NOTE:
ovviamente non potevo astenermi dallo scrivere il seguito e chi mi
conosce sa che ce ne sarà uno ulteriore intitolato, penso,
‘Guarigione’, visto che ho parlato delle prime due fasi e manca la
terza… l’ammalarsi e la convalescenza sono stimolanti ma non quanto può
esserlo la guarigione! ^O^ Sono in periodo
Bennoda, non ci posso fare niente… qua a prendere l’iniziativa è
l’ammalato (mica avevate dubbi…) però in un’altra scena è Mike che
prende le redini quindi in realtà i ruoli fra loro non sono ben
definiti ma cambiano a seconda della situazione. In questa shot abbiamo
spazio per quasi tutto, dalla comicità (la scena delle lamentele l’ho
presa da mia sorella, giorni fa si era ammalata e faceva come Chez… -_-
io ero Mike, salvo che poi non l’ho curata come ha fatto lui, le ho
solo detto che era una psicopatica!!!), ai litigi e alle cose tenere.
Solitamente loro non mi ispirano dolcezze però dipende dai momenti, in
una scena simile mi era impossibile non accontentarli… Che dire? Spero
vi piaccia, comunque ci sarà la terza doverosa parte (che potete
immaginare la piega che prenderà…). Auguro a tutti
buona lettura. Baci Akane
CONVALESCENZA
“Non
aver paura Ho
preso le mie batoste, ho condiviso quel che ho fatto Sono
forte sulla superficie, non fino in fondo Non
sono mai stato perfetto, ma nemmeno tu… […] Dimenticando
tutto il dolore dentro che hai imparato a nascondere così bene Fingendo
che qualcun altro possa arrivare e salvarmi da me stesso Non
posso esser quel che sei tu”
/Leave
out all the rest - Linkin Park/
Che
nella suite non si potesse fumare era una cosa, che Chester seguisse le
regole era un’altra! Steso bello
comodo nella conca del suo ampio letto matrimoniale che condivideva con
il suo ragazzo, aveva due cuscini dietro la schiena che lo mantenevano
in una posizione semi sdraiato. Coperto fin sotto al mento, aveva nella
parte libera del materasso, esposti in quell’ordine perfetto:
cellulare, telecomandi di ogni cosa che funzionasse con un aggeggio
elettronico, computer portatile aperto attaccato alla corrente, il
termometro, il portacenere pieno di sigarette e un pacchetto ormai
vuoto. Il viso era
segnato dalla malattia debilitante che gli aveva veramente tolto ogni
forza, il pallore e le occhiaie erano impressionanti e a guardarlo
faceva obiettivamente paura. La sua degenza
era caratterizzata inoltre da picchi di freddo assoluto a vampate di
calore, per questo lui si definiva in menopausa e quando questi sbalzi
di temperatura lo coglievano diventava quasi isterico. Mike rientrò
nella stanza grande quanto un appartamento più che comodo e spazioso,
buttò distrattamente la chiave elettronica sul mobile d’ingresso,
quindi sbuffò stanco e cominciò a togliersi tutte le mille cose con cui
si copriva per uscire in quel gelo invernale: cuffia, sciarpa, guanti e
naturalmente un giaccone imbottito. Chester lo
guardò divertito chiedendosi quante cose una persona potesse indossare
per difendersi dal freddo finendo comunque per lamentarsi dello stesso! - Fa un freddo
cane, fuori! Quand’è che finisce l’inverno? - Brontolò infatti
contrariato strofinandosi le guance fresche e la punta del naso rossa. L’ammalato
ghignò ma si tenne per sé le proprie considerazioni. - Ciao! Sei
stato tanto via… - Lo disse con un’aria piagnucolosa da bambino piccolo
capriccioso, quindi Mike continuando a trafficare rispose noncurante: - Avevo tanto
da fare… ho annullato ufficialmente due date, la terza l’ho lasciata in
sospeso. Ho dovuto avviare le pratiche di rimborso, spedire tutti gli
avvisi del caso e… bè, un sacco di cose burocratiche che a te annoiano…
- Tagliò poi corto vedendo che non lo ascoltava davvero. Sospirò
arricciando il naso alla puzza di fumo con conseguente nuvoletta
grigiastra che stava sospesa nella stanza. - Come stai? - Chiese
aprendo un po’ la finestra più lontana a Chester per non fargli
prendere freddo. - Maleee… -
rispose nel medesimo tono lamentoso di prima, appoggiandosi tutto
indietro e guardandolo come un cagnolino che cercava di impietosire. Mike sorrise
divertito e si avvicinò toccandogli la fronte con la mano come un padre
col figlio: - Com’è stata
la febbre oggi? È venuto qualcuno a vedere di te? - Lo sentì ancora
caldo e piegò le labbra contrariato cercando di non preoccuparsi come
un idiota. Certo la tentazione era forte, ma la sua apprensione l’aveva
già ampiamente dimostrata ed esibita! - Sono arrivato
a 39°… sto maleee… - Certo era un pessimo malato e questo tirò subito
su il compagno che dandogli il termometro gli ordinò di misurarsela di
nuovo. Chester obbedì diligentemente mentre lo guardava prendere il
portacenere, svuotarlo e buttare il pacchetto vuoto. Nel frattempo il
termometro suonò. - Quanto è? - - 38.5… sto
maleee… - Riprese la sua litania preferita, sempre allo stesso modo
snervante ed infantile, poi continuò: - Prendimi acqua, tachipirina e
sigarette… - Mike si fermò, mise le mani ai fianchi e lo guardò torvo:
- Che c’è? - Chiese Chester senza capire quell’atteggiamento di puro
rimprovero. - Stai male,
vuoi acqua, pastiglie e SIGARETTE? - Il ragazzo
steso nel letto lo guardò candido senza capire dove fosse il problema: - Sì, che c’è
che non va? - Mike cominciò a
sgridarlo come normalmente faceva dalla mattina alla sera in quegli
ultimi giorni: - TU! SEI
AMMALATO, SPECIE IN TESTA, IL FUMO FA MALE, CON 39 DI FEBBRE NON TI
CURA MICA! PSICOLABILE CHE NON SEI ALTRO! - - Non gridare,
ho mal di testa… - Piagnucolò tappandosi le orecchie con le mani e
contorcendosi tutto, una smorfia sofferente sul viso sciupato e Mike ne
fece una a sua volta, ma di rabbia. Trattenne a stento l’istinto di
strozzarlo e prese dei profondi respiri per ritrovare la calma. Chester
ammalato era una calamità naturale, si lamentava di continuo ed era più
capriccioso di una principessa viziata. Non che di norma fosse tanto
meglio, ma almeno era più sopportabile! Alla fine,
comunque, gli diede tutto quello che aveva chiesto, comprese le
sigarette, dicendosi che si sarebbe vendicato a modo suo. Dopo appena
cinque minuti, la principessina capricciosa tornò a levare la sua soave
voce lagnosa: - ‘Moreee, ho
ancora mal di testa, cazzo… non mi passaaa… - Mike si affacciò dal
bagno dentro cui era appena entrato nella speranza di riuscire a farsi
una doccia rilassante, oltre che riscaldante, e con aria sempre più
impaziente disse: - Dai il tempo
alla medicina di fare effetto! - Certo si sforzava di non mandarlo a
quel paese e lo faceva esclusivamente per quel ‘more’ -che stava per
amore ovviamente- con cui lo chiamava solo quando stava male. Vide però il
visetto sofferente del suo ragazzo chiedere pietà e con un misto fra il
divertito e l’intenerito, sorrise decidendo di lasciarlo perdere e
tornare alle sue intenzioni iniziali. La doccia. Chester gli
diede giusto il tempo per farla, appena sentì l’acqua chiudersi tornò a
chiamarlo ed il compagno spuntò sbuffando, era tutto bagnato e
gocciolante ed avvolto alla vita solo un asciugamano, i capelli che
ricoprivano la fronte ed il collo erano attaccati alla testa e
spettinati. - ‘Moreee… - - Che cazzo
c’è, ora? - chiese bruscamente provocando in Chester un contorcimento
ulteriore nella posizione già tutta rannicchiata che aveva assunto.
L’aria disperata come se l’avessero calpestato con un TIR carico di
elefanti, tutto avvolto nel piumone, le mani chiuse a pugno sotto il
mento… un autentico cucciolo! - Non fare il
cattivo… Mi sento solo, sei stato via tutto il giorno, avevi promesso
che mi avresti curato con le tue manine ed invece a parte la fronte non
mi hai ancora toccato… ed io sono a pezzettini e tu non mi fai le
coccole! - La lagna con tanto di vocina sottile proseguì per un altro
minuto abbondante nel quale Mike combatté una violenta ed estenuante
battaglia con sé stesso: ridere sguaiatamente a quelle scenate poco da
Chez, dargli retta e coccolarlo un po’ oppure saltargli direttamente
addosso? Certo era
snervante e sfiancante, tre settimane così non avrebbe mai potuto farle
senza rischiare di impiccarlo con le sue stesse budella, ma doveva
ammettere che era anche esilarante in quelle versioni bambinesche dove
esagerava alla ricerca di attenzioni. E comunque avrebbe anche potuto
pagare tutto il compenso di un tour intero per averlo così teneroso e
mansueto anche durante l’anno! Certo non così
eccessivo, cioè niente lamentele, però per lo meno la propria salute
mentale non ne avrebbe risentito… niente urla isteriche, niente scherzi
assassini, niente litigi apocalittici… avere una relazione con Chester
non era mica facile ed averlo così passivo e relativamente tranquillo
-a parte che per tutti i lamenti continui a cui uno poteva rimediare
tappandogli la bocca- era una favola. - ‘Mmmmorreeee…
vieniiii… - Sembrava cantasse la versione ubriaca di The little things
give you away… A quello Mike
non resistette più e ridendo liberamente si dimenticò del proprio stato
sedendosi sul letto con lui. Spostò tutte le
cose che erano nella sua parte e si infilò sotto le lenzuola che bagnò,
in un attimo il suo ragazzo gli si appiccicò come una calamita…
asciugandolo un po’ coi suoi spessi strati di vestiti ed un po’ col suo
calore da 38° di febbre! Chester era una
specie di stufetta, era oltretutto sudato per l’influenza e la
tachipirina e comunque scosso da brividi di freddo; Mike invece era
ancora vaporoso, umido e profumato. Le braccia
dell’ammalato lo circondarono mentre posizionandosi di lato, uno
davanti all’altro ed incastrati in modo magistrale, poggiava la testa
nella sua spalla spingendo la fronte bollente nell’incavo del suo collo
morbido ed ospitale. Mike sorridendo
intenerito lo abbracciò a sua volta passandogli un braccio sotto la
testa affinché gli facesse da cuscino e con l’altra mano lo carezzò con
una certa premura per scaldargli la schiena. Lo sentiva più magro e
tremante che mai, la febbre lo stava debilitando molto e sceneggiate
comiche a parte, era vero che stava male. Ora che non lo vedeva liberò
nel proprio viso un’espressione preoccupata di chi sperava che il
compagno sarebbe guarito in fretta. Sentì Chester
sospirare come trovasse sollievo in quell’abbraccio caldo, quindi
quando si sentì meglio, probabilmente grazie anche all’antinfluenzale
che cominciava a fare effetto, con le mani corse sul corpo nudo contro
cui era acquattato. Ormai la pelle era asciutta anche se rimaneva
adorabilmente calda e liscia, era una sensazione fantastica per lui che
si poteva lavare col contagocce, il minimo per non puzzare, e che prima
di arrivare alla propria pelle doveva superare strati e strati di
vestiti. Scorse la
schiena ed il fianco, quindi con ancora gli occhi chiusi ed il viso
premuto nell’incavo del collo, giunse alla vita sulla quale resisteva
quel fastidioso asciugamano comunque per lo più scostato. - Credevo
stessi male… - Disse con un sorrisetto malizioso Mike, la sua voce
bassa e suadente non l’aiutava certo a ricordarselo! - Infatti mi
prendo la mia medicina… - Di certo quella che preferiva alle pastiglie! - La tua faccia
tosta non si ammala mai! - Commentò sghignazzando divertito sentendolo
vincere sull’asciugamano ora del tutto slacciato. Chester si
attaccò ulteriormente a Mike appiattendosi anche al suo bacino
completamente alla sua mercede e prima dell’inguine si impossessò del
fondoschiena, lo prese a piene mani e con abilità e lentezza si fece
strada fra le sue natiche. - Guarda che se
mi passi l’influenza te la faccio pagare… - E non era una minaccia
tanto ridicola, visto che quando giravano a Mike i cinque minuti era il
caso di scappare! Chester non
mosse la testa dalla sua postazione e continuando così a nascondere il
proprio viso, andando a tastoni, in risposta tanto fece finché non
riuscì ad infilarsi con un dito nella sua apertura. - Infatti mi
sto limitando proprio per non passarti il mio fottuto virus di merda… -
Era un contrasto unico il suo linguaggio col modo infantile da bambino
ammalato che usava ed il compagno, fra le altre cose, non poteva che
ridere sommessamente anche per quello. Oltre che per ciò che diceva e
faceva. Era ammalato,
stava effettivamente male, si lamentava di continuo, aveva 39 di febbre
e prendeva un sacco di medicine, però al fumo e al sesso non rinunciava
mai comunque! Crollasse il
mondo o morisse lui stesso, l’ultima cosa che faceva doveva essere una
di quelle due cose. O meglio, entrambe! Dai movimenti
più lenti e deboli si capiva che comunque non stava bene e Mike si
trovò istintivamente ad aiutarlo alzando una gamba, allacciandola al
corpo esile del compagno che sorrise soddisfatto. Cominciò a
muovere il dito in lui mentre le labbra di volontà propria avevano
deciso da sole di impossessarsi del collo contro cui era appoggiato. Al medio
aggiunse l’indice e la bocca succhiò con maggior veemenza sulla
giugulare, come se da Mike bevesse energia benefica che lo rimetteva in
forze. All’udire i suoi sospiri ed i suoi gemiti mentre si incurvava
per chiedere implicitamente di più, Chester ebbe il fortissimo ed
incontrollato desiderio di accontentarlo ma sentendo il proprio fiato
corto ed il cuore che accelerava già solo per quei piccoli gesti
relativamente tranquilli, capì che non poteva esagerare. Fu così che si
‘limitò’ a concludere il piacere di Mike con l’altra mano libera che
corse sul suo inguine a strofinare in perfetta sincronia con ciò che
faceva dall’altra parte. - Mmm… - Mugolò
di piacere Mike. - ma non dovrei essere io a coccolarti e curarti? - Chester staccò
appena le labbra dal suo collo pulsante e arrossato, giusto per
rispondere contro la sua pelle ubriacante: - Ma lo stai
facendo, ti sei steso vicino a me nudo e bagnato… più cura di questa…
mi sto prendendo l’antibiotico, lasciami finire… - Non che per parlare
si fosse fermato… alla risatina del compagno, leccò con il piercing
alla lingua il punto da cui si era staccato, per riprenderne possesso
ed accentuare il proprio già ottimo lavoro. Aumentò il
ritmo notevolmente fino a che non credette di svenire di nuovo e, con
enorme piacere, si rese conto del culmine finalmente raggiunto da Mike
che se lo strinse protettivo con pienezza, quasi volesse inglobarlo in
sé. Si beò di
quella reazione e di quell’abbraccio, un abbraccio che amava
profondamente e che sapeva dargli solo lui in quel modo rigenerante. Lo
sentì caldo quasi quanto lui, eccitato e pieno di un desiderio che non
poteva essere pienamente soddisfatto. Si dispiacque per non potergli
dare tutto quello che si meritava per sopportarlo in quei giorni,
sapeva di essere insopportabilmente capriccioso, ma quando stava male
diventava così e tutto il suo bisogno di affetto e calore umano si
ingigantiva oltre ogni limite immaginabile. Mike di norma
aveva una pazienza infinita -tranne che quando si esasperava-, ma
ultimamente stava dimostrando davvero un talento senza precedenti. Rimase
accoccolato beato e realizzato contro il suo compagno che lo teneva a
sé quasi temesse si volatilizzasse. Non aveva molte
forze ed energie e le poche che aveva le tirava fuori solo per quelle
piccole e brevi coccole, però poi la ricompensa era qualcosa di
decisamente più rigenerante di qualunque altra medicina. Come se lo
stringeva e se lo coccolava Mike dopo un orgasmo, non lo faceva nessuno. Non che da un
anno a quella parte l’avesse fatto con altri, però doveva ammettere che
anche prima non aveva trovato nessuno che lo facesse meglio. Anche se
fisicamente era a pezzi, fra le sue braccia si sentiva bene lo stesso e
capiva che probabilmente quello era dovuto al sentimento che li legava.
- Ora dormi,
vedo io di te. - Sussurrò Mike baciandogli il capo mentre se lo
sistemava meglio addosso rinunciando all’idea di cenare e vestirsi. Sentendolo
rilassarsi addosso notò che era anche un po’ meno caldo di prima ed un
sospiro di sollievo lo portò a rasserenarsi. Sapeva che la
brutale sicurezza sgarbata di Chester alternata ai suoi sbalzi d’umore
che lo vedevano a saltare allegramente su chi gli veniva sotto mano,
erano in realtà sintomo di una grande fragilità interiore. Sapeva che
la teneva sotto controllo con quel suo modo rabbioso ed esplosivo di
cantare e di stare sul palco, sapeva anche che i suoi violenti ed
improvvisi scatti d’ira erano le sue lotte interiori per non cedere
alla parte debole di sé. Però non poteva
non considerare i miglioramenti, seppur impercettibili, che aveva fatto
da quando stavano finalmente insieme. Si mangiava di meno le persone ed
egocentrismo a parte dovuto comunque al suo caratteraccio, ormai era
più piacevole stare con lui. Era leggermente
più equilibrato. Anche se di
poco. Sarebbe stato
un processo lungo, ma avrebbe vinto tutti i suoi fantasmi anche lui, ne
era certo. Intanto non
poteva che vegliare in quei suoi momenti di debolezza di cui si
vergognava tanto proprio poiché non poteva nasconderli.
Mike si abbassò
in tempo per schivare un cuscino assassino volante lanciato
direttamente dalle mani dell’urlante Chester. - NON MI
INTERESSA UN CAZZO SE SONO ANCORA FOTTUTAMENTE MALATO! IL TUO
COMPLEANNO SI FESTEGGIA COME SI DEVE, PORCA PUTTANA! - Le urla si
sentivano su tutto il piano della suite, ma ognuno che distingueva
perfettamente le sue parole ad una potenza seppure non massima, si
guardava bene dal venire a vedere se il povero Mike fosse vivo. Anche perché
comunque gli altri quattro del gruppo sapevano perfettamente il motivo
del loro litigio, l’avevano predetto con largo anticipo quando Mike, il
giorno stesso in cui Chester si era ammalato ricevendo la prognosi di
tre settimane, aveva detto di non voler festeggiare il proprio
compleanno. Joe aveva fatto
la faccia da bambino arrabbiato, Brad aveva provato a farlo ragionare,
Phoenix aveva mediato e Rob aveva alzato le spalle accettando la sua
idea. In fondo era
ovvio non fosse dell’umore adatto a fare festa… senza considerare che
comunque Chester non poteva mettere il naso fuori dalla sua camera! Mike non aveva
accettato repliche e Joe aveva mandato all’aria tutti i suoi mille
scherzi perfetti, lamentandosi di non poterli usare l’anno successivo
visto che erano genialmente sfruttabili solo in quella data! Tutti si
chiesero in cosa sarebbero dovuti consistere, ma naturalmente un mago
non svelava i suoi segreti, sia che i trucchi fossero mostrati, sia che
non ne avesse l’occasione! Ora che la data
si avvicinava Chester aveva chiesto cosa avrebbe fatto e alla risposta
semplice e logica di Mike -cioè ‘niente’- aveva cominciato ad urlare
infuriato dimostrando che stava decisamente meglio! - Non è il
caso! - Disse fermo il ragazzo in piedi dall’altra parte della stanza
non volendo avvicinarsi al compagno inferocito per non rimetterci la
pelle. - E PERCHE’,
PORCA TROIA!? - - Cazzo, Chez,
ti sento anche se sono a tre metri da te, sai? Non serve che urli così,
ho gli orecchi funzionanti ed anche se ogni tanto mi spacchi i timpani,
l’udito è perfetto! - Rispose tappandosi le orecchie cercando di sviare
l’argomento. Chester naturalmente non mollò. - RISPONDI! -
Ecco, appunto… come non avesse detto niente! In fondo era da
giorni che non faceva più i suoi virtuosismi vocali… - Non sono
dell’umore adatto e poi tu sei malato, non puoi uscire e tanto meno
strapazzarti! - - LA FEBBRE E’
PIU’ BASSA, STO RIPRENDENDO LE FORZE E NON C’E’ UN CAZZO DI MOTIVO
VALIDO PER NON FESTEGGIARE! - - Si nota che
stai riprendendo le forze! - Si lamentò Mike schivando un altro
cuscino. Notando che li aveva finiti si chiese se l’avrebbe piantata
oppure se dovesse temere per la propria vita visto che rimanevano solo
oggetti solidi! - MIKE! - Lo
ammonì ringhiando ignorando la testa che gli esplodeva ed ogni molecola
di sé che parevano ben volenterose di vendicarsi di quel brutale scatto
d’ira. - Chester, non
ho voglia di festeggiare, non c’è niente da festeggiare, tu sei malato,
abbiamo appena cancellato due date e rimandato altre due, ti sembra il
caso di fare festa!? - Ora cominciava a seccarsi e se lui cominciava a
seccarsi potevano andare tutti nei rifugi anti atomici! Il ragazzo
ancora seduto sul letto che in quei giorni aveva camminato il meno
possibile ed ora aveva una cera simile a quello di uno zombie, si
alterò ulteriormente -come se fosse possibile più di così- e prese la
prima cosa che gli venne sotto mano… il cellulare ultimo modello più
tecnologico esistente -ed anche lì Dio solo sapeva cosa se lo fosse
preso a fare visto la sua idiosincrasia per l’elettronica avanzata!- Mike sgranò gli
occhi con un certo spavento e lo prese di riflesso al volo. - SEI MATTO? -
Cominciò ad urlare a sua volta. Nelle stanze
accanto gli altri loro amici cominciarono a preoccuparsi chiedendosi
seriamente se sarebbero dovuti intervenire per evitare che i loro
cantanti si ammazzassero. Joe si chiedeva
solo se dovesse andare a registrarli per riproporre il divertimento
quando erano tristi. In risposta
Chester gli tirò anche la bottiglia piena d’acqua sempre lì a portata
di mano. Con maestria prese anche quella e la posò pronto per afferrare
il resto… che arrivò dopo l’ennesimo urlò furioso: - NON CAPISCI
UN CAZZO! - Prese i telecomandi che gli arrivarono insieme e schivò
sigarette e portacenere. Quest’ultimo si infranse sul muro andando in
mille pezzi e spargendo i mozziconi con la cenere un po’ ovunque. A quello Mike
si aizzò più acceso che mai, gridando a sua volta: - NO, SEI TU
CHE NON CAPISCI UN CAZZO, CHESTER! - Chester si alzò
in piedi di scatto andandogli davanti, la testa sembrava la batteria di
Rob unita al giradischi di Joe e nonostante questo non si fermò, non
poteva. Non poteva anche se il mondo vorticava come avesse preso la
droga peggiore del mondo e le ossa parevano messe in un tritacarne. - SEI UN PEZZO
DI MERDA! - E sebbene la cosa più sensata fosse anche spiegargli il
motivo, lì per lì le forze mentali gli mancarono e decise di tagliare
corto andando subito alla conclusione, ovvero che era un ‘pezzo di
merda’! Non riuscì ad
argomentare poiché mentre Mike domava a stendo l’istinto di ritirargli
dietro tutto quello che aveva preso al volo, Chester ricevette il colpo
di grazia quando alzò il dito davanti al viso arrabbiato del suo
compagno. Lo alzò
cercando di usare una certa foga fisica. Foga che si sciolse
definitivamente come il finale di ‘The little things give you away‘, un
lento sfumare di note e lamenti che si disperdevano mescolandosi al
silenzio. Mike lo vide
pieno di buone intenzioni, convinto di continuare la sfuriata a pochi
centimetri da lui in stile finale di ‘A place for my head’, ma tutto
ciò a cui poté assistere fu una sorta di torre di Pisa che prima
pendeva da un lato, poi dall’altro ed infine in avanti. Lo prese al
volo lieto che avesse scelto quella direzione come crollo finale e di
nuovo la sensazione di pochi giorni prima si riaffacciò come una
secchiata d’acqua gelida. Il suo esile
corpo leggero fra le braccia, il viso sprofondato sulla sua spalla che
scivolava contro il petto e la paura che di Chester non ci fosse più
niente, forse nemmeno un corpo… Lo sentì
bollente e tremante contro di sé ed istintivamente lo abbracciò
stringendolo con quanta più forza possibile. Lo tirò su e se lo tenne
meglio addosso aspettando che le forze gli tornassero per poterlo
trascinare nel letto. - Ecco perché
non voglio festeggiare! - Cominciò drasticamente calmo anche se
interiormente ancora totalmente agitato. - Non sei in grado e se tu non
sei in grado io non ho voglia di festeggiare! Lo faremo quando starai
bene, non me ne frega… ma io non posso continuare a raccoglierti così,
ogni volta vado in tilt e non capisco più niente… è una sensazione
terribile… non puoi controllare un panico simile. Ti dici che non è
niente, di stare calmo, che è una sciocchezza, però intanto non riesci
a riattivarti, non ce la fai… stai lì e pensi il peggio del peggio,
finché nemmeno pensi più e fai ma non sai di fare. Non voglio più
prenderti al volo per evitarti una caduta, non voglio abbracciarti e
sentirti come un fantasma… voglio che tu stia bene e che con la tua
irruenza mi demolisca. Niente festa, Chez. Ti curi e basta. - Lo disse con
calma e fu quanto più specifico ed esauriente possibile, voleva che
capisse bene tutto il suo stato d’animo e le sue motivazioni, voleva
fargli capire quanto male stava quando lo vedeva peggiorare perché
esagerava, voleva che stesse bene e basta. Erano reazioni
irrazionali, paure sciocche… era solo un’influenza come molti se ne
prendevano, certo bella pesante perché l’aveva trascurata e si era
aggravata, ma per festeggiare uno stupidissimo compleanno era di certo
presto. E soprattutto
finché il suo compagno non fosse stato bene, la voglia di fare festa
non gli sarebbe di certo tornata. Lo sentì
respirare con regolarità dopo un paio di secondi -o forse minuti- e
quando le sue mani molli lo strinsero di nuovo, lo condusse al letto e
con la stessa dolcezza che aveva usato per parlare, come se la furia di
prima fosse un uragano lontano, lo stese sistemandolo premuroso. Lo
coprì, gli mise di nuovo i cuscini sotto la testa e si sedette accanto
a lui chinandosi. Posò con calma le labbra sulla sua fronte e lì vi
rimasero. Era di nuovo calda e sudata. Adagiò
delicatamente le mani ai lati del viso e stette così, piegato su
Chester, ad aspettare che si riprendesse e che tornasse in sé. Quando
sentì le mani sulle proprie parlò staccandosi appena il necessario per
riuscirci e lo fece con la stessa dolcezza di prima, un modo di fare
che veniva bene solo a lui: - So perché ci
tieni tanto a festeggiarlo, ti senti in colpa di avermi rovinato il
compleanno che è un periodo dell’anno a cui tengo tanto. E pensi di
aver rovinato anche il tour. Non vuoi essere di peso e mandare tutto a
puttane più del necessario, più di quanto non abbia già fatto. È questo
che pensi, vero? - Come un bambino
alle prese col padre coscienzioso che gli faceva capire le cose
importanti, Chester annuì mantenendo gli occhi chiusi ma sentendo per
lo meno un po’ di tregua nella sua testa. La batteria di
Rob aveva cessato di suonare, ora rimaneva da fermare solo il
giradischi di Joe. - Ma non è
così… l’unica cosa che mi rovini è la serenità mentale… quando ti
trascuri e poi la tua salute ne risente io sto male. Devi sentirti in
colpa solo di questo. Di non curarti quando invece dovresti. I
concerti, il compleanni… sono tutte cazzate… voglio solo che tu stia
bene. Solo allora avrò la voglia di lavorare e festeggiare e fare
qualunque altra cosa faccio di solito… - Poi con
lentezza cominciò a spostare le labbra su ogni altro centimetro del suo
viso, la pelle ora cominciava ad asciugarsi e lui a ristabilirsi nei
limiti del possibile, ma tutto quello che Chester sentiva erano i suoi
piccoli e delicati baci sul proprio viso accaldato, baci che finalmente
riuscirono a fermare anche il giradischi di Joe nella testa. Si occupò
accuratamente di ogni parte del volto evitando purtroppo solo le labbra
per ovvie ragioni, quindi con la tentazione fortissima di baciarlo come
si doveva e farla finita, si fermò e si separò di poco. - Ehi… -
mormorò facendogli aprire gli occhi velati per l’influenza, la furia e
l’inevitabile debolezza. Intrecciarono gli sguardi e Mike sorrise
rischiarando il mondo appena colpito da una tempesta tremenda: - Ti
amo, che me ne frega del resto? - Gli occhi di
Chester però divennero inevitabilmente lucidi sentendosi immeritevole
di un compagno simile, con una pazienza infinita -seppure ogni tanto
impazzisse anche lui.- Pensieri
insoliti che poteva avere solo sotto una forte influenza simile… Sorrise a sua
volta con debolezza ma convinzione, sapendo che aveva ragione e che
aveva fatto i capricci abbastanza. Era ora di
guarire. - Ti amo anche
io… - E per una volta, e solo quella, decise di dirlo e basta, senza
fare il prezioso per pura vergogna o perché certe cose non sapeva come
si dicevano. Lo disse stanco, volendo semplicemente fare qualcosa di
carino per il suo ragazzo. Mike allora gli
posò di nuovo un bacio sulla fronte per poi alzarsi: - Ora impegnati
a guarire, poi recuperiamo tutto. - Ma a quelle parole Chester lo
riprese svelto per la mano e l’attirò nuovamente giù piazzando -con le
ultime energia racimolate- l’altra sul suo didietro fasciato in uno dei
soliti pantaloni larghi e comodi che non gli rendevano giustizia. A lui
bastò. - Tutto?
Promesso? - Sussurrò pieno di malizia, avvicinando le labbra
all’orecchio del compagno. Questi sorrise pensando che in ogni caso
quello non potesse cambiare mai, contento nel constatarlo. Parlandogli
allo stesso modo, rispose suadente: - Con gli
interessi! - La risposta
soddisfece abbastanza Chester che lo lasciò andare, si accomodò di lato
e prima di lasciare che il sonno gli facesse recuperare le molte
energie perse per il litigio, si impresse per bene la figura di Mike
mentre raccoglieva tutto ciò che gli aveva tirato prima. Mentre lui
faceva finalmente un tranquillo viaggio nel mondo dei sogni, nella
stanza accanto dove ora si erano radunati gli altri quattro del gruppo,
Joe chiese esprimendo il pensiero comune: - Si sono
ammazzati o stanno facendo sesso? - Il ragazzo riguardo al secondo
punto scherzava visto che in linea teorica nessuno sapeva della
relazione dei due cantanti. Brad però
rispose con sicurezza: - Di certo non
la seconda… - Joe ridacchiò pensando scherzasse visto che anche lui non
aveva detto sul serio. - Perché? -
Chiese infatti curioso della contro battuta. - Perché stanno
facendo troppo silenzio! - Il resto lo lasciò intendere ai suoi amici
dei quali alcuni risero capendo il significato della sua uscita, altri
no, vedi proprio Joe che infatti chiese: - E questo che
c’entra? - Ad ogni modo
una cosa era ormai certa. Chester non ci
avrebbe messo molto a guarire… l’astinenza sessuale come pegno per
l’influenza era l’antibiotico migliore di tutti, con lui!