CAPITOLO XCVI:
IRIDESCENT

Poichè avrebbe passato la notte da solo, rimango qua con lui.
Finalmente si è fatto la doccia. Ha parlato di continuo di Otis. Ha la testa completamente immersa in lui ed è bellissimo, oltre che giusto. Non vorrei l'avesse in altri posti.
Anche se penso che non scopiamo da settimane.
Lascio perdere, ora che è arrivato il pargolo sarà ancora di meno nel mio letto ma va bene così.
È l'evoluzione delle coppie. Quando ci si stabilizza, si smette di essere dei maiali che scopano ovunque e si fa l'amore quando davvero ne sentiamo il bisogno.
Penso che comunque stasera sarà la volta buona.
Potremo farlo!
Lui non ha la testa fissa in quell'album, si è staccato, è sereno e felice.
Sono nel letto ad aspettarlo quando sento che esce dal bagno e che non mi raggiunge. Maledizione, Mike!
Non ci posso credere!
Mi alzo di scatto e vado a cercarlo incazzato come una iena. Non può davvero fare così, lo disintegro, cazzo!
- Mike! - Tuono.
Le note del piano mi chiamano.
Sta componendo.
Ok, un po' è prevedibile però... cazzo... poteva farsi coccolare un po'. E SOPRATTUTTO COCCOLARE ME!
Lo guardo dallo stipite della porta, è seduto al piano e suona. Sospiro e scuoto la testa.
Questo è Mike.
Prendere o lasciare!
Ha una maglietta a maniche corte ed i boxer larghi di sempre, i capelli che gli si stanno allungando sono bagnati e spettinati ed io arrivo da dietro, lo circondo con le braccia intorno al petto e gli bacio la guancia .
Lui si piega e fa cenno di avermi sentito.
- Allora, papà... sei ispirato di nuovo? -
Mike annuisce.
- Penso di avere sulla punta delle dita la canzone che ci manca. - Non poteva che essere questo, del resto.
Rido ed evito di ricordargli che è per questo che avevamo litigato stamattina.
È un massacro, questo ragazzo!
Mi faccio fare posto nello sgabello e mi siedo accanto a lui. La melodia che suona è nuova e molto malinconica e calma.
Mi ricorda... mi ricorda un sogno che parte come un incubo, pieno d'angoscia e miseria.
Solitudine.
Lacrime.
Che sensazione.
- Segnatela questa... - Dico riferendomi alle note che sta suonando a ripetizione. Poche, semplici, incisive.
Mike annuisce come se mi sentisse con metà cervello e con l'altra metà lavora sulla sua sensazione.
- Qualche idea? - Chiedo poi. Scuote il capo.
- Pensavo... pensavo a qualcosa tipo in punto di morte. Sai, quei soldati che combattono e muoiono. - Che allegria.
- Ma sei diventato padre, non hai voglia di scrivere qualcosa di positivo? - Lui scuote ancora la testa, così mi arrendo e mi concentro sulle note che sta suonando.
Sono effettivamente note di preludio alla morte, sono note angoscianti, sono note veramente atroci. Ti penetrano le ossa e l'anima.
- Mike, a cosa stai pensando? È una melodia troppo particolare... tu stai pensando a qualcosa... - Dico deciso guardando le sue mani che suonano. Lui sembra svegliarsi e mi guarda, siamo vicini e ci perdiamo un secondo.
In questo istante, in questo scambio di sguardi ravvicinato e serio, è come se si svegliasse e se se ne rendesse conto.
- Un sogno che ho fatto molti anni fa. Quando tu eri disperso per gli Stati Uniti ed io stavo facendo questa serie di concerti coi Fort Minor. - Un periodo orribile, direi.
Mi incupisco automaticamente, però al tempo stesso mi viene un campanello. È un campanello particolare, come prima quando stavo pensando a qualcosa mentre Mike si stringeva Otis.
- Che sogno era? -
Chiedo sommesso per non rovinare l'atmosfera. Quando è così posso solo accompagnarlo, non posso fare altro.
È impossibile fermarlo, non puoi, sarebbe un crimine. Quando è così sai che tirerà fuori qualcosa di straordinario.
- Eri tu ed io ero come in te però al tempo stesso ti vedevo da sopra. Eri steso in un campo o qualcosa del genere. Avevi le braccia aperte, eri massacrato, si vede che stavi male, penso che stessi morendo. Io penso d'aver sognato la tua morte. Era notte. Mi... mi sono svegliato piangendo. Stavo così male. - Ho un deja vu!
- Leave out all the rest... mi hai parlato d'aver sognato che eri tu che morivi e che io mi lasciavo morire lentamente... - Annuisce.
- E' un'altra cosa. Questa volta eri tu morto. O insomma. Stavi morendo, non lo so. Sai, ero ossessionato da te, ero convinto che... che stessi veramente morendo... -
Dannazione, è successo davvero.
Mi vengono i peli dritti quando me ne parla, perchè ho il flash di me stesso steso sull'erba dopo l'incidente che ho avuto. Ho guardato il cielo notturno ed ho pensato che fosse finita. Mi sono lasciato andare ed ho avuto come un sogno. Precipitavo e la voce mi diceva di lasciar andare... da qualche parte ho creduto di sentire la sua voce... e poi c'è stata la grande luce ed io che mi risvegliavo invece di morire.
- A volte penso... e se quella volta io fossi morto e tutto quello che ho vissuto dopo era solo un sogno? Un mio sogno mentre viaggiavo nel limbo, magari sono in coma e sto sognando. Magari quando mi sveglierò morirò. E se non mi sono salvato davvero? -
Mike è come se avesse l'ennesima illuminazione. Smette di suonare e prende dalla scrivania il suo famoso album pieno di appunti e versi.
È l'album preistorico. Quando finisce i fogli ne inserisce di nuovi, non lo cambia mai.
Lo fisso.
Prima ha l'illuminazione, poi non mi dice di cosa si tratta. Lo odio quando fa così.
- Ti è venuto in mente il tuo incidente, quando sei quasi morto, vero? Ed hai visto la luce che ti ha salvato... - Dice finalmente tornando seduto accanto a me. Cerca fra i fogli come un matto, veloce.
Finalmente trova quello che cercava, se lo mette davanti e riprende a suonare le note di prima, malinconiche, lente, oscure.
Ricordo questi versi, li ho letti senza dirglielo.
Mi ricordavano... me... il modo in cui sono stato... e quello che ho scritto io quando mi sono svegliato dal coma.
Non gliel'ho mai detto. Non so perchè, penso che avessi paura... di cosa? Che tutto diventasse reale. Che io non mi fossi svegliato veramente.
Ma sono qua, sono sveglio, sono vivo.
Ed ho sistemato tutto.
Mike suona ed alla fine comincia a cantare e mi sembra che stia nascendo un bambino.
Non riesco a descrivere la sensazione. È come quando abbiamo fatto In the end... è... non lo so... non è una sensazione che sai descrivere.
È come di grandezza.
La sua voce, dolce, angosciata, delicata e malinconica, comincia a cantare titubante ed incerto seguendo queste note e leggendo i versi scritti anni fa. Penso risalgano al 2004 o al 2005. Ne abbiamo fatta di strada... sono almeno 4 o 5 anni fa!
- Quando ti trovavi nella veglia della devastazione
quando aspettavi sul bordo dell'ignoto
E con il cataclisma che pioveva giù
piangendo dentro, "salvami adesso"
eri lì impossibilmente da solo -

la sua voce trema, gli viene da piangere, così gli circondo la schiena con il braccio e lui torna a cantare con maggior convinzione, cambia qualche parola in modo che sia più musicale. Sembra che parole e note si sposino alla perfezione. Anche quello che dice.
Lui ha visto me, Dio mio... come è possibile? Era a distanza continentale, non so! Come ha fatto?
Ero in quel modo, in quella posizione, e mi sentivo... mi sentivo così.
Col cataclisma che mi pioveva giù e gridavo, piangendo, di essere salvato. Gridavo dentro di me. Ero devastato.
Lui ha percepito il mio stato d'animo e l'ha descritto perfettamente.
Sono il soldato che sta morendo.
Ma poi io mi sono salvato, sono rinato, ho trovato la pace.
Penso che tutti in punto di morte rivedano la loro vita, i propri errori. Si sentono soli e freddi e persi e disperati, però poi, riavvolgendo il nastro, capiscono cose che prima gli sfuggivano, trovano risposte e lentamente la pace. Perchè lasciano andare. E quando lasciano andare, mano a mano che lo fanno, vengono sollevati in aria. Come è successo a me. Mentre salgono, la luce esplode.
Quello è morire.
O rinascere.
Ci sono due interpretazioni.
A questo punto mi alzo.
Io non sono morto, sono rinato.
Non serve averne paura.
Vado fra le mie cose e prendo il mio blocco, sfoglio come lui le pagine di anni fa, torno a sedermi e glielo metto davanti.
Lui si ferma, non suona più e non canta più.
Legge e si mette la mano sulla bocca.
Non gliel'avevo mai mostrata.
Le lacrime gli escono veramente questa volta. Perchè capisce perfettamente di cosa si tratta e ne è shockato.
Perchè non capisce solo che questo è ciò che mi è capitato quella volta. Capisce che siamo stati collegati dal destino, da Dio, dal nostro amore. Da qualcosa.
Capisce che lui mi ha visto per davvero.
È possibile? Beh, io quel giorno mi sono svegliato, mi sono salvato, mi sono ripulito, mi sono messo a posto, mi sono fatto perdonare ed ho fatto molte, moltissime cose. Se io, la merda ambulante per eccellenza, sono diventato quello che sono oggi... beh, è tutto possibile.”

Credo che verosimilmente il mio desiderio di sapere che fine avesse fatto Chez fosse talmente grande, che l'ho visto. O, forse, è solo una coincidenza. Che io ho sognato che stava per morire quando stava succedendo.
Forse, semplicemente, era logico che stesse per morire. Un drogato in giro per il mondo che fine poteva fare se non quella?
Forse ci sono mille spiegazioni, però mi fanno piangere tutte. Come quando me ne ha parlato quella volta.
Non avevo mai letto questi versi.
Sono... sono come fulminato.
Non so perchè mi colpisce tanto.
Io ero in pace, stasera. Pulito, libero e sereno. E dopo aver visto mio figlio nascere, mi sono detto 'ecco, manca il momento della morte effettivo'.
Così sono venuto a provarci.
Ma non pensavo proprio che quello che ha passato lui fosse esattamente questo.
La distruzione, il dolore, la morte e poi la rinascita.
Quando muori è questo che succede. Passi ad una nuova vita, diversa da quella vissuta sulla Terra.
Però può anche essere visto come un cambiamento interiore. Quando la parte brutta e perdente di te muore e rinasci a vita nuova. È la stessa cosa.
Sono due interpretazioni perfette.
È proprio lo stile di quest'album dove ogni canzone dice più di una cosa.
Ne dice due contemporaneamente, che sono diverse e vere entrambe.
- Falla... - Mi dice.
Respiro un paio di volte e ci provo, inizialmente non mi esce la voce, faccio e rifaccio le note, poi chiudo gli occhi che bruciano per le lacrime dell'emozione, respiro e mi lascio andare.
Mi lascio solo andare.
Così canto il mio pezzo lasciandomi guidare dalle mie note malinconiche che crescono d'intensità mano a mano che proseguo, ripenso a quel sogno e a quello che mi ha trasmesso, continuo a suonare anche quando finisco e lui si inserisce con i suoi primi versi e mentre canta si adatta ed io modifico le note, succede tutto da sé. È completamente istinto.
-Ti senti freddo e perso nella disperazione?
Fai crescere la speranza
ma il fallimento è tutto quello che hai conosciuto
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lasciala andare
lasciala andare. -

Beh, piano o meno ha poca importanza.
Chester mi circonda le spalle e appoggia le labbra sul mio orecchio.
- Accompagnami. - io penso che non ne sarò mai capace, però alla fine continuo a suonare, la musica diventa diversa, più forte e meno cupa. Non sono bravo come lui, sono estremamente incerto e addirittura stono, però canto e basta, col mio tono basso. La sua bravura sta nel fare tutto da solo. Si inserisce su di me, si adatta alla mia voce ed al mio tono, alza le note contrastando le mie basse e cantiamo quello che verrà sistemato e risistemato mille volte. Quello che ora è quasi irriconoscibile. Cantiamo lo stesso, è un embrione, non è formato. C'è lo scheletro e c'è la pelle, lentamente uniamo tutto inserendoci la carne.
Incerti, tentando, lasciandoci andare. Ma lo facciamo e dopotutto viene bene.
- Ed in uno squarcio di luce che
ha accecato ogni Angelo
Come se il cielo avesse esploso
i Paradisi nelle stelle

Hai sentito la solennità della grazia temprata
Cadendo nello spazio vuoto
Nessuno lì ad afferrarti tra le sua braccia -

Mi fermo, non riesco più, così riprende da solo sempre continuando con la testa appoggiata sulla mia spalla.
- Ti senti freddo e perso nella disperazione?
Fai crescere la speranza
Ma il fallimento è tutto ciò che conosci
Ricorda tutta la tristezza e frustrazione
E lasciala andare
Lasciala andare -

Ripete Lasciala Andare per un po', fino a che non mi si fermano le dita ed ormai sto piangendo troppo per continuare.
Perchè quello che ha passato è tremendo e bellissimo e perchè abbiamo trovato la canzone. L'avevamo già, per questo non mi usciva.
Dovevamo solo ricordarcene.
La grandezza esplode come quei famosi angeli nelle stelle che danno vita ai paradisi.
Ce l'avevamo. Avevamo tutto, l'abbiamo sempre avuto.
Ed abbiamo fatto la canzone insieme ma separatamente, in momenti diversi, in posti diversi, senza parlarci. Abbiamo scritto la stessa canzone.
Alla fine lo abbraccio e nascondo il viso contro il suo collo.
- Era questa che mancava. -
- Una canzone di morte e rinascita. -
- Penso che tutti quelli che muoiono in guerra si trovano in questa stessa situazione. -
- Disperati ricordano quello che hanno passato e sofferto. -
- E lasciano andare. -
- E mentre lasciano andare si sollevano. -
- Arriva la luce. -
- Li purifica. Ogni peccato viene spazzato via. -
- E lì possono andare nell'Aldilà sereni oppure svegliarsi e vivere la loro vita. -
- Rinnovati dentro e fuori. -
Mi alzo, lo guardo, gli prendo il viso fra le mani e glielo carezzo mentre sorrido lasciando perdere le lacrime. C'è un bisogno, quando fai qualcosa di importante. È il bisogno di calore.
Non lo puoi spiegare.
Comunque è una cosa che capita a me, forse non capita agli altri.
Dopo che abbiamo fatto le canzoni più importanti per noi, abbiamo sempre fatto l'amore.
- Sono contento che sei rinato. - Chester sorride ed è il suo turno di mostrarmi le lacrime.
Io lo stringo e l'accarezzo.
Chester è forte, ora. E felice. È molto stabile ed equilibrato, è tutta un'altra persona rispetto quando abbiamo scritto questi versi.
Però ci sono volte in cui si rende conto di cosa ha fatto, da dove viene, dove è arrivato.
E mostra quella piccola parte di sé che avrà sempre nonostante tutto.
La sua parte fragile.
Quella di cui io continuerò sempre a prendermi cura. Non smetterò mai di proteggerlo e averne cura. Anche se ora lui ricambia e fa le stesse cose per me, come è giusto che sia.
Ci ritroviamo sulle nostre labbra, bevo le sue lacrime e le lingue si intrecciano come prendessimo ossigeno a vicenda.
Non è una cosa che facciamo spesso.
Una volta sì, ovunque, adesso prediligo posti comodi.
Ma ci sono volte in cui non puoi scegliere.
Sono le volte in qui devi cogliere quell'attimo e dove sei fai ciò di cui hai bisogno.
Ora ho bisogno di cogliere questo.
Prendo Chester per la vita e lo alzo facendolo inginocchiare a terra con me, sul tappeto.
Nella stessa posizione gli alzo la maglia e gliela tolgo, lui fa altrettanto e carezzo la sua pelle liscia, i suoi tatuaggi, alcuni in rilievo, altri no. Scivolo con le labbra su di essi, li assaporo senza usare la lingua. Lo carezzo scendendo sul collo, sulle spalle, sul torace. Lentamente scende giù fino a stendersi ed io continuo a carezzarlo e mentre lo faccio gli parlo, le mani mi accompagnano nel viaggio in lui.
- Ti amo... - Arrivo ai boxer, anche lui era pronto per dormire. Nel toglierglieli accarezzo anche le gambe, ogni singolo centimetro.
È il mio tesoro, è il mio mondo, la mia luce da proteggere e mantenere così intatta.
Poteva morire, quel giorno.
Se fosse morto cosa avrei fatto?
Stringo gli occhi nell'immagine di me fallito, caduto, finito.
Mi sarei messo a bere fino a distruggermi il fegato, avrei smesso di fare musica, avrei odiato la carriera perchè per quella l'avevo perso.
Sarei morto poco dopo. Non sarei nessuno. Non sarei niente.
Io senza musica e senza Chester?
Rabbrividisco mentre ci penso, però le sue mani mi fanno risalire, torno sulla sua bocca, rinasco a vita nuova mentre ci baciamo e lui mi spoglia alzandosi a sedere, mi toglie i boxer che vanno via facilmente e mi riprende con poca gentilezza su di sé, mi fa sedere a cavalcioni e mi muove su e giù, mi strofino con l'erezione su di lui, ci eccitiamo ed il calore sale mentre giochiamo con le lingue, le bocche aperte. Mi prendo il suo orecchio e glielo ridico.
- Mi prenderò per sempre cura di te... come tu di me... - Alza le gambe e me le avvolge intorno alla vita in un messaggio che è difficile fraintendere. Poi alza le braccia in alto, oltre la sua testa, preme per terra e si inarca spingendosi contro di me, apre la bocca e sospira mentre mi occupo del suo collo sottile.
- Entrami... - Per un momento mi viene in mente noi prima mentre cantavamo insieme, è stato bravissimo e sconvolgente. Io ho solo cantato improvvisando ma lui ha fatto il miracolo, ha dato una forma al tutto, si è adattato a me ed ha migliorato quello che cantavamo.
È pazzesco.
Io ho il talento del creare, lui del produrre. Non so spiegarlo. Io posso fare mille canzoni in una giornata, lui ne può cantare mille, in ogni situazione, in ogni condizione, per ogni genere, con ogni tonalità.
Per questo io e lui siamo la perfezione insieme, ma solo insieme.
Scivolo in lui dopo averlo preso per i fianchi ed averglieli alzati alla giusta altezza, poi scendo su di lui lo schiaccio ed entro meglio, lui mi circonda con braccia e gambe, mi attira a sé e mi stendo mentre mi punto con le mani a terra per muovermi.
Comincio e la sua voce riprende a gemere, mi chiama, dice che mi ama.
È quello che facciamo sempre in ogni istante delle nostre vite.
Ci fondiamo. Cantando. Creando. Lavorando. Amandoci. Stando solo insieme e basta.
Chiudo gli occhi e mi abbandono mentre i movimenti e le spinte aumentano, gemiamo insieme ed il calore aumenta, i brividi mi stanno facendo impazzire, la testa è persa, non so se potrò mai più tornare.
Sono così... così... Dio mio... Dio mio... quanto lo amo.
Ed è così che le stelle esplodono in tanti miliardi di luci dando vita ad angeli e ad un paradiso.
E qualunque cosa significhi questo, noi siamo qua e siamo insieme e ci amiamo ed è un altro miracolo.
Questa luce iridescente che vedo sempre quando entro in lui non la scorderò mai ed ogni volta che canterò quella canzone, la vedrò e penserò a noi due che facciamo l'amore.
Quella sarà la nostra canzone.

Trascinati nel letto, riusciamo anche a sentire tutte le ossa che gridano vendetta per averlo fatto per terra. Diciamo che non siamo più dei bambini!
Però nel comodo materasso che ci culla, ci abbracciamo sereni e realizzati.
Non riesco a trovare una sola cosa che non vada. Non ne trovo nemmeno mezza.
Ora come ora siamo al punto in cui volevamo arrivare quando la nostra storia è cominciata, quando non avevamo idea, su quella macchina, in viaggio per andare da suo padre, di quanto profonda fosse la nostra promessa di farla andare sempre bene in qualche modo, di lottare per noi.
Alla fine ci siamo riusciti.
Era a questo che puntavamo.
- Ricordi la prima promessa che ci siamo fatti? - Chiedo improvvisamente.
- In macchina? Quando mi hai detto di tutto perchè non era il momento ed il luogo? - Ricorda ridacchiando, io faccio altrettanto.
- Sì... -
- Certo che lo ricordo. Era proprio questo che volevo. Arrivare ad un momento del genere e pensare che abbiamo mantenuto le promesse... -
Sapevo che lo stava pensando anche lui. Perchè per quanto diversi siamo, per quanto ci completiamo, di base siamo sulla stessa linea. Vogliamo la stessa cosa. Proviamo la stessa cosa. Per questo arriveremo sempre a delle soluzioni.
- Ci siamo riusciti... - Ripeto fra me e me, felice ed orgoglioso quanto incredulo.
Stupendo.”