EPILOGO:
UNA
SFIDA PER LA VITA
La
macchina li riportò via da lì esattamente come erano venuti.
Poi
si corressero.
In
realtà non era completamente vero. Jacoby era arrivato da solo prima
degli altri ed in piena notte non si sapeva bene con che mezzo e li
aveva fatti scendere a cercarlo per la città.
Lui
di certo non se ne era andato come era venuto ma di questo tutti ne
erano stati contenti poiché non avrebbero gradito doverlo salvare da un
altro potenziale annegamento!
Tutti
e sei rimasero lì a guardare la strada qualche minuto con un magone più
che normale.
Alla
fine a sospirare a dirlo per primo era stato Mike, sebbene la sua voce
fosse molto tirata:
-
Lascia il segno. - Riferito a Jacoby.
-
Entra come un mitra spianato. - Commentò Joe con fantasia cogliendo
l’essenza di Jacoby in un istante.
-
Ti bucherella tutto. - Aggiunse Dave.
-
Ti lascia a brandelli. - Fece Rob con ancora dei dolori addosso per
colpa del soggetto di cui stavano parlando.
- E
poi torna a ballarti sopra! - Concluse lugubre Brad.
-
E’ solo un fottuto avventato figlio di puttana! - Fece Chester citando
il verso di una sua canzone -Reckless- che l’aveva colpito.
-
Uno che lascia il segno. - ripeté Mike convenendo con tutti e con sé
stesso ulteriormente.
-
Tornerà. - Fece poi Chester girandosi con convinzione imitato da tutti.
Mike lo guardò stupito di quell’affermazione che sembrava quasi
sentimentale. Poi lo sentì aggiungere: - I pidocchi tornano sempre! -
Uno
dei suoi soliti paragoni molto dolci. Mike riconoscendolo scosse il
capo sollevato e ridacchiando li seguì tornando su per sistemare il
disastro che l’uragano Jacoby Shaddix aveva lasciato.
C’era
una scritta sullo specchio con la matita nera che si metteva il
suddetto per andare in scena od in pubblico.
‘Non
piangete la mia assenza, sentitemi vicino e parlatemi ancora. Io vi
amerò dal cielo come dalla terra.’ Fra parentesi ’Sant Agostino’ da cui
era presa la citazione. E poi sotto aggiunto:
‘Perché
sono la stella più fottutamente figa che abbiate mai conosciuto!’
tratto dalla sua megalomane demenza.
Firmato
‘Coby Dick!’ il soprannome che si era dato lui quando aveva cominciato
a mettere su quel paio di chiletti di troppo.
Mike
non si stupì che Jacoby conoscesse certe citazioni, non sapeva come mai.
Certamente
era bellissimo quello che aveva scritto, ma quello che trovava più
bello era la sua aggiunta poiché nel tentativo di essere comico e far
ridere, aveva rivelato il famoso motivo per cui era fissato con le
stelle che si era tatuato in lungo ed in largo addosso.
“Le
stelle vivono nell’infinito, non hanno problemi di restare nei confini
ed anche se lui si danna in quanto uomo che deve stare entro dei limiti
precisi, alla fine si considera stella. Anzi, più precisamente punta
alle stelle. Punta a non averne, ad essere libero, la massima forma di
felicità. Sentirsi liberi dentro. Sono sicuro che è vicino all’esserlo,
ormai.”
Non
l’avrebbe mai cancellata, quella scritta.
Erano
rimasti addormentati sul divano dopo aver lavorato a delle canzoni per
l’album nuovo e stremati non si erano resi conto della notte che li
aveva avvolti col suo manto materno.
Quando
il cellulare di Mike squillò questi ci mise un po’ a capire che era il
suo e che non era in un sogno.
-
Pronto? - non avendo letto il nome sul displey per poco non gli venne
male nel sentire la sua voce, tanto che si chiese a che punto dell’anno
erano. Che avesse sognato le settimane vissute con Jacoby?
-
In che cazzo di universo siete, si può sapere, porca puttana? Uno pensa
che qualcuno in questa fottuta città di merda sappia dove diavolo
stanno i Linkin Park! Figurati! -
Per
un momento tutto si fermò, Mike per primo.
Raddrizzato
sul divano svegliò Chester il quale lo vide serio, cupo e con una
smorfia da ‘sono pazzo?’ ben stampata sul viso assonnato.
Al
silenzio continuo, l’altra voce replicò ancor più seccata.
-
Porco cane, ci sei? -
-
Chi è? - Chiese Chester preoccupato per lo stato del suo compagno.
Mike
a quel punto si rivolse verso di lui e sul terrorizzato andante chiese:
-
Che giorno siamo? - Quando Chester gli rispose chiedendogli perché si
risollevò. No, non erano tornati indietro nel tempo e tanto meno era
stato tutto un sogno.
Semplicemente
quell’altro al telefono era l’idiota per eccellenza.
-
Pensi che mi ricordi cosa ci siamo detti quella notte? -
-
Ma dai, come no! Hai detto: Jacoby? Ma sono le tre di notte!
L’appuntamento era per domani alle tre del pomeriggio! Ed io poi ho
detto: Porca di quella puttana, ecco perché è così buio! - Chester che
aveva avvicinato l’orecchio al telefonino sentì la voce di Jacoby e
scuotendo la testa capì al volo anch’egli cosa voleva ed essendo da
tanto che non lo vedeva fu più lieto di Mike nel rispondergli
ricordandosi precisamente quella conversazione e quella notte da cui
tutto aveva avuto tragicamente e comicamente inizio.
Prendendo
il suo cellulare, infatti, disse ghignando sadicamente divertito.
-
La vedi la costruzione a forma di figa? Finisci il vialone e aspettaci
davanti al mare, lì del baracchino del mojito, il coso verde a forma di
menta! -
Dopo
di che riattaccò alzandosi in piedi di scatto tutto pimpante.
Mike
lo fissò esterrefatto pensando che fosse impazzito come l’altro al
telefono e che fosse contagioso. Come poteva ricordarsi per filo e per
segno tutto quello che si erano detti quella volta? Erano passate un
paio di settimane!
-
Dove vai? -
-
Al mare ad impedire che quell’impiastro di Coby anneghi! - Era ovvio
no?
Mike
scosse il capo e si ributtò giù. Non aveva la minima intenzione di
stare ai loro giochi malati.
Peccato
che l’altro non fu dello stesso avviso ed afferrandolo per il braccio
lo trascinò giù dal divano portandoselo via senza lasciargli scelta.
-
Chez, sei più svitato di lui! Sono le tre di notte, di nuovo, e, di
nuovo, stavamo dormendo! Non può semplicemente venire a trovarci di
giorno? - Si lamentò per tutto il viaggio facendo ridere Chester il
quale sembrava brillare di luce propria.
Quando
arrivarono al mare proprio come l’altra volta, il guidatore riagganciò
il lamentoso socio e costringendolo ad arrivare fino davanti al mare,
lo spinse dentro con un calcio vedendo che opponeva anche resistenza.
-
Cazzo, è il mare della California, non voglio mica morire! È pericoloso
di notte Cheeeez! - Ma alla fine non poté continuare le lamentele
poiché venne spinto sotto l’acqua dall’ospite che erano andati a
trovare che naturalmente si stava facendo il bagno completamente nudo,
sempre come al loro primo magico e traumatico incontro.
Alla
fine riemerse e si placò solo quando vide il suo viso luminoso come un
albero di natale.
Gli
erano mancati i suoi sorrisi assoluti.
Così
come gli era mancato quell’abbraccio pieno e stritolante che gli
toglieva il fiato.
Il
mal di schiena non gli era mancato.
-
Sono contento di rivedervi! - Fece Jacoby esuberante abbracciando anche
Chester insieme a Mike.
-
Sei matto! - Esclamò quest’ultimo non sapendo che altro dire riguardo
al modo in cui aveva deciso di tornare. - Ti sembra questo il modo di
venire a trovarci? - Però rideva anche lui, anche se non al livello di
Chester.
A
quel punto si sganciarono.
-
Che trovare e trovare! - Fece infatti Jacoby felice come un cane in
calore che riusciva finalmente a farsi qualche cagnetta. Mike impallidì
e Chester si sospese con un sorriso idiota sul viso. - Ci trasferiamo
qua! Ho convinto tutti! Gli altri sono ancora in pieno trasloco, quando
finiscono arrivano, hanno già case e tutto, volevano farvi una sorpresa
e dirvi ‘hey, vi va di fare un salto a questo indirizzo?’ e poi
‘tadaan!’, ma io li ho preceduti, non potevo aspettare! Oltretutto i
traslochi mi stufano, preferisco i cambiamenti già fatti! - Cominciò a
parlare a macchinetta dicendo anche quanto ci aveva messo a convincere
tutti, quanto li aveva pressati e quanto estenuante fosse stato.
Immaginandolo con non poca fatica, Chester continuò a ridere ai suoi
racconti fantasiosi mentre Mike con occhi sgranati e sotto shock si
inabissava nel mare sperando che fosse tutto un sogno.
Non
era proprio contrario a passare del tempo con lui, era bello dopotutto.
Ma viverci era un’altra cosa. Averlo nella stessa città significava…
svegliarsi alle tre di notte e farsi un bagno in pieno mare
californiano, schivando onde alte tre metri che minacciavano di
ammazzarli!
Lo
fecero riemergere tutti e due che presolo uno per braccio lo
trascinarono fuori di peso per poi abbandonarlo sulla sabbia. Come poi
questa finì tutta addosso a lui non fu un mistero di certo.
-
Morirò. Morirò qua. È già giunta la mia ora. Speravo di riuscire almeno
a finire l’album ma evidentemente non posso. - Sentendo le sue
disperazioni e divertendosi ancora di più per quello, i due bambini
troppo cresciuti gli si buttarono sopra schiacciandolo per dargli
momentaneamente tregua.
Con
loro sopra.
Mike
faticò a inspirare ed espirare ma con concentrazione ce la fece
riacquistando un colorito accettabile.
Dopo
che lo videro tornare più o meno in sé, i due sistemati mezzi sopra di
lui a pancia in giù com’era la loro posizione preferita, appoggiati sui
gomiti, lo fissarono brillanti e splendenti.
-
Sei contento? - Fece Jacoby al settimo cielo.
-
Da morire! - Esclamò fintamente felice Mike.
-
Dai, lo so che lo sei, idiota! - Commentò ridacchiando Chester il quale
conosceva il compagno.
Alla
fine dovette ammetterlo spaventato all’idea che non si alzassero più
fino a che non l’avrebbe fatto.
-
Sì che lo sono ma lo stesso mi sembra di morire! -
Aveva
in effetti una voce un po’ stentata.
-
Bè, in realtà da te mi aspettavo più entusiasmo… pensavo fossi diverso…
- Replicò Jacoby con un pizzico di delusione nello sguardo da eterno
bambino. Un bambino un po’ troppo cresciuto.
-
Bè, non voglio deluderti ma… - Cercò di farsi capire Mike ancora con
voce affaticata.
- E
allora perché dici che stai morendo? - Chiese seccato Chester.
-
Perché con un ginocchio sui coglioni e un gomito sulla trachea mi
sembra di non avere scelta che morire! - Quando si resero conto che lo
stavano fisicamente davvero uccidendo, si alzarono ridendo per poi
sistemarsi meglio senza schiacciarlo e gridandogli alle orecchie un
mega ’scusa amore’ perfettamente sincrono, lo baciarono sempre
all’unisono uno per guancia.
Se
quello era il secondo inizio, si disse Mike, sarebbe stato davvero
traumatico.
Quella
che poteva definirsi una vera sfida.
Una
sfida per la vita!
FINE