CAPITOLO
II:
PER
UN ATTIMO…
Il
telefono squillò per un po’ prima che uno dei due si svegliasse, del
resto l’ora poteva giustificarli.
Le
tre di notte.
Il
primo a svegliarsi fu Mike e lo fece un istante prima che l’istinto
omicida si svegliasse in Chester.
Prese
in tempo il cellulare e rispose con voce assonnata.
-
Pronto? -
Dall’altra
parte del telefono una voce concitata e familiare che non riconobbe
subito.
-
In che cazzo di universo siete, si può sapere, porca puttana? Uno pensa
che qualcuno in questa fottuta città di merda sappia dove diavolo
stanno i Linkin Park! Figurati! -
Mike
si svegliò all’istante riconoscendolo e si sedette di botto sul letto
facendo venire un colpo a Chester:
-
Jacoby?! - Poi guardò l’ora. - Ma sono le tre di notte, l’appuntamento
era per domani alle tre del pomeriggio! - Chester lo guardò come se
fosse sonnambulo.
Silenzio
dall’altra parte.
-
Porca di quella puttana, ecco perché è così buio! -
Mike
guardò con occhi enormi Chester ora seduto anche lui a fissarlo con
sguardo assassino.
-
Stai… stai bene? - Chiese titubante Mike ammorbidendo la voce il più
possibile.
Non
poteva mica avere una delle sue famose crisi psicotiche proprio ora,
vero?
Scambiare
il giorno con la notte non era facile!
-
Se vi trovassi magari sì! - Rispose seccato. Mike capì che era davvero
lì da loro e decise di cercarlo, se era solo come sospettava ed in una
diavolo di crisi, di certo non poteva stare da solo.
-
Dove sei? - Chiese alzandosi e cominciando a vestirsi. Chester lo
guardò come se ora il pazzo fosse lui.
-
Ma che diavolo ne so, la città è la tua. Qua ci sono lampioni, edifici
illuminati, puttane che non parlano la mia cazzo di lingua e una
costruzione a forma di figa! -
-
Una costruzione a forma di figa?! - Ripeté Mike non capendo cosa
diavolo stesse dicendo.
Chester
naturalmente sì.
-
Ci sono le puttane? -
-
Sì! -
-
E’ a due passi dal mare, digli che finisca il vialone in cui è e che ti
aspetti davanti al mare, al baracchino dei mojito, quel coso verde a
forma di menta! -
Così
mentre Mike gli riferiva, Chester si alzò e si vestì a sua volta non
potendo credere a ciò che sentiva e che stavano facendo.
Decidendo
di dormire insieme con la scusa di preparare certe cose per l’incontro
dell’indomani coi Papa Roach, erano stati svegli fino a tardi per fare
quelle certe cose che però con l’incontro della band non c’entrava
nulla. Ed ora venivano a disturbarli a quell’ora assurda con una scusa
pazzesca che ancora non aveva sentito ma di certo era pazzesca!
Uscendo
insieme trasandati e frettolosi, raggiunsero il mare in meno di venti
minuti e quando parcheggiarono all’altezza del baracchino del mojito,
cominciarono a cercarli con una certa preoccupazione.
Ovvero
Mike preoccupato mentre Chester sempre più seccato.
Quando
al limite della spiaggia non trovarono nessuno che rispondesse alla
descrizione che avevano di lui grazie alle foto, Chester imprecò:
-
Giuro che lo annego, se lo trovo! -
Fu
allora che Mike si illuminò e girandosi verso il mare, vide ad un certo
punto una figura che stava effettivamente facendo il bagno.
Era
notte e sebbene facesse caldo non era certo il caso di fare il bagno.
Non da soli come coglioni, senza un solo motivo. Si disse Chester.
Mike
cominciò così a correre sulla sabbia convinto che si stesse annegando e
quando cominciò a camminare nell’acqua ringraziò Dio che quella notte
il mare fosse miracolosamente calmo, altrimenti le onde potevano
arrivare a picchi inimmaginabili.
-
JACOBY! VIENI FUORI! CHE CAZZO FAI?! - Stava perdendo le staffe anche
Mike e se le perdeva poi erano guai.
Jacoby
che nuotava nudo in acqua in totale tranquillità, si girò a qualche
metro da lui e ridendo lo salutò.
-
Ma è normale? - Chiese Mike non sapendo più come prendere quel ragazzo
che aveva appena incontrato.
Chester
lo raggiunse ma rimase fuori dall’acqua. Non si sarebbe mai bagnato per
quello svitato.
-
Certo che non lo è! Scambia il giorno con la notte, piomba qua da solo,
si perde, ci sveglia poco dopo che avevamo scopato - E questo era
cruciale per lui. - ci rompe i coglioni e si fa il bagno in un mare
solitamente pericoloso di giorno, figurarsi di notte! Dimmi tu cos’è! -
Mike
sospirò chiudendo il cervello. Non aveva voglia di ascoltare anche le
sue lamentele e con le mani ai fianchi lo chiamò di nuovo. Alla terza
volta, vedendo che ancora rimaneva là a nuotare felice e beato, il
famoso raptus alla Mike lo colse e raggiungendolo in pochi passi -cosa
impossibile a meno che non avesse dei poteri magici, il che era
possibile- lo agguantò per un braccio, piantò le unghie e girandolo
verso di sé gridò a pochi centimetri dal suo viso con una potenza
vocale che faceva invidia a Chester!
-
CAZZO DI QUELLA TROIA VACCA DI MERDA! - Al che Chester divertito pensò
che questa volta era davvero fuori di sé, altrimenti non sparava tante
parolacce. - QUANDO TI CHIAMO VIENI! ESCI SUBITO DA QUA! E’ PERICOLOSO
QUESTO CAZZO DI MARE DI MERDA! - Jacoby non si spaventò ma si sorprese
e sgranando gli occhi con fare infantile si guardò intorno. Poi senza
capire cosa stesse dicendo, esclamò:
-
Ma no, questo è un mare d’acqua! -
Chester
che l’aveva sentito poiché non era troppo lontano, si stese sulla
sabbia rotolandosi letteralmente dal ridere come un perfetto demente.
Mike
rimase qualche secondo a fissarlo cercando di capire da uno a cento
quando fosse pazzo e quanto lo facesse.
Non
riuscì a capirlo e ringhiò tutto ciò che gli venne in mente:
-
Porca puttana! - Jacoby parve ora spaventarsi, probabilmente lo sguardo
era stato altamente minaccioso, quindi scivolando via dalla sua presa
sprofondò in acqua alzando le braccia in alto in difesa.
Chester
rimase steso sulla riva a guardare interessato e Mike a quella reazione
parve trovare qualche residuo di umanità perduta o annegata o chissà
che, quindi prese le mani che emergevano e lo tirò su, poi agendo
completamente d’istinto e capendo che continuando così sarebbe morto
l’abbracciò con fermezza ma delicatezza al contempo, quindi
accompagnandolo fuori cominciò a parlargli calmo e dolce, come avesse a
che fare con… uno in piena crisi psicotica!
-
Dai, non è niente, mi hai solo spaventato, lo sai che il mare di Los
Angeles è uno dei più pericolosi? Ci sono delle correnti che possono
trascinarti al largo in un attimo, non è da scherzare. Per non parlare
di quando ci sono i cavalloni. Devi stare attento, vieni fuori. Sarai
stanco. Ti va di riposare un po’? -
Chester
si tirò su stupito, vedendo l’espressione contratta e terrorizzata di
Jacoby rilassarsi subito si sorprese dei modi di Mike che da fuso
totale passava al dolce con uno schiocco di dita.
-
Altro che quello là! È più psicotico il mio moroso! - Commentò fra sé e
sé compiaciuto però di quella sua versione.
Emersi
ed usciti constatarono che mentre quest’ultimo era bagnato fradicio ma
vestito, l’altro era invece bagnato fradicio e nudo!
La
fortuna fu la temperatura elevata ma trattandosi delle ormai quasi
quattro di notte, non si poteva parlare di momenti ideali per starsene
bagnati in giro, così non sapendo come fare -fosse stato per Chester
avrebbe messo i vestiti asciutti di Jacoby a Mike!- lasciò che si
gestisse da solo, cosa saggia.
Naturalmente
il suo compagno fece indossare gli abiti asciutti a Jacoby, mentre lui
rimase bagnato coi propri sotto sguardo seccato di Chester.
-
Osa ammalarti per un matto, sai! -
Jacoby
gli mostrò il dito medio, indicando che aveva sentito e capito ma
soprattutto che era tornato, quindi lo guardò con maggiore attenzione
cercando di capire quale fosse la differenza da prima.
Nessuna.
Matto
pareva prima e matto pareva ora.
Lo
scorse con lo sguardo seccato e critico. Non era magro ma nemmeno
propriamente grasso, era un po’ robusto ma un robusto abbastanza
solido. Qualche chilo di troppo, sostanzialmente.
Pieno
dal collo in giù di tatuaggi di ogni tipo, non aveva avuto modo di
osservarli bene ma poi si sarebbe preso la libertà di farlo vista la
passione in comune.
Aveva
i capelli neri ed ora che erano bagnati gli stavano intorno al viso
dandogli una graziosa aria da pulcino bagnato. Tendenzialmente non
aveva l’aspetto di una persona delicata, nemmeno nello sguardo e
soprattutto era un tipo, né propriamente bello, né ad ogni modo brutto.
Mike
fra loro era quello più carino, ma anche lì dipendeva dai gusti. Forse
era perché aveva i lineamenti più delicati o magari perché non faceva
paura e sorrideva come un orsacchiotto!
O
magari perché ne era innamorato!
Pensieri
strani a parte, notò immediatamente lo sguardo che però fuggì dal suo e
non riuscì ad agganciare bene.
Aveva
le iridi quasi trasparenti ma non riusciva a capire il colore a quella
luce scarsa.
La
bocca gli piaceva, decise che le sue labbra avevano una linea
affascinante.
Perso
nell’osservarlo bene dal vivo e non attraverso una foto, Mike andò al
lato più pratico notando che era tornato in sé.
-
Posso sapere perché sei qua ora e non hai aspettato l’orario prefissato
ed i tuoi amici? - Sembrava un papà severo.
Jacoby
si strinse nelle spalle menefreghista. Probabilmente non sapeva nemmeno
rispondere ed ormai era abituato a certi propri scatti irrefrenabili.
-
Non dovremmo almeno chiamare qualcuno? Ti cercheranno! - Se Mike non si
fosse informato su di lui e non si fosse fatto almeno una vaga idea di
che tipo fosse, sarebbe rimasto totalmente spiazzato.
-
Se vuoi… chiama Jerry! - Disse subito.
Chester
ci mise esattamente un nano secondo netto a capire che tipo di rapporto
i due avessero. Solo esclusivamente da quella frase. Ormai aveva occhio
per quelle cose.
- E
il numero? - Jacoby tirò fuori il cellulare e glielo tirò, Mike lo
prese al volo sospirando paziente e Chester lo fulminò.
-
E’ quello il modo di fare, cazzo? Ti ha salvato il culo, sai? Ma che
diavolo te ne fotte a te! Non distingui nemmeno il giorno dalla notte!
-
Cominciò
rabbioso. A stesso identico tono l’altro rispose rivoltandosi a due
centimetri dal viso:
-
Ah ma che cazzo ne puoi capire tu! - No, di certo non poteva ma sapeva
qualcosa di abissi in ogni caso. E sapeva come si vinceva.
Si
chiese sinceramente a che punto fosse quel ragazzo che doveva essere
suo coetaneo ad occhio e croce, maguardandolo ed incrociando finalmente
i suoi occhi da vicino non lo capì.
Erano
sul grigio, un colore che spiccava ma soprattutto uno sguardo davvero
penetrante oltre che strano. Risucchiante per la precisione.
Lo
capì al volo.
In
macchina Jacoby si stese dietro e si mise subito a dormire mentre Mike
annunciò il primo starnuto sotto i brontolii di Chester che accese
l’aria calda a costo di fare la sauna.
-
Jerry si è scusato mortificato dicendo che dovremo fare due chiacchiere
quando viene. Ha detto che sarebbe arrivato con gli altri il prima
possibile. - Prima di partire si girarono entrambi in concomitanza a
guardarlo.
Sembrava
mite, un uomo come tanti addormentato e stanco. Una goccia cadde dalle
ciglia e lì si chiesero se fosse acqua o qualcos’altro, non vollero
darci più peso ma Chester a voce bassa e riflessiva mormorò serio
fissando il volto rilassato del cantante dietro:
-
Guardi i suoi occhi e ti perdi per un secondo. È la persona più
instabile che io abbia mai conosciuto. È proprio sull’orlo. -
Mike
allo stesso identico modo ma non turbato quanto lui, rispose delicato:
-
E’ lo stesso che avevi tu nel tuo periodo peggiore. Sai quale intendo.
- Lo sapeva. Quando si era perso per la seconda e ultima volta, la
peggiore, nella droga rimettendoci quasi la vita.
Mike
l’aveva tirato fuori per i capelli.
-
Ecco perché non ti ha impressionato molto. -
Il
compagno sorrise amaro. Purtroppo era vero.
-
Ma il fondo è diverso. - Aggiunse poi. Non seppe dire altro, quindi
comunque inquieto per quel dialogo si girò e mise in moto la macchina
per tornare a casa.
Ognuno
coi propri pensieri turbati.
Quando
arrivarono all’appartamento di Mike, quello adibito a sede del gruppo
dove stavano per lo più lui e Chester per avere la loro privacy, i due
si guardarono per poi guardare Jacoby steso nel sedile dietro, stava
ancora dormendo.
-
Ora chi cazzo lo sveglia quello psicopatico? Come minimo ci sgozza! -
Fece Chester senza scherzare.
Mike
ridacchiò.
-
Caro, se è da più di dieci anni che ho a che fare con te pensi che
esista qualcuno in grado di spaventarmi? -
Gran
bella risposta… Chester orgoglioso di sé e contento di essere
considerato il massimo pericolo in circolazione, sorrise gongolante.
Mike fra le risa per quel suo atteggiamento estremamente da lui, scese
dall’auto per aprire la portiera dietro e accingersi a svegliare la
grande incognita che dormiva nel sedile posteriore con Chester che
corse dietro al compagno, pronto a trarlo in salvo al bisogno.
Toccò
Jacoby alla spalla con la più delicatezza di cui era padrone e con un
sussurro dolce lo chiamò. Ricordava quando aveva dovuto farlo molte
volte con Chester nel tour di Meteora, il suo periodo peggiore. E
ricordò anche le sue reazioni pericolose.
Pronto
a riceverne una, si stupì della calma con cui Jacoby aprì gli occhi
velati e assonnati.
I
capelli di entrambi ora erano asciutti e spettinati, non stavano male a
nessuno dei due.
Il
grigio spento delle iridi di Jacoby colpì Mike che li guardava di nuovo
da vicino.
Erano
davvero inquietanti ma personalmente mai quanto quelli di Chester in
quel famoso periodo.
-
Dove cazzo…? - Per un momento non ricordò dove fosse e forse nemmeno
con chi, quando registrò il viso di Mike ci fu un repentino mutamento
dallo smarrito allo spaventato. Fu un lampo. Un secondo. Il tempo di un
battito d’ali. La differenza fra la faccia di Mike ancora integra e
l’averla colpita da una bella testata.
Chester
chino dietro il compagno pronto a cogliere ogni input di follia e
trarre in salvo la sua adorata fanciulla, appena vide quel lampo
scorrere nei suoi occhi terribilmente turbati prese la fanciulla in
questione per i fianchi e lo tirò indietro strattonandolo appena in
tempo, poi lo spostò e si chinò dentro all’auto al suo posto. Con furia
e rabbia sordi afferrò Jacoby che aveva tentato di colpire Mike, lo
prese per il colletto della maglia nera e lo trascinò brutalmente fuori
dimostrando una forza insospettabile. Merito della minaccia al suo
compagno.
Lo
spinse brutalmente contro la macchina e premendosi addosso avvicinò il
viso a pochi centimetri, una volta che si poterono guardare per bene,
Chester ringhiò iroso:
-
Osa di nuovo rifarlo e ti stacco quella tua testa del cazzo dal tuo
collo del cazzo! Ci sono certe cose che nemmeno la follia giustifica,
porca di quella puttana fottuta! -
Jacoby
rimase proverbialmente zitto e fermo a fissarlo da quella vicinanza,
perso nello sguardo più pericoloso che avesse mai visto -o per lo meno
che avessero osato rivolgergli- e impressionato da quello qualcos’altro
scattò. Qualcosa di strano ed imprevedibile.
Mike
in quel preciso momento che li guardava pensò che non sapeva dire chi
fosse più spaventoso dei due… ognuno per un motivo diverso, era
impossibile dire chi fosse peggio. Naturalmente con Chester si trovava
più a suo agio, ma questo era soggettivo.
“Ad
essere obiettivi non saprei dire da chi scapperei per primo…”
Dopo
di quello Jacoby si mise a piangere e alzando le braccia davanti al
viso fece come per proteggersi da lui, la stessa reazione che aveva
visto prima davanti a Mike arrabbiato.
Questi
infatti ricordandolo capì che doveva aver avuto un’esperienza
traumatica da bambino a quel riguardo che ora lo faceva reagire così
davanti a quelli che lo spaventavano.
Chester
lo mollò esterrefatto e preso in contropiede rimase senza parole, in
quello Mike intervenne e spostandolo cinse con pazienza Jacoby tornando
a parlargli con calma come aveva fatto prima al mare.
-
Non è niente, non è niente. È un rottweiler che abbaia tanto ma non
morde. Sta tranquillo… non devi avere paura, non ti farà niente! -
Chester
seccato borbottò mentre li precedeva per entrare in casa:
-
Col cazzo, se ti fa male davvero lo uccido! - E non era proprio uno
scherzo. Magari ucciderlo no, però ricambiare questo sì.
Mike
sospirò facendo finta di non averlo sentito e Jacoby gli si aggrappò al
collo come se fosse l’unica cosa sicura sulla faccia della Terra.
Lo
sentì proprio tenersi a lui, nascondere il viso contro il collo e
spalmarsi addosso. L’altro ringraziò il cielo che Chester fosse già
entrato, quindi dopo un momento di assestamento si scostò leggermente
per poter condurlo dentro. Jacoby si lasciò totalmente fare, così poté
farlo camminare, sempre rigorosamente stretto a lui ma in modo meno
asfissiante.
Quando
entrarono lo teneva solo sottobraccio e Jacoby ricambiava con entrambe
le mani aggrappate a lui, una sul torace ed una sulla schiena, strette
alla maglietta che a momenti gli strappava via.
Chester
gli lanciò uno sguardo assassino comunque, giusto per mettere le cose
ulteriormente in chiaro, dopo di che gli tirò in faccia dei vestiti
comodi di ricambio, pantaloni corti in stoffa ed una maglia larga senza
maniche, roba di Mike.
-
Tieni, lavati, cambiati e poi va a dormire! - Cercò di non essere
troppo sgarbato consapevole che era successo qualcosa di strano là
fuori. Non era un mostro come appariva, le cose le capiva anche lui e
contrariamente a ciò che sembrava, non godeva sempre a far del male
agli altri.
Jacoby
lo spiazzava.
Mike
guardò il compagno sorridendo lieve con occhi brillanti, espressione
che voleva dimostrare tutto il suo grande orgoglio che provava per lui
ed il suo atteggiamento maturo -o che tentava di essere tale-, quindi
non disse nulla.
Jacoby
prese i vestiti e spiazzato lui stesso da quel cambio repentino di
modi, da stronzo colossale tendente all’omicida al comprensivo e
premuroso, gli scoccò uno sguardo disorientato, dopo di che si lasciò
condurre al bagno da quello che ora come ora gli sembrava una specie di
angelo per i modi gentili e soavi -per lui erano tali-.
Una
volta rimasti soli, i due ragazzi si guardarono sospirando nel medesimo
istante e modo, poi Mike scoppiò a ridere.
-
Non avrei mai detto che un giorno avremmo provato la stessa cosa
riguardo qualcosa! Di solito siamo sempre diversi anche nelle reazioni
e nel modo di porci agli altri! - Era vero ma questa volta sembravano
pensarla stranamente uguale su questo Jacoby, sebbene Chester faticasse
a non spaccargli la faccia. Oddio, non che Mike prima al mare non
avesse fatto la stessa fatica, ma c’era qualcosa in lui che poi li
frenava sempre e gli faceva cambiare rotta.
-
Non so che dire, mi lascia senza parole, quel coso! - Rispose mentre
spostava il famoso divano rosso dallo studio per sistemarlo dove non
ingombrava e poteva far dormire il principino confuso che ora era in
bagno.
Mike
l’aiutò ad aprirlo e trasformarlo in letto e poi a metterci un lenzuolo
sopra, nel mentre continuarono a parlare di ciò che riempiva ormai
totalmente le loro menti turbate:
-
Non riesco a capire il suo problema. Ovvero… penso che a volte sia
lucido altre no, ma quando non lo è mi pare sia semplicemente confuso.
Cioè confonde varie cose… -
Chester
in accordo con lui, proseguì nella stessa maniera solo leggermente
seccato:
-
Si ma quando torna lucido si rende conto di ciò che ha fatto! Cazzo,
non è proprio veramente matto! Ok, non è nemmeno molto a posto… -
Mike
accennò ad un sorriso mentre andava in camera -ormai attrezzata come se
quella fosse la loro vera casa- a cambiarsi dai vestiti umidi quasi
asciutti.
-
Credo abbia solo bisogno di un’ancora sulla realtà e sul presente. È
come se fosse sempre in procinto di perdersi. -
Chester
stendendosi sul letto con stanchezza, concluse mentre Mike si metteva
dei nuovi boxer:
-
Cazzo, sai che canzone scriverei con lui? Qualcosa sulla follia! -
Mike
lo guardò alzando un sopracciglio scettico:
-
Sarebbe fuori luogo. -
-
Ma se le scrive lui stesso… hai sentito i suoi testi, cazzo! - Sbottò
girandosi di schiena.
-
Si però se lo fa lui è un conto, farle noi insieme a lui è diverso e lo
sai. - Fece in tempo ad indossare una maglietta larga e sformata che la
voce di Jacoby lo chiamò dal bagno. Chester sbuffò e si girò dall’altra
parte e Mike sospirando e scuotendo la testa andò ignorando i pantaloni
che rimasero sul letto.
Quando
lo raggiunse, la porta del bagno era aperta così entrò comunque
bussando per annunciarsi.
Jacoby
era appena uscito dalla doccia ed era bagnato fradicio, si aggirava con
la più totale tranquillità per il bagno senza la minima problematica
legata al fatto che grondava d’acqua e che era nudo davanti ad un
estraneo. Si passò le mani fra i capelli strafonti facendoli
sgocciolare e tirandoli su in modo scomposto. Quando lo vide con la più
totale naturalezza disse:
-
Non mi hai dato un asciugamano e delle cazzo di mutande! - Mike guardò
il bagno e ciò che gli aveva tirato Chester prima. Era vero.
-
Ah… hai ragione… - Rigido come un manico di scopa corse in camera a
prendere ciò che mancava, pregando Dio che Chester dormisse e non gli
chiedesse niente perché altrimenti sapeva che si sarebbe ingelosito.
Nonostante
il grande scoglio fosse superato, sapeva che non si poteva esagerare
troppo con lui.
Ovviamente
le sue preghiere non furono ascoltate perché altrimenti non ci sarebbe
stato niente di divertente da guardare, così quando Chester con mezzo
occhio vide che stava cercando un asciugamano e delle mutande pulite,
si drizzò a sedere come se gli avessero buttato una secchiata d’acqua
gelida!
-
Che cazzo vuole? - Chiese con occhi sgranati e voce strozzata.
Mike
sospirò preparandosi al peggio.
-
Non gli hai dato mutande e asciugamano. Ora è là nudo e bagnato che
ciondola in attesa che… - Ma il compagno non gli fece finire la frase
che era già scattato in piedi e prese le cose che teneva in mano corse
in bagno al posto suo.
Uscendo
dalla camera ovviamente gridò minaccioso:
- E
mettiti dei cazzo di pantaloni! -
Mike
rimase a ridacchiare conscio che sarebbe potuta andare peggio, quindi
infilandoseli realizzò lo stato di Chester.
-
Sì, però lui a farsi vedere in boxer non ha mica problemi, brutto
stronzo! - Commentò divertito senza la voglia e la forza di ingelosirsi
o arrabbiarsi.
Dopotutto
erano cazzate.
Chester
entrò nel bagno senza bussare o annunciarsi, quindi tirandogli
l’asciugamano ed i boxer fece per uscire subito dopo quando la sua
mente registrò un validissimo motivo per fermarsi e girarsi di nuovo.
Quando
il suo sguardo si posò su Jacoby, questi tornò a tirargli malamente le
cose che gli aveva lanciato brontolando con stizza:
- E
questi sono i modi, razza di coglione? - Chester se li tolse dalla
faccia con le vene che pulsavano alle tempie, pronto per un round di
boxe. Respirava marcato per calmarsi ma quando la mente tornò a
registrare le condizioni di Jacoby, un’idea gli venne istantanea.
“I
tatuaggi glieli voglio vedere per bene, queste cose dicono tutto di una
persona, cazzo! E visto che l’alternativa all’assassinio è la furbizia,
userò questa seconda. Poi dopo aver fatto la canzone potrò annegarlo!”
Pensando
a questo sfoderò subito un sorriso inquietante che fece giustamente
indietreggiare Jacoby per finire contro la finestra aperta.
-
Hai ragione, scusami. - Sforzo per non dirgli ‘stronzo non rompere!’
avanzò con finta calma: - Sono proprio un cafone! - Quando mai avrebbe
usato un termine simile? Jacoby però non lo conosceva e si calmò nel
sentirlo così malleabile finalmente, forse aveva problemi di
personalità anche lui! Giunto davanti lo girò di schiena: - Lascia che
rimedi… - E fingendosi la persona più gentile e premurosa del mondo,
cominciò ad asciugargliela come se fosse la pelle più bagnata del mondo!
Jacoby
appoggiato con le mani al balcone e leggermente inclinato in avanti
come fosse pronto per un altro genere di attività, si dimenticò di
questi strani atteggiamenti equivoci per osservare il mondo dalla
finestra aperta. La città notturna era uno spettacolo e quando quello
scenario mozzafiato gli sconnesse la mente per rilassarlo
completamente, non sentì nemmeno Chester asciugargli la schiena mille e
mille volte sullo stesso punto.
Quello
che ovviamente stava facendo il ragazzo era guardare con cura i
tatuaggi che aveva e finiti con quelli sul retro, ignorando
completamente gambe e sedere di cui non gli interessava nulla, lo girò
a metà. Jacoby si lasciò fare continuando a guardare fuori come se non
fosse per niente presente con la mente. Chester capì che avrebbe anche
potuto squartarlo che non se ne sarebbe accorto e per un momento si
perse nella sua espressione lontana e assorta. In quell‘istante, con
quello sguardo, aveva un che di affascinante e un tassello in più andò
a comporre il suo mosaico complesso.
Approfittandone
finse di continuare ad asciugarlo sul torace in un complesso generale
decisamente fraintendibile, per cui gli passò il petto con molta calma
che sarebbe potuta essere presa per intenti seduttori se l’altro se ne
fosse accorto.
Osservò
anche i tatuaggi che aveva lì per poi giungere alle spalle e alle
braccia. Prese quello che poggiava sul balcone e l’avvolse
momentaneamente al panno; continuando a leggere ed osservare tutto per
bene, colse un particolare ultimo e avvolgendogli distratto
l’asciugamano intorno alla vita gli prese le mani e lesse sulle dita le
lettere che in una componeva la scritta Love e nell’altra Hate.
Odio
e amore.
Così
come gli uccelli del bene e del male, uno per parte sul torace.
Le
scritte ‘ciò che non mi uccide mi rende forte’ e ‘nato con niente,
morto con tutto’.
Le
molte stelle sparse un po’ ovunque, persino una piccolissima all’angolo
esterno dell’occhio che sembrava a prima vista una lacrima minuscola.
Nell’altro un piccolo segno di picche.
Due
scritte in cinese ai lati del collo che avrebbe scommesso essere
qualcosa di opposto l’uno all’altro.
O i
vari altri disegni sempre doppi, facce della stessa medaglia fra il
bene ed il male o cose del genere.
Questi
e molti altri, tutti o quasi su questo genere.
Di
tanto in tanto qualcosa di positivo che però riguardava quasi
unicamente alla musica, come la chiave di sol sul centro del petto o un
microfono vecchio stile sul braccio.
Chester
completamente catturato da ciò che aveva visto e, come previsto, capito
di lui solo per quei disegni, chiese con un tono assorto e sfumato che
si amalgamava all’espressione di Jacoby mentre guardava fuori senza
calcolarlo nemmeno un attimo.
-
Cosa significano questi due simboli cinesi? -
Jacoby
nonostante l’apparenza sentì la domanda e lì Chester si chiese cosa
percepisse e cosa invece non percepisse di ciò che accadeva intorno,
persino quando sembrava in un altro mondo in realtà captava tutto.
Distogliendo
lo sguardo dall’esterno lo posò sul suo che ora era anche piuttosto
vicino e quasi con una sofferenza lontana incomprensibile ed un velo
sugli occhi grigio chiaro, disse piano:
-
Uno è buono, l’altro è cattivo. -
Chester
avrebbe potuto scommetterci.
Profondamente
scosso da quel che aveva letto e visto di lui e da ciò che ora
comprendeva di quella persona penetrante, si riscosse e guardandosi le
mani si accorse che gli teneva ancora le sue.
Le
lasciò andare profondamente turbato e aggrottando le sopracciglia uscì
dal bagno senza dire niente.
Jacoby
rimase in silenzio a guardarlo e piegando la testa di lato parve
ascoltare un proprio pensiero passato al volo sul ragazzo appena uscito.
Per
un attimo gli era parso come se i suoi occhi lo capissero davvero dal
profondo, in un modo che nessuno fin’ora era riuscito a fare.
Per
un attimo…