2. CHESTER IL SALVTORE
Steso beatamente al sole,
Chester stava rimuginando per la millesima volta su Mike, cose che
aveva fatto quasi ininterrottamente da quando aveva deciso di prendere
mogli e numerosi figli e andare in vacanza.
Le vacanze di famiglia Bennington non erano come le vacanze di tutte le famiglie normali.
Chester aveva due mogli ed una compagna ed in totale sei figli, di cui uno adottato.
Se lui voleva fare una vacanza
con l’attuale moglie Talinda e tutti i figli, a coda si allegavano
anche le varie madri, cioè l’ex moglie Samantah e l’ex compagna Elka
perché le vacanze davvero belle erano quelle con sia il padre che la
madre e dal momento che Talinda ci teneva che ai figli non suoi ma che
vivevano con loro non mancasse nulla, invitava sempre anche le madri.
Draven viveva con Samantah, ma quando si faceva una vacanza era scontato il prelievo di Draven con madre annessa.
Perciò col mini pulmino privato di Chester e dieci persone a bordo più autista, l’allegra e numerosa brigata partiva.
Di queste vacanze non ne
facevano molte, perciò quando il gran capo arrivava a casa isterico a
comandare di prendere ed impacchettare tutti che voleva andare via,
Talinda sapeva che dietro c’era qualche litigio con Mike.
A lei non pesava, perciò si limitava ad assecondarlo, oltretutto le tre donne fra di loro andavano d’accordo. [1]
Chester era steso vicino al lago
a prendere il sole, quando Lili e Lila si tuffarono su di lui invece
che sull’acqua. Dopo aver sputato un polmone, si girò e cominciò a
rotolarsi con loro, facendo solletico ad entrambe. Ne afferrò una col
braccio intorno al collo, mentre l’altra la teneva con le gambe. Le
risate vibrarono nell’aria così come il gran sorriso di Chester che
iniziò finalmente a rilassarsi dopo che nessun figlio aveva osato
approcciarsi a lui per chiari motivi.
Le piccole gemelline non avevano
resistito per molto e dopo che cominciarono a partire i morsi, Chester
ne prese una per braccio, si alzò ed andò alla riva del lago, entrò in
acqua con le ciabatte e quando fu dentro fino alle ginocchia, lasciò la
presa allargando le braccia. Le gemelline caddero in acqua come due
pere alzando molti schizzi.
Ovviamente finirono ridendo.
E finì anche con Tyler che si lanciava letteralmente sul padre dopo una considerevole rincorsa.
Conclusione: Chester, in
costume, quasi annegato dai tre figli più piccoli, mentre i grandi
guardavano al sicuro, ben lontani da lì, nella vana speranza che
quell’idiota di loro padre non li coinvolgesse nei suoi giochi.
A volte lo preferivano arrabbiato!
Cominciò ad arrivargliene uno per volta, un giorno fra gli altri, da metà mattinata circa in poi.
Il primo lo ignorò di proposito vedendo che era un WhatsApp da Mike.
Il secondo lo fece sbuffare.
Il terzo anche. Al quarto si
decise a vedere di cosa si trattava, ma li tenne lì per un altro giorno
intero perché poi non ne erano più arrivati e pensando che avesse
finito di scusarsi, si era convinto che non doveva guardarli. Perciò
quando si mise a guardarli, morto di curiosità, era passato un po’ da
quando Mike li aveva fatti.
“Video? Ma quanti sono?”
I video arrivavano ad intervallo
di qualche minuto uno dall’altro, alcuni dopo di altri e siccome erano
tanti destarono la curiosità di Chester che si decise a guardarli.
Che Mike si scusasse per video era strano, di norma faceva qualcosa di persona.
In quel momento era da solo a fare due passi, perciò nessuno l’avrebbe disturbato.
Il primo mostrava Mike in
salopettee di jeans E NIENTE SOTTO. Una bandana arrotolata intorno alla
fronte. Inquadrava sé stesso in un posto sconosciuto, la luce esterna
non era molta e sembrava chiuso in un cassonetto, intravide solo
cianfrusaglie, sporco e disordine.
Poi la vocina felice di Mike
iniziò a parlare. Per un momento a Chester gli mancò, non lo negò a sé
stesso, ben presto però quel che disse prese completamente il posto di
ogni altra cosa.
- Ciao Chez, come stai? Spero le tue vacanze procedano bene. -
“Se la smettesse ogni volta di
perdersi in inutili chiacchiere ed andasse subito al sodo…” Pensò
seccato Chester che non capiva dove era.
- Se ti stai chiedendo cosa voglio e dove sono, presto detto. Sono nel tuo regalo. -
- Mi regala un bidone della
spazzatura? Una discarica? - Si chiedeva incredulo Chester cercando di
capire dallo schermo dell’I-Phone.
- Non è un bidone della spazzatura e nemmeno una discarica. -
Chester rise anche se seccato perché doveva rimanere arrabbiato con lui, ma Mike lo conosceva bene.
- È una mini casa di 20 metri
quadri. E sarà la nostra tana d’amore. Ho capito che per te non avere
una cosa solo ed esclusivamente nostra è un peso ed è anche importante
poter passare del tempo esclusivamente nostro. - Chester si fermò dal
camminare, indeciso se potesse già perdonarlo perché aveva fatto
qualcosa di carino. Forse.
“Sì certo, però poteva regalarmi un appartamento, non un bidone.”
- Nessuno saprà mai della sua
esistenza, nessuno ci verrà mai. E se pensi che non ci metterai mai
piede in un cesso simile ti sbagli! È solo da sistemare un po’, ma cosa
vuoi che ci voglia? Ho dei tutorial da internet che mi dicono come si
ristruttura casa e spero che apprezzerai il fatto che la metto in sesto
da solo senza farmi aiutare, perché questa è solo nostra, nostra e
basta. Spero che ti piacerà e che mi perdonerai tornando a casa. Mi
manchi. - Questo lo disse con gli occhioni, il broncio e la vocina.
Chester fece una smorfia insultandolo.
- Lo stronzo sa che lo perdonerò. -
Il primo video finì così, Chester dunque si affrettò ad aprire il secondo.
Mike doveva poi aver appoggiato
il telefono da qualche parte mentre si riprendeva in piedi su una scala
a svitare viti dal soffitto con un avvitatore elettrico. Nel mentre
parlava.
“Certo poi che con quella salopette senza niente sotto mi ha convinto al primo colpo!” Pensò con un ghigno divertito.
- So che non sono un manovale o
un muratore, non ho mai fatto niente del genere, sono un disastro coi
lavori manuali, però insomma, se seguo le istruzioni che un video mi
mostra, che ci vuole? Voglio dire, potevo chiedere a qualcuno del
mestiere, ma non avrebbe avuto lo stesso valore. Io te lo voglio
regalare, lo voglio fare per te, per farti capire quanto ti amo. -
Stava dicendo mentre con l’avvitatore elettrico svitava delle viti dal
soffitto. - Poi per certe cose non serve nemmeno vedere, insomma, è
chiaro che questi pannelli dal soffitto vanno cambiati! Ci sono tante
piccole viti tutto intorno, le levo tutte e poi camb - Non riuscì a
finire la frase che il pannello che stava svitando, venne giù
cadendogli addosso. Mike finì steso a terra con il pannello di
compensato sopra, la polvere si alzò ovunque intossicandolo e dopo una
serie di colpi di tosse, Mike alzò il braccio da sotto il pannello, con
voce rotta e sottile disse in difficoltà:
- Visto? Che ci vuole? Sono vivo. - Tossì ancora. - In caso morirò tentando, ma sappi che l’ho fatto per te. -
Chester si fermò impallidendo,
scosse il telefono perché il video si era fermato, poi realizzò che era
finito. In fretta e furia e col cuore in gola, fece partire il terzo.
Con un altro crollo.
- Poi non dire che non ti voglio bene! -
All’ennesimo, mentre Chester si
sentiva morire di preoccupazione ed imprecava che nemmeno un camionista
poteva far di meglio, Mike invece di dire che stava bene, comunicò
l’indirizzo di dove era.
Chester si fermò e fissò il
telefono nella chat di Mike convinto che dovesse esserci qualche altro
video che attestava la sua sopravvivenza.
- Andiamo pezzo di merda, non puoi aver finito di filmare. - Niente. non arrivava nessun altro.
Chester attese ancora.
- Insomma, finisce sotto le
macerie, mi comunica l’indirizzo e non mi scrive più nulla. Non solo.
Non è on line da molto, ormai. Cazzo, quello è morto! Vedi che quello è
proprio morto, eh? - Chester iniziò a parlare da solo, poi dopo qualche
altro secondo mandò tutto al diavolo e lo chiamò.
Quando la voce dell’operatore
comunicava che non era raggiungibile Chester continuò ad imprecare,
mentre il cuore in gola gli impediva di ragionare lucidamente.
“Va bene, chiedo a Brad di
andare all’indirizzo che mi ha detto e vedere se è vivo. O ci mando
direttamente un’ambulanza.” Il primo istinto di Chester, fermo in un
sentiero in mezzo alla natura fu questo. Poi però una minuscola parte
del suo cervello cercò di farlo ragionare. “E se invece sta bene e
semplicemente ha finito i giga o non prende più per qualche cazzo di
motivo? O magari gli è morta la batteria. E se sta bene e gli mando
Brad o l’ambulanza e quello si arrabbia e vende il bidone della
spazzatura che mi ha comprato?”
Rimase fermo a rifletterci per
ben trenta secondi al termine dei quali Chester sospirò, alzò gli occhi
al cielo ed immaginandosi Mike riverso sotto quintali di calcinacci,
pannelli e legni, si mise a correre verso la casa che usavano per le
vacanze di famiglia, un posticino sul lago non tanto distante da Los
Angeles, di loro proprietà.
Le sue vacanze erano appena finite. Doveva andare a salvare quell’idiota patentato.
Chester ebbe i peggiori pensieri
per strada, mentre piantata l’allegra e numerosa famiglia, andava
all’indirizzo che gli aveva indicato Mike minacciando il tassista di
ucciderlo se non si fosse sbrigato superando ogni limite di velocità
possibile.
“Ed io idiota che non chiamo
subito il 911 per mandare un’ambulanza! Almeno Brad potevo spedirlo,
cioè… è Brad! Anche se sa del nostro bidone d’amore…”
Ma comunque continuava a non chiamare nessuno e ad insultare l’autista affinchè si sbrigasse.
“Potrebbe essere morto, se è
rimasto schiacciato dal soffitto ed è morto? È morto per me! Per colpa
mia. Voleva fare pace con me ed è morto tentando. Far morire l’uomo
della mia vita perché è stupido… non me lo perdonerò mai! Quell’idiota!
Chissà da quanto sta là sotto! Il video non è recente, è di un bel po’!
Porca puttana! Dai, magari non è morto ma è solo ferito. No, andiamo…
avrà la batteria a terra. Il genio del male pensa a tutto ma non alle
cose più semplici. Quante volte mentre crea composizione pazzesche mi
chiama piangendo perché non trova gli occhiali che ha sul naso? Mike è
così, è un artista. È sbadato, vive nel suo mondo, in un universo
alternativo, dimentica le cose. Non è morto da chissà quanto tempo, ha
solo la batteria a terra. Adesso gli porto il carica batteria da cui io
non mi stacco mai. E certo e così interrompo la mia vacanza in famiglia
di protesta per portargli il carica batteria. Se è morto lo uccido! Se
è morto davvero, se si è ferito seriamente gli spezzo le ossa! Non può
farmi patire le pene dell’inferno perché vuole fare pace con me. No,
secondo me è tutto calcolato. Lo ha fatto apposta. Ha fatto finta di
morire per farmi venire un colpo e convincere che le nostre cazzate
sono cazzate e che devo perdonarlo. Ma che crede, che perdono così
facilmente mister salopette mezzo nudo? Cioè no mai! Vado solo a vedere
se è vivo e poi ad insultarlo ancora! Ecco. Anche se comunque il
pensiero della mini casa tutta per noi è bellissimo. Ed è ancora più
bello che la sistemi lui, anche se non ha la minima idea di come si
pianta un chiodo. Che Dio l’aiuti perché se è morto guai a lui!”
Chester le pensò tutte senza pausa, l’ansia saliva mentre faceva a pezzi un fazzoletto che sparse per il sedile del taxi.
Aveva mille problemi con Mike,
perché con uno così complicato e pieno di paranoie e fisse non potevi
non averne, però all’idea che gli fosse successo davvero qualcosa gli
pareva di impazzire.
A volte per capire le priorità
non bastava un bel regalo, delle scuse ben fatte e un faccino dolce. A
volte per capire le priorità serviva un bello shock.
“Comunque lo ammazzo!”
Decise Chester poco prima che l’autista gli dicesse che erano arrivati, col terrore nello sguardo.
Il cantante brontolò dicendo che
era ora, diede il doppio dei soldi al povero uomo ancora tremante, poi
scese mentre lui se ne andava sgommando.
Una volta sceso, Chester localizzò immediatamente un pickup, così guardò il posto davanti cui era parcheggiato.
C’era un basso muretto ed un
giardino fatiscente pieno di arbusti e sterpaglia, ammassati in giro
pannelli rotti, sacchi neri dell’immondizia e diverse cose da buttare.
Nel mezzo la famosa mini casa, davvero da fuori più simile ad una
discarica ora più che mai.
Chester sospirò e chiuse gli
occhi iniziando a pregare fra sé e sé. Dentro di sé aveva il terrore di
ritrovarlo morto e di averlo permesso in qualche modo.
“Avrei dovuto mandare subito il 911!”
Pensò avanzando con passo spedito.
Aprendo la porta si tolse gli
occhiali scuri, varcò la soglia e il senso di claustrofobia lo invase
immediato, una sorta di ritorno alle origini quando per un periodo lui
e Sam avevano vissuto in auto.
Tutta la sua vita in una vecchia macchina scassata [2].
Fu pressapoco la stessa
sensazione, un ritorno indietro nel tempo, sensazione sgradevole,
immediatamente la pelle si accapponò, ma poi la musica lo riportò al
presente ed il cuore si calmò leggermente.
Da qualche cassa senza fili
connessa col bluetooth, la sua stessa voce si levava cantando. Mike
aveva messo nell’i-pod una playlist con canzoni loro, ufficiali e non,
per creare la loro tana d’amore.
Per un momento gli venne da
sorridere. Lo odiava, ma doveva ammettere che era pieno di segni
dell’adorazione che Mike aveva per lui. Difficile fraintendere. Lo
faceva diventare matto, ma lui era sempre lui.
- Mike, se sei morto ti ammazzo!
- Gridò a gran voce avanzando, notando che lì in quello che doveva
essere l’ingresso non c’era traccia del suo compagno e che anzi
sembrava tutto straordinariamente in ordine.
Quando arrivò alla zona notte,
riconosciuta grazie al letto che vide come prima cosa, Chester si fermò
e smise di gracchiare, anche il cuore gli diede tregua finalmente.
Mike era in piedi sul letto
ricoperto di giornali, una finestra aperta per far arieggiare e col
pennello in mano stava dipingendo un affresco fatto sulla parete.
Aveva gli occhiali da vista che
lo rendevano adorabile, la salopette di jeans che gli aveva visto in
video, la bandana ancora legata in testa ed era sporco sia di polvere
che di colore. Cerotti sulle sue mani preziose e sulle braccia.
Però era vivo e vegeto. E fermo in piedi sul letto, col pennello in mano, a fissarlo meravigliato.
- Chester! - Esclamò incredulo di vederlo lì. - Che ci fai qui? -
- Io?! Tu piuttosto, cosa ti
viene in mente di mandarmi un video dove mi mostri che fai lavori di
bricolage e che nel farli crolli sotto il soffitto? Ti si è marcito il
cervello? Mi hai fatto morire di paura, stronzo! E poi non davi più
cenni di vita! E mi vieni a dire con quell’aria da saputello ‘che ci
fai qui?’ Tu che ci fai qui vivo, piuttosto! Ero convinto fossi morto!
Il tuo fottuto telefono che fine ha fatto? - Chester si accese come un
fiammifero mentre si faceva avanti gesticolando, salì in piedi sul
letto con lui e lo spinse mentre il pennello e la tavola coi colori di
Mike finì sui giornali dispiegati per evitare che si sporcasse tutto.
Chester poi si gettò a
cavalcioni su di lui e lo prese per il colletto mentre lo scuoteva
furioso, ricordandosi del proprio stato d’animo catastrofico,
dell’immensa paura mentre aveva creduto d’aver permesso che morisse e
del fatto che era stato lui a non mandare il pronto intervento
all’indirizzo che gli aveva indicato.
- Chez, Chez, calma! - Gridò
infine Mike fra le sue urla piene di insulti. - sono vivo, ti ho detto
che non era tanto lavoro da fare, da fuori sembrava peggio, ma poi… -
- NO CHE NON ME LO HAI DETTO!
HAI DETTO CHE USAVI I FOTTUTI TUTORIAL DEL CAZZO PER RISTRUTTURARE
QUESTA DISCARICA! ED IO SO CHE TU SEI UNA FRANA! E TI FACEVI CADERE I
FOTTUTI PANNELLI IN QUELLA FOTTUTA TESTA! STRONZO DEL CAZZO! - Le urla
di Chester raggiunsero picchi altissimi mentre ancora lo scuoteva
tenendolo per la salopette, visto che sotto non aveva vestiti.
Mike rinunciò all’idea di
calmarlo, così prese l’album di foto ricordo che aveva fatto e glielo
piazzò davanti alla faccia come fosse uno scudo.
- Che diavolo è!? - Chiese poi
fermandosi. Mike sospirando abbassò l’album con le foto appoggiandolo
sul proprio petto e indicò il muro.
- Quello che stavo facendo!
Voglio riempire la casa di disegni su di noi! - Chester alzò la testa
verso quello che aveva indicato e quando vide finalmente lo mollò e
spalancò gli occhi incredulo che avesse davvero fatto tutto quello per
lui.
- Mike ma… ma sei pazzo! - Mike sorrise riconoscendo la reazione meravigliata e commossa.
- L’hai scoperto adesso? -
Chiese senza tentare di liberarsi. Lasciò l’album su di sé e si godette
l’espressione splendida di Chester mentre fissava la parete quasi
completa.
Mike aveva riprodotto una delle
loro foto più belle insieme, una delle molte che aveva radunato in
quell’album che ne conteneva solo di loro. Il disegno era fatto col suo
stile fumettistico, ma i visi erano i loro solo versione disegno.
Niente scheletri. Mike e Chester che si abbracciavano cantando insieme.
Gli occhi di Chester iniziarono a brillare.
- Ti piace? - Chiese da sotto di lui. Chester ammutolito e con la spina staccata, annuì.
- È fottutamente bello! - Rispose cercando di non fare l’emotivo.
- Volevo farti una sorpresa
completa, ma sei arrivato prima. A questo punto puoi scegliere le foto
che vuoi, le ho stampate e radunate tutte in questo album. Questa è
stata la prima cosa che ho fatto mentre pensavo ad un modo per farti
capire che ti amo anche se ti faccio impazzire con le mie fisse. Poi
facendo due passi ho trovato questa catapecchia ed ho capito che ci
mancava il nido d’amore. Anelli, bracciali[3]… sono cose che indossando
diventano un rischio e possono anche non essere più nostre come
volevamo. Ma questa tana lo sarà per sempre! - Disse Mike mentre
Chester girava un po’ le pagine distratto, con la sua vocina che
parlava a ruota libera logorroico come sempre.
Dalle prime foto insieme, poche in realtà, a quelle più recenti. Ce ne erano molte, l’album era bello grosso.
Guardandole, Chester continuò ad ammorbidirsi fino a che tirando su col naso sentì gli occhi pizzicare.
Infine chiuse e mise da parte
l’album per chinarsi su di lui, appoggiò i gomiti ai lati del viso e
gli chiuse gli avambracci sopra la testa in una specie di abbraccio.
Premette il viso contro il letto, la guancia attaccata alla sua e
rimase così fermo senza respirare per qualche minuto, cercando di
ricacciare indietro quelle lacrime così imbarazzanti.
Poi si mandò al diavolo e parlò con voce pietosamente rotta.
- Sei un idiota! - Mike inarcò
il sopracciglio girando gli occhi, non potendo muoversi e nemmeno
guardarlo, cercò di capire se era una bella reazione o cosa, ma
sentendolo scuotersi capì che era commosso e così sorrise trionfante
stringendolo a sua volta.
La sua schiena forte avvolta in
una canottiera estiva che lasciava scoperte le sue spalle larghe e le
braccia rinforzate dalla palestra regolare che faceva per tenersi in
forma. I tatuaggi, il suo profumo, sempre il solito profumo così buono,
così suo.
Mike chiuse gli occhi.
La consistenza del suo corpo
forte, solido ed elastico insieme, ogni linea, ogni muscolo attraverso
la stoffa dei suoi vestiti. Tutto gli era mancato e al tatto ogni cosa
aveva il suo ritorno. Conosceva a memoria ogni centimetro del suo
corpo, ogni sensazione persino da vestito.
E quel profumo. Il rumore del
suo respiro irregolare. La guancia premuta, le braccia che circondavano
la sua testa, lui chino e seduto su di sé. Lui così Chester.
Era tornato da lui, era tornato
alla fine e finalmente anche lui poteva di nuovo respirare. Tutte le
pene patite scacciate in un attimo, attimo in cui le parole non
servirono nonostante non si parlassero da giorni e avessero passato
lunghe ore ad odiarsi a distanza.
Dalle casse le loro voci unite
in Final Masquerade versione acustica arrivò a trasmettere una
malinconia grottesca per un momento tanto bello.
“In quella canzone abbiamo
parlato di come ci siamo lasciati io e lui nel periodo in cui dopo
averci provato, non siamo riusciti a farla funzionare.
Eppure ora siamo ancora qua,
siamo sempre qua, fra alti e bassi e stiamo andando sempre avanti in un
modo o nell’altro. Quando siamo tornati insieme non è stato facile, non
è stato mai facile ed a volte sembra che debba tornare tutto a finire.
Ma poi uno dei due riesce sempre a rimettere tutto insieme.
Adesso siamo qua e non stiamo
più ballando insieme mascherati, non è un ultimo ballo prima di buttare
via la maschera. L’abbiamo già buttata e siamo meravigliosamente felici
perché lottando abbiamo ricostruito il nostro domani. Il domani è
ancora qua, non è sbiadito.”
Il viso di Chester scivolò
lentamente contro quello di Mike che parlò piano, mentre le mani si
infilavano sotto la sua canottiera a cercare la sua pelle un po’
sudata, lì dentro faceva caldo nonostante la finestra aperta. Era afoso.
- Perdonami, non voglio farti
impazzire. Cerco sempre di controllare le mie paranoie, ma non ci
riesco mai e tu ci stai male. Ma tu per me sei importante, sei così
importante che impazzirei se non ci fossi, lo sai. Qua potremo essere
per sempre solo noi due e basta. Nessuno sporcherà il nostro piccolo
paradiso. - Amava essere poetico.
Chester raggiunse la sua bocca e prima di baciarlo piegò la testa di lato e lo guardò con occhi furbi, lucidi.
- Discarica vorrai dire! - Mike sorrise.
- Ma comunque nostra! - Concluse
soddisfatto. Chester così annuì ed unì le loro labbra con un sorriso
beato, finalmente, mentre la tempesta se ne andava.
- Comunque nostra. - Suggellò la
pace, l’ennesima, baciandolo. Schiuse la bocca sulla sua e mentre Mike
faceva altrettanto, si andarono incontro con le lingue. Affamati si
trovarono, con l’emozione che saliva immediata, prepotente come le mani
di Mike che sollevavano completamente la canottiera fino al collo. Le
dita di Chester scesero sul suo petto e slacciarono la salopette più
apprezzata del mondo facendo cadere le bretelle dalle spalle.
Con un ghigno si separò dalla sua bocca permettendo a Mike di togliergli la canottiera.
- Da dove l’hai tirata fuori questa? - Chiese poi riferendosi alla salopette, prima di tornare sulla sua bocca.
Mike ridacchiò.
- Sapevo che saresti venuto solo
per togliermela! - Chester si immerse sul suo collo che sapeva di
sudore, un sapore salato per il lavoro fatto tutto il giorno, ma non si
staccò da lui, non arricciò il naso.
Era l’odore di Mike, del lavoro
di una lunga giornata di ossessivo lavoro. Quando si rinchiudeva in
studio a lavorare sulle canzoni finiva in condizioni rimarchevoli e
Chester gli saltava addosso lo stesso. Era il suo odore, lo amava.
- Avevi dubbi? - Chiese leccandolo e mordicchiandolo. Mike rabbrividì e non riuscì a capire presto più niente.
Le sue mani presero vita da sole
e scesero alla sua vita sottile fino a che trovò la cintola dei jeans
aderenti e si infilò diretto ai suoi glutei che gli erano sentitamene
mancati. Chester sentendo la difficoltà nel toccarlo, l’aiutò aprendosi
i pantaloni da solo e così Mike infilò meglio le mani e strinse
possessivo, sospirando alla sua bocca che gli succhiava il collo.
Piegò la testa dandogli tutto
l’accesso che voleva, lo sentì scendere giù sul petto disegnando con la
punta della lingua, soffermandosi su tutte le sue zone erogene che
conosceva fin troppo bene. Mike dovette presto lasciare la sua stazione
di preghiera zen preferita perché Chester continuò a scendere con la
bocca sul suo corpo, ricoprendolo di brividi di piacere sempre più
intensi. Mano a mano che andava giù, continuava a togliergli la famosa
salopette di jeans, fino a che mordicchiò la linea inguinale che lo
fece squittire e scattare contemporaneamente, in assoluto il suo punto
debole. Funzionava solo con la prima volta che lo toccava, poi si
abituava e non scattava più.
Chester ridacchiò e afferrò la sua erezione da cui era stato separato per un bel poi di tempo, troppo per i suoi gusti.
Ci giocò con la lingua fino a
che l’avvolse del tutto succhiando. La voce di Mike riempì presto la
stanza che per quanto piccola fosse, era più che sufficiente per loro.
Iniziò a spingere nella sua
bocca, puntando i piedi e mentre la voglia saliva prepotente
accendendolo come di consueto, iniziò a chiamarlo e da che tirava a sé
la sua testa, a che lo tirò via prepotentemente per non raggiungere
così presto l’orgasmo. Si odiò da solo mentre Chester si lasciava
spostare soddisfatto, pregustandosi il momento successivo.
E come d’aspettativa, successe.
Mike una volta che veniva
innescato, non riusciva a rimanere passivo. Aveva la mania del
controllo, di tutto. In particolare di Chester. E a Chester anche se si
lamentava, adorava farsi controllare da Mike, specie a letto.
Lo spinse di lato e si alzò
sulle ginocchia, tolse seccato tutti i giornali che erano ancora sotto
di loro, si sfilò in fretta la salopette dalle gambe e con essa i
boxer, infine mise Chester steso supino, gli afferrò prepotentemente i
jeans e i boxer e tirò tutto via con un’imprecazione perché la voglia
stava esplodendo.
Chester si lasciò fare divertito
e malizioso, Mike folle di desiderio che gli strappava via i vestiti
era un’esperienza sempre impagabile. Era come se il famoso controllo
che tanto cercava di mantenere intorno a sé, gli scivolasse via dalle
dita e lui non potesse farci proprio niente. Sapeva che se in quei
momenti c’era Anna in camera, quello l’avrebbe anche potuta ignorare!
Andava proprio fuori di testa e lui era l’unico ad avere quel potere.
Chester si ritrovò presto nudo,
Mike si accostò a lui, gli prese le gambe e se le avvolse alla vita, si
leccò giù volte la mano passandosela sulla propria eccitazione dura,
con impazienza succhiò le dita e perse qualche istante a preparare
Chester senza staccarsi troppo da lui, facendo giusto il minimo
indispensabile per poter entrare in modo più agevole, infine
mordendosi il labbro entrò con una spinta inarcandosi tutto.
Chester rimase a guardarlo un
istante, quell’istante che non si voleva mai perdere. Quando Mike si
abbandonava completamente in lui, il piacere lo invadeva in un unica
ondata e di lui non c’era altro che voglia, desiderio e trasporto.
Gli occhi chiusi, la testa all’indietro, la bocca schiusa e quella sua voce bassa ed erotica che riempiva di gemiti la stanza.
Lo prese per le cosce con
entrambe le mani, le gambe di Chester strette ai suoi fianchi. Mike si
lasciò andare su di lui iniziando a spingere, ad ogni colpo affondava
di più, si appoggiò al materasso senza lenzuola. In quella casa non
c’erano ancora mobili, però Mike aveva provveduto con un letto
pieghevole da una piazza e mezza che aveva trascinato da solo con
fatica dal pickup, non un lenzuolo né nulla. Ma sicuramente la parte
più importante per quella loro tana.
La rete vecchia cigolò, i piedi
in ferro grattarono il pavimento ed il letto si mosse mentre Mike
spingeva sempre più forte, schiacciando Chester e ricoprendolo con
trasporto con l’estasi che saliva in entrambi.
I brividi iniziarono a
riscaldarli, partendo dal basso ventre per poi espandersi in tutto il
corpo attraverso la schiena, fino alla nuca che sconnesse.
Chester chiese di più e Mike
glielo diede, con le sue unghie che lo tiravano contro di sé, insieme
alla follia di un piacere a lungo atteso e voluto. Venne per primo
inarcato contro il letto, le braccia piegate, aperte ai lati, le spalle
che premevano contro il materasso insieme alla nuca, la bocca aperta,
ansimante.
Mike gliela succhiò eccitato da
quella visione, infine si tirò di nuovo su sulle ginocchia, la schiena
dritta e spingendo più forte venne anche lui, mentre lo guardava
lascivo, soddisfatto e sporco del piacere appena avuto. Piacere che
sentì caldo dentro di sé con un sorriso consapevole.
Mike poco dopo gli crollò addosso, realizzato, sfinito, sudato ed ansimante.
Chester l’avvolse con le braccia dolcemente e gli baciò l’orecchio.
- Ti amo. - Mormorò.
- Ti amo. - rispose Mike
sfinito, gli occhi chiusi ma profondamente felice per quella pace
fatta, per essere nell’unico posto che sarebbe stato suo per sempre.
Dalle piccole ma potenti casse
in quel momento partirono le nuove canzoni che Mike si era scaricato
dopo averle finite, il nuovo album era quasi pronto e sentire le
canzoni inedite, mentre si stendevano uno accanto all’altro,
abbracciati e sudati, gli riportò alla mente il nuovo tour che dovevano
organizzare in quei giorni, che li avrebbe riportati nel loro habitat
naturale, quello in cui loro due erano una coppia e non c’erano altri
ruoli e doveri da ricordare se non quelli che riguardavano il gruppo.
Niente famiglie se non ogni
tanto quando venivano a trovarli. Niente mogli. Niente genitori,
parenti, amici. Solo i più fidati del mondo che sapevano tutto.
Il tour per loro era come un
angolo di paradiso, era un universo a parte, come un’altra vita. Era
salire su un aereo che li portava lontano dalla terra ferma, andare
dove potevano viversi sul serio, dove ogni giorno si vedevano, ogni
giorno dormivano insieme, ogni sera si davano un bacio per ultimi ed al
mattino uno per primi.
Era il miglior periodo dell’anno, delle loro vite, di sempre.
Il nuovo tour. L’idea di
ripartire li fece sorridere, stava per dire qualcosa quando un rumore
sinistro e sospetto li fece zittire.
Mike spalancò gli occhi e li roteò rimanendo fermo, gelido. Chester si corrugò, restando fermo a sua volta.
Per un momento svariate opzioni
si manifestarono nelle loro menti, una peggiore dell’altra. La peggiore
era che qualcuno li avesse visti dalla finestra e che avesse filmato
tutto il loro spettacolo porno. Il mondo sarebbe presto finito.
- Hai sentito? - Chiese Mike sussurrando piano, sperando d’aver avuto le visioni
- Io sì e tu? - Fece Chez sempre sussurrando immobile come lui.
- Se te lo chiedo significa che ho sentito. - Rispose acido l’altro, quando aveva paura diventava acido.
- Non fare tanto il saputello!
Cosa diavolo è? - Si inalberò subito isterico Chester che ovviamente
odiava quando Mike diventava così acido.
- Perché dovrei saperlo io? -
- Perché sai sempre tutto! -
- Se ti chiedo se hai sentito significa che non so cos’è! -
- E che diavolo è? - In quello
il rumore si sentì ancora, erano come dei piccoli passi o piuttosto
qualcosa che grattava per terra, nelle assi di legno che componevano il
pavimento di quella mini casa, così Mike allungando il braccio sulla
cassa sopra la testiera del letto, la spense. Il silenzio li accolse
per dei brevi tragici istanti, silenzio interrotto presto dagli stessi
rumori solo ancora più forti.
- Sono dei passi… - Ipotizzò Chez.
- Troppo piccoli… - Corresse Mike.
- Passi piccoli, ma passi! - Concluse seccato l’altro.
- E cosa sono, fantasmi? - L’ipotesi migliore, dopotutto. Quasi a sperarci.
- L’hai detto tu! - Infatti Chester ci sperava.
- No, era per dire! - Mike
cercava di essere anche razionale, sebbene avesse paura di trovarsi una
brutta sorpresa, tipo di dover rinunciare a tutto il suo magico mondo
privato.
- E che diavolo è? - Chester
insisteva sebbene non intendesse muoversi dal letto, entrambi ancora
immobili a parlare piano per non farsi sentire chissà da chi.
- Non certo un fantasma! - Mike
cercava ancora di dire cose sensate, ma a Chester non importava della
logica, voleva solo sapere:
- Ma cosa cazzo è? -
- Che cazzo ne so, guarda! - Sibilò Mike esasperato steso con Chester che lo fissò come se fosse matto:
- Scherzi!? E se è un vero
fantasma? Cosa dici ai fottuti protagonisti degli horror quando sentono
cose strane? Vai ed esplora? Gli dici di stare buono dove sei! -
Chester ne era fermamente convinto nel dire quelle cose.
- E a che cazzo serve rimanere
fermi nell’ignoranza? Sarà meglio guard… - Alla fine Mike stufo si
decise a girarsi a guardare cosa faceva quel rumore e fermo in mezzo a
quei 20 metri quadri di mini casa, tana o discarica che dir si volesse,
c’era un piccolo roditore con gli aculei. Tale roditore era un riccio.
Costui non aveva gli aculei
ritti, ma si fermò immediatamente appena notò il movimento sul letto.
Mike ed il riccio si fermarono insieme e si guardarono senza respirare,
e Mike guardava il riccio ed il riccio guardava Mike.
- Chez… - Disse poi piano piano senza muoversi ancora e nemmeno staccargli gli occhi di dosso.
- È un vero fantasma? - Chiese l’altro senza sollevare il capo.
- No, meglio. -
- Che ci può essere di meglio di un fantasma? -
- Il nostro nuovo animaletto domestico. -
- E sarebbe? -
- Un riccio! -
- Che? - Chester a quel punto si
mise a sedere di scatto facendo volare Mike a terra che cadde con un
rumore sordo, il riccio che era rimasto fermo a guardare Mike per tutto
quel tempo, si chiuse a palla e quel che poté vedere l’altro furono
solo aculei.
- Dovrei tenere una castagna domestica? - Chiese Chester deluso dalla visione che si era immaginato più fiabesca.
Mike si sollevò a sedere affacciandosi al letto mentre si lamentava della botta che gli aveva fatto prendere al sedere.
- Non è una castagna, è un riccio! -
- Certo, ed io sono il futuro
presidente d’America! Tanto se è salito un coglione ci posso salire
anche io in presidenza! - Partì Chester convinto. Mike alzò gli occhi
al cielo.
- L’hai spaventato, ma era un riccio! -
- Ed ora è diventato una castagna! -
- È carino da morire! -
- È una castagna. -
- Che nome gli diamo? -
- Castagna? -
- Secondo me gli sta bene Pikachu! -
- Se chiami la nostra castagna come un pokemon torno a lasciarti! -
- Andiamo, non sembra un pokemon? -
- No, quello sembra una
castagna, e tu sembri single! - Chester così si alzò ed iniziò a
vestirsi offeso dal fatto che Mike pensasse come prima cosa dopo il
sesso proprio al maledetto gioco che aveva provocato il loro litigio,
indirettamente.
Mike così lasciò perdere il riccio e si appese alla sua vita stringendolo come una scimmia, impedendogli così di vestirsi.
- Dai dai dai ‘castagna’ è un
nome bellissimo! - Chester per quel placcaggio che lo faceva sentire
tanto desiderato, cosa che amava, decise di dargli un’altra occasione.
Come sempre. E rimase fermo con Mike appeso alla vita.
- Cosa mangia un riccio? -
- Non ne ho idea. - Rispose Mike iniziando a baciargli il sedere a portata di bocca, cosa che fece ridere Chester.
- Come, sei tu il genio che sa tutto. -
- So tante cose, non so tutto. -
- Oh cazzo, segnala sul calendario! -
- Scemo. -
- Il migliore di sempre. -
- Su quello non ci son dubbi. -
FINE
[1] Elka è la compagna di Chester con cui ha avuto Jaime, il primo
figlio che ha riconosciuto quando il bambino era grandicello. Lo ha
adottato e con lui anche il fratello Isaiah che Elka aveva avuto con un
altro uomo. Talinda va davvero d'accordo con Samantah ed Elka perchè ci
tiene molto alla serenità di tutti i figli e figliastri, perciò la cosa
delle vacanze di famiglia completa è più che plausibile.
[2] Chez e Sam appena arrivati a LA vivevano davvero nella macchina di
Chez, non avevano i soldi per andare in affitto e all'inizio sono stati
in macchina.
[3] per chi non lo sapesse, i due geni hanno davvero anelli e bracciali uguali... per capire, guardate qua
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NOTE: ho deciso di fare due
noticine finali: non ho idea di come si ristrutturi una mini casa, però
come ho scritto da che Mike inizia a che Chez arriva nella mia idea
passa qualche giorno. Immaginiamo Mike sufficientemente abile da poter
sistemare da solo una mini casa che però non è da rifare, solo da
rattoppare diciamo. Boh.
Il fantasma non è vero, ma solo ipotizzato, ma non avrei potuto scrivere di un fantasma vero in una fic del genere.
L’animale strano domestico
doveva essere un ghiro (perché ne ho uno in soffitta) però non sarebbe
stato lì davanti a loro di giorno e soprattutto non sarebbe rimasto
fermo quando loro si sarebbero mossi, il ghiro scappa e si nasconde, ma
è nottambulo, perciò ho ripiegato sul riccio che penso farebbe dei
rumori sinistri sul legno e so che quando si spaventa non scappa ma si
appallottola. E poi è carino ed è abbastanza strano.
I dialoghi finali sono botta e
risposta veloci di proposito per rendere l’idea incalzante con la quale
loro parlano, per far ridere sostanzialmente.
Spero la mia umile fic sia
piaciuta e magari scriverò la versione col ghiro in soffitta che sembra
un fantasma di notte (ovvero ripropongo la mia esperienza personale
vera al cento percento…)
Intanto vi auguro a tutti un
buon anno nuovo, sperando che sia meglio del 2016 e che il 2017 non ci
rubi principi, duchi e principesse!
Ah certo, se volete usare l’idea della videochat hot, fate pure, è libera per chi la vuole usare.
Baci Akane