CAPITOLO X:
LA
RESPONSABILITA’ DEGLI ALTRI
Il mare l’aveva
sempre annullato. Lo spegneva completamente. Anche dove abitava prima
faceva
kilometri per vederlo e si placava, ma quello lì della California era
qualcosa
di indescrivibile.
Non aveva
limiti, era enorme ma non solo… era imponente e minaccioso. Aveva
sempre delle
onde, a volte meno alte, altre arrivavano al cielo. Quella sera erano
nella
media.
Il vento
soffiava fortissimo, così forte da alzare un po’ di sabbia ogni tanto,
gli
arrivava addosso ma l’ignorava. Non gli permetteva di sentire niente,
anche il
vento l’aiutava a non pensare.
Non si sentiva
proprio, e se non riusciva ad ascoltarsi stava bene.
Le voci
svanivano, le paranoie si spegnevano, le paure diventavano piccole e
sopportabili.
Gli occhi grigio
chiaro stavano fissi sulle onde scure che si creavano al largo e che
poi
arrivavano mediamente alte sulla riva dove si infrangevano e si
ritiravano in
un moto perpetuo incredibile.
Era lì da un bel
po’ e le onde non si erano ancora spente.
Si chiese come
mai il mare potesse muoversi in eterno senza stancarsi ed invece gli
uomini
dopo un paio d’ore sentivano il bisogno di staccare la spina, chiudere
gli
occhi, non pensare a nulla e lasciarsi cullare dai sogni per sfuggire
dalla
realtà.
Voleva essere
mare, non aveva paure o pensieri strani, andava avanti per la sua
strada, non
si fermava mai, non aveva dubbi o confusioni, non si perdeva. Sempre
dritto per
di là.
Se fosse stato
mare sarebbe stato tutto più semplice.
Certe voci non
sarebbero tornate.
È che stava bene
e quindi non aveva più preso le medicine.
Ma non era
malato di mente, erano le medicine di quando aveva avuto il crollo
nervoso ed
aveva spesso tentato di farsi male, tanto male. Ed alcune volte anche
uccidersi.
Erano dei
calmanti.
Alcune erano
inibitori di non aveva mai capito bene cosa, in ogni caso ne aveva
prese per
molto tempo poi era andato tutto bene. Non ne aveva più avuto bisogno.
A volte
gli davano dei calmanti quando esagerava.
Da quando stava
con Jerry non prendeva più niente, quindi le cose si erano fatte strane.
Però Jacoby era
categorico. Non intendeva farsi ancora di quelle cose, anche se erano
medicine
non si poteva passare una vita intera ad ingoiare gocce e pastiglie per
stare
bene. Se la tendenza era quella di stare male, allora bisognava
rassegnarsi al
proprio dolore.
Il mare, il
rumore del vento, l’insieme di quel momento sovrastò le voci che in
testa
continuavano a dirgli di farla finita perché era solo un fottuto pazzo
schizzato senza speranza, perché non sarebbe mai andata meglio.
Perché per stare
bene e vivere in pace con gli altri doveva prendere qualcosa, al
naturale non
poteva, al naturale nessuno lo voleva, al naturale non lo si poteva
sostenere.
Quindi all’idea
di prendere di nuovo cose di quel tipo non ce la faceva più perché non
voleva
essere influenzato da qualcosa.
Se stava così
stava così, qualunque cosa fosse il così.
Però Jerry non
ce la faceva più.
Si lamentava
sempre, gli diceva sempre di no, di non fare certe cose, di stare
calmo, che
questo o quello non andava fatto. Non era come prima che gli andava
bene tutto
e gli stava vicino comunque. Prima era stato quello ad aiutarlo tanto.
Ora che
per non farlo esaurire come era successo a sua moglie Kelly gli aveva
fatto
giurare di essere spontaneo, si lamentava sempre, aveva sempre qualcosa
da
ridirgli.
E lui non ce la
faceva più perché vedeva quanto di nuovo era sbagliato.
Non era mai
andato bene ma il punto non era quello. Poteva anche vivere male da
solo. Ma se
Jerry che amava tanto si rovinava -si lamentava, quindi non stava bene-
era
colpa sua e se l’avesse lasciato libero sarebbe stato di sicuro meglio.
Quella sera ne
aveva avuto la prova.
Se ne era
andato.
Era stufo di
lui.
Non ce la faceva
più.
E Jerry aveva
comunque una resistenza fuori dal comune.
Era lui che
aveva sbagliato qualcosa, non capiva cosa ma sapeva che era sua la
colpa.
Rovinava tutti.
E poi anche
Chester e Mike che adorava tanto si erano messi la litigare per colpa
sua.
Rovinava tutti,
doveva stare solo.
Aveva scelto
quel posto perché era l’unico in cui stava bene. La sua testa parlava
ma lui
non la sentiva, lì.
Quindi stava
bene.
Sarebbe stato lì
così seduto sulla spiaggia davanti al mare per sempre, poi forse
sarebbe morto
di fame o disidratato o per colpa del sole o per un maremoto… però non
si
sarebbe comunque mai mosso, mai.
Morire non era
nemmeno poi così male.
Nessuno doveva
portarlo via da lì, nessuno l’avrebbe smosso.
Era brutto
uccidersi e lo capiva, poi Jerry ci sarebbe stato male anche se forse
ormai lo
odiava e non ne poteva più, avrebbe pensato di essere il colpevole
quindi non
voleva dargli ulteriori pesi sulla coscienza.
Ma lì così non
si uccideva, si lasciava morire, era diverso.
La morte sarebbe
stato un incidente di percorso.
E, Dio, non
sentire più niente era così bello.
Niente angosce,
niente voci, niente paure, niente caos… era perfetto, no?
Si poteva volere
di più?
Quando sentì la
presenza di qualcuno vicino era tardi, si erano già seduti accanto a
lui. Non
glielo avevano chiesto ma vedendo che erano loro poteva anche
accettarlo…
Se sarebbero
rimasti in silenzio e non l’avessero obbligato a muoversi da lì poteva
andare
bene.
- Coby? - Sentì
una voce dolce e preoccupata e capì che era Mike. Non fece cenni di
alcun tipo
e Mike continuò sempre più teso. Perché doveva essere così, dannazione?
Rovinava tutti!
Nessuno in sua compagnia era sereno!
- Come stai? -
che domande… avrebbe risposto a sapere la domanda. Rimase zitto perché
non ne
aveva idea. Intanto era seduto e non pensava. O per lo meno credeva di
non
pensare.
- Cosa cazzo
pensi di fare, starai qua per sempre? - Lo sentì da Chester. Lui
arrivava prima
a certe cose perché ci era passato. Non proprio alle sue stesse ma più
o meno.
Fu così che si
voltò verso di lui e fu il primo movimento dopo ore di fermo totale.
Chester non si
stupì ma Mike, dall’altra parte, sì.
- Proprio così.
- Disse alla fine piano scandendo bene le parole. Il vento era molto
forte ed
il mare si stava alzando come ad esternare il suo stesso stato d’animo.
Si
sentiva capito dal mare.
- E ti sembra
una soluzione? - Chester non era buono, non aveva pali sulla lingua,
diceva
quello che doveva dire senza problemi. Però spesso non otteneva i
risultati che
comunque otteneva Mike. Ma per quelli c’era lui, lì…
- E’ la mia
soluzione. - Rispose tornando a voltarsi verso il mare.
Degli spruzzi
arrivarono fin lì. Se non si sarebbero spostati a breve le onde li
avrebbero
raggiunti ma Jacoby non intendeva muoversi.
- Perché così
non crei problemi a nessuno? - Attaccò ancora Chester, ma Jacoby non si
sarebbe
più voltato.
- Anche. - Ma
non era tutto lì, non lo era e lui lo sapeva.
- Senti, lo so
che hai di nuovo le voci. Si chiamano paranoia, ti dicono che sei un
peso per
gli altri, che li stai rovinando tutti e che devi trovare un modo per
non dare
fastidio a nessuno, se gli vuoi bene! Ti dicono queste fottute
stronzate, vero?
- Chester si stava alterando, lo sentiva, gli dispiaceva proprio ma non
poteva
farci niente. - Non devi dargli retta, sono puttanate! Non è… -
- Per questo sto
qua. Così non le sento. - Sapeva che erano sbagliate, erano un cancro,
però
sapeva anche che avevano ragione quindi pur trovando un sistema per non
sentirle, alla fine era vero. Era così. Era un peso e se voleva bene
alle
persone per cui lo era doveva trovare un modo per non rovinarle. E quel
sistema
coincideva anche con quello del non sentire le voci.
Quindi non
poteva muoversi.
Le onde si
alzarono, cominciarono ad arrivare fin da loro. Chester si alzò nervoso
ma non
si mosse mentre Jacoby e Mike rimasero seduti lì.
I piedi ormai
erano bagnati.
- Andatevene. -
disse Jacoby fissando la natura che si scatenava.
Lo sguardo era
molto cupo ma assente.
- Anche tu devi
venire, ormai non si può più stare qua! - Chester era nervoso perché
quello
stato di Jacoby gli ricordava il proprio di quando si faceva, anni
indietro.
Era arrivato a livelli tremendi e rituffato in quel tunnel si agitava
al punto
da non ricordare cosa fare per aiutarlo. Non era lucido, non riusciva a
ragionare, non riusciva a pensare a ciò che, in quel periodo, gli
avrebbe fatto
bene. Sapeva solo che, stando così, era arrivato a fare cose orribili.
- Andate via, io
non posso muovermi perché altrimenti le voci ricominceranno. -
- C’è un modo
per farle tacere anche senza stare davanti a questo inferno! - Gridò
Chester
piegato verso di lui, le onde ormai nell’infrangersi arrivavano a
bagnare anche
i pantaloni e dove erano seduti. Ma Mike continuava a non muoversi e a
stare lì.
- Questo
maledetto modo non lo voglio! Quelle
fottute gocce di merda prenditele tu se vuoi! DEVO
PASSARE UNA VITA
INTERA A FARMI DI CALMANTI E INIBITORI PERCHE’ ALTRIMENTI HO LE VOCI
CHE MI
CORRODONO? SE SONO FOTTUTO SONO FOTTUTO, DEVO VIVERE DA FOTTUTO, COME
SONO!
PERCHE’ PER NON SENTIRE PIU’ LE VOCI DEVO DIVENTARE DIPENDETE DA
QUALCOS’ALTRO?
SARO’ UNO ZOMBIE! TU TI DROGAVI, SAI COSA SIGNIFICA VIVERE COSI’! NON
CAPISCI
PIU’ UN CAZZO E PREFERISCI NON FARE UN CAZZO MA E’ VIVERE? NO, E’
MORIRE
COMUNQUE! FANCULO! SE SONO PAZZO VIVRO’ DA PAZZO! PERO’ PER NON FAR
MALE A
NESSUNO QUESTA E’ L’UNICA SOLUZIONE! NON DARO’ FASTIDIO A NESSUNO E
FANCULO,
FANCULO TUTTO, PORCA TROIA! - Un’onda li bagnò anche nei vestiti, gli
spruzzi
arrivarono in viso e Chester imprecando andò da Mike per alzarlo.
- Fanculo, che
si uccida, andiamocene! - ma fu allora che Mike oppose resistenza e
rimase seduto
lì dov’era. - Che cazzo fai!? Andiamocene! Vuole farla finita, lascialo
che
faccia! Non puoi convincerlo perché le alternative sono psicofarmaci e
lo
capisco se non vuole prenderli! Sono una merda che ti fanno vivere come
una
merda! E se non vuole sentire altro che faccia quel cazzo che gli pare!
Vieni
via! - Lo tirava per la maglia ma Mike non si mosse e non gli rispose,
nemmeno
lo guardava.
Stava piantato
nella sabbia bagnata, seduto sulle onde a fissare davanti e non diceva
niente.
Fu allora che
Jacoby si girò verso Mike e lo guardò stordito.
Perché rimaneva?
Era davvero
pericoloso, ora.
- Perché rimani?
Non è la tua fottuta guerra! - Lo disse riferendosi alla propria con sé
stesso.
Mike allora si
voltò e guardandolo disse piano e duro, scandì bene.
- E’ la guerra
di tutti. Se uno muore muoiono tutti, funziona così la vita, le
relazioni.
Quando instauri un rapporto non puoi scioglierti facilmente. Non basta
sbattere
una porta e non farti più vedere. Rimani legato lo stesso. Sono legami
inspiegabili però ci sono e per quanto misteriosi siano quello che
conta è che
sono forti. Così forti che non puoi scioglierli. Nemmeno la morte può
scioglierli. Se te ne vai una parte di tutti noi andrà via con te. Vuoi
ucciderci tutti? Fallo, ma devi essere consapevole di quello che stai
facendo.
Morendo tu non risolvi i tuoi problemi, ne creai a chi ti sta intorno.
È la
guerra di tutti, questa. - Concluse di nuovo come aveva cominciato, poi
era
tornato a fissare il mare.
Lo sguardo di
Coby, stordito, inorridito, sorpreso, shockato era davvero un dolore
crescente.
Non si poteva sostenere a lungo quello sguardo.
Chester,
sconvolto da quanto sentiva, si fermò in piedi dietro di loro, l’acqua
sulle
sue caviglie.
Era così come
diceva.
Era quello che,
nel periodo di merda dove aveva cercato di uccidersi con la droga,
l’aveva
aiutato. Mike ed il suo condividere il suo dolore, il suo essere lì
anche nella
merda in cui era affondato. Il suo dirgli che si lottava insieme e si
moriva
insieme.
E poi il suo
sentimento, il suo amore, la sua premura, la sua dolcezza… il suo
prendersi
cura di lui… il suo esserci ad ogni costo, dargli tutto, anche ciò che
in vita
sua non avrebbe mai e poi mai dato a nessuno. L’aveva dato a lui.
Questa seconda
cosa doveva dargliela Jerry, se ci teneva. Mike, ora, gli stava dando
la
condivisione che chi stava male non capiva d’avere. Quella connessione
speciale.
Sentendola
insieme ad un’onda che li travolse bagnandoli tutti, Jacoby fu come se
si
svegliasse.
Vide Mike steso
che tossiva e alzava le mani cercando di rialzarsi e Chester che
perdeva l’equilibrio
allontanato dalla spinta dell’acqua. Scattò in quel momento.
Stava uccidendo
delle persone che non meritavano la morte.
Non avevano
fatto niente di male, Chester e Mike, se non accollarselo contro la
loro volontà.
Avevano sempre
accettato la sua presenza, le sue stranezze, le sue fisse, le sue idee
da
maniaco. Si erano adattati a lui, l’avevano capito, l’avevano aiutato e
fatto
sentire bene, tanto bene.
Voleva essere
come loro… voleva essere come Chester che dopo l’inferno ora era in
paradiso…
voleva che Jerry lo sapesse prendere come Mike… voleva… non voleva che
ci
rimettessero in alcun modo.
Pensandolo scattò
in piedi veloce e proprio sull’arrivo di un’altra onda più alta di
prima, prese
le mani di Mike, le allacciò con forza alle sue e lo tirò su, poi
afferrò il
braccio di Chester e se li trascinò via più in fretta che poté
superando l’onda
che li sfiorò solamente ma non li investì di nuovo.
Una volta sul
muretto sicuro in fondo alla spiaggia, dove il mare non sarebbe
arrivato, si
sedettero ansimanti e storditi. Non era stata una passeggiata quello
che
avevano fatto, quello che aveva fatto Mike.
Tossiva ancora e
Chester gli batteva la schiena preoccupato che avesse bevuto troppa
acqua, ovviamente
brontolava.
- Sei proprio un’idiota.
Per una testa di cazzo rischi di annegare! Meritava di finirci lui
sotto quell’onda,
cazzo… cosa ti salta in testa di stare là e rischiare tanto per uno
svitato che
non capisce una sega? - Non ce l’aveva davvero con Jacoby ma gli aveva
quasi
portato via il suo Mike, non poteva certo essere sereno e rilassato!
Jacoby ascoltava
con mezzo cervello, con l’altro era occupato a sentire le sensazioni
fisiche
che il suo gesto gli aveva procurato.
Prima l’idea
della morte l’aveva schiacciato ma non terrorizzato. Aveva provato
veramente
paura quando aveva capito che anche Mike non si sarebbe mosso. Allora
lì si era
spaventato e lo stomaco chiuso in una morsa impietosa l’aveva fatto
star male.
Il sangue gelido nelle vene.
Poi l’onda, Mike
che non riusciva a rimettersi su e… la scarica elettrica. La scarica
per la
decisione che non sapeva d’aver preso ma soprattutto nel prendere
entrambi e
portarli via da lì.
Li aveva salvati
in un certo senso. Li aveva aiutati.
Cos’era quella
sensazione calda ed elettrizzante che sentiva?
- Si chiama
responsabilità. Quando sei responsabile della vita di qualcuno e poi
riesci ad
aiutarlo davvero… allora ti senti così e capisci perché devi aver cura
di te. -
Mike non ci aveva riflettuto quando aveva fatto tutto quello, l’aveva
fatto e
basta. Solo ora capiva cos’era, cosa aveva fatto e perché.
Solo ora capiva
le risposte e le motivazioni. Ma quel che contava era l’esserci
riuscito.
E dal suo
sguardo lo capì.
Gli occhi di
Jacoby ora c’erano ed erano brillanti, eccitati, fremeva e non riusciva
a stare
fermo, muoveva mani e piedi come fossero impazziti.
Spostò lo
sguardo su di lui, si guardarono e Mike sorrise capendo che era tornato
ed
aveva capito. Era stato rischioso ma con lui funzionavano solo questi
metodi.
Jacoby, vedendo
il suo sorriso, si sciolse e ne fece uno a sua volta. Fu un sorriso
particolare, che non aveva mai fatto.
Fu un sorriso
consapevole, di chi sa di essere stato salvato. Un sorriso di
gratitudine e
ammirazione.
Non disse niente,
però mettendogli la mano sulla nuca dove i capelli erano bagnati gli
posò un
dolce e timido bacio sulle labbra. Niente di approfondito. Chester si
calmò
nell’immediato, smise di imprecare e l’ira verso Jacoby scemò.
Si sedette e
scosse il capo, poi, quando si separò da Mike, si sporse verso di lui e
prendendogli il colletto della maglia l’attirò verso di sé, dopo di che
lo baciò
a sua volta mormorando un flebile: - Scusami… -
“Non
è pronto a separarsi da noi ed instaurare un rapporto più giusto…
finchè non
riuscirà ad avere con Jerry quello che io e Chester abbiamo continuerà
così… ma
per il momento sta bene ed è questo che conta.”
In quel momento
il rombo di una macchina che si fermava lasciando un gran freno
sull’asfalto li
interruppe.
Si voltarono.
Jerry era
arrivato.