno perché tanto lo conosco.
Come io in Canada che
non ho voluto superarlo anche se spingendo davvero avrei potuto, alla
fine. Non ho voluto perché sapevo che avrei vinto comunque e non volevo
infierire, perché così almeno avrebbe pensato di aver moralmente vinto.
Io e lui siamo diversi
in molte cose, ma in certe siamo uguali. Nel modo di amarci, per
esempio. O nel cuore che abbiamo nel petto.
Siamo belle persone ed oggi non potrei amarlo di più.
Mentre lo saluto
velocemente prima di andare ad adempiere ai miei doveri di secondo
classificato, gli stringo la mano e gli sorrido veloce.
Il rischio che ci vedano c’è, ma non importa. Lui mi riprende la mano che gli sto per lasciare e sorride a sua volta.
Bisogna stare sempre vicino a chi amiamo, senza avere paura.