CAPITOLO XXII:
VECCHI ISTINTI
 
Poi Mike si è trascinato via Joe e sono rimasto io con me stesso.
Come diavolo ne esco?
La risposta è stata farmelo ma era ubriaco, dubito che da sobrio ci sarei riuscito.
A questo punto mi fermo e mi fisso allo specchio, odio la mia immagine, odio la mia faccia, odio il mio aspetto.
Faccio una smorfia.
Però anche se mi odio so di piacere a chi voglio.
E soprattutto so di piacere a lui!
Oserei dire che vale la pena… vale la pena tentare di farmelo da sobrio, vediamo chi vincerà la guerra. Una battaglia l’hai vinta tu quando me ne sono andato, un’altra io stasera. Posso andare avanti all’infinito, ho pazienza anche se non sembra.
Sputo, che schifo la mia faccia, sono sciupato, magro, una vera merda.
Dopo di questo, con lo stomaco che minaccia aborto, piegato nel cesso mi ficco le dita in gola per vomitare.
Quando ce la faccio mi sento meglio fisicamente, ho di nuovo lo stomaco vuoto, la testa più o meno libera.
Vuole la guerra? E guerra avrà!
So giocare bene a questo gioco.
 
Il giorno dopo dobbiamo vederci per risentire bene tutto il demo registrato ed eventualmente sistemarlo per poi decidere a chi spedirlo.
È un momento esaltante se non fosse che a tutti viene di nuovo voglia di uccidere Mike perché insiste nel dire che è tutto da modificare, che c’è qualcosa che non va in ogni cosa ed io penso che aiuterò gli altri a togliergli tutti i capelli di quel colore osceno!
Che poi è il mio colore ma a me sta bene su di lui è una merda.
Noi ci guardiamo e sbuffiamo, io faccio il gesto di tirargli un pugno e Rob mi prende il braccio e mi trascina fuori, quindi guarda Joe e Brad e chiede implicitamente di occuparsene loro.
Interessante presa di posizione.
Io e Rob che ci troviamo a parlare.
Non avrei mai pensato.
Appena in strada mi accendo una sigaretta e aspiro come un forsennato, la nicotina un po’ mi calma ma comincia a non funzionare più.
Mike mi manda in bestia, per un motivo o per l’altro mi manda sempre in bestia.
O perché voglio scoparmelo e non posso o perché si impone su tutti e basta!
Chi cazzo si crede di essere?
Sembra buono e gentile ma ha un caratterino… non è che ti insulta, quello nemmeno discute e ti considera. Semplicemente si fa come dice lui!
Non so cosa gli dicano Joe e Brad, forse gli danno retta nella sua fottuta follia del ‘facciamo tutto da capo!’
Però Rob mi osserva attento ed aspetta che mi vada via l’istinto omicida.
Mi stringo nelle spalle dopo un po’ e scrollo la testa, segno che se proprio vuole può parlare.
Allora ci si mette, lo sapevo che aveva qualcosa da dire.
- Da quando hai voglia di farti di nuovo? - questa domanda mi stupisce, è come le unghie sulla lavagna. Smetto di aspirare e rimango di merda a fissarlo. Non fa una piega, poi però accenna ad un sorriso incoraggiante e continua.
- Lo riconosco subito il nervoso da ‘ho bisogno di farmi!’ -
Il nervoso di cui parla torna su a montarmi di nuovo come una mina calpestata per caso.
- E tu non hai mai voluto farti di nuovo? - Rob non si stupisce della mia rispostaccia e si stringe nelle spalle.
- Un paio di volte, ma ne ho sempre parlato con Brad o Mike e mi hanno aiutato, sai… cose come parlare di cosa mi faceva venire voglia… - Storco la bocca, che palle! Perché devo parlarne per forza?
Con lui poi che non lo conosco!
Rob capisce che non voglio parlarne, capisce anche il punto ed alzando le mani in segno di resa dice calmo:
- Senti, non devi parlarne con me se non vuoi… solo… parlane con qualcuno, ok? Se preferisci Mike, o tua moglie… ma parlane con qualcuno perché la chiave per non ricascarci è parlarne. -
La fa facile lui.
Con Sam non posso perché le ho promesso che una volta smesso non ci sarei ricaduto e con Mike… BE’ CAZZO E’ LUI CHE MI FA VENIRE VOGLIA!
Non ne parlerei con nessun altro.
Scuoto la testa stufo, sempre la solita merda.
Che poi perché uno dovrebbe farmi tornare voglia?
Solo perché con lui è un casino?
E allora?
Cazzo!
- Non è niente, passerà! È normale, ho smesso da poco… - I suoi occhi limpidi e cristallini sembrano proprio dire ‘troppo’.
Avrà anche ragione, ma non ho voglia di parlarne.
 
Quando torniamo su Mike pare essersi convinto a dare l’ok al demo e la lista delle case discografiche è già pronta, quindi ne richiediamo un numero preciso di copie. Ora dobbiamo solo aspettare.
Aspettare che arrivino i cd e che i discografici le sentano.
Mi sento strano, potrebbe essere il più grande fallimento della mia vita. Ho lasciato l’Arizona per venire qua a Los Angeles a cantare con questi qua… e forse sono il più idiota del mondo.
Anzi. Senza forse.
Considerando che qua mi sta tornando la voglia di farmi.
Che poi ho smesso per venire qua quindi potrebbe essere la mia rovina o la mia salvezza.
Uscendo io e Mike incrociamo gli sguardi, mi evita, vuole che non fiati nemmeno, si sente male solo se esisto qua al suo fianco.
E tu pensi che basti questo?
Non guardarmi e non parlarmi?
Non capisci che se vuoi il tuo cazzo di rapporto perfetto questo è proprio quello che devi evitare?
- Vi va una bevuta al Bum Bum Cha? - Lo chiede lui ma con uno strano tono, non ha più l’entusiasmo di sempre e per un momento mi viene il dubbio che non sia il problema  che penso. Cioè magari anche ma non solo.
Non lo capisco proprio, per me è un mistero.
Ma mi piace anche con quest’aria tutta tesa e pensierosa.
Porca puttana!
Ci ritroviamo comunque al locale, inizialmente si parla del più e del meno, ognuno dice la sua sul lavoro completo, poi si mettono a parlare di quello che vorrebbero fare nel caso andasse bene, delle modifiche alla musica che hanno fatto fin’ora e cose simili.
Musica musica e sempre musica ma Mike non sta dicendo qualcosa e per un momento la voglia di sfidarlo e di farmi passano in secondo piano, c’è solo quella di parlargli e capire cos’abbia!
C’è così un momento preciso in cui, forse è così fuori che non se ne accorge nemmeno altrimenti scapperebbe, però sono Brad e Rob ad ordinare da bere -quei due stanno troppo insieme ultimamente- e Joe è al bagno a far la fila.
Così eccoci qua io e lui.
Ma dai.
I nemici primi!
Potrei approfittarne per dirgli di tutto ed invece… invece stupisco me stesso.
- Che diavolo hai? - Domanda apparentemente provocatoria ed ovvia.
Lui sussulta.
- Perché? - Che me lo chieda mi fa capire che ho ragione, ha qualcosa.
Mi avvicino con la sedia a lui, i gomiti sul tavolino e lo fisso da vicino attraverso le lenti degli occhiali.
- Perché non è imbarazzo per quello che è successo. E non è nemmeno voglia di scappare da me, o non saresti rimasto qua con me ora… - Ecco qua il punto. Lui sgrana gli occhi e pare rendersene conto solo ora.
Ma dai, che bellezza!
Trattiene il fiato e sembra ritirarsi in sé stesso, forse non ne parlerebbe se non sotto tortura. Bene, sono bravo anche in questo.
Mi avvicino ancora, non gli do tregua. Voglio che mi dica che diavolo ha.
- Mike! Se vuoi tiro ad indovinare ma se mi metto a sparare cose imbarazzanti e ci sentissero poi sono cazzi tuoi! - All’eventualità che lo sputtani va in caos e parla subito agitato.
- Non c’entri tu! È che… - Esita, io lo fisso insistente. Per un momento non abbiamo un passato, una guerra in corso. Per un momento siamo noi e stiamo insieme e basta. È tutto perfetto. È come vorrei che fosse. - E’ che ho una dannata paura che non vada bene! Sarà un disastro! Forse dovevamo metterci più sonori, più parti cantante, è troppo hip hop, no? - E’ come aprire un argine, il fiume straripa e comincia a parlare di questo a macchinetta.
Della musica, di come l’abbiamo fatta, di come pensa d’aver sbagliato e di tutti i fallimenti che è convinto faremo.
Dopo un po’ lo fermo e gli metto il dito sulla bocca. Smette di parlare come se l’avessi colpito di schianto con un pugno sul mento.
- Andrà tutto fottutamente bene. - Non ho molto da dire, io stesso avrei bisogno di sentirmelo dire. Invece sono io che lo dico a lui.
Che ridere.
Però lo faccio e sono serio e fermo ed è proprio quello che voleva. Sembra che gli stacchi una spina e gliene riattacchi un’altra.
Il sorriso che mi lascia è la gratitudine incarnata e rimango inebetito.
Lo trovo proprio bello anche se forse non lo è, però… come posso dire?
È il sorriso.
È questo suo dannato sorriso.
Cazzo, non so come dire…
Io mi odio, sia nell’aspetto che nell’essere che nel fare. Mi piace solo come scopo e come canto.
Però di lui mi piace tutto.
Tanto odio in me tanto mi piace in lui.
È come se fosse la mia fottuta antitesi, la parte bella di me.
Ed i giorni passano e tutto ciò si rafforza, però è proprio la primissima impressione che ho avuto quando l’ho conosciuto ed è un capolavoro ritrovarmi ora a pensare la stessa cosa.
Ed ancora una volta di più ne ho conferma. Fra noi non cambierà mai niente, ormai è partita così e sarà così per sempre.
Mike capirà prima o poi che sta pisciando contro vento?
Smetterà di opporsi a tutto questo?”
 
Però stiamo per diventare seriamente dipendenti l’uno dall’altro.
Me ne accorgo quando dal mio sorriso dipende il suo e quando poi dal mio dipende ciò che mi dice.
Non va bene, se va avanti così va avanti male.
Però non so fermarlo, mi impegno ma non ci riesco dannazione e visto che sono tanto felice quando lui è contento e rilassato e che lo è se lo sono anche io, se rido, se faccio il coglione, allora appena torna Joe colgo la palla al balzo e mi metto a fare quello che con lui mi viene tanto bene.
Il coglione.
Chester ride e penso che sia la cosa più bella di tutta la serata. Non so come andrà questo progetto della musica, non so proprio niente ma… bè, spero che almeno con lui, in qualche modo vada bene.
Quando Brad e Rob tornano li squadro rendendomi conto che ultimamente stanno tanto insieme, la cosa solo ora la noto per quella che è.
Come qualcosa di sospettoso.
Mi accendo, è come se mi attaccassero la spina e appena lo penso sbatto le mani sul tavolo, tutti sussultano e dopo di che mi fissano come se fossi pazzo.
A questo punto fisso Rob e grido come un coglione:
- E TU CHE HAI DA DIRE A TUA DISCOLPA? -
Rob si spaventa pure e sgranando gli occhi mi fissa come se fossi matto, poi Joe scoppia a ridere capendo che sono in fase demente e che mi sono ripreso da qualunque cosa avessi prima -grazie a Chester, dannazione- e questo poi infatti lo segue a ruota.
È come se avesse un’apparizione mentre faccio l’imbecille e l’atmosfera si accende di brutto.
Ride, mi fissa e si illumina.
Me ne accorgo perfino io, è così evidente che gli manca solo un cartello!
Eccitato ed alimentato da questo, continuo a spararle e Joe mi dà una mano, in breve mi metto ad imitare L’Imperatore del male di Guerre Stellari e Chester si mette a piangere dal ridere.
Penso che se mi impegno sempre così posso riuscire a scacciare tutto il brutto che ha vissuto e farlo stare bene, solo bene, sempre di più.
Penso che sia ora come ora uno dei più grandi desideri che ho. Oltre che con la musica vada tutto bene.
Che Chester sia felice.
 
La serata finisce molto bene, continuo a fare il buffone e a far ridere tutti, poi ci separiamo e mentre Rob e Brad vanno via insieme perché abitano vicini -quei due non me la raccontano proprio-, Joe ci pianta perché è quello che abita più vicino.
- Dai, ti accompagno, non mi fido a farti andare solo in quel postaccio in cui abiti! - Non è tardissimo ma nemmeno presto. Se ci avessi pensato forse avrei evitato ma si sa che le cazzate le faccio perché non penso.
Non noto lo sguardo sibillino di Chester, forse sono troppo euforico e felice per la bella serata mi sono dimenticato di quanto pericoloso sia.
Non è proprio intelligente da parte mia in effetti, ma prima che me ne renda conto stiamo camminando insieme verso il suo orrendo quartiere.
- Io me la so cavare, ci sono cresciuto in mezzo a quella gente. Tu piuttosto… ne sei terrorizzato… mi sa che dovrò riaccompagnarti, poi. -
Non è che ha torto e rabbrividendo mi stringo nelle spalle guardando sospettoso chiunque mi passi vicino.
Di nuovo la risata di Chester mi distrae e mi fa sentire meglio, così rilassato torno a parlare senza connettere il cervello. È solo lui che ha questo potere.
- Non ti ho mai sentito ridere tanto in due settimane! - Ne sono felice. Sì, perché ride ma soprattutto perché ride per merito mio.
Lui si spegne un po’ ma non toglie proprio del tutto il sorriso.
- Hai dei poteri strani tu! - Mi inorgoglisco e ridendo a mia volta lo sento rallegrarsi.
- L’uomo della risata! - Commento come il coglione che sono. Dio, fa che rida sempre come ora.
Arriviamo a casa sua così, io sparando cazzate e lui piangendo dal ridere, come se fossimo solo amici, come se non fosse mai successo niente prima. Proprio come vorrei che fosse sempre stato.
All’ingresso del suo orribile e decadente palazzo si ferma e mi fa segno di salire.
- Ti va di bere qualcosa? - Guardo l’ora, non è tardissimo. Non dovrebbe ancora esserci Sam, non penso ci sia niente di male, non combinerà mica niente.
Ed anche se fosse sono benissimo capace di gestirlo.
Credo.
Cioè in realtà mi devo allenare, prima o poi ci devo riuscire se intendo essergli amico a vita.
Dai, è ora di provarci seriamente.
Annuisco e lo seguo e forse lo faccio solo perché voglio tornare a provare quella tensione erotica di sempre. Di ogni volta che ci guardiamo.
Quella tensione che mi fa cadere ai suoi piedi a fargli certe cose.
Penso che ci spero, in realtà, però non lo ammetterò mai.
Per i corridoi c’è gente di dubbio gusto che chiaramente spaccia e chiede a Chester se vuole qualcosa di buono da consumare col suo ragazzo, parlando di me. Io vorrei solo scappare, rabbrividisco all’ambiente che c’è. Oh dannazione, ma perché deve stare qua? Ora me lo riporto a casa!
- Non è il caso, il mio ragazzo è pulito… - Risponde tranquillo prendendomi la mano e tirandomi via, mi ero bloccato impressionato con una faccia da pesce infantile. Penso che quando arriviamo a casa sua sono ancora sotto shock per quello che è successo, per come ci hanno chiamato, per quello che abbiamo finto di essere e per come l’ha gestita.
È abituato.
Come diavolo ha vissuto fin’ora?
Quando chiude la porta dietro di sé mi fissa e ride, poi fa per lasciarmi la mano ed andare a prendermi qualcosa dal frigo, abbiamo lasciato delle birre ieri. Lo trattengo senza pensarci, quello che ho appena visto mi ha fatto capire precisamente cosa ha passato e mi spaventa, mi spaventa a morte, ora, che viva qua. Perché ha smesso da poco di farsi e si sta lesionando ripetutamente ancora.
Si odia tanto?
Lo tengo, lo tiro e lo volto, a questo punto, col suo sguardo sorpreso e la sua mano ancora nella mia, dico serio, deciso e preoccupato.
- Perché sei così autolesionista, Chester? - Vado dritto al punto nodale, salto tutti i preliminari, cosa che normalmente farebbe Chester, e mi faccio fissare come se fossi pazzo. Non resisto e gli metto l’altra mano sul viso, lo tengo ancorato a me con sicurezza, lo fisso intensamente e la preoccupazione sale. Preoccupazione onesta. Capirà o si arrabbierà?
La tensione sale dentro di me in questa frazione di secondo in cui viviamo in apnea a stretto contatto.
Non volevo fosse così ma ci sono delle priorità, nella mia vita. Ha ragione.
E non è vivere secondo i miei principi. Non sempre. Ci sono volte in cui le persone che ho davanti sono molto più importanti.
- Che diavolo puoi saperne tu? - Sta per reagire male, sta per scoppiare e mandarmi a cagare e ne ho il sacro terrore.
Respira, Mike, respira.
Perché hai voglia di tutto ma non di andartene.
Sentirà il mio cuore impazzito nel petto?
- Ti facevi, hai smesso da poco ed ora vivi qua in mezzo ai tossici. Perché ti fai questo? -
La risposta arriva immediata ed è come uno sparo perché è la cruda verità ed è molto peggio.
- Perché era peggio vivere con te. Vivevo di merda perché ogni fottuto giorno volevo violentarti e non potevo. Allora ho scelto il male minore. - Non era mai stato tanto onesto, penso.
Rimango di sasso, non riesco a parlare e succede allora una cosa.
Succede a me.
È una scintilla, una scarica elettrica e la ribellione si impossessa di me. Come altre volte è successo.
Ed esattamente come in tutte quelle lo prendo per i fianchi e con sicurezza eccessiva lo spingo conducendolo al tavolo sgangherato poco più in là.
Lo appoggio sopra e lo fisso a questa vicinanza ubriacante da star male. Non me ne potrei mai andare, stasera.
Perché ieri l’ho scampata ma stasera… Dio, stasera non ne ho le forze. Perché sto scoprendo tutta quella parte di Chester che mi sfuggiva.
- Tu non sei il male minore. Tu, la tua salute, la tua vita. Devi scegliere sempre te per primo, Chester. Questo ambiente è una tortura autentica, smettila di farti del male. So che ti piace sentire dolore ma smettila, smettila perché ti sentirai sempre peggio. Prenditi cura di te. Non puoi stare qua. Ti fa davvero male! Scegli te, per una volta! -
E non so ancora niente di lui, però so che ha sofferto molto, è stato di merda ed ora si sta ributtando in un vortice ingestibile.
Penso che le mie parole facciano effetto, lo penso seriamente perché nel sentirle, nel guardarmi così è come se si svegliasse da un lungo sonno, ha una luce di vita negli occhi e mi fissa facendomi rabbrividire.
Amo questo tipo di sguardo.
E forse lo amo perché è il suo.
A questo punto mi lecca le labbra e provocante come una maledetta puttana risponde roco:
- Va a tuo rischio e pericolo. Se io scegliessi me ti scoperei, Mike. - E cazzo forse è tutto ciò che desidero.
Poi lo guardo meglio. Il cuore mi sta esplodendo, forse è un infarto, non lo so.
Mi sento male, mi sento fottutamente male e penso che se non faccio qualcosa morirò.
Allora lo faccio e al diavolo.
Sto per morire, non posso pensare di trattenermi ancora.”

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Per chi non sa...
Chester ha ripetuto spesso che all'inizio della sua avventura col gruppo pensava di continuo che potesse essere un enorme fallimento... ha avuto molti dubbi ed è spesso stato sul punto di mandare tutto al diavolo e tornare dove era prima...
è anche vero che Chester ha smesso di farsi e di bere prima di venire lì a Los Angeles e che aveva promesso a Samantah di non riprendere, lei comunque l'ha aiutato a smettere la prima volta.