NOTE: si tratta del
prequel di In pieces, la one shot ‘fuori serie’. Con questa le si può
attribuire ufficialmente una serie loro che ho deciso di chiamare
‘Minutes to midnight’ per 3 motivi: 1: l’altra mia serie si chiama come
il loro primo album, Hybrid theory (teorie ibrida in quanto sti due
insieme sono proprio una teoria ibrida. Ma fantastica!), quindi anche
quest’altra mi pareva logico avesse il nome di un altro loro album. 2:
Entrambe le canzoni di riferimento di queste due (per ora) fic sono su
Minutes to midnight. 3: Il titolo per i LP indica una sorta di conto
alla rovescia ed è lo stesso che affrontano nelle mie 2 fic Mike e
Chester prima di scoppiare.
Solo ora mi
sono resa conto della perfezione di 2 canzoni: In between ed In pieces.
La seconda è stata l’ispiratrice dell’altra fic, la prima lo è di
questa, se vi leggete i testi nella sequenza giusta (cioè come sono
ordinate nel CD e come io stessa le ho ordinate nelle fic) e se
considerate che la prima l’ha scritta e cantata Mike e la seconda
Chester, capite quanto sia perfetto tutto ciò. Sembrano proprio una la
conseguenza dell’altra, un dialogo fra due persone che affrontano una
situazione particolare e difficile.
Per ascoltarla
cliccate sul nome della canzone sotto il testo e giungerete sul video.
Siccome per
scrivere mi sono rifatta anche ad un paio di foto loro, ho messo i
link, mi sembrava giusto. 3 sono gif, una è un video breve ma molto
emblematico. La scena del divano è quella descritta nella fic.
Che altro dire?
È stata una fic
ispirata e scritta in… penso 2 o al massimo 3 ore per tenerci larghi…
quando parto così mi escono cose del genere. Fatevi un’idea leggendo.
Devo dire che mi piace. Penso che avrà qualche seguito, vedrò.
Grazie a tutti
quelli che seguono e leggono e commentano, sono contenta che le mie fic
su di loro piacciano, davvero. Grazie.
Buona lettura.
Baci Akane
PS: se cliccate sul titolo della canzone, sotto il testo, si apre l'mp3
per ascoltarla...
IN BETWEEN
Video
NEL MEZZO
Lascia che inizi scusandomi
Lascia che mi scusi per
quello che ho detto
Ma cercare di essere
sinceri è stato più difficile di quello che sembrava
Ed in qualche modo sono
impigliato nel mezzo
Lascia che inizi
scusandomi
Lascia che mi scusi per
quello che ho detto
Ma cercare di essere
qualcun altro è stato più difficile di quello che sembrava
Ed in qualche modo sono
impigliato nel mezzo
"Tra il mio orgoglio e
la mia promessa
Tra le mie bugie e a
come la verità viene a galla
Le cose che voglio
dirti si perdono prima di essere pronunciate
L’unica cosa che è
peggio di uno è nessuno"
Lascia che inizi
scusandomi
Lascia che mi scusi per
ciò che ho detto
Ma cercare di
riguadagnare la tua fiducia è stato più difficile di quello che sembrava
Ed in qualche modo sono
impigliato nel mezzo
"Tra il mio orgoglio e
la mia promessa
Tra le mie bugie e il
come la verità viene a galla
Le cose che voglio
dirti si perdono prima di essere pronunciate
L’unica cosa che è
peggio di uno è nessuno"
E non posso spiegartelo
In nessuna cosa io dica
o faccia o pianifichi
La paura non ti teme
Ma la colpa è un
linguaggio che tu puoi capire
E non posso spiegarti
In alcuna cosa io dica
o faccia
Ma spero che le azioni
parlino più delle parole
"Tra il mio orgoglio e
la mia promessa
Tra le mie bugie e il
come la verità viene a galla
Le cose che voglio
dirti si perdono prima di essere pronunciate
L’unica cosa che è
peggio di uno è nessuno"
"Il mio orgoglio e la
mia promessa
Tra le mie bugie e il
come la verità viene a galla
Le cose che voglio
dirti si perdono prima di essere pronunciate
L’unica cosa che è
peggio di uno è nessuno"
/In between - Linkin
Park/
Sono le volte
in cui mi tocchi.
Le volte in cui
mi stringi.
Le volte in cui
ti parlo all’orecchio.
Le volte in cui
ti provoco.
Sono le volte
in cui facciamo qualcosa così poco da noi, che ci uccidiamo a vicenda.
Sono istanti
che corrono durante i quali mi rendo conto che la situazione mi sta
sfuggendo dalle dita, via via faccio sempre più fatica a controllarmi e
mi chiedo cosa farò quando non riuscirò più ad essere lucido.
Perché io mi
conosco bene.
Tengo tengo e
poi esplodo, vado in tilt, do di matto e non so proprio cosa faccio… in
realtà solo quello che voglio davvero.
E di questo ne
ho paura.
È
partita da quando ci siamo conosciuti, penso.
È subito
scattato qualcosa ma me ne sono accorto quando ho cominciato a
punzecchiarlo per farlo arrabbiare. Mi hanno chiesto perché lo
provocavo così tanto di proposito ed io ho risposto che Chez incazzato
era adorabile e che mi faceva impazzire discutere con lui.
Spesso mi
inventavo punti di disaccordo solo per litigarci.
Poi lentamente
lui ha capito che facevo apposta a stuzzicarlo e così ha smesso di
prendersela sempre, a volte semplicemente mi tirava dietro qualcosa
ridendo.
Sono cominciati
così i nostri giochi.
Giochi a cui
ormai stiamo dietro solo noi, gli altri quando vedono che cominciamo
così -ci definiscono in modalità dementi- ci mollano subito.
Si
è rafforzata durante i concerti.
Abbiamo
cominciato ad avere di live in live sempre più contatti, anche fisici.
Ci cercavamo
per metterci d’accordo su qualche dettaglio volante o per scherzare
anche sul palco… o anche solo per fare qualche pezzo abbracciati, col
braccio intorno all’altro… contatti di vario genere, che ci piacevano,
ci caricavano, ci scaldavano, ci rassicuravano.
E mi piaceva
sempre più appiccicarmi a lui per dirgli qualcosa con le labbra sul suo
orecchio, qualcosa che dopotutto potevo dirgli anche ad una distanza
accettabile, senza attirarlo a me in quei modi.
Dirgli anche
cazzate assurde che poi lo divertivano. Lui staccava la testa da me per
guardarmi e vedere se ero serio e poi scoppiava a ridere.
L’ho conosciuto
che era estremamente rabbioso ed ombroso, è stato davvero faticoso
strappargli quei sorrisi che inizialmente erano rari e poi sono
diventati quasi una costante.
È come se
l’avessi contagiato con la mia demenzialità e lui fosse riuscito a
diventare… non so, più sereno.
Non so cosa sia stato, forse
le volte in cui scrivevamo insieme le canzoni e lo costringevo a
scrivere qualcosa di suo. Quando uscivano le sue parti profonde ed
autentiche le svisceravamo, a volte con litigate sonore, altre con
chiacchierate che fluivano lisce come l’olio… e capivo quanto bisogno
avesse avuto di aprirsi.
Certe cose le
ha dette per la prima volta a me.
Com’è
che mi sono accorto propriamente di essere fortemente attratto da lui?
A pensarci non
è che lo so… è stato un processo lento eppure al tempo stesso un colpo
di fulmine.
L’ho sentito
per registrazione e senza vederlo già avevo capito che era perfetto.
Quando abbiamo
provato insieme per telefono, poi, ne ho avuto conferma ma è dal vivo
che mi ha steso. Vederlo contorcersi e cantare in quel suo modo
caratteristico, pieno di rabbia e di passione, mi ha demolito proprio.
La
prima volta che mi ha ucciso.
Io invece credo
di averlo fatto quando abbiamo parlato dei nostri momenti difficili.
È riuscito a
dirmene un paio ed io invece di imbarazzarmi o dire qualcosa di
circostanza sul senso della vita, gli ho solo detto con un gran sorriso
dei miei che ora era con noi e che era finita e che cominciava il suo
momento ‘sì‘.
Credo proprio di averlo
ammazzato, quella volta, perché mi ha guardato con gli
occhi lucidi e si è morso il labbro a sangue.
Io ho riso e
gli ho spettinato i capelli, a quello lui mi si è aggrappato
nascondendo il viso contro la mia spalla. È stato il primo contatto
fisico vero e proprio, il primo abbraccio.
Eravamo solo io
e lui, non ce ne siamo vergognati. È stato bello.
Da allora li ha
accettati esclusivamente da me, se qualcun altro osava toccarlo lui si
ritirava o lanciava sguardi assassini. Erano quasi delle comiche perché
poi finivano per guardare male me, come se fosse colpa mia che
accettava certe cose solo dal sottoscritto.
Però era vero,
qualunque scherzo per il quale servivano contatti fisici, anche di un
certo tipo, lui lo accettava da me.
Ad esempio ha
sempre detestato che gli strizzassero le guance come si fa coi bambini
paffutelli… un po’ perché lui non lo è mai stato e con le guance magre
che si ritrova è complicato prendergliele e quando ci riescono gli
fanno male, un po’ perché è un gesto semplicemente odioso per lui.
Quando l’ho
scoperto gliel’ho fatto a ripetizione e Chez invece di gridarmi dietro
come avrebbe dovuto, rideva.
Era
come creta nelle mie mani.
Lentamente
ho capito che gli piacevo ed è stato un altro modo in cui mi ha ucciso.
Non me l’ha mai
detto ma per me è stato abbastanza chiaro.
Quel suo
toccarmi per ogni scusa, circondarmi il collo col braccio, stamparmi
dei baci giocosi sulla guancia, ridere solo per me, accettare qualunque
cosa solitamente inaccettabile solo perché ero io…
Quel suo
aprirsi esclusivamente in mia compagnia.
Quel suo
provocarmi a sua volta palpeggiandomi scherzosamente.
Tutte volte in
cui mi uccideva.
Ed io non so
quando di preciso ho capito che mi piaceva quando lo faceva, ma è
successo ed ora sono ad un punto in cui non so quanto riuscirò a
trattenermi.
Ci
piacciamo a vicenda, allo stesso modo, e allora perché non farlo?
Perché non
cedere a ciò che vogliamo davvero?
Con un angolino
di me stesso lo capisco bene perché ma non so quanto funzionerà ancora,
quel famoso angolino.
È una passione
passeggera, poi può finire tutto e rovinare ogni cosa, siamo parte
integrante di un gruppo, siamo i due cantanti, se noi non andiamo più
d’accordo poi è finita.
Non possiamo
rischiare di mandare tutto a quel paese per un capriccio momentaneo.
E non è tanto
sconvolgente realizzare di essere attratto da un altro uomo, nemmeno
che desidero un’altra persona seppure io sia sposato.
È
proprio che voglio Chester.
Chester,
l’unico in grado di uccidermi con la sua sola presenza, con una parola
sussurrata all’orecchio, con la sua mano che giocosa scende sul mio
sedere o sulle mie parti basse… certo io magari me le cerco perché mi
avvicino a lui facendo il demente -come quella volta che mi ero vestito
da scimmia saltandogli addosso per spaventarlo e lui poi, una volta
sistematomi nel divano accanto a sé, mi ha baciato sulla maschera e
palpato gioiosamente il pacco- però sicuramente Chez non è un Santo e
ormai mi sta facendo diventare matto.
È arrivato a
farlo anche in pieno concerto, davanti a miliardi di persone… parlavamo
non so di cosa e di punto in bianco ha pensato bene di circondarmi col
braccio e di ficcarmi la mano lì sotto… cosa gli passi per la testa in
quei momenti non so.
E il bello è
che non mi dà fastidio e nemmeno mi imbarazza!
Trattengo a
stento l’istinto di farlo a mia volta!
Non so quanto potrò contenermi
ancora.
A volte penso
che dovrei parlargli, definire un po’ il nostro rapporto, dirgliene
quattro, ridimensionarlo… altre però vorrei solo approfondire.
Approfondire
tutto alla grande.
Perché non so,
ma quando si contorce sul palco piegandosi di continuo non riesco a non
pensare che il suo culo sia dannatamente bello stretto in quei jeans da
ergastolo che si mette sempre.
E non posso
fare a meno di chiedermi se stare a torso nudo quando è tutto sudato
sia solo un modo per torturarmi, perché è decisamente lo stile che per
lui preferisco in assoluto. Anche se poi lo asciugo sempre da brava
‘moglie’ premurosa. Non voglio che si ammali o che altri lo trovino
troppo sexy e gli saltino addosso!
Che
poi me le cerco, ne sono consapevole.
Occasione
ufficiale di una premiazione al nostro gruppo, arriviamo sul posto
passando davanti ad un centinaio di persone appostate lì fuori che
gridano e salutano, lui è davanti a me circondato da altri ospiti che
arrivano e lo salutano e vari addetti ai lavori. Sta facendo il divo e
ci gode come uno stronzo ad essere riconosciuto ed osannato. Così cosa
faccio?
Accelero il
passo e da dietro gli infilo le mani sotto le braccia quindi arrivo
all’altezza dei capezzoli e stringo attraverso i vestiti attirandolo a
me in una specie di abbraccio, quindi gli piazzo la bocca sull’orecchio
e dopo avergli detto ‘piantala di tirartela, puttana’ lo lecco come per
marchiarlo. Lui rimane impassibile, continua a sorridere e salutare,
poi si gira verso di me, io lo mollo, gli vado di fianco e mi guarda in
netta difficoltà dietro quelle provvidenziali lenti scure. Ricordo bene
lo shock che aveva in quel momento e non è riuscito a dirmi
assolutamente niente, così ridendo come un matto l’ho cinto col braccio
ed ho continuato a salutare gli altri insieme a lui.
Non mi sono mai
divertito tanto.
E so che gli è
piaciuto, oh se lo so.
L’ho turbato ma
il mio è stato un gesto per ridimensionarlo e definire meglio i
rapporti.
Come per dire
che lui è mio, anche se in realtà non lo è.
Poi ci ho
ripensato e mi sono chiesto se avessi bevuto qualcosa di forte, perché
non era un gesto da me, non davanti a tutta quella gente.
Anche
se a volte le mie le combino.
Insomma, gli
scherzi li adoro ed è risaputo.
Come adoro
farlo arrabbiare, anche se ormai succede difficilmente perché ha
imparato a capire quando lo stuzzico di proposito.
Ripenso alla
volta che ho appena ricordato. Alla sensazione inebriante del suo corpo
contro il mio -seppure attraverso i vestiti-, sotto le mie mani, il suo
orecchio sulla mia lingua.
Ci ripenso e mi
piace sempre di più perché semplicemente vorrei rifarlo senza fermarmi
e questo mi spaventa, però mi eccita troppo.
Dannazione, mi
sta davvero uccidendo e so che anche io lo faccio con lui… quando ho
giocato in quel modo, ad esempio, l’ho distrutto proprio.
Sospiro.
Quanto possiamo
andare avanti così?
Quand’è
che andrò in tilt e farò semplicemente ciò che non devo ma che voglio
sentitamente?
Oggi è
nell’aria e non so perché, forse ci ho pensato un po’ troppo, però dopo
che ho passato tutto il tempo cercando di lavorare invano, finendo
invece per ripensare a tutti questi nostri momenti deleteri, la porta
di casa si apre e sbatte. Non ho bisogno di chiedere chi sia, so
perfettamente da come è entrato che si tratta di lui. E so che sa dove
trovarmi.
Nel mio studio.
Infatti dopo un
secondo eccolo che appare dalla porta e sbuffando come una teiera si
butta nel divano letto dietro la scrivania a cui sono seduto, nel vano
tentativo di produrre qualcosa di utile.
Questo è il mio
appartamento adibito a base del gruppo, tutti loro hanno la chiave e
vengono quando vogliono.
Vengo qua per
lavorare ed io e Chester in particolare ci viviamo quando componiamo i
testi.
Mi giro con la
sedia e lo guardo: ha il cappuccio tirato su ed il viso mezzo nascosto,
è particolarmente nero e lo capisco immediatamente così non lo saluto
nemmeno e stessa cosa fa lui.
Torno a girarmi
e riprendo il mio -non- lavoro al computer.
Respira da
incazzato ma lentamente lo sento calmarsi e regolarizzarsi, così mi
rilasso a mia volta capendo che è bastata la mia sola presenza per
placarlo.
So
di fargli questo effetto, sono consapevole di ogni singola cosa.
E
mi piace.
Ma
mi spaventa, anche.
È
pericoloso capirsi così a fondo senza nemmeno bisogno di parlarsi o
guardarsi.
Eppure ora che
è qua invece di agitarmi di più mi do pace a mia volta e finalmente
riesco a concludere quello che tentavo di fare.
Non so quanto
passi, i minuti corrono e volano, non me ne rendo nemmeno conto, non
penso più a niente, nulla mi tormenta, sto bene, alla grande.
Quando finisco
alzo la testa e guardo l’ora. È sera inoltrata e solo adesso me ne
rendo conto.
Fra i crampi
della fame e le ossa che scricchiolano.
Mi giro di
nuovo verso di lui dietro di me e più silenzioso che mai e
stiracchiandomi sospiro mentre il corpo mi ringrazia per avergli dato
tregua.
L’osservo.
Credo dorma,
non saprei, ma da sveglio è impensabile che sia così tranquillo.
Sorrido
intenerito, lo posso fare solo perché non mi vede altrimenti sarebbe
impensabile.
È come al
solito vestito di scuro e con abiti piuttosto attillati, gambe
accavallate, le braccia allargate ai lati, sul comodo divano rosso il
cui schienale è particolarmente inclinato e induce un facile sonno.
Il respiro
regolare.
Sembra un
angioletto. Un angioletto un po’ tentatore, in effetti…
Cosa dovrei
fare con lui?
È
qua, completamente dimesso e alla mia mercede.
Aveva bisogno
di un po’ di pace, immagino, di un rifugio, ed è venuto dritto da me,
dove sapeva poteva trovarmi. Non mi ha nemmeno scritto per assicurarsi
che ci fossi, arrivato non mi ha salutato o detto niente, è venuto
diretto qua e si è seduto. Solo
la mia presenza gli è bastata.
Chissà
se si rende conto a che livello è!
Mi alzo e mi
siedo accanto a lui facendo piano per non disturbarlo, quindi gli
scosto il cappuccio per vederlo bene in viso, glielo tiro indietro e
constato che effettivamente ha gli occhi chiusi e che sembra dormire.
Ha un viso
interessante, non è la classica bellezza. Diciamo che poi nel corso
degli anni ha imparato a valorizzarsi.
È comunque un
tipo, non a tutti piace.
A me sì ma io
sono di parte.
Certamente il
suo colore naturale di capelli gli dona di più… da quando gliel’ho
detto ha smesso di tingerseli in tutti quei modi assurdi. Ed anche io,
per par condicio.
Però quando
glielo aveva accennato non so chi, se l’è mangiato vivo!
Ridacchio e mi
appoggio col gomito allo schienale, sistemandomi di lato rispetto a lui
per continuare ad osservarlo meglio.
Potrei
star così tutta la vita. A ripensare ai vari nostri momenti mentre lo
fisso in pace col mondo solo perché è qua con me.
Potrei.
Oppure potrei
mettere la parola fine a tutto questo nostro tira e molla, a questi
giochi pericolosi, e fare una buona volta quello che voglio davvero.
Sono
abbastanza saturo di questa situazione?
Desiderarlo
come un matto e trattenermi.
Sono forse
impazzito?
Come si fa a
continuare così?
No, ma la vera
domanda è: è così che voglio continuare?
Guardare
e non toccare?
Ma davvero?
All’idea di
fare una vita in questo stato ecco che la scintilla scatta ed il famoso
‘stato di tilt’ si installa automaticamente.
È
quando non ce la faccio più a trattenermi.
E
faccio.
Cosa,
poi, non so.
Mi avvicino a
lui quel po’ che rimaneva e appoggio le labbra sulle sue, le faccio
combaciare con le mie e le accarezzo leggero per un po’… il tempo di
riprendere possesso di me. Quando comincerò a chiedermi se io sia
impazzito, mi staccherò. Andrà bene perché lui dorme e non si è… ma non
riesco a finire il pensiero che arrivano le sue mani -inconfondibili
per la loro irruenza- a premermi la testa contro la sua.
E apre la bocca
insinuandosi veloce con la lingua nella mia.
Ci troviamo ed
è qua che vado davvero fuori di testa perché invece di staccarmi e
concludere tutto, rispondo volentieri al bacio, un bacio nato da me in
modo disonesto.
Allora non
dormiva…
È il pensiero
vago che ho prima di perdermi nel suo sapore, nelle nostre lingue che
si intrecciano e nelle mie mani che si appoggiano al suo petto per
assicurarmi che sia vero, che non sia uno di quei dannati sogni.
Come
se non lo sapevo che sarebbe dipeso da me.
Se solo avessi
voluto lui ci sarebbe stato subito e Dio solo sa come mai uno così
prepotente e attivo abbia avuto tutti questi riguardi con me.
Dimentico tutto
e non so per quanto lo faccio, mi godo solo questo momento che mi pare
giusto e perfetto, ma poi… poi le sue dita scendono dalla mia nuca per
infilarsi sotto la mia felpa larga e arrivato alla mia pelle scatto
come una molla in preda alle convulsioni.
Non so cosa
sia, una scarica elettrica forse… ma mi separo bruscamente da lui e
dalla sua bocca, mi manca subito e la sensazione di follia è più forte
di prima che lo baciavo.
Lo guardo
ansimante ed incredulo.
L’ho fatto
davvero.
L’ho baciato.
E lui ha
risposto.
Merda, era
ovvio che rispondesse, lo sapevo che ci sarebbe stato. Era per questo
che mi imponevo di non andare oltre… per non far scattare quel
meccanismo che poi non potevo più fermare.
Ci guardiamo e
lui è turbato e sull’arrabbiato andante per la mia reazione brutale, ma
non so che dire, che fare. Mi premo la mano sulla bocca che pulsa,
voglio tornare a baciarlo.
Voglio che
torni a toccarmi ma non so… ho paura che poi non potrei più tornare
indietro… rovinerei tutto… no?
Non
ci siamo solo noi due.
Le relazioni
fra due membri dello stesso gruppo non vanno mai bene.
E porca
puttana, siamo sposati.
No, no, no… se
lui non ha una coscienza io devo averla per entrambi.
Mi alzo prima
di rituffarmi su di lui e passandomi le mani sul viso sconvolto mi giro
verso il muro dandogli le spalle.
Sono
completamente nel panico.
Non
dovevo.
Non
va bene.
Non
è giusto.
Per niente, per
nessuno.
- Vattene per
favore… - Bè, il perfavore è un capolavoro…
Come se avesse
un senso, dopo tutto questo.
Ora so come
reagirà e mi odierà.
È
qua che ho rovinato tutto.
Non so cosa fa
ma è come se mi vedessi la sua faccia inorridita ed infuriata.
Trattiene il
respiro, non crede a quel che ho fatto e detto e poi… se mi picchiasse
me lo meriterei, ma non alzerebbe mai un dito contro di me.
So che non lo
farebbe.
Ho
troppo potere su di lui.
Lo
sto uccidendo.
Lo sto
demolendo.
Gli sto facendo
un tale male…
Sono uno
stronzo, un pezzo di merda, un bastardo.
Ma a sorpresa
non urla e non dice niente.
Semplicemente
se ne va.
Sento che esce
come una furia dalla stanza, dà un calcio a qualcosa e ne rompe
un’altra per non spaccare me, poi esce dall’appartamento sbattendo la
porta.
Ecco qua,
quello che non volevo succedesse è appena accaduto e proprio per colpa
mia. Nel tentativo di
evitarlo l’ho fatto avvenire.
Sono proprio un
idiota.
Possibile che
io sia tanto geniale nella musica quanto imbecille nella vita privata?
Eppure sono io
che ho voluto rompere questo delicato equilibrio che c’era fra noi.
Sono stato io.
È solo colpa
mia, ma non deve succedere.
Non deve più
succedere.
Gli passerà,
non ha scelta.
Deve.
Ci sono cose
più importanti di noi, non viviamo da soli a questo mondo.
Abbiano delle
famiglie, degli amici che dipendono da noi… non c’è spazio per
l’egoismo.
Solo che…
dannazione… non l’ho mai voluto così tanto!
Battendomi il
palmo sulla fronte mi accascio sulla sedia del computer evitando il
divano come la peste.
- Sono un
idiota. -
Ho
appena ucciso entrambi.
FINE