CAPITOLO LXXVIII:
RESPONSABILITA'

Ho voluto farlo da solo.
È stato Mike a dirmi dei risultati che sono arrivati allo studio del suo amico, mi ha detto tutto con molta calma, poi mi ha chiesto di nuovo cosa volessi fare.
Ci ho pensato, penso un paio di secondi, forse minuti. Poi con sicurezza ho detto una sola cosa.
Andavo a prendermi quei bambini.
Mi ha chiesto se volevo che venisse anche lui, io ho detto che era una cosa che dovevo fare da solo.
È normale, dopotutto.
Non so nemmeno come si chiama.
Ci ho pensato da quando lei è comparsa ma alla fine mi dicevo che avrei visto sulla pelle al momento, ebbene ora ci sono.
Non è la prima volta che sono padre, Draven è il mio primo vero figlio, un altro ne nascerà, però mi sento strano. Sto per conoscere il mio vero primogenito ed ancora non so cosa dovrei provare.
Non penso che onestamente lo sentirò mai veramente mio come dopotutto non sento veramente mio Draven, anche se lo amo tantissimo e sto recuperando tutto il tempo perso con lui.
Però è diverso vedere nascere un figlio, vederlo crescere giorno dopo giorno, essergli sempre vicino. Non sono ipocrita, è così. Però si può amare tantissimo anche quello che non vedi nascere o che non vedi crescere da piccolo.
Suono il campanello dell'indirizzo che mi ha dato per telefono e ad aprirmi è il più piccolo dei due bambini.
Mi sembra subito strano ma mi dico di aspettare. Cosa, poi, non lo so.
- C'è la mamma? - Mi ritrovo ad essere inaspettatamente dolce e lui annuisce, è spaventato, ha un'aria strana. Triste.
Un bambino così piccolo e così triste.
Questo ha i miei occhi, sicuri che non sia lui mio figlio?
Mi mordo l'interno della guancia e chiedo sempre delicato:
- Posso vederla? - Lui annuisce ancora e si fa da parte.
Entro e vedo l'appartamento, è un tugurio, un buco del cazzo sporco e puzzolente che fa proprio schifo.
Per un momento vengo sbalzato indietro nel tempo, nel mio tempo di merda.
Perfino il quartiere in cui vivono fa cagare.
È tutto così come nei miei ricordi.
Un appartamento schifoso, io da solo per la maggior parte del tempo a sopportare cose che un bambino non dovrebbe.
Il cuore comincia a battere ma faccio forza su me stesso per mantenermi calmo. Mano a mano che vado avanti in questo schifo mi ritrovo anche a violentarmi, in effetti. Perchè mi ricorda troppo la mia vecchia casa e vorrei solo andarmene.
Forse dovevo dire a Mike che venisse con me.
Sospiro.
- La mamma? - è così sporco, cazzo.
È tutto così sporco.
E questi bambini vivono così. Mangiano ogni giorno?
Bottiglie vuote intorno. Le noto subito. E la puzza di sigaretta mi dà la nausea.
Apro la finestra per far cambiare l'aria, chissà da quanto non lo fa.
Mi muovo piano cercando di evitare dei cocci rotti vecchi di chissà quanto tempo, il bambino è distratto dalla mia presenza, mi guarda con grandi occhi pieni di... speranza?
Non sta attento a dove mette i piedi ed è scalzo, quindi mi viene istintivo prenderlo in braccio per evitare si faccia male.
Mi mette subito le braccia intorno al collo e vi si rifugia.
Ma come diavolo è messo?
Si sta attaccando ad uno sconosciuto, ci rendiamo conto?
L'orrore cresce mentre la voragine dentro di me si riapre.
Non ci ricadrò dentro.
Sento delle voci e dei rumori che seguo, mi ritrovo al bagno.
Riversa sulla tazza c'è lei ed il figlio più grande, il mio, le sta tenendo la testa ed i capelli in modo che non si sporchi e non cada nel suo stesso vomito.
Deja-vu.
Io che lo faccio con mio padre.
Beveva anche lui, diventava violento con me, arrivava a picchiarmi. Quando mi andava bene dovevo aiutarlo a vomitare.
Deja-vu del cazzo.
Il bambino mi guarda ed eccomi lì come lui, magro, morto dentro. Non è presto perchè io ero come lui quando lo ero.
Buon sangue non mente, no?
La storia si deve ripetere per forza, ha la sfiga di avere i miei geni del cazzo. Non ha scelta che soffrire.
Ci guardiamo, ci parliamo, ci capiamo e vedo e so tutto quello che ha passato e sta passando.
Lei è depressa perchè non ha combinato un cazzo di buono nella sua vita e beve, prende pastiglie ed il risultato è questa merda.
È destinato?
Respira, Chester.
Respira perchè se non lo fai muori e non puoi permettertelo, lo sai bene.
Sei grande, ne sei uscito e sai una cosa?
Mi perdo nei suoi occhi del mio stesso colore e capisco bene, so perchè sono qua e so perchè Dio me l'ha mandato. Perchè io potessi riconoscere il suo dolore ed evitarglielo.
Solo uno che l'ha passato sa come fare.
Nessun altro potrebbe salvarlo.
Elka finisce di vomitare e si tira su, si pulisce e mi vede. Non sa che voglio portarmeli via, pensa che ora pagherò e che i suoi problemi sono risolti.
Si sbaglia di grosso.
È uno straccio, fa davvero vomitare. Ha i capelli oleosi, le occhiaie, è pallida. Quel giorno si era tirata a lucido per incontrarmi e si era portata i figli fingendo che andasse tutto bene, ma Mike l'ha capito subito ad uno sguardo.
- Chester... non pensavo saresti venuto... hai saputo, allora... -
Scuoto il capo con disprezzo ed amaro dico:
- Sì, ci siamo parlati al telefono! - Lei piega la testa colpita dal fatto che non lo ricorda.
- Davvero? - Sgrana gli occhi. Dio, è completamente andata.
Se prima potevo avere dei dubbi ora non ne ho.
Se venendo qua li avessi visti a posto e felici, uniti tutti e tre, glieli avrei lasciati e le avrei dato il cazzo di assegno mensile, mi sarei limitato a vederli regolarmente. Ma non saranno dei nuovi Chester, questi due bambini.
Non lo permetterò.
E so che al mondo ce ne sono tanti ma io ora ho loro, sul mio cammino.
E lui è mio figlio.
- Come vi chiamate? - Chiedo poi addolcendo il tono, la ignoro completamente ed il grande, sotto shock, risponde automatico.
- Io Jaime, lui Isaiah... - il piccolo Isaiah mi sta ancora attaccato al collo, sembra una scimmietta, penso non mi si staccherà. Sa che lo aiuterà o per lo meno lo spera. Non mi lascerà finchè non l'avrò portato fuori.
- Potete andare in camera e mettere insieme le vostre cose? - E chissà perchè immagino che saranno poche.
Non fanno domande ma la luce di speranza in Jaime mi fa capire che sa. Si accende brevemente e per un momento penso... Dio, cosa avrei dato perchè alla sua età qualcuno venisse a prendermi e portarmi via dal mio inferno.
Jaime annuisce, mi viene davanti e prende suo fratello il quale si attacca a lui. Dopo di che vanno nella loro camera e si chiudono dentro.
Elka mi fissa stralunata, sembra si sia fatta e non lo escludo.
Respira, Chester.
- Capisci ancora se uno ti parla o devo aspettare che tu vomiti ancora? - Lei si alza appoggiandosi pesantemente al lavandino.
- Capisco, non sono fatta! - Alzo un sopracciglio ironico.
- Davvero? - Sputa.
- Piantala! Quanti soldi ci darai al mese? -
E' come uno zombie, è un morto che cammina e penso che io ero così fino ad alcuni mesi fa. Dio, che schifo. Come si può arrivare in basso se ci si impegna a fallire.
Esco dal bagno e lei mi segue, se ci resto vomito io.
- Niente. - Dico duro.
- L'hai capito che è tuo figlio o no?! - Ruggisce senza nemmeno le forze di gridare.
- Sì che l'ho capito e sono qua per questo. Ma non ti darò un soldo. Non alimenterò la tua distruzione! Ne dovrai uscire e dovrai farlo da sola, trova le fottute forze dove cazzo ti pare. Io le ho trovate ed ero dannatamente solo! Quindi lo farai anche tu! Non so cosa cazzo ti sia successo e non me ne fotte, io ho abbastanza dell'inferno che ho superato. - Sono molto duro e velenoso, ma non riesco ad essere diverso, in questo momento.
Lei capisce il senso di ciò che dico e percepisce il tono, ma non precisamente le parole e rido di lei.
È proprio finita.
No, che dico.
Non si è mai finiti davvero.
Se ce l'ho fatta io ce la possono fare tutti.
Magari questa sarà la sua scossa. Io che le porto via i figli. La mia è stato Mike che faceva un altro gruppo.
- Cosa cazzo stai dicendo, si può sapere? Tu ci devi dei soldi, lui è tuo figlio! - Ora alza il tono ma è isterica, il viso si deforma in una smorfia oscena ed io la fisso duro come il marmo. C'è disprezzo puro in me.
- Loro avranno tutto ciò che serve, ma l'avranno direttamente da me. Tu non li porterai nel tuo inferno! - lo sputo come un serpente che avvelena la sua preda.
Si sente così mentre capisce che loro saranno aiutati e lei no.
Lo posso fare? Oh, certo e lo sa.
Perchè se chiamo i servizi sociali le tolgono tutto lo stesso e la differenza è che magari la mettono anche dentro! Io la rinchiuderei! La sto togliendo dagli impicci.
- Chester non fare lo stronzo! L'hai fatto quella volta! Ti sei divertito a scopare il tacchino, no? Adesso assumiti le tue responsabilità! - ma non capisce l'inutilità delle sue parole.
- Oh, lo sto facendo, non vedi? - Lei prende fiato per gridare qualcosa ma non ce la fa, è persa e nel panico, così continuo. - Sai cosa vedo in quei bambini? Me stesso! Non ti permetterò di creare altri me. Se ti dessi i soldi te li berresti. Ti devi pulire, Elka. Di loro vedrò io. Darò loro ciò che avrei voluto avere io per me. Non se ne parla che li lascio a te. E su questo non tornerò indietro. -
Con questo vado oltre, entro nelle loro camere e lei grida, i bambini hanno fatto degli zainetti, uno a testa. Così poche cose a testa. Dio, ma a cosa sono ridotti?
Tremo di rabbia perchè vorrei picchiarla fino a ridurla in poltiglia, ma poi non potrei avere questi piccoli per me, così mi trattengo e mi limito a tremare.
Le mani non sono ferme.
Jaime mi guarda per capire se è vero o se ora che lei urla isterica come una pazza ed io tremo di rabbia, cambierà qualcosa. Non lo deluderò. È il primo vero impatto che ho con lui, non lo deluderò.
Mi prendo lo zaino del piccolo e me lo carico in braccio così Jaime si prende il suo e la luce nei suoi occhi sembra farsi strada. Forse può fidarsi.
Sorrido.
È questo a calmarmi. Questo sguardo, questo suo fidarsi di me, questo prendere il suo zaino e prendere la mano che gli porgo.
- Andrà tutto bene. - Mormoro mentre Isaiah si aggrappa al mio collo come prima, si tappa le orecchie per non sentire le urla di sua madre.
Ci aveva sperato dal primo istante in cui mi ha visto al negozio. Jaime. Mi ricordo che mi guardava come fossi il suo eroe.
Bene, lo sarò.
Lo prendo per mano ed esco. Elka sta ancora urlando ed onestamente non so cosa, ma lo immagino.
Non li posso portare via, loro sono figli suoi, non ne ho il diritto, non posso venire e toglierle tutto così come voglio. Sulla porta mi fermo e mi giro, la guardo feroce. Vorrei picchiarla a sangue di nuovo, ma mi limito a questo sguardo di odio puro e a queste parole.
- Tu non li vuoi perchè sono figli tuoi e li ami, li vuoi perchè erano la tua unica arma contro gli altri. Adesso non hai niente, sei disarmata e te la dovrai cavare da sola. Rialzati e torna quando sarai pulita! - Dopo di che lascio che i suoi figli la guardino, le cola il naso, piange, il trucco della sera prima o di chissà quando è sceso dagli occhi gonfi e pesti. È così pietosa.
Spero che non sia l'ultima immagine che avranno di loro madre.
Ma di sicuro il padre non li deluderà più, non permetterò che accada.
Lo giuro su Dio.”

Quando sale in macchina li tiene stretti a sé ed il piccolo non si vuole separare, il cuore è stretto così forte che penso che non verrà più liberato, sale dietro con il grande e parto.
La loro vita sta per cambiare ed almeno loro ce la potranno fare.
Sono fortunati ad avere Chester, non sanno quanto.
Sono profondamente scosso da quanto sta accadendo, perchè Chester ha una faccia tremenda e capisco che deve essere stata una situazione atroce. Il piccolo non gli si stacca.
Sto in silenzio mentre li porto a casa sua e di Talinda, lei ha deciso di rimanere là a preparare la loro nuova camera. Prima di andare le ho parlato e le ho chiesto se voleva andare lei, ha risposto che Chester aveva bisogno della persona che amava accanto.
Io allora le ho detto che quei bambini, poi, avranno bisogno di una madre. Lei ha annuito seria, poi ha sorriso.
Sapevo ad istinto che non ci sbagliavamo con lei, certe cose le senti e non te le spieghi.
- Non vi nascondo la verità. Ho passato l'inferno, alla vostra età. So cosa vuol dire crescere e stare male, però so che ognuno ha il suo male. Però voglio solo dirvi una cosa. Non permetterò che il vostro male continui. Farò del mio meglio per aiutarvi. So che separarvi da vostra madre è crudele e traumatico, ma ora come ora lei rappresenta il vostro male. Tornerà, perchè quando si tocca il fondo si torna, dopo. Però le serve tempo. Starò io con voi. - è presto per parlare di padri e futuro e non lo fa.
Per un momento mi commuovo perchè io lo sapevo che Chester era l'unico a poter trattare con questi bambini. Se fossi stato io non avrei saputo cosa dire e cosa fare, lui lo sa. Lui ci è passato. Sa cosa dà fastidio e fa male, sa cosa va detto e non va detto.
Per questo il grande sospira e non dice niente ed il piccolo piange fra le sue braccia. Lo consola e si presenta.
- Io sono Chester e sarò il vostro papà. Non potevo esserci perchè non sapevo della vostra esistenza, ma ora vi aiuterò. Sono qua per voi. - Sorrido perchè penso che questi piccoli ora debbano sentirsi col cuore aperto. È così che ci si sente quando i sogni che fai a lungo si realizzano.
Lo dice poco prima di arrivare.
Jaime.
- Ti ho aspettato tanto. - penso che Chester si ingroppi, lo vedo stringergli il ginocchio perchè sa che non bisogna esagerare coi contatti in questi casi, bisogna lasciare che sia l'altro. Non sarà facile, non sarà una passeggiata, ma sicuramente ce la faranno. Perchè Chester è l'unico che potrebbe.

Talinda -col pancione è deliziosa- è perfetta, non so da cosa l'avessimo capito quel giorno, ma lo è davvero. Forse lo è di più perchè è incinta, che ne so! A volte è così!
Si prende il piccolo Isaiah che si aggrappa a lei come a qualunque altra persona buona che incontra, ha bisogno di aria pulita, quel bambino. Mi fa una grande tenerezza.
Si prende anche Jaime e lo porta nella loro camera. Ha deciso di sistemarli insieme per farli sentire più a loro agio, poi crescendo potranno decidere dove stare.
È molto materna ed è strano vederla in questi panni dopo averla vista mezza nuda oppure in quelle pose da donna perfetta al fianco di Chester.
È qua che lo è davvero, però. Mentre dimostra un senso materno che non pensavo potesse avere così spiccato.
Così mentre lei si occupa di loro, io mi occupo un attimo di Chester che va sul giardino nel retro e si siede per terra a fumare. Io mi siedo accanto ed aspetto un po' prima di parlare.
- Come ti senti? - Chiedo poi. Domanda stupida?
È la sola sensata.
Si stringe nelle spalle ed appoggia il mento nelle braccia che incrocia sulle ginocchia piegato.
- Bene! - Lo dice stupito di sé stesso perchè è vero, così mi volto di scatto sorpreso a mia volta.
- Davvero? - Lui gira il volto appena per vedermi e sorride a sua volta.
- Sì... bene... sai io... io penso che è perchè ho fatto la cosa giusta, non credi? - Mi chiede conferma come ormai fa sempre dopo e prima di ogni cosa che fa.
- E' come quando ci siamo rimessi insieme? - E' il solo metro di paragone che ho per dire quando io ho fatto qualcosa di veramente giusto.
Ci pensa e sorride teneramente.
- Sì, è proprio quella la sensazione. Ero devastato, prima, ma poi mi sono sentito... così bene... così in pace... ora è uguale. Sono scosso, non lo nascondo. Era una merda quel posto. Come la mia fottuta infanzia. Ho pensato che se non avessi fatto io qualcosa per loro, sarebbero venuti su come me, non l'avrei permesso. Non so se sarò in grado di essere un buon padre e se mi considereranno tale. Non so che sarà ma di certo staranno meglio qua. So cosa gli serve, so che è giusto. Lei... lei deve trovare la forza di uscirne. Deve. Non ha scelta, ora. Ha perso tutto. - Sembra parli di sé.
Gli prendo la mano che pende verso di me e poi appoggio la testa sulla sua spalla, lui fa altrettanto sulla mia e stiamo così un po', respiriamo calmi. Le cose si stanno rimettendo a posto.
- E' atroce pensare cosa devono passare dei bambini. Certi hanno la fortuna di uscirne, altri no... - Dice ancora scosso. Mi dispiace che abbia dovuto affrontare tutto questo, ma penso che sia un po'... come dire? Penso che sia un po' come affrontare i propri fantasmi.
- Non hanno avuto fortuna. Loro hanno avuto te. - Alza la testa ed aspetta che anche io faccia altrettanto per guardarlo. Quando i nostri sguardi si incontrano di nuovo, me lo chiede.
- E cosa sono se non un colpo di culo? - Io sorrido perchè mi aspettavo la domanda e so la risposta.
- Sei il loro miracolo. Tu hai avuto il tuo, lei avrà il suo, loro hanno avuto te. Ognuno ha un miracolo nella loro vita. C'è chi lo ha sotto forma di persone o sotto forma di qualcosa che sembra normale e spiegabile e semplice, ma che comunque significa tanto. Qualcosa che aiuta, che cambia, che tira su. E c'è chi ha bisogno di un miracolo bello tosto perchè altrimenti non ce la fa. Un miracolo in piena regola. Tipo tornare indietro dalla morte, vedere Dio... sai, sciocchezze simili! - Concludo ridacchiando ed anche lui fa altrettanto mentre capisce i riferimenti. Appoggia la fronte alla mia e stiamo bene.
- Il mio miracolo sei tu. - Scuoto la testa. Non smetterà mai di pensarlo, ma mi piace quando lo dice. Gli bacio la fronte con una dolcezza che viene stimolata da lui. È così vero quando è solo con me. E pulito.
È davvero un altro da prima.
- Grazie per essere venuto. - Dice poi.
- Non ti avrei mai lasciato solo. Te l'ho detto, no? - Annuisce ed appoggia la testa di nuovo come prima, su di me. Ed io faccio altrettanto.
A volte le cose semplici sono le migliori. A volte, invece, serve un gesto grandioso o non servirà a nulla.
Chester è uno che necessita di cose grandiose, quei bambini magari necessitano solo di piccole cose, chi lo sa. Ma sono sicuro che andrà tutto bene. Ne sono certo.
- Ti va bene se non dico niente a loro di noi due? Ne hanno abbastanza della vita, fargliela capire ora mi pare troppo. - è bello questa sua attenzione.
- Assolutamente. Ora ti devi impegnare seriamente, Chester. Sei di nuovo padre ed al contrario di prima, i figli sono con te, li crescerai tu. Devi conoscerli ed instaurare un bel rapporto con loro. Ci riuscirai. Ora entra in gioco il tuo sogno. Una famiglia numerosa, felice ed affiatata. Sono sicuro che tu e Talinda ci riuscirete. -
Continuiamo a parlare così, appoggiati senza bisogno di guardarci.
- E' in gamba, abbiamo scelto bene. È un po' come me, riesce ad adattarsi facilmente. -
- Talinda è perfetta ma lo sapevamo. - Ridacchia.
- Tu lo sapevi. -
- Ora dovresti andare da loro ed io a casa. - Però forse ha una connotazione triste questa cosa. In qualche modo. Lui la percepisce anche se io non volevo l'avesse.
- Io non voglio che tu esci dalla mia vita. Ho detto a Talinda che sarebbe stato un matrimonio di facciata perchè amo te, non voglio che ti metti da parte. - Alzo la testa, questa volta, e lo guardo. Sono sereno e sicuro, non ho ombre.
- Non uscirò mai dalla tua vita. Sarò sempre con te. È solo che quando dici 'famiglia' intendi padre, madre e figli. È questa la famiglia che hai scelto per dare serenità ed equilibrio ai tuoi figli, altrimenti potevi evitare di sposare Talinda, potevi fare i figli e stare tu e loro e basta... Devi assaggiarla così, è bella, vedrai. Io poi ci sono al di fuori. - Fa una specie di broncio delizioso che mi da ridere.
- Così sembri l'amante e basta. - Sgrano gli occhi. Che uscita.
- Chester, è quello che sono. E tu sei il mio! Il fatto che le mogli sanno non significa che i figli possano essere messi in mezzo ad un tale casino. Non è giusto che sia così, non deve. Hanno la loro innocenza da vivere. Restiamo due amanti clandestini a tutti gli effetti, i matrimoni sono una facciata ma ci sono. E poi i figli sono veri. - Glielo ricordo perchè non se lo dimentichi. Storce la bocca, non è molto convinto ma l'accetterà.
- Tu sei mio marito ed io solo il tuo. - Fa come un bambino capriccioso. Sorrido divertito. Poi aggiunge. - Vorrei poter avere una famiglia allargata. - Alzo le sopracciglia perchè so cosa intende.
- In un altro universo, forse... - sbuffa seccato e ritorno a ridere. - Dai, andrà bene anche così! Vedi la famiglia come... - non so cosa dire per lasciarlo soddisfatto. Se dico che io sono l'amante non gli piace perchè per lui io sono il fattore principale della sua vita. Cosa gli dico? Poi arriva l'illuminazione. - Il passatempo migliore mai esistito! - A questo si accende e si raddrizza fissandomi interessato.
- Mmm... figa questa! -
E' così che scoppiamo a ridere e Talinda viene a chiamarci per dire che i bambini hanno fame, allora mi alzo e saluto, lei insiste affinchè rimanga, ma le dico che tornerò un'altra sera con Anna e che faremo molte serate insieme, perchè anche Anna ha bisogno di compagnia.
Lei annuisce e torna ad invitarmi. È molto gentile ed alla mano oltre che spiritosa e simpatica.
Un terno al lotto.
Uscendo di qua ho una visione. È la visione di una specie di famiglia allargata per davvero.
Io, Chester, Talinda, Anna, i nostri vari figli e tutti sempre insieme, sereni, come un unico stesso nucleo.
Perchè poi ci sono tanti tipi di amori ed affetti. Sono tutti importanti. Non esiste solo la persona che amerai fino alla morte con tutto te stesso, esistono anche quelle persone che vuoi che siano felici lo stesso anche se è solo affetto. Persone importanti a cui vuoi bene. Un bene dell'anima.
Questa visione mi culla mentre guido verso casa ed un paio di canzoni mi si formano nella mente. Riecco la voglia di comporre. Spettacolo.”

_____________________
Per chi non sa...
Chester ha adottato entrambi i figli di Elka anche se solo Jaime era il suo. Non si sa come mai, non si sa quando, si sa solo che è accaduto nel corso degli anni, dopo il matrimonio con Talinda. Dal fatto che Chez li abbia adottati entrambi e li abbia tolti alla madre a quell'età (erano comunque piccoli), mi fa pensare alla versione che ho scritto. Ovvero che lei non fosse in grado di occuparsi di loro. Nel corso degli anni, lei ha avuto anche delle (od una, non so di preciso) figlie da altri (od un altro) uomini. Insomma, non è un esempio di donna, ma foto recenti hanno mostrato lei che vede regolarmente i suoi figli, sta spesso con Chez e Talinda e sembra a posto, si può dedurre che ora stia bene.
E' risaputo che Chester e Mike hanno molta fede, soprattutto Mike. E che Chester abbia trovato il suo equilibrio, fra le molte cose, anche grazie a questo aspetto spirituale. L'ho detto altre volte ma lo ripeto perchè qua se ne parla di nuovo.