CAPITOLO XVIII:
ORA AVEVA CAPITO

Quando uscì dalla camera buttato fuori a calci da Chester, Jacoby andò in soggiorno a vedere se Jerry c’era ancora.
Per un momento assurdo aveva anche creduto che potesse non esserci più. Un momento che gli parve infinito e che ebbe la potenza di sbalzarlo completamente fuori di sé.
“E se ho avuto un’allucinazione perché magari sono veramente fottutamente pazzo? E se non è successo proprio un cazzo?”
Quando arrivò nella stanza principale, dalla posizione in cui era non aveva la visuale completa del salone ed un divano non poteva vederlo. Fu quando vide una parte deserta che andò nel panico e per lui finirci era davvero facile.
Sentì il cuore accelerarsi fino a salirgli sul petto, la consapevolezza che gli sarebbe uscito e sarebbe morto in un istante lo assalì perché il suo maledetto cuore andava davvero troppo veloce, dannazione.
E lo stomaco.
Ebbe un conato di vomito che trattenne poiché il corpo nel complesso si paralizzò lì dov’era.
Aveva il terrore di proseguire.
E se vedendo anche quell’ultimo angolo che rimaneva scopriva che i suoi timori atroci erano fondati?
Aveva veramente vissuto quello che aveva creduto di aver vissuto con Jerry?
E se invece l’aveva solo immaginato?
Se era stata un’allucinazione?
Se era veramente schizofrenico?
Si sentì seriamente male a quel punto e impallidito violentemente cominciò a vedere sempre più scuro intorno a sé, quando capì che le forze gli stavano per cedere davanti al terrore più oscuro -che potesse invece essere veramente pazzo come da una vita stava disperatamente cercando di dimostrare che non era-, mosse dei passi ma si sentì un estraneo. Come se non fosse lui a camminare e muoversi. Come se fosse sulla luna. Tutto ovattato, specie le sensazioni tattili.
Il gelo sulla pelle intorpidita, la testa che esplodeva con tutte le vene che pulsavano e pulsavano sangue mandandolo al cervello fino ad annegarlo.
La vista sempre più appannata, il cuore sempre più in gola e veloce, il fiato praticamente annullato.
Cercò di arrivare al divano per sedersi, sapeva che stava per svenire e tutto quel che riusciva a pensare come un forsennato era che era veramente impazzito alla fine, che tutte le sue paure più recondite si erano realizzate, a partire dall’epoca in cui aveva deciso di laurearsi in psicologia. Già d’allora aveva avuto il terrore della follia e poi il crollo nervoso che aveva avuto anni fa ne era stata la conferma. Non una strana parentesi isolata e tenuta sotto controllo ma una porta aperta sulla realtà e tutti gli anni a venire solo illusione di uno schizofrenico che aveva vissuto tutt’altro.
Quando entrò meglio nel soggiorno per arrivare a sedersi prima di crollare, ebbe la visuale dell’altro divano e quando vide si inginocchiò di schianto lì dov’era, a qualche metro dal mobile.
Respiro affannato, stomaco ancora in minaccia di rimettere insieme al cervello in blackout e le ossa come gelatina.
Lì, sciolto a terra, affondato.
Gli occhi fissi davanti a sé.
La figura di Jerry che dormiva della grossa proprio su quel divano che non era riuscito a vedere prima, l’aveva davvero ucciso, quella volta, ma si chiese se non fosse un’allucinazione anche quella e gattonò sul tappeto trascinandosi fino a lui.
Era steso e sembrava la serenità fatta persona. Lo invidiò e poi lo toccò per assicurarsi che fosse vero, le dita gli rimandarono la sensazione precisa della sua pelle sotto i polpastrelli ma si chiese se non fosse un’allucinazione tattile.
Come poteva capire se dopotutto era veramente pazzo o no?
A chi credere?
A cosa?
Chiunque lì dentro poteva essere un delirio… e per lui ormai era troppo importante capire se fosse tutto vero o no. Aveva vissuto una vita senza affannarsi a distinguere le cose, fregandosene se non era sicuro di qualcosa o se confondeva il caos che l’attorniava. Aveva vissuto anni e anni senza sbattersi per dimostrare a sé stesso o agli altri se era in sé o meno ed ora contava come non mai, sembrava questione di vita o di morte.
Per un momento si chiese anche perché quel cambiamento. Perché ora.
Poi una voce nella mente gli suggerì che magari era perché per lui Jerry contava troppo.
Jerry non poteva essere un’allucinazione dannata.
Jerry, quel bacio, la sua promessa, il suo esserci, il suo essergli entrato, il suo averlo accettato esattamente com’era e l’averlo voluto in quel modo delirante con tutti i suoi mille problemi mentali.
Jerry era troppo importante per non assicurarsi, non poteva essere il frutto della sua follia. Non lui. Tutto il resto sì, ma non lui.
Arrivato all’altezza del suo viso, gli scosse i capelli da sopra e glieli sistemò lisci intorno a sé quasi con attenzione maniacale, quindi senza staccargli gli occhi e le mani di dosso cercò di essere delicato. Poteva svegliarsi e sentirsi dire che non era successo niente comunque. Poteva dissolversi in un istante. Poteva essere tutto.
Il panico non era diminuito e la voglia di gridare lo invase.
Quando non capiva più niente e si incasinava fino a quel punto gridava per ritrovare sé stesso e svegliarsi.
Di solito funzionava ma se era tutto vero e Jerry stava veramente dormendo l’avrebbe ucciso.
Sospirò accasciandosi sul suo petto.
Era seduto a terra con le gambe sotto di sé e per il resto era completamente appoggiato a lui, ormai non aveva più forze, aveva esaurito tutto, aveva finito tutto.
Voleva solo che fosse tutto vero e basta.
Solo quello.
Ed anche se la sua fede aveva dei problemi perché andava a seconda dei momenti, in quello si mise a pregare.
Pregare quasi disperato che qualcosa gli facesse capire. Non gli era mai fregato capire ma ora era così importante che non sapeva come fare. Non voleva uccidere il suo probabile fidanzato ma se era solo un’illusione e lui ora era appoggiato solo su un divano vuoto?
Strinse gli occhi forte e li sentì bagnati a quell’eventualità, richiamò disperato la sensazione di quella notte, quando l’aveva baciato la seconda volta, quando Jerry l’aveva fatto sentire voluto.
Era stato troppo bello.
Perché volere un pazzo figlio di puttana come lui?
Premette senza volerlo il viso sul suo petto e strinse la maglia nera di Jerry, la prese fra i pugni e la stropicciò senza rendersene conto.
Fu allora che due mani lo toccarono sulla nuca dandogli quel sollievo insperato per cui stava tanto pregando.
Poteva essere un’allucinazione anche una cosa così bella e positiva?
Gli sembrava tanto viva… tanto vera… ma forse proprio perché era troppo bella, era falsa.
A quell’ennesimo dubbio non ce la fece più e mentre qualcosa si rompeva in Jacoby, la sua parte animale emerse violenta e senza pensare più assolutamente a niente, niente, si mise semplicemente a gridare premendo la bocca contro la sua maglia per soffocare le proprie urla.
Con delle corde vocali che facevano invidia a molti -ma non a Chester- Jacoby fece una volta per tutte quello che solitamente l’aiutava a riportarlo in sé e nella realtà.
Quell’urlo viscerale fece venire un colpo a tutti ma si poteva immaginare il povero Jerry che da un sonno lieto si era sentito premere un peso non indifferente sul petto e poi aveva dovuto subire quelle urla da panico… la vera sfida non era ritrovare Jacoby ma non far finire Jerry al manicomio e per un momento i ruoli si scambiarono mentre il povero chitarrista spaventato a morte si irrigidì come un morto ed impallidì.
Svegliarsi con un Jacoby versione cucciolo gigante addosso era un conto, svegliarsi con le sue urla era decisamente diverso.
Quando Mike e Chester arrivarono preoccupati videro il cantante in ginocchio a terra che gridava come un forsennato con la faccia contro Jerry che invece stava morendo di paura, quindi spiazzati a loro volta si chiesero quale fosse il numero della croce verde mentre l’altro dei due si occupava dell’ambulanza.
Solo quando Jacoby smise di urlare anche loro due si fermarono per vedere l’evoluzione della specie.
Si fermò tutto per un momento, specie il cuore di Jerry, e l’assassino fissò la vittima, era completamente assente, come se non ci fosse proprio, se non esistesse più niente.
Esattamente in quel momento dove tutto e tutti erano in bilico fra la follia e la ragione, la verità e la menzogna, in cima a quel famoso precipizio tutti in fila con Jacoby. Ebbene fu lì che proprio sul punto di buttarsi definitivamente, lui fece tutto da solo e facendo retromarcia sorrise come non aveva mai fatto in vita sua.
Sorrise di cuore, con luce, divenne il sole, la presenza, la certezza, la sicurezza. Non era svanito, non era strano, non era pazzo, non era anomalo. Era felice e basta. Ed era presente e sapeva cosa stava facendo ed ora vedeva tutto bene.
Quel sorriso riportò alla vita il povero Jerry che non aveva proprio potuto contenere il suo spavento come solitamente cercava di fare con lui e tranquillizzò Chester e Mike che misero via i cellulari.
Era stato un trauma ma forse era stato necessario, dirlo era impossibile con quel fenomeno che ora sembrava sereno, contento e soprattutto sano come non era mai apparso. Poi dire se fosse una situazione duratura o meno non era certo possibile perché poteva anche tornare tutto come prima da un momento all’altro, ma intanto che riuscisse ancora a capire in che parte dell’esistenza si trovasse e a distinguere finzione da realtà, era importante e positivo.
Poi stando con Jerry, si dissero i due amici allibiti e storditi, di sicuro sarebbe andata sempre meglio.
Vedendo infatti che poi Jacoby baciava entusiasta Jerry e che lui dopo un primo momento di stordimento l’accettava ricambiando l’abbraccio ed il bacio, Chester non poté non pensare con uno sguardo estremamente eloquente in direzione di Mike che capì al volo:
“Fra i due il più svitato è Jerry! È molto più schizzato visto come accetta tutte le sue fottute follie assurde che per poco non lo uccidono! Ma come diavolo fa a volerlo lo stesso così com’è? È davvero andato anche quello!”
Ma Mike, nonostante avesse capito tutti i suoi pensieri, sorrise e se lo prese sottobraccio portandoselo in cucina mentre i due si salutavano a gesti piuttosto che usare le parole come i normali esseri umani.
Quando furono soli in cucina e si chiusero la porta alle spalle, Mike poté finalmente rispondere:
- Tu pensi di essere più sensato quando mi salti addosso di punto in bianco mentre faccio le mie cose al computer e non ti cago? Ed io che in risposta ti lascio fare di tutto senza scompormi come se fosse assolutamente normale farsi spogliare mentre si scrive una lettera seria per lavoro? - Risposta eloquente.
Chester con un ghigno soddisfatto un po’ in generale di tutto ma soprattutto di loro due, lo imprigionò fra sé e il tavolo e quando l’ebbe fra le sue braccia gli morse dapprima la guancia e poi gliela leccò come se anche quello fosse normale e fosse più sano di quell’altro di là che gridava per capire se era pazzo o sano.
Mike si lamentò ma non lo mandò via capendo che aveva ragione e che Chester l’aveva capito, quindi in risposta lo pizzicò al sedere poiché non c’era altra ciccia in giro -non che il suo culo fosse grosso, anzi, era sodo e perfetto ma almeno pizzicabile rispetto ai fianchi scarsi!-
In poco cominciarono una delle loro lotte assurde per la supremazia di poi non si poteva mica capire bene cosa.
Forse solo l’uno dell’altro.
La conclusione fu ben altro che di lotta non aveva niente a che fare…


Jacoby era ancora in ginocchio a terra ma col busto era completamente rannicchiato su Jerry, un po’ come prima. Non si baciavano più e sembravano aver assunto entrambi coloriti accettabili. Il ragazzo steso carezzava lieve i capelli di Jacoby e questi se ne beava trovando quel gesto la prima cosa dolce che riceveva da parte di qualcuno che non era suo figlio.
Era una di quelle sensazioni che non era mai stato capace nemmeno di sognare.
Con Kelly all’inizio era stato meraviglioso perché lei l’aveva accettato così com’era, nonostante fosse sempre stato sul folle tendente. Per non dire di quando era diventato padre. Però col tempo aveva sentito ancora qualcosa mancare ma non era stato capace di decifrare di cosa si trattasse perché la sentiva al tempo stesso assurdamente vicina.
Solo ora poteva forse inconsciamente capire.
Aveva sempre voluto che fosse Jerry e non una qualunque ad accettarlo e volerlo così com’era senza fare niente in cambio per lui se non prenderlo in quel modo e basta.
Solo che non aveva mai osato pensarlo e dirselo perché di problemi ne aveva avuti già troppi senza aggiungersene uno simile.
Alla fine era andata così e basta.
Anni e anni in bilico su un burrone e lui che cercava di capire cosa ci fosse alla fine di quel buio pesto.
Ora aveva capito.
- Non saprò mai cosa sono, né cosa c’è sul fondo del precipizio. Come non so se cadrò o no. Però so che non sono qua sul bordo da solo e so che se cado io cadi anche tu. E sei tu che voglio cada con me, non altri, non mia moglie che mi adora con cui sto comunque bene ma non è la stessa cosa. Voglio solo che sia tu, eventualmente, a cadere giù. Sono un fottuto egoista di merda, lo so, e non so nemmeno scusarmi, però questo sono io, vero e sincero. Spero che quello che mi hai dimostrato stanotte sia ancora vero e che non cambi. L’unica cosa che ti chiedo è di non cambiare mai, assolutamente mai. Per il resto non me ne fotte, reagisci alle mie fottute follie come vuoi, non devi trattenerti per non spaventarmi o destabilizzarmi. Fai quel cazzo che ti pare. Solo prendimi così come sono e non solo. Mi devi volere. Devi promettermi di volermi costantemente in questo modo sempre. Non cercare di cambiarmi. Se succede bene ma non lottare, stai solo con me così. - Jacoby era logorroico specialmente quando era in stati d’animo particolarmente sereni. Quando era felice era una forza della natura, poi. Se era incazzato o cupo era da stargli alla larga.
Insomma, ne aveva molte, ma solo dal fatto che pareva incapace di fermarsi dal parlare, ora era chiaro quanto profondamente sereno e bene si sentisse.
E Jerry stesso finì al settimo cielo.
Non gli importava di niente se poteva averlo così e basta.
Certo sarebbe morto spesso e volentieri, ma sapeva che ne sarebbe valsa la pena, perché si era perso in quello sguardo da dimensione parallela nel momento in cui l’aveva visto la prima volta.
Carisma.
Non sapeva come definire quello che aveva Jacoby, ma l’aveva violentato nel profondo ed ora ne era dipendente nonostante tutti i suoi mille problemi e le sue forti instabilità emotive.
Però se poteva averlo liberamente con sé in quel modo allora niente contava, niente. E poteva sopportare tutto purchè potessero essere entrambi loro stessi e fare solo quello che gli veniva e che volevano.
Per Jacoby non c’era pericolo, sapeva che era incapace di trattenersi, ma ora avrebbe imparato anche lui.
- Non ho mai voluto qualcuno così com’è in vita mia come con te, Coby. Forse sono pazzo io visto che parliamo di te, ma è vero. E sono io ad essere onorato che mi hai finalmente portato con te nel tuo mondo. Non sono più sulla Terra, non potrei essere più contento. Voglio solo te così come sei, sempre. Anche se mi svegli urlando come un matto dopo che mi abbracci teneramente! - Jacoby a quel punto si mise a ridere e dopo essersi alzato ed abbassato e cambiato posizione quelle mille volte sempre per un discorso di iperattività, decise di piazzarsi completamente sopra il suo compagno schiacciandolo del tutto.
Jerry gemette ed impallidì ma Jacoby continuò ricoprendogli il viso di baci uno più entusiasta dell’altro.
Era lui che aveva voluto la bicicletta. Ora dovevano pedalare insieme!
Però quando si riprese le sue labbra, tutto tornò a rallentare e i colori riempirono ogni centimetro che lo circondava.
La follia ancora, ma una follia accettabile, meravigliosa, splendida.
Avrebbe fatto la firma affinché fosse sempre così.
Jerry, semplicemente, si ubriacò di lui e del suo mondo.
Jacoby non ci mise molto ad accendersi comunque, non che avesse bisogno di input particolari in effetti, ma c’era da dire che lunatico com’era -e lunatico era dire poco- non sempre si poteva vedere lo stesso Jacoby nell’arco di pochi minuti.
In quel momento era sereno, aveva trovato le sue risposte, chiarito quel che gli stava a cuore e vedeva solo il sole intorno a sé.
Ci mise dunque poco, steso sopra Jerry a baciarlo, ad accendersi.
Allargò le gambe in modo da far leva sulle ginocchia e mettersi a cavalcioni su di lui, non voleva schiacciarlo e fargli male, Jerry era la metà, un po’ gracilino nel complesso.
Lo sentì sospirare di sollievo e gli piacque, quindi decise che l’avrebbe fatto sospirare in altri modi e uscendo dalla sua bocca, senza il minimo preavviso od una preparazione decente, veloce come un’anguilla, scivolò in basso raggiungendo subito il suo inguine.
Gli slacciò i jeans e glieli aprì tirandogli fuori la sua erezione nel giro di un battito di ciglia. Prima che il ragazzo steso sotto se ne rendesse conto la bocca di Coby era già lì ad occuparsi di sé e a mostrargli su cosa si affacciava quella finestra che aveva sempre visto chiusa ed oscurata.
La finestra era Coby ed ora aveva le saracinesche tirate su.
Quando la sua bocca si chiuse sul suo sesso ed accompagnata coi movimenti della mano cominciò a succhiare sempre veloce e con foga in un crescendo frenetico da togliere il fiato, Jerry vide meglio al di là della finestra e per un istante fu sull’orlo dell’aprirla per potersi affacciare ma fu il campanello ad interromperli sul più bello e quando si resero conto che Chester e Mike erano usciti dalla cucina e che solo girando la testa avrebbero potuto vederli -loro e chiunque aveva dannatamente suonato il campanello proprio in quel momento- Jerry con uno scatto forzuto che nessuno avrebbe pensato riuscisse a tirare fuori spinse giù il suo compagno -sempre quello che era quasi il doppio di lui-.
Coby rovinò a terra con un tonfo sordo e quando Mike arrivò a vedere preoccupato che cosa fosse successo, vide Jerry steso a pancia in giù con il viso premuto contro il cuscino e Jacoby a terra che imprecava come un indiavolato che si massaggiava il fondoschiena fortunatamente morbido.
- Cosa diavolo… - Ma Jerry volò di filata al bagno facendosi quasi trasparente.
Non era uno che si imbarazzava facilmente ma probabilmente questa volta Jacoby gliel’aveva fatta grossa e vedendo l’aria contrariata del colpevole a terra capì che comunque non ci aveva capito niente!
Mike si avvicinò  e l’aiutò ad alzarsi e andando sul sicuro disse perentorio:
- Cosa gli hai fatto? - sicuro che qualcosa glielo avesse fatto.
Jacoby lo guardò stupito e con occhi sgranati ed innocenti disse:
- Niente, perché? -
- Vuoi dire che ha le visioni? Che ti ha buttato giù ed è scappato in bagno per niente? - Ora lo stava proprio rimproverando e vedendolo come se fosse il suo papà si fece piccolo seduto sul divano. Piccolo per modo di dire.
- Non lo so… -
Mike sospirò paziente mentre Chester appoggiato allo stipite vedeva divertito la scena in attesa che gli altri salissero in ascensore.
- Coby, cosa gli stavi facendo? -
L’altro allora, seriamente convinto che non fosse niente di male ma che comunque lo sguardo severo di Mike avesse motivo di esserci -mica poco contraddittorio!-, rispose:
- Un pompino! - Detta cruda e dura. Del resto era questo!
- Sesso orale è il termine corretto, se ti stai chiedendo come si dice! - Fece Mike trattenendo a stento una risata per i suoi modi spicci, poi si sedette con lui sul divano scuotendo il capo gli batté la schiena per rimproverarlo:
- Coby, forse non lo sai ma se in casa non siete soli o per lo meno non siete in una stanza dove siete sicuri di avere la giusta privacy, e con privacy intendo non essere disturbati dall’arrivo improvviso di qualcuno, non lo potete fare. Finchè si tratta di qualche bacio in un posto dove sapete possono aggirarsi delle persone fidate è un conto, ma se andate oltre allora camera, bagno o comunque una stanza dove potete stare sicuramente soli. Si chiama decenza! -
Alla fine della lezione lo alzò di peso spingendolo e con un conseguente calcio da parte di Chester che dava man forte al suo compagno, disse:
- Ora va’ da lui e scusati! Chissà in che stato è, poveraccio! -
Quando fu andato, i due rimasero a fissarsi e mentre uno era combattuto sul tipo di espressione da assumere, l’altro rideva sguaiatamente.
Era ovvio chi fosse.
- Ce l’ha dura, Jerry! - Replicò Chester convinto che sarebbe stata la sua fine quella relazione.
Quando arrivarono Tobin e Tony, Chester e Mike stavano ridendo di gusto sul divano e pur non sapendo di cosa, capirono che di sicuro c’entrava Jacoby e per partito preso Tobin, il posato bassista, si scusò con la sua flemma.
- Non so di cosa ma di certo è il caso di scusarsi! -
Le risa non si sprecarono.