CAPITOLO
XXIV:
UNA
SPLENDIDA INEVITABILITA’
-
Jerry, avvicinati al vetro e fatti vedere bene! - Disse Mike
dall’interno della sala di registrazione dove era con Chester e Jacoby.
Jerry
che era al di là del vetro insieme a tutti gli altri dei Linkin Park e
dei Papa Roach, eseguì senza capire cosa gli passasse per la testa.
Mike di idee ne aveva di continuo ed aveva imparato ad assecondarlo
senza chiedere.
Lo
vide poi rivolgersi di nuovo a Jacoby:
-
Guardalo, lo vuoi? - L’altro manco a dirlo annuì subito energicamente
con la testa, Chester a quello si illuminò capendo dove voleva arrivare
e mettendosi a ridere in anticipo l’ascoltò aggiungere schietto: - Per
averlo devi fare questo pezzo! - Il terzo cantante allora parve
illuminarsi e vedendo nel suo sguardo esattamente quello che doveva
esserci per farla come lui voleva la facesse, concluse secco: - Pensa a
come te lo farai una volta uscito da qua finito di registrare sta cazzo
di canzone! - Dal modo in cui si leccò le labbra capì che questa volta
c’erano e mentre dall’altra parte erano tutti incuriositi per vedere se
avrebbe funzionato quel metodo che non avevano mai provato, Mike diede
uno scappellotto sulla nuca a Chester per farlo smettere di ridere e
indicando Joe diede l’ok per mandare la base registrata in precedenza
con gli altri.
Quando
ripresero dal punto in cui si erano interrotti, il famoso ritornello
cominciò con Jacoby che cantava finalmente lascivo come due giorni
prima l’aveva fatta per puro caso.
Fece
i suoi versi senza staccare gli occhi da Jerry ed era estremamente
chiaro a cosa pensasse e cosa immaginasse, tanto che lo stupore fu
evidente persino in Tobin oltre che in tutti gli altri.
Quello
era davvero furbo!
-
Quando ha detto che si sarebbe inventato qualcosa per fargli fare i
pezzi come voleva lui pensavo che si sopravvalutasse. Ora so che aveva
ragione. Non dubiterò più di Mike! - Esclamò Jerry preso tanto dalla
situazione che dal canto di Jacoby che sfiorava davvero l’indecenza.
I
suoi occhi magnetici l’attirarono attraverso il vetro e la distanza che
li separava e per un momento senza nemmeno sentire di preciso cosa
diceva, sperò che tutto il resto sparisse e che venisse lì a fargli
quello che voleva.
-
Non si può mai dubitare di Mike! - Fece Dave che conosceva bene l’amico
che ora faceva il suo pezzetto.
Quando
conclusero tutti insieme ci fu un momento si silenzio durante il quale
ognuno pensò se fosse davvero finita. Il ritornello era l’unica cosa
che mancava perché Jacoby non riusciva a farlo come voleva Mike, ma ora
che sembrava avercela fatta dovevano considerare il lavoro
ufficialmente e veramente concluso?
Tutti
guardarono subito Mike per saperlo che senza sentire minimamente la
pressione di tutti, fece cenno a Joe di far partire tutta la canzone
che con fatica avevano inciso durante la giornata.
Le
voci alternate e a tratti sovrapposte dei tre cantanti si levarono
insieme alla melodia completa di tastiera, la quale in certi punti era
l’unica che si udiva.
Con
energia, rabbia, disperazione, malinconia e poi finalmente sollievo,
speranza ed emozione, il tutto procedette esattamente come avevano
sperato risultasse e pensando che inizialmente non avevano nemmeno
lontanamente immaginato che venisse così, il piano tornò ad essere
l’unico suono fino allo sfumarsi finale nel silenzio.
Pochi
secondi, di nuovo tutti gli sguardi impazienti ed intensi su Mike il
quale era quello che alla fine dava il suo ‘ok’ assoluto.
In
quel silenzio tutti capirono che per loro andava bene ma si chiesero se
sarebbe stato così anche per quello che veniva chiamato il genio del
gruppo.
Sembrò
pensarci e risentirsela con la mente, infine arrivati tutti ai limiti
dell’impazienza il ragazzo aprì gli occhi neri e alzando le braccia
tirò su entrambi i pollici con un gran sorriso radioso e carico di
soddisfazione ed emozione palpabile.
-
Perfetta! - Disse al microfono per farsi sentire dagli altri al di là
del vetro.
Il
sollievo si levò generale in tutti e ci fu chi si sedette sulle sedie o
sul divano e chi si appoggiò comunque a qualcosa, come se tutti i fili
venissero tagliati.
Nel
modo in cui era partita settimane prima era sembrato impossibile
riuscire a porre la parola fine a quel progetto, eppure ora erano lì a
pensarlo, dirlo e viverlo.
Avevano
veramente finito la canzone.
-
Ottimo lavoro ragazzi! -
Il
‘nice job, guys’ di Mike non avrebbe potuto essere più piacevole e nel
giro di un istante Jacoby saltò sulla sua schiena aggrappandosi come un
koala, le sue urla si levarono acute attraverso i microfoni ancora
accesi che Joe dovette chiudere subito per non assordarsi.
-
La schiena, Coby! Mi fa un male cane! Scendi! - Cominciò a lamentarsi
mentre Chester tanto per cambiare rideva.
-
Ce l’abbiamo fatta, abbiamo vinto! Abbiamo finito! È grandiosa!
Meravigliosa! - Si mise ad urlare l’assalitore non sentendo minimamente
la povera vittima che dovette aggrapparsi a Chester per non finire a
terra come una frittella.
Il
risultato fu una scena comica fra tutti e tre con uno che cercava di
non morire, l’altro che rideva come un disgraziato ed il colpevole di
tutti che gridava. Sempre come un disgraziato.
Questo
coinvolse anche gli altri che cominciarono a ridere e scherzare
sollevati facendo anch’essi un gran simpatico casino.
-
Va da Jerry! Guarda che ti chiama! - Supplicò Mike non facendocela più.
Sentendo il suo nome, Jerry stesso impallidì e come da copione Jacoby
saltò giù dalla schiena del suo cavallo urlante per correre fuori dalla
saletta di registrazione e planare sul suo povero compagno che aveva
cercato di proteggersi il viso.
Fu
inevitabile la conclusione su Rob seduto sul divano che perse qualche
vita in un istante. Fu inevitabile poi anche il calcio di Brad che fece
cadere dolorosamente a terra i due colpevoli di aver fatto male al suo
compagno. Fu oltremodo inevitabile investire anche Tony il quale si
fece coinvolgere volentieri per giocare con quell’indiavolato del suo
cantante. Fu sempre inevitabile pestare i piedi a Tobin che non fece
una piega e poi tirare giù Dave e Joe nel tentativo di sgrovigliarsi e
rialzarsi da terra.
Fu
tutto inevitabile, anche Chester che rideva mentre cercava di sbloccare
la schiena di Mike che lo obbligava a rimanere tutto piegato e storto.
Fu
tutto inevitabile, soprattutto le risa continue ed i pianti di
divertimento -o dolore- di qualcuno.
Una
splendida inevitabilità.
La
confusione proseguì come se fosse una costante impossibile da sradicare.
I
due gruppi perfettamente uniti e fusi in un’amicizia nata praticamente
in un istante, parevano intendersela perfettamente e quando si
ritrovarono a cena in quella che ormai era considerata la casa del sole
nascente, non si sprecarono le risa, il caos, i guai, gli aneddoti, gli
scherzi e qualunque cosa fosse in grado di tenerli tutti su con
praticamente una paresi facciale.
-
Si bè, quello quando sale su un aereo dobbiamo legarlo e riempirlo di
valium! - Spiegava Jerry lugubre nel parlare di paure di volare e cose
del genere.
-
Ha così paura? - Chiese Mike sorpreso che quello ne avesse.
-
No, lo leghiamo perché altrimenti sale sul tetto dell’aereo, per fuori
s’intende, e si mette a fare la versione aerea di Di Caprio sul
Titanic! -
Le
risate scoppiarono fragorose.
- A
gridare ‘sono il re del mondo’? -
-
Sì, proprio così! Per impedire che si uccida dobbiamo sempre
ingegnarci! - Concordò Tony che però rideva divertito.
-
Mi sembrava strano che avesse paura di qualcosa… - disse infatti Mike
di nuovo.
-
Perché? -
-
Perché quando ci è arrivato un fiore avvelenato per posta, per colpa di
questo fottuto stronzo che voleva farci uno scherzo, quello schizzato
voleva mangiarselo e quando ci è arrivata invece la tarantola lui l’ha
presa in mano e se la stava per fare, tanto che gli piaceva! - Spiegò
secco Chester.
-
Gli ha dato un nome! - Alimentò Mike ricordandosi l’assurdità di quel
momento terrificante persino per lui che voleva spaventarli.
-
Lina! - Esclamò Jacoby ricordandosi della sua amica con aria sognante.
Gli
altri risero.
-
Sì, è tipico suo, adora le tarantole ed in generale tutti gli animali
pericolosi, feroci e strani! - Spiegò Jerry fra le lacrime.
-
Fosse solo quello! Non ha paura delle altezze, di essere picchiato e
rapito, di essere buttato giù da chissà dove ad occhi chiusi!
Dannazione, quella volta potevano starlo buttando giù da un burrone,
lui non ci vedeva, non sapeva nulla… e non ha fatto una piega, anzi si
è divertito! Che poi era una piscina è un discorso ma non so come
diavolo fa! - Mike era davvero preoccupato per l’incolumità di quel
matto che non mostrava terrore o timore per niente e quando fra le risa
i suoi amici cercarono di spiegargli di cosa aveva paura, Jacoby si
alzò di scatto gridando come un invasato.
-
Se glielo dite vi squarto! - tutti si fermarono stupiti, non era
normale che reagisse così ma Chester lo capì al volo.
-
Hai paura che sapendolo poi questo killer spietato per vendicarsi lo
usi a suo favore? -
-
Certo, cazzo! - Tutto tornò alla normalità consapevoli che niente
poteva più cambiare quell’atmosfera splendida che si era instaurata
quel giorno.
-
Io vado a pisciare, se glielo raccontate giuro che sarà la vostra fine!
- Non che fosse molto il caso di sfidarlo, anzi, ma ad allarmare
seriamente Mike fu il vederlo andarsene in direzione opposta al bagno.
-
Dove vai, il bagno è di là! -
-
Lo so cazzo, ma voglio pisciarti nel letto per minacciarti a non farmi
brutti scherzi! -
Mike
a quello scattò a sua volta al suo inseguimento sapendo che era
dannatamente capace di farlo veramente, gli altri rimasero lì a
piangere dal ridere nel sentirlo gridare infervorato:
-
Guarda che così mi spingi a vendicarmi ancora di più! -
Poi
non riuscirono a distinguere nulla e per paura che quei due si
uccidessero a vicenda, cosa impossibile ma non da escludere, Chester
decise di raggiungerli.
Rimasti
soli, gli altri dei Linkin Park guardarono i rimanenti dei Papa Roach e
Jerry pregando che non lo venisse mai a sapere disse piano per non
farsi sentire:
-
Ha paura delle farfalle… - Dalle facce che fecero sembrava stessero
guardando una schiera di preti alzarsi le sottane e mostrare le chiappe
al vento davanti ad un altare sacro in chiesa.
Quando
andò di là trovò in camera Mike che teneva Jacoby per la cintura dei
jeans e il soggetto fuorviato in ginocchio sul balcone della finestra
aperta rivolto verso l’esterno che…
-
Ma piscia fuori dalla finestra? - Mike con gli occhi chiusi e la testa
girata dall’altra parte, disse funereo e pieno di vergogna:
-
Sì. -
-
Pensavo volesse farlo nel letto! - fece ghignando e stendendosi sopra.
-
Ha deviato per pietà. Che gran pietà. - Commentò. Era ovvio che lo
tenesse perché non voleva morisse nonostante tutto.
Quando
finì Jacoby tornò dentro con un salto e con gran gioia di Mike lo vide
a posto. Il salto però lo portò sul letto con Chester che schiacciò,
nel giro di poco cominciarono una guerra di prese da wrestling che
fecero sconsolare lo spettatore. Non si poteva pretendere la luna da
quei due mentecatti in fondo.
Seduto
ad aspettare paziente che finissero, venne preso nella mischia e faticò
non poco a rimanere vivo.
Solo
quando Mike finì con un occhio nero -alla schiena ci aveva già
rinunciato da tempo- capirono che era ora di fermarsi e prendendo fiato
rimasero tutti e tre stesi a pancia in su sul letto, il povero martire
in mezzo. Gli sguardi rivolti al soffitto e le mani sulle pance e sui
petti che si alzavano ed abbassavano impazziti.
Ripresi
i fiati dopo qualche istante di miracoloso silenzio, il primo ad
interromperlo fu Jacoby che come sempre era il migliore per saltare di
palo in frasca con l’agilità di una gazzella.
Da
modalità folle schizzato pericoloso a tranquillo e sentimentale, si
fece serio ma con una serenità nella voce e nello sguardo che non gli
avevano mai sentito.
-
Così è finita anche questa… -
Sarebbero
partiti dopo aver finito di mangiare ed ormai avevano già bevuto il
caffè.
Gli
altri due sospirarono insieme e Chester annuì:
-
Già. - Non nascose la sua malinconia.
-
Però sono contento. - Disse Mike con le idee più chiare.
-
Che se ne vadano? Bè, in effetti… - Rincarò Chester ghignando, Mike
ammiccò ma poi tornò serio e sicuro, quel suo modo di esprimersi che
sapeva essere tanto sentimentale quanto maturo e adulto.
-
Anche. Ma io mi riferivo a quello che siamo riusciti a fare. -
-
Eh, ne abbiamo fatte di cose! - Fece Jacoby.
-
Un gran fottuto numero! - Chester naturalmente.
-
Ed in pochissimo tempo. - Chi se non Mike? - Sono sbalordito non tanto
per la varietà e la quantità di tutto ciò che abbiamo fatto ma per la
qualità. Siamo riusciti ad instaurare un rapporto così stretto e bello
in talmente poco tempo che mi chiedo come abbiamo fatto. Io con Chester
ho impiegato anni a stringere veramente come si deve, ad instaurare un
rapporto sano, serio e profondo come questo fra noi tre. - Chester capì
cosa intendeva e non si ingelosì mentre Jacoby cominciò a sentire il
magone. Stava troppo bene con loro, lo capivano, lo sentivano e
sapevano come prenderlo. Anche i suoi amici stretti ci riuscivano
abbastanza ma non come loro. Loro avevano un modo diverso di fare.
Tobin
tendeva a farsi scivolare tutto addosso e Jerry era sempre stato preso
male da questo discorso del capirlo e del rapportarsi con lui. Solo ora
aveva capito un po’…
-
Non volevo che si sforzassero di capirmi. Non voglio che nessuno si
sforzi di niente con me. Voglio solo che stiano così come sono. Che mi
accettino. - Fece seguendo il pensiero che apparentemente non centrava
nulla. Solo loro capirono perché invece era così e fu Chester a
rispondergli a suo modo:
-
Tutti lottiamo come bastardi per essere accettati, non vogliamo che ci
psicanalizzino, porca eva, vogliamo solo che ci dicano… - Ma fu Mike a
finire consapevole che quello i termini li usava in un altro modo.
-
‘Ok, vai bene così’. - Fu caldo e sfumato e ci fu ancora silenzio.
Ognuno ripensò ad eventi specifici per poi tornare insieme con Mike che
completava il pensiero: - Per questo ci siamo trovati e presi subito.
Siamo rimasti noi stessi e ci siamo accettati subito così, fra di noi,
senza allarmarci, senza farci domande, prendendo le cose come venivano,
facendo del nostro meglio per affrontarle in qualche modo. -
Jacoby
sentì un gran calore interiore e girandosi verso di lui nascose il viso
contro il petto del ragazzo in mezzo che lo cinse col braccio
affondando le dita fra i capelli neri e sparati con la cera in quel suo
modo caratteristico. Era adulto e non certo fisicamente un fuscello
come Chester, ma era l’unico che nonostante i momenti in cui tutti
l’avrebbero rinchiuso, alla fine sapeva apparire come un bambino
bisognoso di tante di quelle cose da far impressione.
Chester
sorridendo si alzò sul gomito per guardarlo e scambiandosi un’occhiata
consapevole con Mike, un’occhiata che aveva del divertito ma anche
dell’intenerito, gli tirò affettuoso una ciocca per fargli alzare il
viso. Appoggiò il mento sull’altra parte del petto del compagno e
quando Jacoby alzò la testa i due si guardarono da vicino con
intensità. Estremamente sicuro uno quanto smarrito l’altro.
-
Ehi… - Fece poi piano e fermo osservando le lacrime che scendevano
lungo le sue guance morbide. La piccola stella sotto l’angolo
dell’occhio sinistro sembrò una lacrima costante incisa sulla sua
pelle. Proprio come un bambino triste. - Non siamo mica dall’altra
cazzuta parte del mondo! - Jacoby sorrise capendo l’inteso di tornare a
vedersi e mentre sospirava annuendo con i suoi grandi occhi grigi ora
lucidi e splendidi, gli asciugò con un dito una lacrima mentre l’altra
venne tolta da Mike.
Fu
la sua voce a sigillare quell’insolito momento di sentimentalismo
fraterno che mai e poi mai avrebbero immaginato di avere:
-
Non devi mai pensare di essere perduto, pensa che c’è sempre qualcuno
che ti cerca, anche se tu non lo vedi. Vedrai che questo ti restituirà
la vista. E se così non sarà, almeno ti sentirai meglio. -
Chester
rabbrividì come ogni volta che tirava fuori certe frasi, non riusciva
ancora a capacitarsi dopo tutto il tempo che lo conosceva di come
riuscisse a dire certe cose in quel modo appropriato e delicato senza
sembrare fuori luogo, imbarazzante o chissà cosa.
Jacoby
si girò anche verso di lui ed agganciò gli occhi ai suoi, tanto chiari
quelli di uno quanto scuri quelli dell’altro eppure entrambi profondi
come pozzi. Alla fine di uno c’era l’acqua mentre nell’altro la notte,
ma una notte romantica e stellata, di quelle che toglievano il fiato.
A
Chester piacque l’immagine del loro scambio di sguardi e quando Jacoby
annuì alla stessa maniera di prima, videro la tristezza ed il
dispiacere andare via.
-
Grazie. Per tutto. So che sono una persona difficile a cui stare vicino
ed è vero che a lungo andare tutti si rovinano in qualche modo… a meno
che non sei una superficie liscia come Tobin a cui tutto va giù senza
scalfirlo, lo ammiro. Vorrei essere come lui, a volte, non farmi
coinvolgere da ogni cosa e quando ci provo mi perdo nei miei pensieri e
mi rendo conto che non farmi coinvolgere da niente per me equivale
finire in fottuti luoghi che non mi piacciono. Però ora che ho Jerry so
che mi cercherà ed anche se succede che me ne vada senza accorgermene
lui in qualche modo saprà riportarmi qua. Forse è solo placebo, che
cazzo ne so, però spero che con lui vada bene perché per la prima volta
in vita mia mi sono piaciuto così come sono, voglio dire… so di essere
sbagliato e fottuto, però non so… quando abbiamo scopato ed anche
quando ci siamo baciati e messi insieme… mi sono piaciuto così com’ero
anche se non sono perfetto e sono pieno di difetti e tendo ad odiarmi
abbastanza spesso. Sono schizzato, vero? -
Mike
e Chester però sorridevano ancora alla stessa maniera, un po’
inteneriti, un po’ divertiti ed un po’ con maturità perché sapevano
perfettamente cosa intendeva con quel discorso. Quella volta a dirlo fu
il secondo.
-
No, sei solo fottutamente umano, come tutti gli altri esseri viventi di
questo cazzo di mondo. - Mike però aggiunse un pizzico di sentimento in
più, incapace dopotutto di non usarlo.
-
Sei solo innamorato e ricambiato. È la cosa più bella che potesse
succederti. E migliore, soprattutto. Vedrai che da ora sarà lentamente
tutto diverso. - Jacoby pregò anche se non l’aveva mai fatto seriamente.
Pregò
che fosse così ma anche che a quei due ragazzi andasse sempre tutto
bene e che non si lasciassero mai.
Augurò
una sincera felicità perché se lo erano meritati. Anche solo per quelle
ultime settimane, ma in generale per tutto, sempre, comunque.
Quando
tornarono di là la vittima dell’esuberante Jacoby tornato a pieno
regime allegro e folle fu l’eterna vittima di sempre.
Il
povero Jerry.
Una
vittima che fu contento di essere tale.
Se
non era amore quello…