CAPITOLO XXI:
DOVEVA SFORZARSI DI PIU’

Quando Jerry li raggiunse Jacoby si era buttato sulle banane, tanto per cambiare, e per poco il chitarrista non ebbe la tentazione di tornare nell’altra stanza.
Fu fermato in tempo dal suo cantante-scimmia che agganciandolo con le gambe da seduto alla sedia della cucina, l’attirò a sé circondandolo con le stesse.
Jerry si trovò in breve imprigionato a lui e con non poco rigido imbarazzo lo fissò alzando i sopraccigli scettico.
Jacoby stava di nuovo facendo un pompino al cibo.
- Non puoi semplicemente farti lui invece che tutto quello che ha una forma allungata? - Disse Chester ridacchiando uscendo subito dalla stanza.
Jerry si girò di scatto spaventato all’idea di rimanere di nuovo solo con lui in quelle condizioni ma capendo che stava portando lo spuntino a Mike non oppose resistenze e nemmeno gridò.
Sarebbe stato da idioti ma in quel momento si sentiva come quella banana… un frutto che a breve sarebbe stato divorato da Jacoby.
Sospirando teso lo prese per le spalle pronto a respingerlo, voleva farlo in un’occasione migliore e soprattutto su un letto chiusi in camera, non in piedi in cucina con altri due che potevano arrivare da un momento all’altro. Ma soprattutto non con un Jacoby così arrapato!
- Coby, si può sapere perché sei così in calore? -
Chiese spontaneo e diretto sapendo che con lui solo quei metodi funzionavano.
Jacoby mandò giù anche l’ultimo boccone di banana dopo essersela leccata e succhiata in abbondanza, poi malizioso e circondandogli la vita anche con le braccia, rispose semplice:
- Perché mi piaci! - Semplice come la risposta di un bambino.
Ma non è che lo fosse veramente… Jerry non si sarebbe accontentato, quella volta. Doveva sforzarsi di più, doveva dirgli qualcos’altro, essere più convincente, dargli qualcosa di concreto…
Preso da queste convinzioni cominciò risoluto sempre spingendolo via invano:
- Non basta! Ti piacciono anche le tarantole a te ma non è che vai a letto con loro! - Fu esplicito, era chiaro cosa voleva, no?
Tanto chiaro che la risposta di Jacoby fu un premere il viso sul suo inguine attraverso i jeans.
Jerry trattenne il respiro.
Sapeva che non poteva sciogliere le braccia ed usare le mani per slacciarglieli o sarebbe sgusciato via, dunque che cosa intendeva fare?
- Coby? Siamo in cucina e… - Ma l’altro non sembrava curarsene infatti senza il minimo problema aprì la bocca cominciando a mordicchiare alla stessa altezza cercando di trovare precisamente la sua parte anatomica che sapeva non avrebbe tardato a reagire.
- Coby, no… dobbiamo parlare seriamente prima e poi… - Ancora una volta però lui andava per i fatti suoi e nemmeno spingerlo funzionava. Ora la sua bocca era riuscita a fare un lavoro talmente degno da scatenare le famose reazioni e quando Jacoby le sentì si concentrò sulla parte più in rilievo e dura.
- Coby, così mi bagni… - Sicuramente capì subito l’equivoco di ciò che disse e sicuramente capì di essersi scavato la fossa da solo visto che in risposta l’altro continuò imperterrito come se lo stesse succhiando e leccando senza stoffa di mezzo.
Jerry si morse il labbro. Forse il termine ‘bagnare’ era stato il colpo di grazia…
Forse.
- Non p… - ma il ‘puoi’ gli morì in gola quando si sentì bruciare nelle zone basse da lui eccessivamente stimolate ed insofferente per il non poter sentire ancora la sua bocca e la sua lingua a diretto contatto con sé, fu così che finì per slacciarsi lui stesso la cintura ed i jeans per tirarsi fuori l’erezione e lasciare che se la prendesse pienamente a piacimento.
E piacimento fu ma per entrambi.
Un gran piacimento.
I sospiri di Jerry si levarono in cucina in modo da tener subito lontani tutti i seccatori e quando si sentì inondare dall’apice di quel meraviglioso momento estremamente intenso, fu per Jacoby stesso dannatamente soddisfacente. Tanto che l’ossessione crebbe.
Voleva avere il resto nella maniera più assoluta.

Mentre Jerry perdeva la sua lotta con la ninfomania di Jacoby, Chester era alle prese con ben altro genere di ossessione di Mike.
Quando entrò nella sala prove lo trovò ancora seduto al piano a suonare e provare il suo pezzo come se fosse compulsivo.
Chester sospirò consapevole di trovarlo in quelle condizioni, mise il sandwich sul tavolino a ridosso del muro e gli andò dietro infilandogli la tazza di caffè sotto il naso.
Mike sembrò notarla ma non smise di cantare la strofa né tanto meno di suonare, così il compagno gli si appoggiò addosso circondandolo per le spalle, piegò la testa contro la sua e così rimase in attesa che finisse.
Quando concluse gli baciò teneramente la guancia e gli sussurrò piano ma con fermezza:
- Fatti una cazzo di pausa e beviti sto cazzo di caffè! - Mike sospirò insofferente, suo malgrado sentendo la presa ferrea delle sue braccia e notando la dolcezza con cui si era sforzato di interromperlo, decise di dargli retta per una volta.
Prese la tazza e sorseggiò il caffè, il liquido ormai non troppo caldo gli scivolò amaro nella gola e lo risanò dandogli quasi subito una botta di vita che effettivamente gli era mancata.
Appoggiandosi contro di lui come se fosse il suo schienale, mugolò complimentandosi per il caffè, poi guardando il sandwich fece una smorfia.
- Quello però non lo mangio… - Disse. Quando era in fase perfezionista lo stomaco gli si chiudeva.
Di nuovo la presa di Chester si rafforzò sulle spalle che stringeva come fosse una proprietà privata e guardando lo spartito che Mike aveva davanti lo fissò come fosse una minaccia:
- Tu te lo mangi o ti lego sul letto e ti obbligo a risposare! - Sapeva che ne era capace, fu per questo che Mike decise che gli avrebbe dato ancora una volta retta. Tanto per un panino poteva anche sforzarsi, ma poi significava che poteva saltare la cena. Questo non lo disse consapevole che poi Chester sarebbe andato su tutte le furie.
- Voglio che sia perfetta e che sia finita entro domani sera, così poi dopodomani prenoto la sala di registrazione e incidiamo. - Disse Mike per spiegare in anticipo perché non avrebbe preso pause, cosa che Chester già sapeva perfettamente.
- Lo so però sei umano e sei il mio uomo quindi non voglio che mi muori mentre perfezioni una cazzo di canzone. Senza di te comunque non potremmo farla, quindi vedi di non fare il coglione! - Era l’eterna lotta in quei casi. Gli altri si stufavano prima e se ne andavano mentre Chester rimaneva lì e gli rompeva ad intermittenza per impedirgli di ridursi ad un vero zombie.
Mike sapeva di dovergli molto in quei momenti e sapeva anche che tirava fuori una pazienza insospettabile, per questo non avrebbe mai potuto fare a meno di lui.
- Cosa c’è che non ti convince del tuo pezzo? - Chiese consapevole che quello che avrebbe più avuto bisogno di provarlo era proprio Jacoby e non certo lui.
Mike si strinse nelle spalle e cominciò a dondolare fra le sue braccia, si sentì cullato dal compagno che se lo tenne assecondando i suoi movimenti con estrema tenerezza. Era uno stato che tirava fuori solo ed esclusivamente con lui e quando erano soli, per questo a Mike piaceva quando gli altri si defilavano esasperati o quando non avevano più niente da fare.
C’erano quelle cose di quel ragazzo che nessuno conosceva e nessuno avrebbe mai conosciuto.
- Non so, gli manca qualcosa, è troppo semplice. - Chester alzò il sopracciglio scettico.
- Mi sembra tutto all’infuori di semplice. Stai creando un fottuto nuovo modo di cantare, a momenti, che è un incrocio fra il cantato normale, il parlato e il ritmato dell’hip hop… non so come diavolo fai, ma sei un mostro! - Mike si sentì risollevato dal sentirglielo dire, forse dopotutto non stava facendo un brutto lavoro…
- Però manca ancora qualcosa… è come se la mia voce da sola non bastasse, come se fosse spoglia. È la sensazione che ho anche quando fate le vostre strofe. È anche la canzone più lunga che abbiamo fatto e forse è questo che mi stona e non mi convince. O meglio, ho paura che possa stufare perché è così lunga e… - Continuò a parlare liberamente delle sue perplessità e solo quando dalla porta aperta si sentirono dei vaghi gemiti di Jerry in sovrapposizione alle sue stesse parole, che Mike capì illuminandosi improvvisamente!
- Ci sono! - Esclamò infatti fermandosi e girandosi verso il compagno rimanendo fra le sue braccia.
- Cosa? - Chiese interdetto Chester non capendo quel repentino cambio da schizofrenico.
- Chiamali, ho trovato cosa manca! - L’altro sgranò gli occhi.
- Sei pazzo! Si stanno facendo, non intendo chiamarli ora! - Disse strozzato non potendo credere che glielo chiedesse davvero.
Bè, in realtà non glielo stava ordinando…
- Chez, dai, è importante! Ho quello che mi manca! - Ed in effetti lo sguardo era quello dei lampi di genio, Chester lo riconobbe e sapeva come succedeva in quei casi. Doveva subito buttare fuori e mettere alla pratica altrimenti gli scivolava tutto via.
- Non li interrompo, cazzo! Finalmente quel cane in calore sta avendo il suo cazzo di biscotto, non glielo tolgo io! - Grugnì Chester lasciandolo andare. Appena lo mollò Mike sbuffò e prima che l’altro potesse prevederlo e fermarlo, quello si alzò, si affacciò alla porta e li chiamò a gran voce tonante e laconica ordinando di venire subito lì.
- Cazzo, te le cerchi! Questa volta non la passi liscia, lo sai, vero? - Fece Chester avvicinandosi al compagno preparandosi a difenderlo dalla tigre feroce che era di là e che ora si sarebbe rivoltata contro di lui.
Mike sembrò non preoccuparsi e nel giro di poco effettivamente arrivarono.
Prima Jacoby.
Anzi, più che lui furono le sue mani ad arrivare.
Al collo di Mike.
Chester che era pronto lo afferrò da dietro e lo strattonò. Fece fatica a toglierlo ma ci riuscì e quando l’altro lo mollò continuò a parole.
Urla e strepiti infuriati.
- MA CHE CAZZO C’E’ DI SBAGLIATO IN TE! STAVO FINALMENTE FACENDO MERENDA COME SI DEVE! GLI STAVO FACENDO IL POMPINO MIGLIORE DI TUTTA LA STORIA, ERA APPENA VENUTO, MI STAVO ACCINGENDO A FARMENE FARE UNO E TU CAZZO URLI DI VENIRE! IO TI UCCIDO, STRONZO STACANOVISTA DI MERDA! IO NON VIVO SOLO PER CANTARE, VIVO ANCHE PER VIVERE, CAZZO! LASCIAMI IN PACE UNA BUONA VOLTA! -
Così se qualcuno sulla faccia della Terra ancora non sapeva niente, ora sì.
Chester sebbene fosse preoccupato per la salute del suo compagno che tossiva tenendosi la gola, rideva come un idiota. La situazione in generale era estremamente comica, non poteva negarlo, specie perché effettivamente Jacoby stava facendo molta fatica ad avere sessualmente la meglio su Jerry e per una volta che sembrava riuscirci Mike li interrompeva.
Non poteva che dargli ragione.
- Ho provato a fermarlo ma quando è convinto che si deve fare subito non c’è fottutamente niente che gli faccia cambiare idea. - Disse Chester sperando che la finisse.
Quando lo sentì fermarsi dall’agitarsi come un pazzo ebbe pietà di lui e lo lasciò.
- Non me ne fotte un cazzo che è schizzato e non guarda in faccia nessuno, non può togliermi il mio… - Alla precisa previsione di ciò che stava per dire, Chester chiese con tono acuto e strozzato:
- E Jerry dov’è? - Non che fosse imbarazzante per lui sentirgli dire certe cose ma per il povero soggetto in questione magari sì…
Jacoby allora si calmò, si sistemò i vestiti tutti scomposti e come se cambiasse dal giorno alla notte con un interruttore, rispose sogghignante:
- A cambiarsi i pantaloni. Glieli ho bagnati! - Mike arrossì capendo come doveva essere successo e Chester rise battendosi il cinque con lui come un idiota.
- Va bene, va bene… chiedo scusa ma… quando mi vengono le idee le devo fare subito perché altrimenti… -L’imbarazzo di Mike era acuto specie perché era tornato in sé e si era reso conto di cosa gli aveva fatto, sapeva quanto seccante fosse essere interrotti in quei casi e sebbene Chester avesse cercato di dirglielo non l’aveva nemmeno sentito veramente.
Ora con la sua sfuriata vedeva di nuovo tutto bene.
Si pulì gli occhiali e si passò le mani sul viso e fra i capelli sospirando un paio di volte, a quello Jacoby parve calmarsi, non resisteva quando Mike gli faceva certe facce ed ormai le sue le conosceva bene.
Con quella faccia era riuscito a convincerlo a buttare Lina fuori dalla finestra. La sua adorata tarantola.
- Va bene, ti perdono solo se mi dai un bacio. - Mike alzò un sopracciglio interdetto ma vedendolo serio e con le braccia ancora incrociate al petto imperterrite, sospirò decidendo di accontentarlo. Dopotutto glielo doveva e Jacoby era così strano che non si poteva cercare di stare dietro alle sue personalità multiple ed ai suoi sbalzi di umore.
Sentendosi estremamente mortificato per quel che aveva combinato, si avvicinò con la sua aria da scuse sincere e circondandogli la schiena col braccio gli lasciò un tenero bacio sulla guancia. A quello Jacoby lo prese subito e lo stritolò togliendogli il fiato per poi riempirlo di baci su tutto il viso, compresa la bocca. Fortunatamente erano solo innocui ed esuberanti baci a stampo.
Quando riuscì a farsi mollare e a sedere di nuovo al piano chiedendo se al momento al posto di Jerry alla chitarra poteva mettersi Chester, spiegò quello che aveva pensato.
- Sovrapponiamoci l’uno con l’altro. Mentre Coby canta la sua strofa io e te Chez facciamo dei sovrapposti alternandoci a nostra volta. Non su ogni verso, solo per un paio e comunque adesso ce li studiamo bene come e nei dettagli. Poi quando tu fai il tuo io e Coby facciamo lo stesso e voi con me. Io pensavo a… - E di nuovo partì a parlare delle sue idee geniali per la canzone.
Stranamente seguito tanto da Chester quanto da Jacoby che si era abbondantemente sfogato, riuscirono a completare più o meno decentemente tutto sforando di gran lunga l’ora di cena.
Quando uscirono tutti, perfino Mike, dalla sala prove, erano le dieci e Jacoby stava letteralmente morendo di fame.
- Strano che l’abbia sentita solo ora! - Commentò Chester aspettandosi le sue lamentele molto prima.
- Quando lavora bene su una canzone perde la cognizione di sé. Per questo la musica tanto lo aiuta quanto gli fa male. - Fece Jerry mentre Jacoby setacciava gli armadi del ripostiglio alla ricerca di qualcosa di pronto. Mike si soffermò facendo attenzione al discorso e fu di nuovo lui, non più lo stacanovista perfezionista che pensava solo alla canzone che stava componendo.
- Vuoi dire che si perde nella musica? - Jerry annuì con un’ombra di preoccupazione sul viso delicato.
- Sì ma nel senso più letterale e profondo del termine. Lui… - Esitò cercando le parole giuste e quando pensò di averle, proseguì comunque incerto e preoccupato: - ha questa mania di distanziare tutti con la mente, no? Spesso succede quando ha a che fare con la musica. Lui dice che gli dà pace quando si perde in una canzone mentre è diverso quando succede al di fuori di essa, quando ad esempio fa qualcos’altro e pensa ai fatti suoi… - Entrambi avevano ben presente di cosa parlava Jerry, avevano sperimentato quei momenti di assenza totale di Jacoby e li aveva storditi.
- Dice anche che la musica lo rilassa perché non ha confini dentro cui deve stare. - Disse Mike ricordandosi alcuni dialoghi che aveva avuto con lui. Chester stava attento al discorso ma aveva cominciato a cucinare.
- Si, infatti… è una bella cosa ma a volte proprio perché non ha confini lui ci si perde dentro… a volte ho paura di non riuscire a ritrovarlo e… - Jerry arrivò al punto di angosciarsi. - E mi chiedo se dopotutto fargli fare musica liberamente sia davvero la cosa giusta. A volte ho l’impressione che si perda di più in quei momenti che in altri della sua vita. - Era la prima volta che lo diceva e si sentì tanto strano quanto meglio, come più sollevato di aver dato forma e voce alle proprie paure più profonde.
Mike si sentì stringere in una morsa e senza trattenersi gli prese il braccio in segno di conforto; Chester gli sorrise a modo suo, con comprensione. Sapeva di cosa parlava e non poteva dargli torto. Aveva avuto le stesse impressioni e nessuno poteva immaginare quanto spaventato fosse lui che lo viveva da tanto tempo.
- Tutti noi ci chiediamo se reggerà ancora, se ne sia ancora in grado, se possa fare questa vita a lungo, se… se non lo stiamo distruggendo permettendogli di andare avanti a fare musica così… è vero che sta bene quando la fa, però è anche vero che non c’è proprio ed io ho il terrore di non trovarlo più, un giorno… -
Ma nessuno dei due seppe trovare risposta a quelle sue libere paure e confidenze, nemmeno Mike.
Jacoby appoggiato al muro al di là della cucina, dove loro non potevano vederlo, sentendo le sue riflessioni e le sue angosce si sentì strano. Non proprio male e nemmeno perso o spaventato. Si sentì dispiaciuto ma non per quel che aveva sentito o per il fatto che parlassero di lui. Si sentì dispiaciuto per lo stato che poteva anche definire angoscia di Jerry.
Su tutte le moltissime cose che era riuscito a rovinare nella sua vita, lui era l’unico che non voleva, non voleva assolutamente spezzare e sporcare.
Il buio che lo invase a quel punto fu impressionante.