CAPITOLO
LXXVIII:
RESPONSABILITA'
“Ho
voluto farlo da solo.
È
stato Mike a dirmi dei risultati che sono arrivati allo studio del
suo amico, mi ha detto tutto con molta calma, poi mi ha chiesto di
nuovo cosa volessi fare.
Ci
ho pensato, penso un paio di secondi, forse minuti. Poi con sicurezza
ho detto una sola cosa.
Andavo
a prendermi quei bambini.
Mi
ha chiesto se volevo che venisse anche lui, io ho detto che era una
cosa che dovevo fare da solo.
È
normale, dopotutto.
Non
so nemmeno come si chiama.
Ci
ho pensato da quando lei è comparsa ma alla fine mi dicevo che avrei
visto sulla pelle al momento, ebbene ora ci sono.
Non
è la prima volta che sono padre, Draven è il mio primo vero figlio,
un altro ne nascerà, però mi sento strano. Sto per conoscere il mio
vero primogenito ed ancora non so cosa dovrei provare.
Non
penso che onestamente lo sentirò mai veramente mio come dopotutto
non sento veramente mio Draven, anche se lo amo tantissimo e sto
recuperando tutto il tempo perso con lui.
Però
è diverso vedere nascere un figlio, vederlo crescere giorno dopo
giorno, essergli sempre vicino. Non sono ipocrita, è così. Però si
può amare tantissimo anche quello che non vedi nascere o che non
vedi crescere da piccolo.
Suono
il campanello dell'indirizzo che mi ha dato per telefono e ad aprirmi
è il più piccolo dei due bambini.
Mi
sembra subito strano ma mi dico di aspettare. Cosa, poi, non lo so.
-
C'è la mamma? - Mi ritrovo ad essere inaspettatamente dolce e lui
annuisce, è spaventato, ha un'aria strana. Triste.
Un
bambino così piccolo e così triste.
Questo
ha i miei occhi, sicuri che non sia lui mio figlio?
Mi
mordo l'interno della guancia e chiedo sempre delicato:
-
Posso vederla? - Lui annuisce ancora e si fa da parte.
Entro
e vedo l'appartamento, è un tugurio, un buco del cazzo sporco e
puzzolente che fa proprio schifo.
Per
un momento vengo sbalzato indietro nel tempo, nel mio tempo di merda.
Perfino
il quartiere in cui vivono fa cagare.
È
tutto così come nei miei ricordi.
Un
appartamento schifoso, io da solo per la maggior parte del tempo a
sopportare cose che un bambino non dovrebbe.
Il
cuore comincia a battere ma faccio forza su me stesso per mantenermi
calmo. Mano a mano che vado avanti in questo schifo mi ritrovo anche
a violentarmi, in effetti. Perchè mi ricorda troppo la mia vecchia
casa e vorrei solo andarmene.
Forse
dovevo dire a Mike che venisse con me.
Sospiro.
-
La mamma? - è così sporco, cazzo.
È
tutto così sporco.
E
questi bambini vivono così. Mangiano ogni giorno?
Bottiglie
vuote intorno. Le noto subito. E la puzza di sigaretta mi dà la
nausea.
Apro
la finestra per far cambiare l'aria, chissà da quanto non lo fa.
Mi
muovo piano cercando di evitare dei cocci rotti vecchi di chissà
quanto tempo, il bambino è distratto dalla mia presenza, mi guarda
con grandi occhi pieni di... speranza?
Non
sta attento a dove mette i piedi ed è scalzo, quindi mi viene
istintivo prenderlo in braccio per evitare si faccia male.
Mi
mette subito le braccia intorno al collo e vi si rifugia.
Ma
come diavolo è messo?
Si
sta attaccando ad uno sconosciuto, ci rendiamo conto?
L'orrore
cresce mentre la voragine dentro di me si riapre.
Non
ci ricadrò dentro.
Sento
delle voci e dei rumori che seguo, mi ritrovo al bagno.
Riversa
sulla tazza c'è lei ed il figlio più grande, il mio, le sta tenendo
la testa ed i capelli in modo che non si sporchi e non cada nel suo
stesso vomito.
Deja-vu.
Io
che lo faccio con mio padre.
Beveva
anche lui, diventava violento con me, arrivava a picchiarmi. Quando
mi andava bene dovevo aiutarlo a vomitare.
Deja-vu
del cazzo.
Il
bambino mi guarda ed eccomi lì come lui, magro, morto dentro. Non è
presto perchè io ero come lui quando lo ero.
Buon
sangue non mente, no?
La
storia si deve ripetere per forza, ha la sfiga di avere i miei geni
del cazzo. Non ha scelta che soffrire.
Ci
guardiamo, ci parliamo, ci capiamo e vedo e so tutto quello che ha
passato e sta passando.
Lei
è depressa perchè non ha combinato un cazzo di buono nella sua vita
e beve, prende pastiglie ed il risultato è questa merda.
È
destinato?
Respira,
Chester.
Respira
perchè se non lo fai muori e non puoi permettertelo, lo sai bene.
Sei
grande, ne sei uscito e sai una cosa?
Mi
perdo nei suoi occhi del mio stesso colore e capisco bene, so perchè
sono qua e so perchè Dio me l'ha mandato. Perchè io potessi
riconoscere il suo dolore ed evitarglielo.
Solo
uno che l'ha passato sa come fare.
Nessun
altro potrebbe salvarlo.
Elka
finisce di vomitare e si tira su, si pulisce e mi vede. Non sa che
voglio portarmeli via, pensa che ora pagherò e che i suoi problemi
sono risolti.
Si
sbaglia di grosso.
È
uno straccio, fa davvero vomitare. Ha i capelli oleosi, le occhiaie,
è pallida. Quel giorno si era tirata a lucido per incontrarmi e si
era portata i figli fingendo che andasse tutto bene, ma Mike l'ha
capito subito ad uno sguardo.
-
Chester... non pensavo saresti venuto... hai saputo, allora... -
Scuoto
il capo con disprezzo ed amaro dico:
-
Sì, ci siamo parlati al telefono! - Lei piega la testa colpita dal
fatto che non lo ricorda.
-
Davvero? - Sgrana gli occhi. Dio, è completamente andata.
Se
prima potevo avere dei dubbi ora non ne ho.
Se
venendo qua li avessi visti a posto e felici, uniti tutti e tre,
glieli avrei lasciati e le avrei dato il cazzo di assegno mensile, mi
sarei limitato a vederli regolarmente. Ma non saranno dei nuovi
Chester, questi due bambini.
Non
lo permetterò.
E
so che al mondo ce ne sono tanti ma io ora ho loro, sul mio cammino.
E
lui è mio figlio.
-
Come vi chiamate? - Chiedo poi addolcendo il tono, la ignoro
completamente ed il grande, sotto shock, risponde automatico.
-
Io Jaime, lui Isaiah... - il piccolo Isaiah mi sta ancora attaccato
al collo, sembra una scimmietta, penso non mi si staccherà. Sa che
lo aiuterà o per lo meno lo spera. Non mi lascerà finchè non
l'avrò portato fuori.
-
Potete andare in camera e mettere insieme le vostre cose? - E chissà
perchè immagino che saranno poche.
Non
fanno domande ma la luce di speranza in Jaime mi fa capire che sa. Si
accende brevemente e per un momento penso... Dio, cosa avrei dato
perchè alla sua età qualcuno venisse a prendermi e portarmi via dal
mio inferno.
Jaime
annuisce, mi viene davanti e prende suo fratello il quale si attacca
a lui. Dopo di che vanno nella loro camera e si chiudono dentro.
Elka
mi fissa stralunata, sembra si sia fatta e non lo escludo.
Respira,
Chester.
-
Capisci ancora se uno ti parla o devo aspettare che tu vomiti ancora?
- Lei si alza appoggiandosi pesantemente al lavandino.
-
Capisco, non sono fatta! - Alzo un sopracciglio ironico.
-
Davvero? - Sputa.
-
Piantala! Quanti soldi ci darai al mese? -
E'
come uno zombie, è un morto che cammina e penso che io ero così
fino ad alcuni mesi fa. Dio, che schifo. Come si può arrivare in
basso se ci si impegna a fallire.
Esco
dal bagno e lei mi segue, se ci resto vomito io.
-
Niente. - Dico duro.
-
L'hai capito che è tuo figlio o no?! - Ruggisce senza nemmeno le
forze di gridare.
-
Sì che l'ho capito e sono qua per questo. Ma non ti darò un soldo.
Non alimenterò la tua distruzione! Ne dovrai uscire e dovrai farlo
da sola, trova le fottute forze dove cazzo ti pare. Io le ho trovate
ed ero dannatamente solo! Quindi lo farai anche tu! Non so cosa cazzo
ti sia successo e non me ne fotte, io ho abbastanza dell'inferno che
ho superato. - Sono molto duro e velenoso, ma non riesco ad essere
diverso, in questo momento.
Lei
capisce il senso di ciò che dico e percepisce il tono, ma non
precisamente le parole e rido di lei.
È
proprio finita.
No,
che dico.
Non
si è mai finiti davvero.
Se
ce l'ho fatta io ce la possono fare tutti.
Magari
questa sarà la sua scossa. Io che le porto via i figli. La mia è
stato Mike che faceva un altro gruppo.
-
Cosa cazzo stai dicendo, si può sapere? Tu ci devi dei soldi, lui è
tuo figlio! - Ora alza il tono ma è isterica, il viso si deforma in
una smorfia oscena ed io la fisso duro come il marmo. C'è disprezzo
puro in me.
-
Loro avranno tutto ciò che serve, ma l'avranno direttamente da me.
Tu non li porterai nel tuo inferno! - lo sputo come un serpente che
avvelena la sua preda.
Si
sente così mentre capisce che loro saranno aiutati e lei no.
Lo
posso fare? Oh, certo e lo sa.
Perchè
se chiamo i servizi sociali le tolgono tutto lo stesso e la
differenza è che magari la mettono anche dentro! Io la rinchiuderei!
La sto togliendo dagli impicci.
-
Chester non fare lo stronzo! L'hai fatto quella volta! Ti sei
divertito a scopare il tacchino, no? Adesso assumiti le tue
responsabilità! - ma non capisce l'inutilità delle sue parole.
-
Oh, lo sto facendo, non vedi? - Lei prende fiato per gridare qualcosa
ma non ce la fa, è persa e nel panico, così continuo. - Sai cosa
vedo in quei bambini? Me stesso! Non ti permetterò di creare altri
me. Se ti dessi i soldi te li berresti. Ti devi pulire, Elka. Di loro
vedrò io. Darò loro ciò che avrei voluto avere io per me. Non se
ne parla che li lascio a te. E su questo non tornerò indietro. -
Con
questo vado oltre, entro nelle loro camere e lei grida, i bambini
hanno fatto degli zainetti, uno a testa. Così poche cose a testa.
Dio, ma a cosa sono ridotti?
Tremo
di rabbia perchè vorrei picchiarla fino a ridurla in poltiglia, ma
poi non potrei avere questi piccoli per me, così mi trattengo e mi
limito a tremare.
Le
mani non sono ferme.
Jaime
mi guarda per capire se è vero o se ora che lei urla isterica come
una pazza ed io tremo di rabbia, cambierà qualcosa. Non lo deluderò.
È il primo vero impatto che ho con lui, non lo deluderò.
Mi
prendo lo zaino del piccolo e me lo carico in braccio così Jaime si
prende il suo e la luce nei suoi occhi sembra farsi strada. Forse può
fidarsi.
Sorrido.
È
questo a calmarmi. Questo sguardo, questo suo fidarsi di me, questo
prendere il suo zaino e prendere la mano che gli porgo.
-
Andrà tutto bene. - Mormoro mentre Isaiah si aggrappa al mio collo
come prima, si tappa le orecchie per non sentire le urla di sua
madre.
Ci
aveva sperato dal primo istante in cui mi ha visto al negozio. Jaime.
Mi ricordo che mi guardava come fossi il suo eroe.
Bene,
lo sarò.
Lo
prendo per mano ed esco. Elka sta ancora urlando ed onestamente non
so cosa, ma lo immagino.
Non
li posso portare via, loro sono figli suoi, non ne ho il diritto, non
posso venire e toglierle tutto così come voglio. Sulla porta mi
fermo e mi giro, la guardo feroce. Vorrei picchiarla a sangue di
nuovo, ma mi limito a questo sguardo di odio puro e a queste parole.
-
Tu non li vuoi perchè sono figli tuoi e li ami, li vuoi perchè
erano la tua unica arma contro gli altri. Adesso non hai niente, sei
disarmata e te la dovrai cavare da sola. Rialzati e torna quando
sarai pulita! - Dopo di che lascio che i suoi figli la guardino, le
cola il naso, piange, il trucco della sera prima o di chissà quando
è sceso dagli occhi gonfi e pesti. È così pietosa.
Spero
che non sia l'ultima immagine che avranno di loro madre.
Ma
di sicuro il padre non li deluderà più, non permetterò che accada.
Lo
giuro su Dio.”
“Quando
sale in macchina li tiene stretti a sé ed il piccolo non si vuole
separare, il cuore è stretto così forte che penso che non verrà
più liberato, sale dietro con il grande e parto.
La
loro vita sta per cambiare ed almeno loro ce la potranno fare.
Sono
fortunati ad avere Chester, non sanno quanto.
Sono
profondamente scosso da quanto sta accadendo, perchè Chester ha una
faccia tremenda e capisco che deve essere stata una situazione
atroce. Il piccolo non gli si stacca.
Sto
in silenzio mentre li porto a casa sua e di Talinda, lei ha deciso di
rimanere là a preparare la loro nuova camera. Prima di andare le ho
parlato e le ho chiesto se voleva andare lei, ha risposto che Chester
aveva bisogno della persona che amava accanto.
Io
allora le ho detto che quei bambini, poi, avranno bisogno di una
madre. Lei ha annuito seria, poi ha sorriso.
Sapevo
ad istinto che non ci sbagliavamo con lei, certe cose le senti e non
te le spieghi.
-
Non vi nascondo la verità. Ho passato l'inferno, alla vostra età.
So cosa vuol dire crescere e stare male, però so che ognuno ha il
suo male. Però voglio solo dirvi una cosa. Non permetterò che il
vostro male continui. Farò del mio meglio per aiutarvi. So che
separarvi da vostra madre è crudele e traumatico, ma ora come ora
lei rappresenta il vostro male. Tornerà, perchè quando si tocca il
fondo si torna, dopo. Però le serve tempo. Starò io con voi. - è
presto per parlare di padri e futuro e non lo fa.
Per
un momento mi commuovo perchè io lo sapevo che Chester era l'unico a
poter trattare con questi bambini. Se fossi stato io non avrei saputo
cosa dire e cosa fare, lui lo sa. Lui ci è passato. Sa cosa dà
fastidio e fa male, sa cosa va detto e non va detto.
Per
questo il grande sospira e non dice niente ed il piccolo piange fra
le sue braccia. Lo consola e si presenta.
-
Io sono Chester e sarò il vostro papà. Non potevo esserci perchè
non sapevo della vostra esistenza, ma ora vi aiuterò. Sono qua per
voi. - Sorrido perchè penso che questi piccoli ora debbano sentirsi
col cuore aperto. È così che ci si sente quando i sogni che fai a
lungo si realizzano.
Lo
dice poco prima di arrivare.
Jaime.
-
Ti ho aspettato tanto. - penso che Chester si ingroppi, lo vedo
stringergli il ginocchio perchè sa che non bisogna esagerare coi
contatti in questi casi, bisogna lasciare che sia l'altro. Non sarà
facile, non sarà una passeggiata, ma sicuramente ce la faranno.
Perchè Chester è l'unico che potrebbe.
Talinda
-col pancione è deliziosa- è perfetta, non so da cosa l'avessimo
capito quel giorno, ma lo è davvero. Forse lo è di più perchè è
incinta, che ne so! A volte è così!
Si
prende il piccolo Isaiah che si aggrappa a lei come a qualunque altra
persona buona che incontra, ha bisogno di aria pulita, quel bambino.
Mi fa una grande tenerezza.
Si
prende anche Jaime e lo porta nella loro camera. Ha deciso di
sistemarli insieme per farli sentire più a loro agio, poi crescendo
potranno decidere dove stare.
È
molto materna ed è strano vederla in questi panni dopo averla vista
mezza nuda oppure in quelle pose da donna perfetta al fianco di
Chester.
È
qua che lo è davvero, però. Mentre dimostra un senso materno che
non pensavo potesse avere così spiccato.
Così
mentre lei si occupa di loro, io mi occupo un attimo di Chester che
va sul giardino nel retro e si siede per terra a fumare. Io mi siedo
accanto ed aspetto un po' prima di parlare.
-
Come ti senti? - Chiedo poi. Domanda stupida?
È
la sola sensata.
Si
stringe nelle spalle ed appoggia il mento nelle braccia che incrocia
sulle ginocchia piegato.
-
Bene! - Lo dice stupito di sé stesso perchè è vero, così mi volto
di scatto sorpreso a mia volta.
-
Davvero? - Lui gira il volto appena per vedermi e sorride a sua
volta.
-
Sì... bene... sai io... io penso che è perchè ho fatto la cosa
giusta, non credi? - Mi chiede conferma come ormai fa sempre dopo e
prima di ogni cosa che fa.
-
E' come quando ci siamo rimessi insieme? - E' il solo metro di
paragone che ho per dire quando io ho fatto qualcosa di veramente
giusto.
Ci
pensa e sorride teneramente.
-
Sì, è proprio quella la sensazione. Ero devastato, prima, ma poi mi
sono sentito... così bene... così in pace... ora è uguale. Sono
scosso, non lo nascondo. Era una merda quel posto. Come la mia
fottuta infanzia. Ho pensato che se non avessi fatto io qualcosa per
loro, sarebbero venuti su come me, non l'avrei permesso. Non so se
sarò in grado di essere un buon padre e se mi considereranno tale.
Non so che sarà ma di certo staranno meglio qua. So cosa gli serve,
so che è giusto. Lei... lei deve trovare la forza di uscirne. Deve.
Non ha scelta, ora. Ha perso tutto. - Sembra parli di sé.
Gli
prendo la mano che pende verso di me e poi appoggio la testa sulla
sua spalla, lui fa altrettanto sulla mia e stiamo così un po',
respiriamo calmi. Le cose si stanno rimettendo a posto.
-
E' atroce pensare cosa devono passare dei bambini. Certi hanno la
fortuna di uscirne, altri no... - Dice ancora scosso. Mi dispiace che
abbia dovuto affrontare tutto questo, ma penso che sia un po'... come
dire? Penso che sia un po' come affrontare i propri fantasmi.
-
Non hanno avuto fortuna. Loro hanno avuto te. - Alza la testa ed
aspetta che anche io faccia altrettanto per guardarlo. Quando i
nostri sguardi si incontrano di nuovo, me lo chiede.
-
E cosa sono se non un colpo di culo? - Io sorrido perchè mi
aspettavo la domanda e so la risposta.
-
Sei il loro miracolo. Tu hai avuto il tuo, lei avrà il suo, loro
hanno avuto te. Ognuno ha un miracolo nella loro vita. C'è chi lo ha
sotto forma di persone o sotto forma di qualcosa che sembra normale e
spiegabile e semplice, ma che comunque significa tanto. Qualcosa che
aiuta, che cambia, che tira su. E c'è chi ha bisogno di un miracolo
bello tosto perchè altrimenti non ce la fa. Un miracolo in piena
regola. Tipo tornare indietro dalla morte, vedere Dio... sai,
sciocchezze simili! - Concludo ridacchiando ed anche lui fa
altrettanto mentre capisce i riferimenti. Appoggia la fronte alla mia
e stiamo bene.
-
Il mio miracolo sei tu. - Scuoto la testa. Non smetterà mai di
pensarlo, ma mi piace quando lo dice. Gli bacio la fronte con una
dolcezza che viene stimolata da lui. È così vero quando è solo con
me. E pulito.
È
davvero un altro da prima.
-
Grazie per essere venuto. - Dice poi.
-
Non ti avrei mai lasciato solo. Te l'ho detto, no? - Annuisce ed
appoggia la testa di nuovo come prima, su di me. Ed io faccio
altrettanto.
A
volte le cose semplici sono le migliori. A volte, invece, serve un
gesto grandioso o non servirà a nulla.
Chester
è uno che necessita di cose grandiose, quei bambini magari
necessitano solo di piccole cose, chi lo sa. Ma sono sicuro che andrà
tutto bene. Ne sono certo.
-
Ti va bene se non dico niente a loro di noi due? Ne hanno abbastanza
della vita, fargliela capire ora mi pare troppo. - è bello questa
sua attenzione.
-
Assolutamente. Ora ti devi impegnare seriamente, Chester. Sei di
nuovo padre ed al contrario di prima, i figli sono con te, li
crescerai tu. Devi conoscerli ed instaurare un bel rapporto con loro.
Ci riuscirai. Ora entra in gioco il tuo sogno. Una famiglia numerosa,
felice ed affiatata. Sono sicuro che tu e Talinda ci riuscirete. -
Continuiamo
a parlare così, appoggiati senza bisogno di guardarci.
-
E' in gamba, abbiamo scelto bene. È un po' come me, riesce ad
adattarsi facilmente. -
-
Talinda è perfetta ma lo sapevamo. - Ridacchia.
-
Tu lo sapevi. -
-
Ora dovresti andare da loro ed io a casa. - Però forse ha una
connotazione triste questa cosa. In qualche modo. Lui la percepisce
anche se io non volevo l'avesse.
-
Io non voglio che tu esci dalla mia vita. Ho detto a Talinda che
sarebbe stato un matrimonio di facciata perchè amo te, non voglio
che ti metti da parte. - Alzo la testa, questa volta, e lo guardo.
Sono sereno e sicuro, non ho ombre.
-
Non uscirò mai dalla tua vita. Sarò sempre con te. È solo che
quando dici 'famiglia' intendi padre, madre e figli. È questa la
famiglia che hai scelto per dare serenità ed equilibrio ai tuoi
figli, altrimenti potevi evitare di sposare Talinda, potevi fare i
figli e stare tu e loro e basta... Devi assaggiarla così, è bella,
vedrai. Io poi ci sono al di fuori. - Fa una specie di broncio
delizioso che mi da ridere.
-
Così sembri l'amante e basta. - Sgrano gli occhi. Che uscita.
-
Chester, è quello che sono. E tu sei il mio! Il fatto che le mogli
sanno non significa che i figli possano essere messi in mezzo ad un
tale casino. Non è giusto che sia così, non deve. Hanno la loro
innocenza da vivere. Restiamo due amanti clandestini a tutti gli
effetti, i matrimoni sono una facciata ma ci sono. E poi i figli sono
veri. - Glielo ricordo perchè non se lo dimentichi. Storce la bocca,
non è molto convinto ma l'accetterà.
-
Tu sei mio marito ed io solo il tuo. - Fa come un bambino
capriccioso. Sorrido divertito. Poi aggiunge. - Vorrei poter avere
una famiglia allargata. - Alzo le sopracciglia perchè so cosa
intende.
-
In un altro universo, forse... - sbuffa seccato e ritorno a ridere. -
Dai, andrà bene anche così! Vedi la famiglia come... - non so cosa
dire per lasciarlo soddisfatto. Se dico che io sono l'amante non gli
piace perchè per lui io sono il fattore principale della sua vita.
Cosa gli dico? Poi arriva l'illuminazione. - Il passatempo migliore
mai esistito! - A questo si accende e si raddrizza fissandomi
interessato.
-
Mmm... figa questa! -
E'
così che scoppiamo a ridere e Talinda viene a chiamarci per dire che
i bambini hanno fame, allora mi alzo e saluto, lei insiste affinchè
rimanga, ma le dico che tornerò un'altra sera con Anna e che faremo
molte serate insieme, perchè anche Anna ha bisogno di compagnia.
Lei
annuisce e torna ad invitarmi. È molto gentile ed alla mano oltre
che spiritosa e simpatica.
Un
terno al lotto.
Uscendo
di qua ho una visione. È la visione di una specie di famiglia
allargata per davvero.
Io,
Chester, Talinda, Anna, i nostri vari figli e tutti sempre insieme,
sereni, come un unico stesso nucleo.
Perchè
poi ci sono tanti tipi di amori ed affetti. Sono tutti importanti.
Non esiste solo la persona che amerai fino alla morte con tutto te
stesso, esistono anche quelle persone che vuoi che siano felici lo
stesso anche se è solo affetto. Persone importanti a cui vuoi bene.
Un bene dell'anima.
Questa
visione mi culla mentre guido verso casa ed un paio di canzoni mi si
formano nella mente. Riecco la voglia di comporre. Spettacolo.”
_____________________
Per
chi non sa...
Chester
ha adottato entrambi i figli di Elka anche se solo Jaime era il suo.
Non si sa come mai, non si sa quando, si sa solo che è accaduto nel
corso degli anni, dopo il matrimonio con Talinda. Dal fatto che Chez
li abbia adottati entrambi e li abbia tolti alla madre a quell'età
(erano comunque piccoli), mi fa pensare alla versione che ho scritto.
Ovvero che lei non fosse in grado di occuparsi di loro. Nel corso
degli anni, lei ha avuto anche delle (od una, non so di preciso)
figlie da altri (od un altro) uomini. Insomma, non è un esempio di
donna, ma foto recenti hanno mostrato lei che vede regolarmente i
suoi figli, sta spesso con Chez e Talinda e sembra a posto, si può
dedurre che ora stia bene.
E'
risaputo che Chester e Mike hanno molta fede, soprattutto Mike. E che
Chester abbia trovato il suo equilibrio, fra le molte cose, anche
grazie a questo aspetto spirituale. L'ho detto altre volte ma lo
ripeto perchè qua se ne parla di nuovo.