CAPITOLO
VII:
LA
FINE
Si
svegliò a mezzogiorno.
Quando
uscì dalla camera era confuso e mezzo addormentato.
Si
trascinò per il corridoio con sguardo corrucciato cercando di capire in
che parte dei suoi deliri fosse e quando in soggiorno trovò quello che
ricordava essere Mike, la spalla su cui aveva pianto la sera prima,
registrò che aveva qualcosa di diverso.
Ci
mise un paio di secondi a capirlo ma poi ci riuscì.
Erano
gli occhiali da vista.
Quando
lo capì parlò immediatamente senza filtrare buttandosi ancora assonnato
sul divano accanto a lui, le gambe a penzoloni oltre il bracciolo e la
testa prepotentemente sulle sue cosce.
-
Cazzo, con quegli occhiali fai un sesso pazzesco, Mike! Se fossi più
sveglio ti salterei addosso! -
Mike
che aveva alzato all’ultimo il libro che stava leggendo non capì quanto
serio fosse ma provò a buttarla sullo scherzo, cosa che gli veniva
decisamente meglio:
-
Forse ti faccio sesso proprio perché sei mezzo addormentato! -
Jacoby
si accomodò meglio sulla sua nuova postazione e girandosi di lato
cominciò ad accarezzargli un ginocchio facendoci sopra dei disegni
distratti coi polpastrelli. Attraverso i jeans scuri Mike sentì e si
chiese che diavolo gli prendesse ma decise di non darci troppo peso,
quello era Jacoby, era più pazzo che sano in fondo!
Anche
se Chester a quello avrebbe obiettato dicendo: ‘che cazzo c’entra!
Visto che è mezzo pazzo ti faresti scopare?’
Rendendosene
conto Mike impallidì, se quell’altro fosse tornato in quel momento
sarebbe forse stato un po’ geloso. Forse. O magari l’avrebbe sorpreso,
come era capace di fare sempre!
D’altronde
non sapeva come toglierselo di dosso. A parte per il peso e la forza
che erano superiori ai propri, c’era anche il fatto della scusa da
usare. Lui sgarbato non era nemmeno se si sforzava ma solo se diventava
isterico, appurato che ora era tranquillo e beato come un cucciolo di
cane appena nato poiché quella notte aveva finalmente consumato col suo
compagno come si doveva, continuò a cercare una soluzione nella mente
mentre Jacoby continuava a stare steso con la testa sulle sue gambe e a
giocare usando le proprie dita.
Dita
che sentì muoversi fin sulle caviglie e poi risalire proprio dove
poggiava la nuca.
Lo
sentì fermarsi e girarsi per poterlo guardare in viso dalla sua comoda
posizione e Mike sospirò mentalmente sentendolo fermarsi. Per poco.
Non
fece in tempo a sollevarsene che con quel suo magnetismo che gli veniva
fuori quando faceva pensieri particolari ed inevitabilmente si
allontanava dal presente, le famose dita ripresero a disegnargli sul
petto, attraverso la maglia. Rimase un po’ lì, si soffermò sui
capezzoli che non prese tra le dita, indice che forse non sapeva
nemmeno cosa stesse facendo.
La
mente gli si spense.
Capì
solo che era di nuovo in tilt e ricordandosi vagamente che quando ci
finiva non capiva niente ed agiva in modo imprevedibile, rimase a
sentirlo carezzare -come definire quello che gli stava facendo se non
così?- fin su, sul collo, poi sul volto. Gli tracciò i lineamenti
morbidi del viso serio e teso, lo stupore palpabile, rimase un po’
sulle labbra serrate che non si schiusero per niente al mondo, poi
tornò a scendere.
Giù,
sul collo che lo fece rabbrividire.
Giù,
sul petto.
Sui
capezzoli.
Sul
ventre.
E
poi ancora più in basso fino alla cintura dei jeans che fece per
slacciargli.
Quando
realizzò cosa stava per fargli la chiave nella porta d’ingresso si
inserì da fuori.
La
fine.
Mike
andò completamente nel panico e del tutto fuori di sé sgranò gli occhi
terrorizzato e si alzò velocissimo buttando improvvisamente giù di peso
Jacoby che cadde rotolando di faccia sul pavimento.
Il
tonfo fu fortissimo e lì ci rimase senza nemmeno imprecare, forse
perché si stava svegliando davvero solo in quel momento.
Chester
entrò e pensando a quale calamità si fosse abbattuta sul mondo in quel
momento, vide Mike paonazzo, teso come una corda di violino in piedi
davanti al divano e a Jacoby steso a terra di faccia, immobile.
Si
fermò non riuscendo nemmeno vagamente ad intuire cosa potesse essere
successo.
Non
contemplò neanche per un istante la possibilità del tradimento sebbene
solo qualche mese prima sarebbe stata la cosa principale che avrebbe
pensato. Ma quella fissa l’aveva ormai più o meno superata. E poi si
trattava di Jacoby, che diamine!
Poteva
anche risultare affascinante e con un certo non so che in certi
istanti, ma era fondamentalmente alla stregua di un pazzo, o di un
bambino, o di un alieno, o di tutti e tre!
Insomma,
sicuramente non c’era nulla a sfondo sessuale, non da parte di Mike
verso Jacoby.
Ed
esattamente in quel momento capì, come illuminato dal cielo -o
dall’inferno, dipendeva dai punti di vista!-.
Fu
un lampo quello che passò nei suoi occhi sottili, un lampo pericoloso e
atroce, poi Chester con uno dei suoi famosi agili salti raggiunse
Jacoby e tirandolo su di peso -c’era davvero da chiedersi dove diavolo
la trovasse tutta quella forza!- lo girò a faccia in su, quindi gli si
sedette sopra a cavalcioni e premendo il naso contro il suo ringhiò
basso e minaccioso. Tanto minaccioso. Completamente fuori di sé:
-
Osa toccarlo di nuovo, figlio di puttana, osa solo pensare di toccarlo,
osa sognare di toccarlo e giuro che ti faccio vedere come si vola fatto
in tanti di quei pezzi che non sapranno ricomporti! Ed anche se ci
riuscissero sai quale sarebbe la cosa che non troverebbero? Sarebbe il
tuo cazzo! Perché sarebbe dentro al tuo culo, dove te lo ficco se osi
pensare di fargli qualcosa! Oh, la follia non giustifica un cazzo,
credimi. Perché anche io divento pazzo in certi casi. E Mike è uno di
quei casi! -
“Ecco
fatto!” Pensò Mike tornando drasticamente in sé strofinandosi il viso
con le mani: “Ora abbiamo scatenato la sua gelosia!”
Che
poi non si trattava proprio di quello quanto proprio di preservare il
suo dolcissimo amore!
Lo
sapeva bene, ma vederlo reagire in quel modo esagerato confondeva
seriamente su chi fosse più fuori di testa dei due.
Jacoby,
infatti, dopo averlo ascoltato e guardato senza il minimo battito di
ciglia -e porca di quella puttana, l’altra notte quando l’avevano
spaventato si era messo quasi a piangere ed ora era tranquillo e beato!
Come poteva non essere terrorizzato da quel Chester lì? Mike non lo
capiva più!- si leccò le labbra con improvvisa malizia e allungando la
lingua verso la bocca di Chester poco distante dalla sua, disse
ritirandola un soffio prima di leccargliela:
-
Se volevi essere tu il primo bastava dirlo! Per me è uguale! -
Ed
ora, solo ora, ebbero chiaro il suo rapporto col sesso ed i doppi
sensi, qualcosa che fino a quel momento non avevano avuto veramente
modo di testare.
Certamente
un altro gran bel modo per calmarsi quando il mondo intorno a lui si
confondeva.
Lui
e tutto ciò che riguardava la sfera sessuale andavano d’accordo.
D’accordissimo.
Estremamente
d’accordo.
Ora
Chester e Mike ne avevano avuto vagamente prova ma un quadro preciso a
riguardo l’avrebbero visto dopo.
Quello
che però preoccupò Mike e non a livello di gelosia ma solo di sanità
mentale, fu che anche Chester adorava scherzare col sesso. Un tempo era
stato motivo di profonda gelosia, ora che sapeva com’era e ci aveva
fatto il callo, semplicemente era rassegnato a doverli separare in
tempo.
Nonché
a scappare altrettanto in tempo.
Solo
lì si rese conto di quanto dura sarebbe stata collaborare tutti e tre
insieme.
La
reazione di Jacoby infatti piacque a Chester che dopo un primo istante
di smarrimento poiché non se l’aspettava, fece per rispondere a tono.
Mike
che l’aveva previsto tirò il compagno per la maglia appena in tempo,
giusto per impedirgli di mordergli la bocca che continuava a tenere
provocantemente vicino alla sua.
Non
per baciarlo o accettare una qualche avance, ma solo per metterlo a
posto usando il suo stesso mezzo, un mezzo che adorava usare per
mettere a posto qualcuno, provocare o scandalizzare.
Mike
fu però più veloce e buttandolo sul divano diede un calcio poderoso al
fondoschiena di Jacoby ai suoi piedi facendolo rotolare sul pavimento.
Continuò
a spingerlo in quel modo, senza naturalmente fargli male, fino a farlo
tornare in quella che ormai era la sua camera, quindi lo chiuse dentro
e si appoggiò contro la porta sospirando pensando di avercela fatta.
Illuso.
Chester
non si era ancora alzato che l’uscio dietro le sue spalle si aprì, Mike
fu agguantato da dietro e rapito, dopo di che la porta si richiuse
mangiandoselo.
L’altro
rimase inebetito sul divano a guardare la scena. Poi sentì la chiave
girare e capendo che quel coglione si era chiuso col suo moroso
all’interno di una camera che comprendeva un letto matrimoniale e che
il coglione in questione era anche piuttosto matto, corse a rotta di
collo davanti alla porta e fra urla e calci cominciò a tentare di
sfondarla.
Non
che fosse facile…
All’interno
Jacoby ebbe tutto il tempo per far valere la sua forza superiore e
spingere Mike steso sul letto con lui sopra. Lo schiacciò col corpo e
gli tirò su la maglia per poi cominciare a leccargli e succhiargli i
capezzoli.
Mike
ci mise un nano secondo a capire cosa gli stava facendo e a reagire.
Pochissimo.
Lo
stesso che ci mise Chester a scardinare la porta a suon di calci.
La
porta si apriva mentre Jacoby veniva spinto contro di lui, caddero
entrambi a terra uno sopra l’altro e Mike scattò in piedi sul letto col
batticuore e tutto scomposto mentre pensando di essere morto e
resuscitato li fissava pensando a come fare per rinchiudere quel coso
da qualche parte.
Non
servì perché la risposta ai suoi spaventi furono le risa conclusive di
entrambi i due fenomeni da circo stesi a terra.
Rimasero
incastrati l’uno sull’altro con un bernoccolo a testa per lo scontro ed
il botto e risero come due idioti abituati a giocare in quel modo.
-
Ma siete proprio imbecilli! - Esclamò Mike rimanendo a debita distanza.
- Cos’è, vi eravate messi d’accordo? -
- E
quando? Questo ha dormito tutta la notte e la mattina! - Rispose
Chester cercando di alzarsi, con ancora Jacoby che rideva fino alle
lacrime steso accanto.
-
Vuoi dire che è venuta spontanea? - Mike non ci credeva molto ma poi
riflettendo che quei tipi non avevano bisogno di progettare le cagate
perché gli venivano naturali, li mandò al diavolo evitando di ascoltare
la risposta.
Con
un salto infatti scese dal letto e li superò decidendo di ignorarli.
Se
l’era vista brutta, per quanto quelli ne ridessero!
C’era
stato un momento preciso in cui aveva sentito l’altro prevalere in
forza e schiacciato da lui aveva pensato che qualunque cosa avesse
voluto fargli quel pazzo scatenato, non sarebbe riuscito ad opporsi.
Un
pensiero che l’aveva annullato per un secondo, inconcepibile ed
insostenibile.
Ma
poi proprio a quello si era ribellato e la forza l’aveva trovata.
Non
importava che poi non avesse fatto sul serio e che non sarebbe andato
oltre, quello che l’aveva turbato era il modo in cui l’aveva fatto
sentire.
Se
si trattava di giocare e scherzare era il primo e ci stava sempre, ma
così era diverso.
Così
era da bastardi e basta.
Si
sentì tanto male da non aver nemmeno tempo di analizzare questa
reazione strana per i suoi canoni. Certamente poteva sembrare uno
scherzo improvvisato e particolarmente pesante, ma nulla che non fosse
perdonabile con un insulto a testa.
Però
lo stato d’animo, quello non poteva dimenticarlo.
No,
non si fermò a chiedersi cosa gli avesse tirato fuori dalla memoria
quel piccolo istante di sopraffazione, non sul momento. Ma ben dopo,
con calma, grazie a Jacoby, qualcosa ne sarebbe uscito.
Di
sicuro non sul momento.
Per
tutto il resto del pomeriggio Mike aveva piantato il muso a Chester il
quale incazzato a sua volta per questo suo comportamento idiota ad una
cosa stupida se ne era tornato a casa dai figli dicendo che sarebbe
tornato l’indomani per fare quella cazzo di canzone e togliersela dai
coglioni. Testuali parole.
Mike
non l’aveva nemmeno salutato.
Il
suo ragionamento era presto detto.
“Certo
che è stato Jacoby la parte più grave dello scherzo, ma lui è mezzo
matto e non mi conosce. È Chester quello sano, quello che mi conosce da
più di dieci anni e che sta con me dalla metà. È lui che mi ama e che
sa alla perfezione quello che si può osare con me e quello che non si
può. È Chester il mio moroso, non uno sconosciuto svitato che non
distingue il bene dal male!”
Ma
non riusciva a vedere quanto esagerata dopotutto fosse la sua reazione.
Rimasto
solo con Jacoby che ignorò a sua volta per la prevalenza del tempo,
dopo cena -dopo che il suddetto si era ingozzato come un porco e Mike
aveva a stento mangiato un insalatina-, il proprietario di casa si
rifugiò in camera propria con quella di farsi una bella dormita.
Sarebbe
tornato a casa anche lui ma non poteva lasciare Jacoby lì da solo per
più motivi, fra cui che schizzato com’era poteva anche dar fuoco a
tutto. E poi i suoi strumenti non si potevano toccare.
Dopo
aver avvisato la moglie che per la durata di quel progetto sarebbe
rimasto nell’appartamento/sede del gruppo anche a dormire, non aveva
senso piantare Jacoby in asso e tornarsene a casa. Oltretutto non aveva
voglia di vedere sua moglie in quello stato d’animo.
Messo
il solito pigiama estivo leggero si stese sul letto a leggere un po’,
dopo cinque minuti mise da parte la lettura per alzarsi insofferente.
Non riusciva a concentrarsi.
Sbuffando
nervoso andò nella sala musica e si sedette al pianoforte. In quei casi
lo calmava molto.
Cominciò
a suonare note a ruota libera che poi sfociarono in una versione al
pianoforte di Shadow of the day. Qualcosa di più allegro non trovò, non
certo con quello stato d’animo.
Aveva
un’aria seria ed estremamente cupa per i suoi canoni e concentrato
com’era in sé stesso e a pensare peste e corna per Chester che aveva
riso della sua agitazione di quel giorno, non si accorse di avere
compagnia.
Jacoby
si sedette silenzioso alla sedia imbottita con le rotelle che stava
davanti alla scrivania dove normalmente Mike e Chester si mettevano per
scrivere i testi, quindi girato verso il pianista l’osservò immobile
senza fare il minimo rumore. Serio ed attento tanto che fece
impressione a Mike quando lo notò e spaventato dal vederlo lì in quel
modo saltò sul posto col batticuore.
Non
l’aveva sentito e non solo, quasi non l’aveva riconosciuto!
-
Cazzo Coby, mi hai fatto prendere un colpo! - Esclamò spontaneo ed
agitato usando sovrappensiero il soprannome. Fece per correggersi ma
Jacoby scosse la testa:
-
Puoi chiamarmi come vuoi. - Aveva un tono serio, sembrava un’altra
persona dal suo solito. Era presente, cosciente ma soprattutto
concentrato.
Lo
penetrava con quel suo sguardo magnetico, gli occhi grigi gli leggevano
dentro e con le mani unite sotto al mento sembrava usare un qualche
strano potere.
Mike
si sentì sotto esame e provò disagio. Specie perché ora guardandolo non
poteva che reputarlo un tipo anche piuttosto interessante. Cioè più del
solito e sotto tutti i punti di vista.
In
quella posa, con quell’espressione, aveva un che d’affascinante e quel
modo di fissarlo era oltremodo attraente.
La
mente di Mike un foglio vuoto e finalmente dopo qualche minuto quello
strano Jacoby apparentemente sano ed in sé parlò nel medesimo modo
insolitamente fermo e stabile:
-
Sai in cosa mi sono laureato? - Chiese improvvisamente.
In
una situazione normale Mike avrebbe detto ‘scemologia?’ ma non disse
nulla ed impreparato chiese in cosa.
Jacoby
lo sorprese.
-
Psicologia. - Lì per lì gli parve d’essere preso in giro ma guardando
la serietà con cui lo disse capì che era in uno dei suoi momenti lucidi
ed affidabili, cosa che aveva visto poco in effetti.
Dopo
pensò solo che dovesse essere una barzelletta, una beffa del destino.
Uno che si laureava in psicologia e che poi aveva dei crolli psicotici
aveva dell’incredibile!
-
Non l’avrei mai detto. - Disse educato e diplomatico. Aveva capito che
voleva fare un discorso serio e siccome quei momenti erano rari per lui
decise di assecondarlo e vedere dove sarebbe andato a parare.
Jacoby
proseguì come prima.
-
Sai cosa mi ha portato a capire la mia laurea? - Mike non rispose e lui
continuò rimanendo seduto immobile davanti al pianoforte ma senza più
suonarlo. Lo guardava con attenzione ed un pizzico di disagio. - Quando
una reazione è spropositata in rapporto all’azione che l’ha scatenata.
- chiaro. Più di così doveva solo fare i disegni. Oltretutto stava
usando un linguaggio che decisamente non era da lui!
Mike
aggrottò le sopracciglia contrariato:
-
Come fai a dire che è spropositata? -
Jacoby
sospirò come se capisse di non essere preso sul serio solo per i suoi
scatti di follia di tanto in tanto. Con fermezza ed alzando una mano in
segno di farlo parlare, proseguì e gli spiegò pacato e quasi freddo:
-
Chester ha riso della tua reazione, è questo che ti ha fatto incazzare
tanto. Lui ti conosce bene, non doveva ridere. Ma obiettivamente era un
momento divertente, a meno che tu non avessi particolari motivi per non
essere divertito da quello che è stato solo uno scherzo, mio per di
più. -
-
Cazzo, tu al mio posto ti saresti divertito? - Chiese spontaneo Mike.
-
Io al tuo posto ci sarei stato alla finta violenza per dimostrare che
niente mi sopraffa e che io sono sempre peggio di tutti! -
-
Che domande idiote ti faccio… - Rispose Mike distogliendo lo sguardo
scettico. Era ovvio che non sarebbe stata una risposta diversa.
Jacoby
riprese con calma.
- E
sai cos’altro mi ha portato la mia laurea? -
-
Sentiamo! - rispose Mike stufo tornando a guardarlo esasperato. Jacoby
non si scompose.
-
Che quello significano ricordi. Ricordi che non ricordi ma che ci sono
e sono stati stimolati da quello che ti ho fatto. E aggiungo che non
devono essere ricordi molto belli. - Mike assottigliò lo sguardo fin
quasi a fulminarlo, Jacoby si sentì lacerare da quegli occhi neri ed
improvvisamente furenti, ma non si fermò e sorridendo sornione, disse
appoggiandosi coi gomiti alle ginocchia tendendosi verso di lui:
-
Non ne sei cosciente, altrimenti non avresti avuto quella reazione. E
soprattutto pensi che io sia di nuovo matto e che ti stia prendendo per
il culo. Ma vuoi vedere come ti dimostro che ho ragione e ti spiaccico
in faccia la verità che ti ostini a non affrontare? -
Mike
non rispose, non voleva assolutamente e forse proprio perché lo intuiva
vagamente.
Si
sentì montare dentro una tale rabbia da voler solo andarsene per non
mettergli lui le mani addosso prima di cominciare, ma non fece in tempo.
Non
fece assolutamente in tempo e prima di ogni reazione, Jacoby si alzò
fulmineo e con tutta la forza che aveva e che questa volta non sarebbe
stato possibile vincere se lui non l’avesse voluto, lo prese, lo alzò e
lo spinse contro la parete lì accanto.
Mike
non ebbe tempo di capire se il lampo strano nei suoi occhi era stato di
follia o di intenzione, ma uno ci fu e lo fece rabbrividire.
Dopo
di che lo sentì solo premersi con forza accecante addosso, lo bloccò e
schiacciandolo contro il muro di faccia, spinse col corpo possente
contro la sua schiena, sentì il bacino contro il proprio premersi e
premersi impedendogli di staccarsi. Si puntava con le mani contro la
parete a cui appoggiava senza successo, non riusciva a toglierselo,
rimaneva ancorato e sembrava che lo stesse possedendo sessualmente a
forza, come se ogni spinta contro di sé, per dietro, fosse un entrargli
fisicamente dentro e farlo suo violentemente.
Non
gli faceva effettivamente male, ma la sensazione di sopraffacimento, di
non riuscire a contrastarlo e a staccarselo di dosso, di non potersi
allontanare, di non poterlo controllare cominciò a farlo andare nel
panico come prima.
La
sensazione di durezza contro il proprio viso e di forza dietro di sé,
le mani sulle proprie che lo ancoravano alla parete, le gambe che lo
bloccavano così come il torace. E ancora quelle spinte.
Quando
poi aggiunse le sue labbra sull’orecchio e cominciò a leccarlo
scendendo sul collo succhiando e mordicchiando, la gola gli si seccò.
Voleva gridare ma non riusciva. Voleva mandarlo via e non ci riusciva.
Voleva anche piangere e non ci riusciva.
Poi
si fermò, ma fu un istante.
Voleva
piangere? Ma che diceva? Era grande, non era una vera violenza, nessuno
lo stava possedendo davvero da dietro, non aveva del vero dolore
fisico.
Però
perché sentendosi costretto contro un muro con un corpo poderoso dietro
che lo schiacciava, voleva piangere?
Improvviso
il flash lo paralizzò e fu allora che Jacoby smise di muoversi contro.
Lo lasciò andare, staccò la bocca dal collo e a braccia alzate in segno
di resa indietreggiò di qualche passo lasciandolo andare.
Mike
rimase appoggiato al muro come in un blocca immagine, senza nemmeno
respirare, gli occhi sgranati. Ma non piangeva, solo che adesso
ricordava ed era shockato perché era convinto che le cose non fossero
andate in quel modo, quella volta. Ne era convinto.
Aveva
sempre ricordato una versione diversa…
Quando
lo vide scivolare lentamente verso il basso, Jacoby tornò dietro di lui
e lo prese con delicatezza, infilò le mani sotto le braccia e lo tirò
su, quindi lo girò e prendendogli il polso se lo portò intorno al
collo, poi sostenendolo di peso lo condusse in camera, lo stese nel
letto e gli si coricò accanto fissandolo da vicino in quel modo strano
che in pochi gli avevano visto. Era uno sguardo ancora presente e
dolce, di una dolcezza inaudita.
Come
poteva una persona possedere tutto quello e saperlo gestire?
Mike
pensò di sfuggita che il minimo era confondersi ogni tanto…
Sentì
le sue carezze delicate sul petto, sulle braccia e poi sulle mani che
allacciò alle proprie.
Era
bello sentirlo così, non sembrava nemmeno quel Jacoby destabilizzante
ed instabile che era di solito.
Quando
si sentì abbastanza meglio, prese il cellulare dal comodino dove
l’aveva lasciato e chiamò Chester.
La
voce era un sussurro quasi inudibile ma non tremava e non era
sconvolta, però si capiva che aveva qualcosa di strano.
-
Puoi venire per favore? - chiese gentilmente.
Chester
non disse niente, mise subito giù e volò a rotta di collo per le strade
fino a raggiungerlo.
Quando
entrò Jacoby era in soggiorno a guardare la televisione, Chester lo
squadrò come per ucciderlo ed il ragazzo alzò le mani in segno di
innocenza -tutta da dimostrare!- poi gli indicò la camera.
Certo
che sapeva cosa era successo a Mike, pensò Chester. Era evidente. Ma
decise di andare direttamente alla fonte ed eventualmente ammazzarlo
dopo. Mike era più importante.
Lo
trovò steso sul letto, sopra le lenzuola, col suo solito pigiama
leggero e gli occhi fissi sul soffitto, era serio e assente.
Per
un momento pensò che si fossero scambiati le menti, come protagonisti
di un film fantasy-horror. Mike in Jacoby e Jacoby in Mike.
Poi
si diede dell’idiota, quelle cose erano impossibili.
Forse
la follia di Jacoby era contagiosa.
Certo,
questo invece sì che era più possibile!
-
Mike? - Lo chiamò piano dimenticando di essere arrabbiato con lui.
Questi si riscosse e allungò la mano verso di lui, quando riuscì a
prenderlo lo tirò nel letto con sé, Chester si lasciò stendere e se lo
prese sopra stringendolo con delicatezza e pienezza, facendogli sentire
che ogni cosa era finita, qualunque essa fosse, e che lui ora era lì.
Voleva assolutamente che lo sentisse, era essenziale e vitale.
-
Ti ricordi quando ti ho raccontato quell’episodio strano della mia
adolescenza? Quando da piccolo sono stato preda di alcuni teppisti che
mi hanno preso, chiuso in una vecchia casa diroccata e mi hanno
costretto in ginocchio tirandosi giù pantaloni e mutande con qualche
strana intenzione? -
Chester
cominciò ad allarmarsi e con l’aria battagliera aumentò la presa e
annuì sforzandosi di rimanere calmo. Quegli argomenti lo facevano
uscire di testa, specie se fatti da Mike.
-
Quando poi i tuoi amici sono arrivati in tempo e li hanno fatti andar
via prima che facessero qualunque cosa. -
-
Sì… - Fece Mike. Il tono vagamente spento e stupito da ciò che stava
raccontando perché era la prima volta non solo che lo diceva a qualcuno
ma anche che lo ricordava per come era andata veramente.
- I
miei amici sono arrivati in tempo ma non a quel punto. Prima sono
riusciti a sbattermi contro il muro, a schiacciarsi sopra di me e ad
abbassarmi i pantaloni. Stavano per farlo davvero, uno di loro aveva
cominciato a fare le sue porcate da dietro mentre mi spingeva, ma non è
riuscito a fare davvero niente, prima che potessi realizzare ciò che
aveva in mente fino in fondo i miei amici sono arrivati e li hanno
fatti scappare. Prima però erano quasi riusciti a… -
-
Violentarti. - lo disse Chester perché sapeva quanto impossibile e duro
fosse dirlo per chi l’aveva subito.
Lo
sapeva perfettamente.
Mike
nascose il viso contro il suo petto e soffocò un sospiro insofferente:
-
Avevo dimenticato tutto, avevo modificato rendendolo più sopportabile.
Non che sia una cosa davvero atroce, ma sai… forse mi vergognavo, non
so… per questo la vendetta, poi, non è stata un’esagerazione… - ammise
finalmente a sé stesso.
-
Per questo non hai più voluto vedere corpi nudi maschili o spogliarti
davanti agli altri. - Concluse Chester calmo.
Rimasero
un po’ in silenzio e solo dopo un po’ che ci pensava e ripensava gli
venne quella domanda e stranito la fece, sapendo che per il resto non
c’era altro da dire e che tutto ciò di cui aveva avuto bisogno Mike era
solo ricordarlo e raccontarlo a qualcuno di cui si fidava.
-
Come cazzo ti è venuto in mente proprio ora? -