NOTE:
Potrei scrivere mille storie su Iridescent, ogni volta l’ascolterei a
ripetizione come un robot e non smetterei mai. Mi piace troppo e non
solo, mi ispira profondamente. Il live che avevo messo su Mike che
cantava con gli occhiali scuri e gli occhi chiusi si è perso nel tempo
ma ve ne metto un altro ugualmente bello. Ok, questa è una richiesta di
Yukino che oggi fa
gli anni ed io, poiché sono un genio, gliel’ho scritta ieri in… credo
due ore più o meno. Allo scoccare della mezzanotte precisa io scrivevo
la parola fine! Solo che poi oggi l’ho corretta e sistemata
aggiungendoci un inizio ed una fine diverse da quelle che ieri sera le
ho fatto leggere. Questa è la versione definitiva, spero che vi piaccia
visto che Yukino l’ho già conquistata! Io
amo Iridescent, mi sono commossa da sola quando mi son riletta tutto il
mio lavoro ascoltando la canzone… non so, mi penetra proprio! Ok,
buona lettura e grazie a chiunque mi leggerà e commenterà! Baci Akane DEDICHE:
a mia sorella Yukino che oggi fa gli anni (non si dice quanto
altrimenti le viene male) e che anche se ha letto la versione
provvisoria della fic e le è piaciuta lo stesso, questa l’accopperà di
sicuro! Auguri vecchia!
LASCIA
ANDARE
“Quando
ti trovavi nel risveglio della devastazione Quando
aspettavi sul bordo dell’ignoto E
con il cataclisma che pioveva giù Piangendo
dentro, “salvami adesso” Eri
lì assolutamente da solo Ti
senti freddo e perso nella disperazione ? Rafforzi
la speranza Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione E
lascia andare Lascia
andare Ed
in uno scoppio di luce che ha
accecato ogni Angelo Come
se il cielo avesse soffiato il
Paradiso tra le stelle Hai
sentito la gravità di temprata piacevolezza Cadendo
nello spazio vuoto Nessuno
li che ti prendesse tra le loro braccia Ti
senti freddo e perso nella disperazione ? Rafforzi
la speranza Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione E
lascia andare Lascia
andare Ti
senti freddo e perso nella disperazione ? Rafforzi
la speranza Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione E
lascia andare Lascia
andare Lascia
andare Lascia
andare Lascia
andare Ti
senti freddo e perso nella disperazione ? Rafforzi
la speranza Ma
il fallimento è tutto ciò che conosci Ricorda
tutta la tristezza e frustrazione E
lascia andare Lascia
andare”
/Iridescent/
Il
buio della notte e le luci basse azzurre ad illuminare il palco fra il
fumo di scena. Chester
in piedi con la chitarra in mano e dietro di lui la tastiera a cui era
seduto Mike. Mike
con gli occhiali scuri nonostante la sera non li avrebbe richiesti. L’oggetto
insolito sul suo viso estremamente serio fu notato da tutte le migliaia
di persone presenti al concerto, si chiesero se fosse per non avere
distrazioni ed anche se parzialmente era così, c’era anche un altro
motivo che non potevano sapere e non avrebbero mai saputo. Le
sue dita cominciarono a correre sui tasti e nonostante le lenti scure,
i suoi occhi erano comunque chiusi. Concentrato. Concentrato
sulle lezioni di canto che gli aveva dato Chester per fare quella
canzone, su come avrebbe dovuto cantarla, cantarla davvero e non
repparla o fare l’appoggio al cantante principale. Con
difficoltà, mentre le note partirono dalle casse lente, malinconiche
come nessuna canzone era ancora stata, la sua voce con delicatezza e
quasi incertezza iniziò. Iridescent
suggestionava solo col piano e la sua voce che cantava quando in quel
modo non l’aveva mai fatto, non con quell’intimità, non con quel timore
di sbagliare facendosi sopraffare dalle emozioni violente che quella
canzone gli trasmettevano, non così melodiosamente. La
mente rivolta a tutte le prove fatte con Chester e poi al motivo per
cui ora era lui a farla, col supporto dell’altro cantante e non
viceversa come normalmente era. Le
immagini di molte sere prima gli corsero davanti agli occhi chiusi
coperti dalle lenti scure, quando ancora Iridescent non aveva nemmeno
il titolo e le note, quando non avevano ancora fatto l’amore insieme
per la prima volta, quando tutto era cominciato. E
Mike venne catapultato indietro a quel tempo che ora per lui
significava commuoversi cantando quel pezzo.
***
Chester
era seduto mezzo disteso sul divano dell’appartamento di Mike che
usavano come base del gruppo. Era una sorta di casa del sole nascente
ad unico ed esclusivo uso e consumo dei ragazzi. Nessuno viveva lì,
tranne che Mike e Chester quando dovevano comporre… in quei periodi ci
si stabilivano senza quasi mai mettere il naso fuori! La
sigaretta praticamente del tutto consumata alla base dell’indice e
medio, la cenere mezza caduta, l’odore di fumo tutt’intorno a lui.
Aveva lo sguardo estremamente assorto, così tanto che veniva da
chiedersi se si fosse fatto qualcosa di pesante! Mike
l’aveva notato da un po’ e mentre si aggirava per le dispense cercando
disperatamente qualcosa da mangiare, trovandolo in un pacchetto di
arachidi sotto sale, chiese a bocca piena: - A
cosa pensi con quella faccia da polipo? - Che faccia avesse un polipo
Chester per un momento se lo chiese ma non vi si soffermò a lungo
poiché automaticamente e con quell’aria persa nel vuoto, rispose senza
sembrare lui: -
Dovresti farla tu. - Mike
inarcò le sopracciglia mentre si spingeva in gola altri arachidi: -
Cofa? - Chiese senza nemmeno riuscire a parlare bene. -
La canzone che hai fatto qualche giorno fa! - Fece ancora con quel suo
modo insolitamente assorto e pensieroso, di chi non era molto presente.
-
Ma l’ho fià fatta, io! - Ribatté allora Mike senza capire che cavolo
stesse dicendo -come se invece lui si capisse, visto che aveva ancora
la bocca ignobilmente colma- -
No, intendo cantarla. Cantarla veramente. Non reppare. - A quello Mike
non poté non soffocarsi con il cibo che gli andò di traverso facendolo
tossire rossissimo in viso, con le lacrime agli occhi e sputacchiando
schifosamente tutto il contenuto della propria bocca. Chester
lo notò e come se si svegliasse si chiese che diavolo stesse
combinando, poi dopo averlo aiutato con un paio di violente sberle
sulla schiena che quasi lo ammazzarono e dato un bicchiere d’acqua che
bevve tutto d’un colpo, replicò: -
Sì, tu di solito fai l’MC, fai le parti da reppare, insomma… o comunque
le fai con un certo ritmo. Io dico che la dovresti fare tu, ma cantata
seriamente. - Ribadendo meglio il concetto, Mike ovviamente sputò anche
l’acqua che stava bevendo investendo la faccia perplessa di Chester -il
quale ora sembrava un polipo bagnato.- Evidentemente era troppo
convinto di ciò che diceva per ammazzarlo. -
Sei pazzo?! - Sbottò con voce strozzata! -
No! - Rispose ripulendosi, non era mai stato così serio e Mike si
spaventò poiché capì che pensava veramente a quel che diceva. - E
perché ti è venuta così? Non c’è nemmeno un titolo… tanto più che ho
difficoltà con la musica. Nemmeno i ragazzi riescono a trovare
l’adattamento giusto… figurati se penso già a chi e come cantarla! -
Cercò di convincerlo Mike riattivandosi dopo aver visto momentaneamente
l’inferno. Chester
strinse le labbra contrariato, quindi tornò testardamente all’attacco
andando sul tavolo e prendendo il foglio col testo scritto di getto da
Mike qualche sera prima che si mettessero insieme. -
Ma tu la musica la troverai presto e sarà quella più adatta, però
voglio che la canti tu! - -
Solo perché l’ho scritta io? Ne ho già fatte altre da solo che poi hai
cantato tu! - Mike
era profondamente agitato alla sola idea di doverla cantare seriamente
come aveva suggerito Chester, non poteva farla! -
No, non per quello… ma perché sono cose che mi hai detto quella sera e
voglio che sia sempre e solo tu a continuare a dirmele. - Non lo disse
con dolcezza o romanticismo, ma per lui fu la stessa cosa poiché di
norma non era comunque mai dolce e romantico. Mike
rimase difatti spiazzato come se gli avesse detto ‘sei la luce che
illumina i miei sogni’, poi dopo averlo fissato per un po’ a bocca
aperta si sentì uno strano nodo salire dallo stomaco e giungere fino in
gola. Tossicchiò
un po’ imbarazzato ed un po’ sinceramente disorientato, così vedendo
che non sapeva cosa dire, Chester scorse le parole della canzone
riprovando nuovamente quell’emozione che l’aveva invaso leggendola la
prima volta. Non era una cosa da poco, per lui. Quella
era una sorta di loro canzone perché erano le parole uscite da Mike la
notte in cui aveva finalmente smesso di fare incubi sul proprio
passato. Aveva
segnato la fine, la vera fine, ma non perché non ricordasse più niente,
bensì perché pur ripensandoci non gli faceva male, non lo devastava. O
meglio riusciva a conviverci senza divorarsi l’anima. -
Per me ha senso solo se la canti tu, Mike. E qualunque musica
sceglierai, sarà perfetta. Quella canzone significa troppo per me e non
penso di riuscire a cantarla tutta. Il ritornello forse. Ma non tutta.
- Ora
il nodo era salito fino agli occhi e vedeva anche quelli di Chester
lucidi ma non perché stava per piangere, come forse stava per succedere
a sé stesso, bensì perché era particolarmente emozionato nel dire ciò
che pensava esattamente. Capì
che con questo si stava aprendo totalmente, anche quella piccola parte
che gli era rimasta nascosta. Si
conoscevano ormai da tanto ed anche se stavano insieme da poco e non
avevano nemmeno fatto sesso completo, aveva sempre percepito ancora un
piccolo angolo buio. Dopo quella notte era andato tutto repentinamente
meglio, ma ora si stava concludendo il puzzle, lo capì con una lucidità
pazzesca che lo confuse. Quella
era la sua dichiarazione e non ne aveva mai ricevuta una più bella. -
Io… - Provò a parlare ma era confuso, la voce era roca e non sapeva
bene cosa dire. Provò a guardare il lato pratico: - non mi piace
cantare; reppare, tenere il ritmo dell’hip hop e fare l’appoggio è una
cosa… ma cantare davvero come dici tu… io non ne sono nemmeno capace,
dovrei fare un paio di lezioni… - ma non ne era molto convinto e
Chester posando il foglio dietro di loro lo prese per un lembo della
maglia e lo condusse poco gentilmente, camminando all’indietro, alla
camera adiacente con una evidente chiara intenzione. Poi
con sicurezza e determinazione disse con occhi brillanti e penetranti: -
Ti aiuto io. Ma voglio che la fai tu. Ed anche altre di quelle che
abbiamo fatto, dovresti cantarle e non fare l‘MC. Per alcune ovviamente
va benissimo, ma ci sono altre che… - Lasciò in sospeso la frase perché
già sapeva di averlo convinto alla prima, quindi lo vide commosso di
quelle sue certezze e decise di passare alla seconda fase del suo
grande pensare di prima. Gli
carezzò leggero le labbra con le proprie, infine rimanendoci sopra
mormorò basso e suadente ma al contempo serio: - E
adesso… voglio lasciare andare tutto definitivamente. - Mike
ripeté a fior di labbra e sospeso in un sogno: -
…vuoi lasciare tutto… - -
Con te. - Asserì infine Chester penetrandolo con uno sguardo che gli
scrutò dritto nell’animo emozionato. -
…con me… - Solo quando se lo ripeté lo capì e la sua ipnosi svanì di
colpo realizzando cosa quello significava. - Cosa ti prende oggi? -
Chiese infatti ancora un po’ confuso da quel cambiamento repentino,
ritirando lievemente la testa per guardarlo meglio pur rimanendo vicino
fino a toccarlo col corpo. -
Voglio consegnarmi totalmente a te, perché mi fido e voglio fare come
hai detto quella sera. - Non erano davvero cose da lui, quelle, e
considerando il tipo grezzo, diretto e tendente all’offensivo che era,
c’era da chiedersi se si fosse veramente fumato qualcosa di pesante.
Tuttavia Mike non perse tempo a fare l’incredulo, si beò di quel suo
momento di personale romanticismo -tale solo per lui che lo conosceva
bene e sapeva che per Chester quello era il massimo- e vi si aggrappò
ritrovando la propria sicurezza, capendo che era veramente il momento. Gli
occhi del ragazzo si fecero seri e le lacrime tornarono indietro mentre
con un sorriso delicato assorbiva quell’espressione risoluta di
Chester. Vide dietro la sua decisione il timore di ciò che sarebbe
potuto succedere e Mike sapeva perfettamente cosa significava il suo
affidarsi totalmente a lui dopo che da bambino era stato violentato. Gli
incubi che solo fino a qualche sera prima aveva fatto erano ancora
freschi, come poteva voler già affrontare tutto in quel modo? In
risposta Chester prese la felpa di Mike e gliela sfilò senza aggiungere
più nulla. Fu
allora che una musica nuova e sospesa cominciò nelle loro menti. Note
lievi e dolci, lente. Le
labbra di Mike tornarono su quelle di Chester e questa volte le
aprirono per infilarsi con un soffio a cercargli la lingua. Si
intrecciò ad essa cingendogli il capo con le braccia, scendendo a
carezzare la schiena non molto muscolosa ma ugualmente piacevole al
tatto. Era
come comunicare ad un livello più intimo in un modo che ancora non
avevano fatto. Gli era mancato solo quello. Mentre
si baciavano, Mike gli pareva proprio di sentire, oltre a quella musica
quasi poetica e struggente, la voce di Chester parlargli
dettagliatamente di tutto quello che aveva vissuto dalla nascita. La
sua storia, i suoi drammi, i suoi dolori, le sue violenze, le sue
solitudini, le sue cicatrici, la sua droga, i suoi suicidi… e gli stava
donando tutto con fiducia incontaminata. Fin’ora
non avevano mai fatto completamente l’amore, ma Chester era sempre
stato quello più attivo e a lui era andato bene così nonostante volendo
avrebbe potuto prendere il sopravvento senza problemi. Quella
volta gli si stava offrendo per suggellare ciò che li univa e per
chiudere i suoi dolori del passato. Per
lasciare tutto andare. Gli
sfilò la maglietta attillata e percorse coi polpastrelli la sua pelle
figurandosi tutte le cicatrici dell’anima. Chester rabbrividì a quel
contatto estremamente gentile e cominciò a rilassarsi mentre si
lasciava adagiare sul letto dal compagno che gli si stese sopra
scendendo dal volto a succhiargli il mento e poi ancora più giù. Si
occupò del suo collo assaggiandolo avidamente ma senza frenesia, quindi
continuò a frugare sul suo corpo sottile coperto di tatuaggi che ogni
volta che li vedeva lo eccitavano. Giunse ai pantaloni e cominciò a
tormentare il suo inguine attraverso la stoffa dei jeans, premette i
palmi e percorse il suo rigonfiamento mentre lo sentiva spingere il
bacino per chiedere di più. Giunto
sul petto lo esplorò nei minimi dettagli, come se non l’avesse mai
fatto, e con la lingua percorse tutti i segni e le linee che c’erano,
tormentando in modo particolare i capezzoli e facendolo sussultare su
qualche vecchia cicatrice che sensibilizzava maggiormente le piccole
porzioni di pelle ora pulsante ed accaldata. Chester
di propria iniziativa si slacciò i pantaloni in un chiaro messaggio,
faticando a restare docilmente passivo, e Mike sorrise malizioso con un
guizzo mentre alzò la testa per vedere la sua richiesta piuttosto
insistente. Decidendo
di farlo penare ancora un po’, si limitò a prenderlo con la mano
lavorandoci a diretto contatto. Il ragazzo sotto di sé cominciò a
sospirare di piacere, spingendo ancora più deciso il bacino verso
l’alto. Fu così che Mike, sentendolo reagire troppo bene, lo lasciò per
finire di spogliarlo. Sfilandogli i pantaloni e i boxer gli ricopriva
la pelle di piccoli e delicati baci, modi di toccarlo e trattarlo che
avrebbe potuto avere solo lui e che Chester di certo non ne aveva mai
ricevuti. Non così. Era
come se lo coccolasse e lo curasse trasmettendogli via via un calore
sempre più intenso. Quando
risalì allo stesso modo, lasciando delicate scie umide con la sua
bocca, finalmente decise di accontentarlo e deliziarlo con essa anche
sul suo inguine, il quale dopo un piccolo assaggio si fece sentire
ancora più di prima. Di
nuovo Mike sorrise compiaciuto e malizioso impegnandosi con sicurezza e
decisione, sapeva che gli piaceva in quel modo. Capì di stare facendo
bene quando Chester dapprima immerse le mani fra i suoi capelli e poi
gli cinse le spalle con le gambe, inarcandosi tutto all’indietro e
premendo la testa sul materasso. Cominciò
a gemere con maggiore intensità, come Mike stesso aumentava la
velocità. Si staccò quando lo sentì pulsare giungendo quasi al culmine
e Chester imprecò guardandolo male, suo malgrado si sciolse e come lo
vedesse solo in quel momento realizzò che aveva ancora i suoi pantaloni
larghi e cadenti addosso. Fu
per quello che si alzò di scatto e con una specie di broncio delizioso
che fece sorridere Mike divertito, attaccò gli indumenti che ancora
indossava quasi strappandoglieli via di dosso. Era
più forte di lui, realizzò il moro che lo assecondava. Prendere il
sopravvento gli veniva spontaneo, del resto gli piaceva anche per
quello, però non gli diede corda oltre e con risolutezza tornò a
spingerlo sotto di sé. Lo ricoprì col suo corpo caldo, ora nudo, e
cominciò ad accarezzarlo con esso muovendosi su e giù, strofinando le
loro eccitazioni mentre con la bocca assaggiava ancora la sua pelle
accaldata. Lo sentiva ansimare e aggrapparsi alla schiena, attirarlo a
sé e cercare maggiore contatto, ma come sembrava trovarlo l’altro
tornava a spostarsi e a torturarlo ancora. Chester
cominciò di nuovo a lamentarsi ed imprecare e Mike ridacchiò di nuovo,
ma quando lo sentì al limite lo vide sparire improvvisamente da sotto
di sé e scivolare in basso. Si
tenne su sulle braccia e gli lasciò lo spazio necessario per
posizionarsi fra le sue gambe con la testa ed una volta giunto, si
prese prepotentemente quello che voleva. Lo
fece suo con avidità e frenesia mentre se lo teneva ben ancorato su di
sé per impedirgli di scappare. Mike non ci pensava ad interromperlo, ma
era decisamente difficile trattenersi; si trovò involontariamente a
mordere il lenzuolo e premere il viso nel materasso. Sapeva quanto
dannatamente bravo fosse, lo faceva andare in delirio con la sua bocca,
come poteva pretendere che tenesse lui le redini in quel modo? Doveva
come minimo stare più buono! Ma
non poteva lamentarsi seriamente del trattamento che riceveva visto che
invece che opporsi, dava delle spinte contro la sua bocca come se fosse
già in lui. Ad
occhi stretti tornò a sentire la musica di prima che cresceva
d’intensità minacciando di raggiungere il massimo del suo livello, capì
che era troppo presto, che c’era un’altra strofa da cantare così quasi
con violenza si separò da Chester e dalla sua bocca che, contrariato,
non capì perché fermarlo proprio a quel punto. Mike
si morse il labbro e alzando il compagno se lo sistemò, quindi riprese
il passatempo dell’inizio, baciandolo. Fu
di nuovo dolce e non impetuoso. Calmò gli animi e abbassò il ritmo, le
note si alleggerirono di nuovo tornando intime e tornò ad udire la voce
di Chester cantargli di sé, del suo passato e dei suoi dolori. Di
quella violenza subita troppo presto che l’aveva segnato, di quella
richiesta disperata d’aiuto a cui aveva ricevuto risposta solo dopo
anni e anni, incontrato Mike. Si
sconvolse sentendolo di nuovo tremare sotto di sé e decise di calmarlo.
Ricoprì con le labbra il suo viso oscurato da una nube di ricordi e gli
lasciò il tempo di riprenderli per poi gettarli al momento giusto. Lo
sentì mentre gli si stringeva contro chiedendo di nuovo aiuto per non
sprofondare ancora. I
ricordi di Chester erano davvero di nuovo pressanti e quando Mike aveva
calmato le cose erano tornati ad investirli come un TIR a piena
velocità. Si
sentì inizialmente paralizzato ma quando ebbe le labbra del suo
compagno su di sé, le ebbe in quel modo dolce e protettivo, gli si
aggrappò come fosse la sua ancora di salvezza. Le
sue carezze tornarono a farsi più intense come i baci e lo sentì a quel
punto farsi strada con le dita dentro di sé. Per
un attimo andò in tilt. Ci
andò capendo, mentre aggiungeva la bocca e la lingua, che stava
giungendo il momento ed aveva paura di non reggere, di aver sbagliato,
di non essere pronto, di spezzarsi ancora. Ebbe
paura ma mano a mano che Mike continuava a prepararlo in quel modo di
riguardo ed intimo, capì che era diverso. Era
diverso perché quello che viveva ora non era una violenza, il suo
compagno lo stava facendo con delicatezza e cura solo per lui, non lo
stava forzando, stava cercando di prepararlo adeguatamente per non
fargli sentire dolore. E
realizzò che non era più nel suo passato. Quando
si scambiarono gli sguardi per capire se fosse il momento, Chester gli
posò le labbra sulle sue dandogli la risposta, lo vide allora
sistemarsi meglio e sempre con gli occhi scuri ben saldi nei propri,
scivolò leggero dentro. Trattenne
il fiato e per un momento tutto si fermò. Un
lampo che lo riportò crudelmente di nuovo indietro, di nuovo a quei
momenti atroci che si era sempre imposto di non ricordare
coscientemente. Li
rivisse tutti, mentre Mike stava fisso in lui aspettando che lo
raggiungesse. Lo
sentiva lontano e se ne preoccupò, fu così che si piegò rimanendo
sempre in lui, anche se immobile. Raggiunse il suo volto pietrificato
dove gli occhi erano stretti e le mani serravano il lenzuolo sotto di
sé. Gliele
prese e se le mise intorno al collo, quindi gli baciò ogni centimetro
del suo viso ed in perfetto silenzio suonò mentalmente la melodia che
gli era venuta prima. Quella leggera, malinconica e al tempo stesso
dolcissima. La
suonò e forse lui la sentì davvero, perché senza bisogno di parole
Chester riaprì gli occhi e tornò presente. La
voce di Mike, la sua melodia interiore, lo raggiunse in quel luogo
recondito carico di sofferenza e prendendolo per mano lo riportò da
lui, alla realtà. Aprì
gli occhi e lo vide. Vide il suo viso dall’inclinazione dolce e
gentile, vide la sua pazienza, vide i suoi sentimenti e non solo li
vide. Li sentì. Mike
era venuto laddove lui si era rifugiato chiamando aiuto. L’aveva
preso e tratto in salvo. Non
era più veramente solo. Era
lì con lui. Era
lì IN lui. E
non se ne sarebbe andato. Lo
strinse con forza nascondendo il volto contro il suo collo dandogli il
via per muoversi e con delicatezza lo fece. Cominciò
con calma e pacatezza, poi via via cominciò a prendere il ritmo insieme
a Chester che ora non pensava più a quello che era successo ma rimaneva
ben saldo con il suo compagno. Chester
che aveva capito cos’era in grado di salvare dalla dannazione. Si
sentì maledettamente idiota a pensare all’amore, ma forse in momenti
simili, si disse confusamente, era inevitabile. Affondò
le unghie sulla sua schiena e con l’intensità che cresceva, la forza
nei movimenti, le spinte sempre più profonde, le gambe allacciate
intorno al suo bacino, il volerlo di più, più forte, più dentro, si
trovò anche a graffiarlo ed affondare appena i denti nella sua spalla.
Ma la vera liberazione giunse quando si liberò in gemiti che si univano
alla voce di Mike. Di
nuovo unite insieme, fuse come i loro corpi in una specie di canto che
trasmetteva loro la melodia ormai all’apice. Apice
che raggiunsero insieme sconvolgendoli e sparandoli nel luogo più
remoto esistente. Niente
passato. Niente futuro. Un presente in cui c’erano solo loro, dove
nessuno poteva raggiungerli. Per
un istante svanirono, poi lentamente si ritrovarono insieme, l’uno
sopra l’altro, stretti, pulsanti, ansimanti, sconvolti. Si cercarono
con le labbra suggellando con sfinimento la fine degli incubi e
l’inizio dei sogni. Con
una luce accecante irradiata direttamente da loro stessi uniti in un
unico movimento fluido, nello stesso piacere. Fu
allora che tornarono. Con un nome. -
Iridescent. - Il nome della canzone scritta da Mike per Chester. Si
guardarono e capendosi sorrisero allo stesso identico modo, con estrema
dolcezza. Un qualcosa che raramente si sarebbe visto anche in Chester. Si
sciolsero stendendosi l’uno accanto all’altro, quindi si coprirono col
lenzuolo e sempre senza staccarsi o dirsi altro, si lasciarono cullare
da loro stessi, trovando le parole superflue se non per chiedere dopo
un po’ di riflessioni: -
Chez, mi aiuterai a farla, vero? - Chester,
che sapeva benissimo di averlo convinto a cantare Iridescent, rispose
con un lieve sorriso soddisfatto: -
Certo, ti darò lezioni e decideremo insieme il modo giusto di farla… - -
Si ok, ma io intendevo di sostenermi vocalmente durante la canzone
stessa. - -
Il ritornello lo posso fare io… - Ancora non capiva bene, così Mike
seccato affondò le unghie nella sua carne per riattivargli il cervello
evidentemente appannato dal troppo piacere sessuale: -
Porca merda, io intendo in tutta la canzone! Sostegno vocale! La farò
io ma non posso tutto da solo… cioè, probabilmente ci riuscirò per i
primi due versi, ma poi andrò nel pallone se non fai qualche contrasto
vocale anche tu, accompagnandomi! Che ne so, io faccio i bassi tu gli
alti… - Con
una smorfia Chester finalmente capì e tirandogli a sua volta i capelli
più lunghi di quanto non li avesse mai tenuti, rispose allo stesso
modo: -
Ho capito, piantala! Ma la voce principale sarai sempre tu, ci
invertiamo solo i ruoli! - Con quello Mike si placò e mollò la presa
insieme al compagno, quindi tornarono a rilassarsi mentre con le menti
correvano di nuovo alla canzone, provando già ad immaginare come
sarebbe potuta venire. Fu
quello la fine e l’inizio.
Appena
Chester si fu addormentato, Mike sgattaiolò fuori dalla camera e la
chiuse sperando di non disturbarlo. Non
si preoccupò nemmeno di vestirsi. Aveva avuto quella frenesia da quando
aveva iniziato a fare l’amore col suo ragazzo, ma solo ora poteva darsi
sollievo. Si
sedette nudo com’era al piano che avevano in casa. Non era quello che
gli aveva regalato Chester che invece era in studio con gli altri
strumenti, ma gli bastò. Prese
la carta coi pentagrammi, quella per comporre, e la matita. Si accomodò
e cominciò a suonare la melodia che aveva avuto in testa per tutto il
tempo. Lo
fece di getto, realizzandola pari pari in un istante. Al
suo termine scrisse di nuovo le parole sotto le note ed infine il
titolo, Iridescent. La
canzone era finalmente completa.
***
Tornato
al presente con tutti i ricordi legati alla canzone che stava facendo,
si rilassò solo nel preciso istante in cui Chester cominciò col
ritornello e successivamente quando, in aggiunta di alcuni degli altri
strumenti, continuò a fare il sottofondo più acuto fondendosi col
compagno sulle stesse parole che riprendeva a cantare con cura,
attenzione ed emozione. Ma un’emozione sostenibile. Non
poteva vedere, da lì, Chester che a sua volta cantava con gli occhi
chiusi profondamente concentrato. Concentrato a non lasciarsi troppo
andare. Ecco
perché quella posizione insolita. Normalmente le canzoni che iniziavano
col piano e le loro due voci le facevano guardandosi e non con uno che
dava la schiena all’altro. Soprattutto non con gli occhi rigorosamente
chiusi quasi per tutto il tempo. Per non distrarsi. Li
aprirono solo quando ormai nell’apice la musica esplose e si aggiunsero
i cori. Fra
le lacrime fugaci di Mike nascoste prontamente dalle lenti scure, erano
arrivati all’orgasmo e tutto era stato spazzato via. Poteva
farla, si diceva Mike. Poteva
farla anche se ogni volta, all’inizio, avrebbe pianto e magari solo
agli ultimi concerti sarebbe riuscito a farla trattenendosi… ma poteva
farla, se Chester l’accompagnava. Poteva
continuare a ripetergli le parole con cui, dal suo punto di vista, si
era dichiarato. Perché
dire a qualcuno di lasciare andare i propri drammi che l’avrebbe
salvato lui, non poteva che considerarsi una dichiarazione. Iridescent
sarebbe sempre stata la canzone che a Mike avrebbe creato più problemi,
ma sarebbe anche sempre stata la preferita di Chester. Chester
che finalmente aveva lasciato andare tutti i suoi fallimenti, la sua
tristezza e la sua frustrazione.