NOTE: ho voluto provare ad
interpretare a modo mio il loro rapporto. Qua in realtà nessuno sta con nessuno
ma ci sono dei chiari sentimenti di mezzo…
Certe cose si riferiscono a notizie vere
(come che la prima prova l‘hanno fatta per telefono), altre invece sono
totalmente inventate.
Naturalmente anche qua ci vuole un bel
seguito che approfondisca.
È tutto introspettivo e si alternano Mike in
corsivo fra virgoltte e Chester normale senza virgolette. Non ci sono scene
dinamiche e discorsi diretti perché è un percorso del loro rapporto da parte di
entrambi, l’uno parla all’altro.
Ok, grazie a chiunque vorrà dirmi cosa ne
pensa.
Buona lettura.
Baci Akane
Ps: La canzone doveva essere Iridescent ma siccome non è ancora uscita in midi ne ho messa un'altra...
FUSIONI
/Iridescent
- Linkin Park/
“Quando ti ho ascoltato
la prima volta che mi avevano spedito alcuni tuoi pezzi, ho subito pensato che
non potessi essere vero. Uno non poteva reggere un tale ritmo per troppo tempo,
ti saresti bruciato le corde vocali. Ma poi continuando anche su altre canzoni
non ho potuto non immaginarti sulle mie e andare avanti con la mente a quando le
avresti cantate e fatte tue.
E a come avremmo cantato
insieme.
La mia testa ha
cominciato a lavorare tanto velocemente quanto la tua voce potente e precisa
emetteva parole.
Non ti avevo davanti e
non sapevo come fossi, ma ti ascoltavo e più lo facevo più mi rendevo conto che
eri perfetto.
Semplicemente perfetto.
Quello che
cercavamo.
Quello che
volevo.
Quello che avevo
aspettato davvero.
Tu avresti dato il tocco
che ci serviva e ne sono stato sicuro praticamente subito.
Non ho esitato a
spedirti alcuni dei nostri pezzi fatti col precedente cantante che ci aveva
mollati e mi sono sentito più stupido che mai nell’attesa, perché pensavo che
non ti interessasse e che non avrei mai potuto cantare con te.
Sarebbe stata
l’eventualità peggiore di quell’ultimo periodo, un periodo non certo facile
visto che eravamo rimasti senza vocalist principale!
E’ stata l’attesa più
brutta eppure non lunga. È a me che è parsa infinita.”
Mi
è arrivata la tua registrazione con alcune delle vostre canzoni e la proposta
scritta di unirmi alla vostra band.
Sul momento sono rimasto sul chi vive visto
che non vi conoscevo, non è che eravate famosi, per non parlare del genere
particolare che facevate. Una vera e propria scommessa.
No, non sono stato subito convinto, però ho
ascoltato e mentre la musica si susseguiva coi testi sapendo perfettamente quali
sarebbero state le mie parti, mi sono subito visto mentre duettavo con te.
Ho pensato immediatamente che di certo la
mia voce ci sarebbe stata meglio in quelle canzoni, canzoni che rispecchiavano
incredibilmente il mio animo ed i miei sentimenti. Cariche di rabbia, di dolore
e di voglia di riscatto. Reali. Penetranti. Dure.
Mi
sono sentito capito solo ascoltando quei testi e la voglia di mettermi dentro è
nata immediatamente anche se ero comunque combattuto, sapevo bene che poteva
essere il più grande fallimento della mia vita, ne ero consapevole. Eppure non
ho saputo resistere e mi sono messo subito ad imparare le mie parti. Ci ho messo
davvero poco e quello mi ha dato conferma che era giusto, che dovevo provarci
nonostante tutto, anche se sapevo che era uno degli azzardi più grandi che
potessi fare.
Non sapevo che faccia tu avessi ma non mi
interessava.
Non penso di aver mai lavorato tanto
seriamente e velocemente come per imparare quelle poche canzoni che mi avevate
spedito.
Mi sono entrate dentro subito comprendendo
il loro significato fin nel profondo ed anche se avevo paura di fare la cazzata
del secolo, ti ho chiamato quella sera stessa.
Quando ti ho sentito per telefono ho
maledetto la lontananza, volevo averti davanti e vederti, non so perché, di
solito tenevo le distanza volentieri ma con te è nato subito il desiderio di
conoscerti.
Ero addirittura emozionato, mi sentivo tanto
idiota.
Ti dissi subito che mi interessava, che
avevo provato a cantare le canzoni che mi avevi spedito da solo e che dovevo
provare anche con te e mentre pensavo già a prendere il primo biglietto per
L.A., tu mi hai detto se mi andava di fare una di quelle e quando ho sentito la
base messa da te, sono partito e poco dopo tu mi venivi dietro.
Ci
siamo messi a cantare insieme per telefono come fosse la cosa più importante del
mondo, come se non potessimo aspettare un paio di ore per vederci e farlo dal
vivo, come se non vedessimo entrambi l’ora di farlo.
L’abbiamo fatto come se fosse naturale, come
se non avessimo fatto altro da anni.
Come se fossimo nati e cresciuti insieme,
cantando così.
Era un genere a cui mi accostavo per la
prima volta e per di più era la prima volta che ci parlavamo, ma è venuto con
una tale naturalezza che non abbiamo avuto bisogno di altre prove per
convincerci che ci eravamo trovati.
Ed
è proprio il termine adatto.
Ci eravamo fottutamente trovati, porca
puttana!
Sono certo di non aver provato tanto
entusiasmo fino a quel momento, nella mia schifosa vita di merda!
“Quando ti ho visto sono
stato contento di poter associare un viso ad una voce.
Non mi hai colpito per
l’aspetto, anzi, ti reputavo abbastanza bruttino ma sapevo bene che non si
doveva associare bellezza fisica a quella vocale.
Ti sforzavi di essere
gentile ed eri anche impacciato perché eri contento di iniziare questo nuovo
progetto ma al tempo stesso eri titubante perché poteva essere un fiasco
colossale.
Non hai mai avuto
bisogno di dirmelo. Sapevo che pensavi quello.
Sei sempre stato un
libro aperto per me e mi piacevi per quello.
Come persona.
Eri scontroso,
incazzoso, maleducato e chiuso.
Non so se era una forma
di timidezza o cosa, ma quando abbiamo fatto un paio di prove tutti insieme, dal
vivo, hai subito tirato fuori tutta la rabbia che avevi ed ho sentito
chiaramente che non era nemmeno un milionesimo di quella che avevi accumulato
dentro.
È stata come
un’apparizione.
Tu davanti a quel
microfono a gridare furioso in quella maniera eccessiva da manicomio.
Era talmente
evidente.
Avrei usato la tua
rabbia e sarebbe diventata la punta di diamante della nostra band, avrei
innovato tutto ciò che ci rappresentava accentuando l’eccesso, lasciandoti
libero di sfogare tutto il represso.
E più ti ascoltavo più
realizzavo quanto dura dovesse essere stata la tua vita.
Non avevo bisogno che me
lo dicessi, non volevo le tue confidenze.
Però sapevo che era
così.
Sai, Chez, è stata dura
farti integrare e mandarti giù. All’inizio il desiderio comune del gruppo era
quello di strozzarti!
Tu ed i tuoi modi
incazzosi. Non avevi rispetto per nessuno e solo per partito preso, parlavi col
contagocce e nessuno sapeva come trattarti.
E litigavamo.
Oh, quanto litigavamo…
Però questo non abbiamo
mai smesso di farlo, anche se in realtà si tratta di altri tipi di litigi.
“
Non eri presuntuoso ma mi davi sui nervi,
anche se ammetto che quando si cantava sentivo dentro una tale soddisfazione che
mi faceva capire, giorno dopo giorno, che dopotutto avevo fatto l’azzardo più
giusto.
Non so perché mi davi tanto sui nervi,
all’inizio.
Anche ora me li dai, ma è diverso.
Adesso litighiamo perché tu mi stuzzichi e
sai dove premere per scocciarmi, io non ci metto più di due secondi a mandare a
cagare chi mi scoccia.
Ci godi nel rompermi i coglioni, nel vedere
come mi incazzo e come mi accendo, io lo so che tu lo fai apposta e quindi mi dà
ancora più sui nervi!
Però all’epoca forse erano effettivamente
divergenze d’idee o magari diversità caratteriali.
Sai, personalità dominanti e palle simili…
ma che cazzo ne so, non sono un fottuto psicologo.
Ci
scontravamo.
Io dicevo che ci stava meglio un urlo in un
dato punto e tu dicevi che invece ci stava in un altro punto.
Poi però lentamente ci siamo conosciuti
meglio e devo dire che ad essere cambiato è stato il tuo atteggiamento verso di
me.
Forse hai imparato a conoscermi e non mi
infastidivi davvero, ma solo per gioco.
Quando è scattata quella fase ho sentito
dentro che non ero più solo.
Non avevo più tanto freddo e qualche piccolo
fantasma si stava dissolvendo.
Un
po’.
Credo che sia stato il fatto d’aver trovato
degli amici.
Ho iniziato a vedere tutti come miei amici,
ci stavo bene, mi sopportavano di più, non mi irritavo per ogni cagata e
convivevamo più o meno pacificamente.
Abbiamo trovato la chiave l’uno dell’altro,
mentre io e te siamo sempre rimasti il centro, dopo tutto.
Tu
il mio ed io il tuo, credo.
Ed ho cominciato a giocare un po’ anche io,
a fare il demente come voi, a farmi trascinare nelle idiozie che tu e Joe
combinavate.
Mi piaceva anche il fare un cazzo in
compagnia, cosa che all’inizio non era proprio per me.
Ho
semplicemente capito che finalmente appartenevo a qualcosa.
Avevo trovato il mio fottuto posto.
Ed è nata A place for my head.
Con te.
“Abbiamo cominciato a
comporre insieme quasi subito.
I testi sono sempre
stati una nostra prerogativa, mentre la musica di solito la pensavamo con tutti
gli altri, poi io perfezionavo e tiravo fuori qualche nuova idea di sound.
È sempre stato un lavoro
di squadra, per questo funzioniamo bene.
Scrivendo insieme mi
sono reso conto di tutto il mondo che avevi dentro.
Cioè prima l’avevo
percepito ma lì lo vivevo, lo vedevo davvero.
Ed anche se avresti di
certo giurato che non l’avresti mai fatto, hai iniziato sommessamente a
confidarti con me per condividere alcune delle tue esperienze che volevi buttare
giù nelle canzoni.
A volte tiravi fuori dei
versi talmente contorti che, sebbene capissi cosa volessi dire, cercavo di
snodarli con te e tu allora eri quasi costretto a dire a cosa ti eri riferito e
parlavi di te, di una qualche tua esperienza, di qualcosa che avevi vissuto o di
un concetto che volevi esprimere. Ti ascoltavo e capivo che non erano cose
inventate.
Mi si stringeva il
cuore.
Non ho mai faticato a
nascondere il mio sentimentalismo, è la sensibilità che mi ha permesso di fare
canzoni come Hands held high .
Così pian piano ho
cominciato a conoscerti e a sapere tutto di te, sapevo di essere l’unico e
l’idea mi piaceva, tenevo per me tutti quelli che sapevo per te erano preziosi
segreti.
È stato questo ad
avvicinarti a noi, a me, e a farti lentamente cambiare.
Ti sei un po’ adattato
alla vena ironica e infantile del gruppo scoprendo anche i lati seri di alcuni
di noi, quelli più affidabili.
E ti sei aggrappato a me
senza nemmeno rendertene conto.
Sono certo che se te lo
chiedo ora non sai cos’è stato a cambiarti lentamente, cosa ha fatto scattare in
te la molla.
Certo, poter cantare in
quel modo e sfogare in modo sano tutta la rabbia che avevi dentro è di sicuro
utile, ma è anche l’appartenere a qualcosa che senti tuo.
È anche questo che ti ha
aiutato.
Il raccontarti a
qualcuno per tirare fuori qualcosa di buono.
Ed io ho visto la
piccola luce nelle tue tenebre. C’era ancora lì da qualche parte e lentamente
diventava sempre più forte, più grande, mentre diventavi parte di noi.
Parte di me.
Ed è per questo che ho
scritto Iridescent.
Perché di recente ti ho
guardato ed ho capito che il vecchio Chester rabbioso e furioso con tutti era un
lontano ricordo.
A parte che gli scatti
di rabbia li avrai sempre perché sono comunque parte di te.
Ma non posso non amare
quella passione che è solo tua, quella che ti brucia in ogni modo senza
risparmiare niente di te.
Quella che a volte ti
spaventa e ti fa chiudere in te stesso e che poi per difesa ti fa latrare
insulti a chi ti capita o essere egocentrico, presuntuoso e supponente.
È un lato talmente caldo
di te, questa tua parte antipatica, che amo anche quella.
Lentamente sei diventato
indispensabile, Chez.
Per il gruppo, per la
nostra musica, ma soprattutto per me.”
Scrivere insieme per me è come fare l’amore.
Non concedo tanto di me nemmeno quando
faccio fisicamente sesso con qualcuno.
In
quel caso svuoto il mio seme e basta. Non faccio niente di particolare, ma
quando scrivo canzoni metto giù parti della mia anima, sia che mi riferisca a
qualche mio vissuto che invece mi riferisca a qualcosa di esterno… dico comunque
il mio pensiero, il mio pensiero profondo.
Scrivere con qualcun altro è condividere
quella mia anima e l’ho fatto solo con te, Mike.
A
volte non è servito te lo spiegassi, capivi al volo cosa intendevo, cosa dicevo,
cosa esprimevo e tu lo perfezionavi. Altre invece me lo facevi spiegare e nel
tentativo di non scoprirmi, finiva che parlavo di me più di quel che non avessi
voluto.
Però mi sentivo assurdamente
meglio.
Certe cose le ho esplicitamente dette solo a
te.
Certe non potrò mai dirle comunque a
nessuno, però sono arrivato a raccontarti più o meno indirettamente certe
cicatrici che non credevo di avere la forza di esprimere a voce.
Tu
capivi e non avevi la presunzione di dare fottuti consigli del cazzo, ma
scrivevi dei versi talmente belli che mi entravano e mi curavano la ferita che
ancora sanguinava.
A te non è mai servito parlare per consolare
e farti sentire vicino a qualcuno che stava male, ti basta scrivere canzoni e
trovi sempre le parole giuste in quei dannati versi e non so come fai.
Voglio dire, scrivo anche io, ma c’è una
netta differenza fra le mie parti e le tue. Non di qualità, so di andare più che
bene anche io.
È una differenza di sensibilità.
Tu
ci metti dei sentimenti talmente alti e carichi di speranza e luce che io non
arriverei mai nemmeno impegnandomi.
Io
invece ci metto le tenebre e la rabbia, la disillusione.
Siamo diversi e so che funzioniamo bene
appunto per quello.
E forse è perché credevo in quel che
cantavo, che lentamente sono stato meglio.
O
non so perché cazzo, ma ora posso dire di essere finalmente guarito dalla merda
in cui ero.
La droga è stato il peggio che nel mio
passato ho fatto da solo. Il meglio è stato il tentato suicidio, togliermi dal
mondo era una grande idea, peccato che non ci sono riuscito.
Il
resto me l’hanno fatto gli altri, cose che non ho mai chiesto e mai ho voluto.
Però non sono mai stato un genio
nell’azzeccare le vie giuste d’uscita.
Solo entrando nei Linkin Park devo dire che
finalmente ci ho preso.
La scommessa più grande della mia vita,
senza ombra di dubbio.
Però ora ne sto per fare un’altra ed anche
se sono uno che ama il rischio, tutto sommato, non sono certo uno che ha voglia
di infliggersi di nuovo altro dolore da solo.
Ho
giurato di non ferirmi più di mia volontà quando mi sono disintossicato.
Ma non arrivo più a mascherarmi tanto bene,
così penso che te lo dirò semplicemente come mi viene, così come è da me, come
mi uscirà.
Perché ormai riesco a fondere la mia voce
perfettamente solo alla tua e canto al meglio solo se sei tu ad accompagnarmi
con qualche strumento, con o senza gli altri.
“E’ davvero come fare
l’amore, ormai, quando cantiamo, ed è l’unico piacere intenso e violento che
posso ottenere da te, visto che se azzardassi altro rovinerei tutto.
Al di là dei nostri
legami di matrimonio, qualcosa in cui tu non hai mai creduto fortemente ed io…
bè, è diventata una semplice abitudine, dopo tutti questi anni insieme.
Non so, è diverso.
Ci sono diversi tipi di
sentimenti che legano due persone e se devo associare un elemento a te, associo
il fuoco ma non perché tu bruci te stesso, bensì perché bruci me.
Mi infiammi ed ora
capisco la differenza fra te e tutti gli altri, anche da mia moglie.
È una cosa di cui non
vado fiero, amare un’altra persona quando si è sposati è la peggiore che si
possa fare, ma sarebbe più grave uccidere qualcuno.
Amando un altro e
tenendomi la cosa per me non faccio davvero male a nessuno.
Al massimo solo a
me.
E cantare con te,
fondere le nostre voci a quel modo, diventare un tutt’uno sul palco, creare
insieme, accompagnare la tua voce con la chitarra o la tastiera o la mia voce
stessa, è come fare l’amore con te e mi basta perché non sono cose che con altri
possiamo avere. Né tu con tua moglie né io con la mia.
Sono cose che possiamo
avere solo noi due cantando insieme.
Ed anche se vorrei
tutto, anche il lato che non posso avere, che mi impongo di non prendermi, mi
faccio andare bene ciò che ho.
Finché lo posso avere
cantando, andrà bene.
Deve.”
E
forse perché ormai la malizia è diventata parte di me, o magari perché sei tu
che me la tiri fuori nella maniera più sporca possibile, però non posso fare più
a meno di provocarti a mia volta, quando non sei tu a provocare me.
Perché credo che questi nostri litigi siano
dei giochi erotici che possiamo capire solo noi e che ci danno un piacere che
sicuramente a nessuno è chiaro, ma non me ne fotte nulla.
A
me piace discutere con te per delle cagate, mi piace quando mi provochi e mi
piace provocarti a mia volta. Mi piace anche infiammarmi per delle cagate perché
tu poi ridi di gusto.
Adoro quando dopo che ti mando a cagare mi
guardi con l’aria da orsacchiotto e cerchi di intenerirmi senza riuscirci e di
rimando ti insulto più di prima.
Adoro quando comunichiamo ad un livello
talmente personale che nessuno ci sta dietro ma tutti capiscono ugualmente.
Che c’è qualcosa di diverso fra noi due o
non funzioneremmo così bene sul palco e le fusioni che abbiamo messo nell’ultimo
album ne sono la conferma.
Fusioni di voci dove in quasi ogni canzone
siamo l’uno sull’altro e nell’ascoltare la tua voce che mi accompagna per
trovare gli attacchi giusti, le durate delle mie parti, i blocchi adeguati e
tutto ciò che devo fare cantando, quasi vengo quando riusciamo ad
agganciarci.
E tu mi aspetti che io finisca, ed io non
vedo l’ora che venga il tuo turno, e sento i brividi quando lo facciamo insieme,
a due toni diversi, con stili diversi, con modalità ed intensità diverse.
Ma insieme.
Come un tutt’uno.
Più sto con te, più ne sono certo.
Presto sarai mio.
FINE