CAPITOLO
XV:
LA
COSA GIUSTA
Jacoby
fu nervoso tutta la mattina tanto che si mise a fumare una sigaretta
dietro l’altra.
Non
era un fumatore accanito, negli ultimi anni aveva cercato di darsi una
regolata, soprattutto lì in casa altrui; Chester stesso fumava poco
quando era con Mike perché sapeva che gli dava fastidio sentire pareti,
mobili e vestiti impestati di tabacco e nicotina. Essendo che avevano
praticamente vissuto insieme per all’incirca due settimane se non
qualcosa in più, sia l’uno che l’altro avevano fumato molto poco, ma
quella mattina Jacoby fece fuori quasi mezzo pacchetto tanto che
Chester dovette nasconderglielo vedendolo più isterico che calmo.
Alla
fine, quando gli stava per saltare alla gola e per evitare un litigio
proprio quel giorno, Mike si mise a disegnare. Sapeva che a Jacoby
piaceva e lo calmava.
Quando
lo vide con album e penna-china alla mano, l’uomo-bambino gli si
appiccicò come faceva sempre e fissando la punta scorrere leggera sul
foglio bianco, sembrò come se gli fossero stati staccati i fili.
Chester
benedì il suo ragazzo e lo amò una volta di più, quindi si rilassò a
sua volta nel divano in posizione strategica per poterlo vedere. E
fumare una sigaretta.
Posa
tutta scomposta, gambe piegate e larghe, piedi appoggiati al tavolino
basso lì davanti, gomito sul bracciolo e mano col mozzicone alta, a
qualche centimetro dal viso, un po’ abbandonata in realtà.
Non
era in modo da poter vedere cosa Mike disegnasse poiché in realtà lo
guardava per davanti, però con quello sguardo strano e sottile non gli
staccò gli occhi di dosso, pensando comunque peste e corna di quello
schizzato di Jacoby.
Chissà
poi perché quel giorno era così isterico…
“Cazzo,
manco dovessero venire i principi d’Inghilterra in persona! Sono solo i
suoi amici! Oggi si lavora, cazzo, che diavolo avrà tanto da
innervosirsi come un coglione?!”
Mike
ci era ovviamente già arrivato…
Passarono
così un’oretta abbondante circa e solo quando vide Jacoby ridere
divertito con quel fare infantile da bambino, coprendosi la bocca e
nascondendo il viso contro la sua spalla, Chester si alzò veloce come
una molla consapevole che quel demente del suo adorabile ragazzo doveva
aver fatto qualcuna delle sue.
Quando
riuscì a vedere il disegno, Mike infatti sorrideva a trentadue denti
come un altro bambino di pochi anni davanti al gelato più grande mai
esistito.
-
Voi due vi capite troppo bene! Mocciosi uguali! - Grugnì fintamente
offeso.
In
realtà quel disegno era estremamente azzeccato ma non solo.
Dannatamente divertente.
Era
sostanzialmente il ritratto di Chester per filo e per segno,
soprattutto nella posa e nei vestiti, ad eccezione del viso che al
posto di essere il suo era la testa di uno scheletro.
Il
messaggio, con la sigaretta in mano ed il fumo che saliva tutt’intorno
a lui, era ‘continua a fumare, coglione, che poi ti ridurrai così!’
Ma
Mike era talmente contento del suo capolavoro che per rabbonirlo gli
prese le guance fra le dita e pizzicandolo l’attirò a sé posandogli un
sonoro bacio con lo schiocco sulla bocca.
Chester,
suo malgrado ridacchiando, si tirò via scuotendo il capo.
-
Non cambierai mai! - Ma era contento così.
Fu
lì poi, fra le risa particolarmente accentuate di Mike e Jacoby, che il
campanello suonò e guardando l’ora Chester borbottò:
-
Eccoli, era ora, cazzo! -
Nel
momento in cui lo sentì, Jacoby smise di ridere e proprio come un
perfetto schizofrenico, si alzò e scattò alla porta, l’aprì e nemmeno
il tempo di guardarli e salutarli che era già catapultato al collo di
Jerry che per non cadere fu sostenuto prontamente da Tobin e Tony!
Jacoby
andò per qualche secondo autenticamente nel caos, nel momento in cui si
rese conto di essere abbracciato a Jerry come una scimmia ad un albero,
tutta la beatitudine e la gioia incontaminata pura e semplice che aveva
provato lo schiaffeggiò con un altro sentimento contrastante che
raramente provava, in realtà mai.
L’imbarazzo.
“Ma
che cazzo fai, idiota?” Si disse improvviso sgranando gli occhi.
Nemmeno realizzato che comunque non era da lui farsi certi problemi per
le sue impulsività, già si era staccato dandogli un sentito pugno sulla
spalla sbraitando aggressivo:
-
Mi siete mancati, stronzi! -
Riuscì
all’ultimo a deviare anche sul plurale e capì di non essere ancora così
suonato da non controllarsi per nulla.
Euforico
per questo fatto, tornò impulsivamente a riabbracciarlo, placidamente
ricambiato come se Jerry si aspettasse anche quella reazione, quindi
pensando: “Come non detto…” tornò a staccarsi e questa volta entrò per
impedirsi di fare qualunque altra cosa.
Guardandolo
rientrare in casa, tutti e tre si guardarono chiedendosi quanto bene
gli avesse fatto rimanere lì da solo tutto quel tempo.
Oh,
l’avrebbero capito presto.
Dopo
cinque secondi netti da che gli aveva voltato le spalle a che erano
quindi entrati da soli, scavalcando Chester e Mike che erano venuti ad
accoglierli, Jacoby si ripresentò con l’album di Mike e sfogliandolo
davanti al viso di Jerry -precisamente il suo- gli fece vedere
velocissimo tutti i suoi disegni, per lo più schizzi, un paio a matita,
un paio a carboncino ed un paio con la penna-china. Non che fossero
suoi e che Mike gli avesse dato il permesso, ma nemmeno volendo sarebbe
riuscito a metterlo a posto e a riprendersi il suo blocco.
Intanto
come se non bastasse parlava a macchinetta sui mille talenti di Mike
partendo appunto dal disegno per passare dallo scrivere, dal cantare
vari generi, dal suonare praticamente tutti gli strumenti, dal mixare
canzoni quasi meglio delle originali per poi finire con le sue qualità
caratteriali di bravo ragazzo allegro e riflessivo che sapeva tenere
testa alla bestia -Chester- e fare scherzi geniali e machiavellici.
Quando cominciò con quelle fisiche, capendo che sarebbe finito a
parlare delle sue parti basse da lui assaggiate a tradimento, Mike gli
circondò la testa col braccio e con una violenza insospettata per
niente da lui, gli tappò la bocca con l’avambraccio in modo da farlo
smettere.
Chester
tornò ad amarlo mentre gli altri risero divertiti dalla scena,
consapevoli che Jacoby esasperava anche un Santo.
Tobin
sorrise, se non altro perché quel monologo a macchinetta sui mille
talenti di Mike indicava quanto si fosse trovato bene con lui e quanto
bene dovesse avergli fatto la sua compagnia.
Quando
riuscirono a farli accomodare e ad offrirgli qualcosa da bere, in
attesa dell’arrivo degli altri Linkin Park, parlarono -o ci provarono-
di quei lunghissimi ed infiniti giorni insieme.
Essendo
che raccontava Jacoby, Mike e Chester a turno lo bloccavano quando
capivano che stava per dirne una di troppo circa ciò che era successo,
quindi volendo limitare i danni e non mettere i manifesti di certe cose
accadute -specie che poi riguardavano la loro relazione- fu una vera
impresa e con fatica giunsero alla circa fine, quando erano riusciti a
fare finalmente la fantomatica canzone.
-
Ora quando arrivano gli altri ne parliamo bene. - cominciò Mike
prendendo la parola, era un argomento di cui parlare con serietà e quel
fenomeno esagitato sembrava fatto di una qualche droga accelerativa.
-
E’ stata colpa di sto fottuto stronzo se ci abbiamo messo tanto! -
Grugnì Chester beccandosi così un calcio da parte del fottuto stronzo
in questione. Mentre i due cominciarono a pizzicarsi e a comunicare a
gesti come solevano fare spesso e volentieri, Mike tornò a prendere la
parola con calma e pacatezza, come se vicino a lui due imbecilli
cronici non stessero dando spettacolo.
-
In realtà non conoscendoci l’ostacolo è stato principalmente questo.
Non bastava una canzone scritta in precedenza da noi dove lui magari
faceva, che ne so, il ritornello per mettere la sua. Non è così che
lavoriamo quando collaboriamo. Ne facciamo poche per questo motivo,
perché vogliamo qualcosa di equo. Così capito quanto particolarmente
dispersivo fosse Coby, abbiamo faticato ad inquadrare il tema, questo
sì. Una volta trovato era lui a non essere nello stato d’animo
creativo. Ieri notte finalmente è successo. Abbiamo un testo
soddisfacente, spero che anche tutti voi la pensiate altrettanto. Prima
di parlarne nello specifico voglio che leggiate per sapere le vostre
opinioni a caldo prima di sapere a cosa pensavamo quando la facevamo.
Poi vi spieghiamo anche questo. -
Quando
si parlava di musica e di canzoni, Mike diventava estremamente serio e
professionale e tanto lo era lì, tanto invece era capace di scherzare e
ridere come un idiota in altri momenti. Aveva un equilibrio fra tutte
le parti che era invidiabile e Jerry capì subito che era per questo che
Jacoby gli si era attaccato tanto.
Lo
invidiò reputandosi solo un falso equilibrato, era per questo che
Jacoby con lui aveva tanti sbalzi d’umore mentre con Mike, in poche ore
che li aveva visti insieme, sembrava costantemente un figlio obbediente
e tranquillo. Nei limiti del possibile, si parlava pur sempre di Jacoby.
Fu
attirato anche dal soprannome che ormai entrambi loro due usavano per
Jacoby, ‘Coby’, e con una punta inevitabile di gelosia guardò i due
approcciarsi una volta di più a lui con naturalezza. Sembrava che
fossero loro quelli che lo conoscevano da anni…
- E
comunque dovevi avvertirmi del megafono. - Concluse Mike come se questo
facesse parte del discorso canzone.
Jerry
sbatté le palpebre non capendo subito e alla risata sguaiata di Tony
capì a cosa si riferiva e ridacchiò.
-
Avrei dovuto ma non pensavo ne trovasse uno… -
Chester
si accese e mettendogli il pugno in bocca per farlo stare zitto,
ringhiò di nuovo sul piede di guerra, fulminando Jerry con lo sguardo
assassino:
-
L’ha trovato, sì… e stavo per ficcarglielo su per il culo, per farlo
smettere! Non l’ho fatto perché probabilmente gli sarebbe piaciuto e
sarebbe stato capace di usarlo anche da là dentro! - Figurandosi il
come, tutti tornarono a ridere, persino Tobin sorrise di nuovo, e
Jacoby riuscendo a mordere a fatica la sua mano, si liberò la bocca,
poi diede un pugno alla spalla di Chester:
-
Come osi parlare così a Jerry? Stronzo! - L’interessato alzò il
sopracciglio e per poco non si scompose a fissarlo incredulo. Lo stava
difendendo in un modo tutto suo. Lieto di quel suo gesto d’affetto in
perfetto stile Coby, sorrise calmo sfiorandogli il braccio per calmarlo.
-
Non era niente, rilassati. - Ma questo sembrò avere il potere di
tenderlo ancora di più e saltando come fosse un gatto a cui avevano
pestato la coda, si girò di scatto verso di lui guardandolo addirittura
spaventato.
Certamente
tradurre tutte le sue continue e svariate reazioni era un’impresa
impossibile, eppure Mike sembrava magistralmente riuscirci con tutte. E
Chester che lo sapeva che Mike lo capiva si appuntò mentalmente di
farsi spiegare tutte le mille nozioni che aveva appreso.
La
curiosità ormai lo stava divorando e quella situazione era meglio di
una soap opera!
Quel
pomeriggio si misero subito a lavorare sulla melodia, erano tutti
entusiasti del testo ritenendolo diverso dal loro solito stile specie
per il fatto che fosse più lunga del solito. Capitava che ne uscissero
di così però era comunque raro.
Decisi
a fare un altrettanto buon lavoro anche con la musica, i musicisti che
principalmente lavoravano solitamente a ciò si riunirono nella stanza
con gli strumenti.
Codesti
individui erano Mike, Brad, Jerry e Tobin. In realtà collaboravano
anche gli altri, specie Chester che voleva sempre sapere su quali note
assurde doveva cantare, o Dave e Joe per i rispettivi pezzi, ma i geni
del sonoro erano risaputamente loro quattro.
Mike
al piano, Brad e Jerry con una chitarra a testa, Rob col posto alla
batteria ceduto a Tony, Joe alla sua consolle come sempre che
naturalmente c’era anche lì. Dave aveva preso esempio da Rob e aveva
ceduto il suo posto al basso a Tobin poiché altrimenti sarebbe stato
troppo affollato.
Chester
e Jacoby con un microfono a testa, seduti a terra con fogli e penne
davanti pronti a dare il loro contributo canoro al momento richiesto;
le note che prendevano vita.
Solitamente
per comporre la musica non si servivano dei microfoni, Chester e Mike,
di fatti quest’ultimo non ne aveva, ma Jacoby adorava quel suo
strumento e appena poteva se lo teneva in mano con ogni scusa
possibile. Finiva per lo più per ficcarselo in bocca fingendo, tanto
per cambiare, di fare un altro genere di lavoro. Chester non aveva
voluto farsi spodestare e se ne era preso uno anche lui, Mike non ci
aveva minimamente pensato a gareggiare con quei due idioti ed aveva
preferito il pianoforte, nemmeno a dirlo.
La
musica faticò enormemente ad uscire e ci impiegarono fino oltre ora di
cena, alla fine non erano comunque completamente soddisfatti, mancava
qualcosa e decisi a non concludere fino a totale soddisfazione di
tutti, Rob e Brad proposero con calma una pausa.
-
Già, ormai noi dormiamo qua, abbiamo una stanza nell’albergo qua
vicino, possiamo rivederci domani mattina e continuare… - Fece Jerry
procurandosi per quello gli sguardi di ira funesta di Jacoby.
Naturalmente sarebbe stato difficile non notarli: - Tu stai qua ormai,
no? - A questo la sua espressione divenne ancora più atroce e mentre
ormai gli altri cominciavano a disperdersi in diverse parti della casa
contenti della soluzione, Mike si trascinò via Chester vedendolo in
procinto di intervenire per scaricargli chissà quali insulti!
Brontolando
lo ammonì sotto voce tirandosi la porta dietro di sé:
-
Idiota, lo capisci o no che a Coby piace Jerry e viceversa ma che non
ne sono ancora consapevoli? - Chester per poco non urlò, non ci riuscì
per la mano che si chiuse sulla sua bocca, quindi Mike serio ed
ammonitore continuò: - Lascia che seguano le tappe, non affrettare le
cose! Io e te non c’entriamo niente, lo capisci? -
Chester
piantò il broncio poco convinto, volenteroso invece di far qualcosa per
loro perché quelle cose lo divertivano un sacco, ma alla fine non
riuscì a ribellarsi alla presa d’acciaio del compagno che si rivelò
estremamente perentorio.
-
Vieni, prepariamo da mangiare, ormai è tardi per uscire… -
Anche
quello più un ordine che una richiesta.
Rimasti
soli nella stanza degli strumenti, Jerry e Jacoby si guardarono per
qualche istante. Il secondo era profondamente contrariato e sul punto
di esplodere e gridargli di tutto mentre il primo per contro manteneva
sempre più la sua calma.
Alla
fine mettendo giù la chitarra nell’apposito appoggio e prendendogli di
mano il microfono prima che lo spezzasse in due o glielo tirasse in
testa, disse sforzandosi di mantenersi calmo e rilassato.
-
Ascolta, abbiamo fatto un sacco di notti separati, tecnicamente non
abitiamo nemmeno insieme, quando siamo là. Perché non ti piace che noi
stiamo in albergo mentre tu qua? - Cercare di tirare fuori della logica
da Jacoby era come cercare di tirare fuori del bene dal demonio,
nonostante questo lui ci provava sempre e lo faceva fissandolo negli
occhi con quel suo fare adulto e tranquillo da essere invidiabile.
In
realtà era molto faticoso anche per lui e forse era questo suo sforzo
che Jacoby percepiva e che gli faceva saltare tanto l’umore.
O
forse era ben altro.
Cominciando
a mordicchiarsi le pellicine intorno alle unghie con gran nervoso, alzò
le spalle senza saper cosa dire, quindi con fare estremamente infantile
corrugò la fronte. Rimaneva della sua in ogni caso anche se sembrava
che Jerry avesse ragione.
Alla
fine non sapendo proprio come sistemare la cosa e calmarlo, gli prese
le mani prima che cominciasse a farsele sanguinare. Le trattenne fra le
sue impedendogli di tornare a mordersele e lo guardò così con fermezza
da più vicino. Quel contatto era caldo ma trasmetteva tante di quelle
scariche ad entrambi che per un momento Jerry tornò a perdersi in quel
suo sguardo adulto e bambino al tempo stesso.
Voleva
cose che nemmeno lui sapeva eppure pareva pensare a qualcosa di nuovo
che prima non gli aveva mai tolto il sonno.
Era
chiaro che ne avesse una nuova per la mente e si impensierì a sua volta
nel non sapere cosa fosse. Fu così che senza rifletterci glielo chiese,
con calma ed un tono estremamente intimo e quel suo sguardo penetrante
di cui Jerry non era assolutamente consapevole.
-
Cosa ti passa per la testa, ora? - Sapeva che se l’avesse lasciato
libero per i fatti suoi si sarebbe perso di nuovo, quindi farlo parlare
era un modo per mantenerlo lì con sé. Detestava quando se ne andava…
Jacoby
si strinse nelle spalle e piegò la testa di lato continuando a fissare
le loro mani allacciate. Certamente Jerry lo faceva per impedirgli che
se le rovinasse coi denti, a volte arrivava a sanguinare con la fissa
che aveva per le pellicine. O semplicemente per il nervoso che aveva
sempre dentro. O magari per quella tendenza all’autolesionismo che
aveva da anni.
-
E’ una cosa che mi ha detto Mike… -
-
Che cosa ti ha detto? - Chiese senza mutare assolutamente il suo tono.
Jacoby
alzò di nuovo le spalle quasi con timidezza, cosa che non era di certo
mai stato.
-
Niente, una cosa. Ma mi chiedo se non sei tu. - Se Mike ci fosse stato,
si sarebbe sorpreso nel vederlo arrivarci così in fretta e con tanta
naturalezza. Non la prese male e nemmeno si agitò.
-
Io cosa? - Jerry stava morendo di curiosità e per non dimostrarlo stava
facendo violenza su sé stesso. Sapeva che non poteva dimostrarsi troppo
agitato, era una cosa che mandava completamente fuori Jacoby. Se
qualcun altro si agitava non ci faceva molto caso e quasi la cosa gli
passava indifferente, ma se si agitava lui poi si innervosiva a sua
volta tanto che poi aveva delle reazioni inaspettate. Poteva mettersi a
gridare come a piangere. Le reazioni di Jacoby ai suoi stati d’animo
erano leggendarie.
Per
questo cercava sempre di controllarsi. Non gli riusciva difficile, era
una persona di natura tranquilla e pacata ma se gli venivano modi
istintivi, cercare di frenarli non era sempre facile.
-
Niente. - Fece infine Jacoby sorridendo e rilassandosi. Qualunque cosa
fosse scattato in lui a quel pensiero portato da un misterioso qualcosa
detto da Mike, comunque gli aveva fatto bene ed ora Jerry aveva il
sospetto che quei due fossero stati un‘ottima idea.
Sospetto
che avrebbe trovato conferma più tardi.
Alla
fine decise di non insistere, vedendolo così calmo, quindi sciolse le
mani procurando un’inclinazione negativa che fu una frazione di
secondo, il tempo di captarla e di circondargli la schiena col braccio
e vederlo rilassarsi di nuovo.
Ora
Jerry non poteva sapere cosa gli fosse successo e cosa Mike gli avesse
detto, tanto meno quale fosse ora il pensiero di Jacoby che lo
riguardava, ma trovandosi a seguire quelli che definiva i flash di Coby
e ad agire di conseguenza come poi aveva sempre fatto da quando lo
conosceva, stava facendo senza sapere la cosa giusta.