NOTE: in realtà è
pre-slash poiché i due non stanno ancora insieme ma è evidente che sono
innamorati e poi si sa che sono sulla via del mettersi insieme. Siamo
sempre su Hybrid Theory -la mia serie di one shot su di loro- ma un po’
indietro, e precisamente dopo il compimento del loro album Meteora e
prima di Minutest to midnight, quindi un paio di cose che avete letto
nelle fic precedenti non sono ancora accadute mentre altre sì.
La storia degli
altri progetti è vera, nel senso che subito dopo Meteora si sono presi
una piccola pausa più o meno decisa di comune accordo, durante questo
tempo prima Mike e poi Chester hanno fatto degli altri progetti, ovvero
album rispettivamente con due nuove band provvisorie in parallelo ai
Linkin Park che non erano sciolti ma messi momentaneamente da parte. I
dettagli non li conosco ma ho voluto fare la mia personale versione di
quel momento, quando Mike se ne è uscito con l’idea di fare altra
musica in attesa di qualcosa coi Linkin Park.
Grazie mille a
chi legge e commenta.
Buona lettura.
Baci Akane
PS: cliccate
sul titolo della canzone, aspettate, ascoltate e leggete!
ALTRI PROGETTI
Di certo non avrebbe
mai pensato di poterci rimanere tanto male, no, non lui.
Eppure fu
esattamente come fare bungee jumping.
Forse anch’essa
una sensazione esagerata ma in quel periodo lo era ancora molto.
Dopo aver
finito tutti gli impegni col gruppo in successione al loro secondo
album, Meteora, i ragazzi si erano presi una pausa dall’attività, un
po’ per riprendersi dopo le impetuose fatiche a cui non erano ancora
abituati, un po’ per riflettere sul proprio futuro come band.
La domanda
principale a cui dovevano rispondere con una certa calma ma sicurezza
era stata posta dal loro produttore, un esperto nel loro genere
musicale:
‘Volete
continuare a fare questa musica o cambiare?’
Domanda assurda
ad un gruppo di cinque ragazzi talentuosi che avevano appena sfondato
col secondo album che aveva ampiamente superato ogni più rosea
aspettativa.
Eppure la
domanda nella domanda era stata chiara e Mike vi aveva dato voce col
suo solito tatto, ma l’aveva fatto.
‘Quando una
cosa funziona bene ed ha successo la gente si aspetta qualcosa di
ancora migliore, poi, ma sempre su quel genere. Noi siamo in grado di
darlo? E se pensiamo di cambiare, potremo essere in grado di dare
comunque qualcosa che li conquisti almeno allo stesso modo di ora?’
Riflessioni che
avevano portato ad altre riflessioni che a loro volta avevano portato
sostanzialmente ad una pausa che si era prolungata sempre più.
Poteva sembrare
assurdo trovarsi disorientati davanti ad un successo simile, eppure non
era una cosa da prendere alla leggera.
Potevano
davvero essere capaci di continuare a cavalcare l’onda e superarla?
Ed in quel caso
erano disposti a diventare un domani stereotipi di loro stessi?
Gente che fa
sempre la stessa minestra tritata perché quella è la ricetta che
all’inizio ha funzionato?
Oppure magari
di fare anche meglio ma sempre con quel genere?
E se decidevano
di cambiare ed evolvere erano pronti a rischiare di perdere tutto ciò
che erano riusciti a guadagnare in due soli album di così grande
successo?
Le risposte
prima dei tre anni non sarebbero arrivate.
Fu così che
Chester ricevette la prima dura botta dopo che aveva pensato di aver
trovato la famosa Terra Promessa.
Era a casa a
cucinare.
La passione per
la cucina l’aveva sempre avuta ma in tutto quel nuovo tempo libero
aveva avuto modo di approfondirla e fra un’intervista e l’altra e un
impegno e l’altro col gruppo che diventavano sempre più radi, ne aveva
avuto occasione.
La moglie era
fuori a fare compere col figlio e lui era solo in casa a preparare uno
dei suoi pranzi a base di carne per cui ci voleva una lunga
preparazione, quando si vide piombare in casa Mike.
Aveva
un’espressione strana, l’aveva notata subito ma preso dal suo lavoro
non ci aveva dato peso ed era tornato in cucina dicendo di seguirlo.
- Che cazzo
hai? Hai una faccia… -
Chiese
distratto mentre affettava della carne rossa con un coltellaccio più
grande di lui. Dopo avergli tolto il grasso ed i nervi fino al
millimetro con molta cura, la stava facendo sottile sottile, dopo di
che avrebbe dovuto sfilarla in maniera ancora più meticolosa.
Mike si prese
da solo una birra dal frigo e si sedette in uno sgabello alto davanti
al piano di lavoro di Chester che non lo guardava nemmeno.
Lo fissò per un
istante, era davvero serio e non sapeva fondamentalmente come dirlo,
non si capacitava della tensione che provava nel parlargli di ciò per
cui era venuto. Con Brad non aveva avuto sostanzialmente problemi,
anzi, ma con lui si sentiva un nodo allucinante allo stomaco.
- Bè? Ti sei
fottuto il cervello? - La sua solita parlata fine, pensò Mike
considerando il fatto che stava armeggiando con un coltello affilato
oltre che grande.
Ma che avrebbe
potuto fare, conficcarglielo in mezzo agli occhi?
Si schernì da
solo e si fece coraggio, quindi finalmente parlò con circospezione,
prendendola molto alla larga, dimostrando immediatamente tutti i mille
problemi nel dirgli quella cosa.
- Ecco, ho
pensato molto a… bè, sai a cosa… ci stiamo pensando tutti, no? Ed io…
sì insomma, mi era venuta un’idea… -
Chester ghignò
schernendolo:
- Oh cazzo, una
delle tue idee che ci farà diventare matti, immagino! - Lo disse con
finta insofferenza, in realtà era ben lieto di dannarsi per realizzare
le sue trovate che poi per quanto difficili fossero si rivelavano
sempre geniali.
Mike accennò
appena ad un sorriso ma non stette allo scherzo, da lì Chester capì che
era qualcosa che non gli sarebbe piaciuto ma preferì ancora una volta
concentrarsi sul tagliare la carne in quel modo preciso e rigoroso.
- No, questa
volta non vi farà diventare matti… - Chester non si fermò ma divenne
serio e corrugando la fronte, sempre senza guardarlo per domare
quell’orribile sensazione insopportabile che stava nascendo dentro da
quando era arrivato in casa sua, chiese brusco:
- Che cazzo
vuoi dire? - Non glielo avrebbe mai chiesto espressamente. Potendo
sarebbe anche scappato, per non sentirgli dire ciò che ormai sapeva,
perché quando Mike cominciava in quel modo non prometteva niente di
buono.
E lui di brutte
notizie ne aveva le palle piene.
Ormai si era
abituato a quella vita felice grazie a ciò che aveva conquistato con i
suoi nuovi amici.
Mike sospirò ed
inghiottì un altro sorso di birra, poi proprio mentre Chester affettava
un altro pezzo di carne, lo disse dimenticandosi la sua famosa
diplomazia per strada, sparandolo semplicemente fuori come un
proiettile che sapeva perfettamente l’avrebbe ferito e non poco:
- Pensavo di
provare ad avviare un nuovo progetto musicale con un’altra band in
parallelo coi Linkin Park che ora si sono presi una pausa. - Lo disse
come se ne avessero parlato e deciso che erano in pausa. In realtà ci
stavano ancora tutti riflettendo e nessuno aveva più dato una risposta.
Appena dopo
averlo detto più veloce che poté, Mike visse il momento successivo al
rallentatore e vide precisamente la lama del coltellaccio andare ben
oltre la fetta di manzo per giungere all’indice sinistro di Chester che
si tagliò lateralmente.
Un gran bel
taglio anche se non eccessivo, comunque di certo non un graffietto.
Il sangue
cominciò a mescolarsi subito con il rosso della carne dell’animale sul
tavolo ed il dito fu presto gocciolante in modo impressionante.
Il punto però
fu uno ed unico.
Chester non
imprecò.
Mike
realizzando che si era tagliato e che non aveva scaricato una valanga
di parolacce come si sarebbe aspettato in casi normali simili da lui,
impallidì e si preoccupò il doppio di quanto già non lo fosse stato
entrando lì dentro per dargli quella notizia.
Vedendo che
Chester rimaneva fermo col coltello in una mano e l’altra, quella
ferita, ferma sul piano di lavoro e che non cercava nemmeno di coprirsi
e pulirsi il taglio, Mike alzò gli occhi sull’amico e preoccupato disse
istintivamente allarmato:
- Chez, ti sei
tagliato! - Come se fosse possibile non rendersene conto.
Siccome
continuava a stare fermo e non reagire, anzi a guardare in basso la
carne affettata, Mike si alzò e aggirò il piano della cucina
affiancandolo, quindi prese uno straccio lì accanto e gli avvolse la
mano schiacciando in particolare sull’indice ferito.
Fu proprio a
quel contatto che Chester reagì di scatto come preso da un raptus e
senza il minimo preavviso scagliò improvviso il coltello contro il
mobile accanto.
Si conficcò e
Mike indietreggiò d’istinto considerando immediatamente abbastanza
probabile l’idea che aveva avuto in precedenza, quando si era visto
fare il bersaglio di quel coltello.
Calò il
silenzio, un silenzio gelido dopo uno scatto tremendamente infuocato
come quello, quindi con Chester che continuava a guardare rigido e
fisso la carne respirando profondamente per cercare di calmarsi, e Mike
contro l’altro lato della cucina, ad un metro e mezzo da lui che lo
scrutava impietrito e perfino spaventato, rimasero senza muovere un
muscolo o proferire parola per dei minuti infiniti.
Pochi in realtà
ma eterni per loro.
Mike aveva la
mente completamente vuota, sapeva di averla fatta grossa e l’aveva
saputo in anticipo ma ugualmente la portata precisa del danno la
conosceva solo ora.
Chester era
così furibondo che cercava lui stesso di trattenersi per non fargli del
male. Se lui cercava di trattenersi significava solo che sapeva quanto
esagerato sarebbe stato quella volta e quanto poi se ne sarebbe pentito.
Mike non aveva
proprio idea di che cosa dire per rimediare, ma l’aveva saputo,
dannazione.
L’aveva saputo
bene, quando aveva partorito quell’idea.
Ora non si
ricordava più come gli era saltata in testa, ma qualcosa doveva dire.
- A-ascolta… -
Lo strofinaccio sulla mano di Chester ora aveva una macchia di sangue
più grande di quando l’aveva avvolto e sapeva che per cominciare doveva
occuparsi seriamente di quella ferita. Non ci pensò che non aveva la
minima idea di come si curassero quelle cose, voleva solo aiutarlo e
cominciare dalle ferite esteriori era la cosa più sensata ed ovvia in
quel momento.
La voce era
roca e faticava ad uscire, non si mossero ancora.
Ritentò.
- C-Chester…
non è una cosa definitiva, non chiudiamo il gruppo, è solo una piccola
pausa durante la quale voglio provare una cosa nuova e diversa che non
potrei comunque mai fare con voi. - Ma dall’espressione sempre più dura
dell’amico dedusse che stava peggiorando la situazione.
Come poteva
calmarlo?
Tentò ancora,
sapeva solo che se l’avesse toccato di nuovo, quel coltello sarebbe
finito sul suo collo, ne era certo.
- Voglio
provare ad addentrarmi in un altro genere che ora come ora mi sembra
più congeniale a me, ma non significa che non torneremo a fare musica
coi Linkin Park. Voglio provare a dedicarmi all’hip hop che è il mio
genere personale, ma non per sempre e soprattutto non esclusivamente.
Voglio solo sperimentare. Sai che mi piace sperimentare, è la base del
funzionamento del nostro gruppo. Voglio solo provare a… - Ma
all’ennesimo ‘provare’, Chester esplose di nuovo e rivoltandosi contro
si sforzò inumanamente per rimanergli a debita distanza e non mettergli
le mani intorno addosso. Lo straccio cadde e il dito tornò a sanguinare
copiosamente.
- TU VUOI
PROVARE AD ANDARTENE DA ME! - Poi con una piccolissima parte di sé si
rese conto di cosa aveva detto e si corresse in extremis: - DA TUTTI
NOI! - E per assicurarsi che non si fermasse su quel ‘me’, rincarò la
dose con una furia crescente sempre più cieca e devastante: - NON PENSI
DI ESSERE PIU’ CAPACE A FARE LO STESSO SUCCESSO E VUOI CAMBIARE, VUOI
SCAPPARE, VUOI LASCIARMI. - E di nuovo si rese conto e si corresse
consapevole che questa volta non sarebbe passata inosservato: -
LASCIARE TUTTI NOI! NON TORNERAI PIU’, ANDRAI AVANTI CON UN ALTRO
GRUPPO O MAGARI DA SOLO! E’ CHE NON HAI LE PALLE PER DIRE CHE CI VUOI
PIANTARE, TUTTO QUA! ABBI ALMENO LE PALLE DI DIRE LE COSE COME STANNO!
SEI UN FOTTUTO CACASOTTO DEL CAZZO E STAI SCAPPANDO. QUESTA E’ L’UNICA
VERITA’! -
Non avrebbe mai
ascoltato ragioni, non in quel momento, non con quel dolore sordo che
gli ottenebrava il cervello facendogli esagerare e drammatizzare il
momento oltre ogni ragionevolezza.
Che lui
ingigantisse tutto era normale ma non in quel modo.
Comunque Mike
si era fermato al primo ‘andartene da me’, poi col secondo aveva
ricevuto il colpo di grazia e a non ragionare più era toccato a lui.
Assistere al
suo dolore, alla sua paura di essere lasciato e abbandonato di nuovo da
qualcuno a cui evidentemente teneva, sentire la sua angoscia mascherata
in furia, l’aveva toccato in un posto così nascosto che non sapeva
nemmeno di avere.
Se ne rese
conto lì, seduta stante, e muovendo un passo prima ancora di pensare di
farlo, fu subito da lui a stringerlo con una tale forza e decisione da
togliergli il fiato e immobilizzarlo per impedirgli di respingerlo o
fargli qualunque cosa.
Chester rimase
basito per un primo istante, poi tentò di allontanarlo lottando invano.
Non aveva mai visto Mike usare tanta forza.
Gridò insulti
alla rinfusa privi di un senso logico e quando parve esaurirli per il
pericolo della voce che si stava spezzando sempre più, Mike continuando
a stringerlo a sé mormorò con altrettanta forza nella voce:
- Non ti
lascerò mai comunque, in nessun modo, in nessun caso. Non esiste nulla
che possa allontanarmi da te. Mai. - Dopo essere rimasto immobile così
per un po’, ascoltò i suoi respiri ed i suoi battiti calmarsi e quando
fu certo che non stava più per esplodere, gli prese il viso fra le mani
e guardandolo da una vicinanza pericolosa coi respiri che si
mescolavano, intrecciò gli occhi ai suoi. Lo sguardo era talmente
confuso e pieno di mille emozioni contrastanti e devastanti che Mike
riuscì comunque a trovarvene una specifica che spiccava in modo
particolare.
Paura.
Gli parve
talmente fragile che ebbe la visione di un Chester bambino mentre
affrontava i mille problemi che aveva sopportato in adolescenza, ed il
cuore si strinse in una morsa allucinante da cui fece fatica a
riprendersi.
Specchiandosi
in quegli occhi castani e lucidi Mike non vacillò e tirando fuori una
certezza assoluta rassicurante, proseguì:
- Sono qua per
chiedere il tuo benestare. Se tu dici di no, io non lo farò. - Ed era
vero, solo che era partito con maggiore ottimismo rendendosi conto solo
troppo tardi che Chester gli era legato in una maniera che non avrebbe
mai osato immaginare.
Per un attimo
si dimenticò di non essere altro che suo amico e compagno di band, si
dimenticò che dopotutto non gli doveva niente perché effettivamente il
leder dei Linkin Park era lui e che in seconda c’era Brad che gli aveva
già dato il suo consenso.
Per un attimo
si dimenticò anche di non essere suo fidanzato e credette per assurdo
di essere suo compagno nella vita personale oltre che professionale.
E per quello
stesso attimo Chester si sentì appartenente proprio alla persona che da
una vita aveva cercato, colui che per primo l’aveva fatto sentire a
casa, sereno e voluto.
Fu allora,
immerso in quel suo sguardo gentile e sicuro e pieno di quei sentimenti
di cui non si vergognava, che Chester si calmò definitivamente e capì
che per lui Mike sarebbe stato disposto a rinunciare ad una cosa che
evidentemente teneva molto. Tanto da affrontarlo.
Fu come se si
spompasse e gli tagliassero i fili.
Completamente
senza forze e senza tensione, scosse il capo stanco e tenendosi a lui
per non crollare, ricambiando quell’abbraccio che aveva cercato di
respingere, disse:
- N-no… no, non
voglio che rinunci a qualcosa che vuoi fare… però… - Esitò e si rese
conto di ciò che aveva uno smodato bisogno di dire e di sentirsi dire.
Se ne sarebbe vergognato in condizioni normali, ma li non si era ancora
ritrovato del tutto e aspettava che Mike rimettesse a posto i pezzi: -
non dimenticarti di tornare davvero. Questa è l’unica fottuta promessa
a cui terrò da ora in poi e se non la manterrai giuro che te ne
pentirai, cazzo. - Provò a dirlo a modo suo per aiutarsi a tornare sé
stesso ed un po’ funzionò, ma fu con uno di quei famosi sorrisi
contagiosi e sinceri di Mike che ci riuscì davvero.
- Era ovvio fin
dall’inizio! Cosa pensi, che dopo aver trovato con tanta fatica la voce
perfetta la molli tanto facilmente? Tu sei il mio cantante. - Come a
dire che lo sarebbe sempre stato. E quel ‘mio’ fece fare una decina di
capriole all’animo di Chester.
Questi infatti
apprezzò infinitamente per la prima volta la sua capacità di esprimere
i propri sentimenti e di usare parole tanto delicate, quindi si beò di
quel momento esclusivamente loro e se lo incise nella memoria per
potersi ricaricare quando avrebbe ceduto di nuovo.
Perché si
conosceva, sapeva che di certo sarebbe successo.
Al breve cenno
di sorriso, Mike tornò a stringerselo e gli nascose il viso contro il
collo tenendogli il capo con fare protettivo.
Lo sentì
aggrapparsi a sé e calmarsi definitivamente mentre il quadro di quel
complesso ragazzo che aveva il terrore di essere lasciato da chi amava
profondamente si stava via via completando.
Non era idiota.
Dopo una
reazione simile era praticamente evidente ciò che provava Chester per
lui.
Il punto era
che era sbagliato.
Quando il
progetto della nuova band di Mike, i Fort Minor, non trovò il successo
sperato, fu subito messo da parte ed in quel momento venne
semplicemente il turno di Chester di godersi una piccola innocente
vendetta.
Quando andò
trionfante da Mike e maligno gli annunciò che avrebbe intrapreso un
nuovo progetto anche lui con un altro gruppo rock, i Dead by Sunrise,
Mike non se ne era davvero stupito e sorridendo consapevole che prima o
poi se ne sarebbe uscito con una cosa simile, gli diede una serie di
buoni consigli che comunque Chester ascoltò con una certa attenzione.
Dopo di ché
Mike si zittì, lo guardò con aria strana per un po’ e piegando la testa
di lato fece come chi la sapeva lunga:
- Contento di
poterti vendicare, vero? - Ma Chester non aveva avuto dubbi sin
dall’inizio sul fatto che Mike avrebbe visto subito quell’idea per quel
che era.
Una piccola
vendetta per ciò che gli aveva fatto passare!
Nulla di osceno!
- Non sai
quanto! - Che poi non fosse solo vendetta nei suoi confronti era ovvio,
ma che una gran parte lo fosse lo era altrettanto.
Mike così
sorrise e cingendogli il collo disse:
- Sei sempre il
solito! - Chester ridacchiando contento non poté che prenderlo per un
complimento, visto che per essere sempre il solito si era beccato
quella specie di abbraccio… certamente, dunque, avrebbe sempre fatto in
modo di essere sempre il solito ancora a lungo.
FINE