CAPITOLO III:
LA COLLA
 
Dopo quel giorno la parola d’ordine fu ‘provare!’
Per tutti e tre ma per motivi diversi.
Chester era euforico, la dinamica che si stava instaurando fra lui, Mike e Jacoby era a dir poco favolosa ed interessante e voleva provare quante più cose poteva, spaziare al massimo conscio che comunque con Mike non si poteva mai sapere quando poi sarebbe rinsavito… poteva darci un taglio da un momento all’altro e lui ormai era uno che coglieva l’attimo. Con Jacoby, poi… l’incostante per eccellenza!
Questi, a sua volta, voleva provare perché semplicemente gli piaceva ed era sicuro che fosse tutto troppo bello per durare a lungo. Oltretutto era ancora confuso su chi fosse il suo ragazzo, su cosa provasse e su cosa volesse.
Era innamorato di Jerry però Mike e Chester erano un discorso talmente a parte e talmente profondo da non poterlo non considerare. Era totalmente incapace di metterli via e per la prima volta in vita sua stava cercando delle definizioni, dei confini, delle spiegazioni. L’unica cosa per capire, per lui, era da sempre la pratica. Fare le cose e basta.
E poi sostanzialmente voleva farlo. Punto.
Per Mike fu a sua volta diverso.
Era confuso e stordito e dopo averci pensato fino a spaccarsi il cervello senza arrivare a nulla, aveva capito che doveva provare. Se l’aveva fatto la prima volta un motivo c’era stato, nessuno poteva veramente costringerlo e per quanto eccitante fosse stato, lui non faceva niente solo per sesso. Poi c’era stata anche la volta in cui si erano baciati ed avevano praticamente cominciato quella strana cosa a tre che ancora non aveva nome. Quella volta gli era oltre che piaciuto, l’aveva anche accettato senza rendersene conto.
Ci aveva pensato molto a come aveva potuto e perché e tutto quello che poi aveva capito era che sostanzialmente aveva voluto e gli era piaciuto.
Se aveva fatto quello, cos’altro era capace di fare? Fino a dove sarebbe riuscito a spingersi? Quale era il suo limite?
Oltretutto, solitamente le risposte arrivavano solo provando e cammin facendo. Di conseguenza c’era poco da programmare e pensare.
Fare e basta.
Questo era il modo tipico di Mike di fare. Buttarsi e provare le novità.
Il risultato fu comunque per tutti uguale.
 
Quando dopo qualche giorno Jacoby tornò da loro, in casa c’era solo Chester.
Era la famosa sede, la casa di tutti, in pratica. Il luogo dove i due mondi -famiglie e amanti- si separavano.
Mike era via per impegni legati alla sua attività di disegnatore, gli avevano richiesto alcuni quadri per una mostra e così stava andando a vedere il posto, la luce e le disposizioni.
Cose che a Chester annoiavano.
Avendo comunque un’idea per un testo che gli girava per la mente da quando avevano cominciato quella cosa a tre, si era chiuso lì dentro per lavorarci in pace.
Non aveva la stessa capacità di concentrazione di Mike, non aveva un mondo speciale in cui si immergeva ovunque fosse purchè avesse ispirazione o pensieri, non sapeva estraniarsi ed ogni stupidissima cosa che accadeva lo distraeva di continuo.
Quindi si isolava quando voleva scrivere.
Finito il pacchetto di sigarette e ritrovatosi col portacenere pieno di mozziconi e la stanza affumicata dove lui pareva riuscire a starci senza problemi, imprecò come uno scaricatore tirando il pacchetto vuoto a terra.
Senza le sigarette non riusciva a scrivere.
Si tolse gli occhiali e sospirò stiracchiandosi. Era lì che scribacchiava e cancellava da molto, aveva quasi finito ma ancora gli mancava qualcosa, sicuramente Mike l’avrebbe trovato.
Sospirando però guardò infastidito i fogli… voleva finire e mancava solo una parte dell’ultima strofa.
Quando in quello sentì la porta aprirsi si alzò e si precipitò all’ingresso senza nemmeno lasciare che si richiudesse per capire chi fosse. Quando vide Jacoby ne fu più che contento, aveva sperato fosse uno che fumava e così infatti era stato.
Senza nemmeno salutarlo o dirgli niente o farlo avanzare, gli chiuse solo la porta con un calcio, gli frugò nelle tasche ed impetuoso gli prese il pacchetto, quindi gli lasciò un bacio sulla bocca di saluto e ringraziamento e senza nemmeno mugugnare mezza parola, tornò al tavolo fra i suoi fogli.
- Che cazzo… - Disse alla fine Jacoby preso alla sprovvista… e lui preso alla sprovvista era un evento!
Entrando sentì subito la puzza atroce di fumo che c’era e con una smorfia andò subito ad aprire le finestre per far prendere aria. Non era uno che si faceva certi problemi e che aveva la fissa del pulito, ma in certi casi era proprio impossibile stare perfino per lui!
Dopo aver arieggiato, andò dietro a Chester e fece capolino da dietro, appoggiando le mani allo schienale della sedia.
Il cantante dei Linkin Park era intento a scrivere dei versi, sembrava nemmeno non notare la sua presenza fra uno sbuffo di fumo e l’altro.
Dopo breve il mozzicone fu dimenticato fra le labbra e mentre Jacoby si immergeva nei versi che stava scrivendo, la cenere cadde distrattamente dimenticata da una sigaretta comunque mai fumata davvero.
Parlava di lasciarsi andare. Pareva essere una specie di filo conduttore dal quarto album, A thousand suns, forse voleva riprenderlo in qualche modo per il sesto.
Non lo interruppe, non parve nemmeno lo stesso e quando Chester concluse anche l’ultima strofa si sentì abbastanza soddisfatto, infatti sospirando lasciò il mozzicone ormai spento nel posacenere, si tolse gli occhiali e si strofinò il viso sbadigliando, poi si stiracchiò e fu come se si svegliasse in quel momento.
Solo allora si accorse della presenza stranamente silenziosa di Coby che, ancora chino dietro di lui, leggeva gli ultimi versi.
Si appoggiò allo schienale ed in un certo senso fra le sue braccia, quasi, finendo per essere assecondato in quella muta richiesta di occuparsi di lui.
Jacoby ancora assorto nella lettura e nella comprensione del testo spostò le mani dalla sedia alle sue spalle e cominciò a massaggiarlo sovrappensiero. Chester mugolò di piacere. Era chino sul tavolo da ore…
- Allora? - Chiese come se ormai fosse del gruppo e fosse normale far leggere i testi anche a lui. Di solito il primo in assoluto era Mike, poi dopo che lui ci metteva mano, se riteneva fosse il caso, passavano da Brad e gli altri.
- Mmm… - Fece Jacoby impressionato dalla chiarezza del concetto espresso. - Sarebbe fantastico riuscirci davvero! - Si riferiva al lasciarsi andare senza la necessità di dare nomi a tutto e rimanere dentro dei confini decisi da altri, regole prestabilite idiote che tagliavano le ali. Chester si stupì di questa sua uscita, poteva dirlo Mike ma non lui…
- Ma se sei tu che vivi così! - Fece infatti voltando la testa per metà verso di lui. Le sue mani ora andavano più decise e con intenzione sul suo collo e sulle sue spalle dandogli un piacere sempre maggiore che gli procurava un tono piuttosto strascicato e sospiri equivoci.
- Sì ma ora sto cercando di dare delle definizioni… ne sento il fottuto bisogno… - Chester era praticamente sconvolto e non era sicuro d’aver capito bene visto quanto bene stava con quel massaggio.
- E ci riesci? - Ora aveva la testa pendente in avanti e gli occhi chiusi, l’espressione abbandonata.
- No, per niente. - L’altro rise. - Però voglio capire, questa volta… - Chester allora gli lesse nella mente con chiarezza.
- Che cazzo siamo, vuoi dire? - Jacoby si sentì nuovamente confortato dall’essere capito da lui tanto quanto da Mike. Era qualcosa che non gli era mai successo e forse era per questo che stava succedendo tutto quello, che non riusciva a staccarsi da loro…
Si abbassò scivolando con le mani sulle scapole e poi sotto le braccia, sulla vita, circondandolo da dietro. Aderì la guancia alla sua e lo strinse brevemente per ringraziarlo di aver capito. Non poteva capire quanto importante fosse in realtà.
Chester sorpreso sorrise, alzò la testa e appoggiò la nuca alla sua spalla ma non aprì gli occhi, rimase abbandonato fra le sue braccia. In quel momento lo sentiva forte e probabilmente lo era perché stava bene, si sentiva capito. Sapeva quanto contasse, si ricordava bene…
- Penso lo capirò lasciandomi andare, no? - Disse agganciandosi alla sua canzone. Parlando con le labbra sul suo orecchio fece rabbrividire Chester che allungò il capo dall’altra parte, porgendogli quella parte di sé come fosse un gatto.
In breve alle labbra sostituì la lingua e le mani continuarono a vagare sul suo ventre, sotto la felpa. Ci mise pochissimo a raggiungere i suoi jeans e a slacciarglieli, così come a scendere con la bocca sul collo e a succhiarlo con bramosia. Questa volta era anche calmo, non lo stava bruciando come faceva di solito. Cercava di assaporarsi il momento, come se stesse studiando. Come se stesse provando.
Chester allo stesso modo lo lasciò fare tenendosi al tavolo ed allargando le gambe, intenzionato a non respingerlo nella maniera più assoluta.
Lo risucchiava. Era sempre stato così. Era come il nucleo della Terra, un centro gravitazionale, un buco nero che risucchiava ogni cosa. Jacoby non se ne rendeva conto ma dando tutto sé stesso, insanità mentale compresa, attirava chiunque.
Specie quelli che amavano il fuoco come non mai.
Le mani cominciarono a muoversi sulla sua erezione che aveva provveduto a tirare fuori e come se fosse normale, Chester si inarcò e gli si appoggiò ancor di più contro gemendo e sospirando. Ne voleva di più anche se doveva ammettere che a tutto quel meraviglioso piacere erotico mancava qualcosa.
Coby era fantastico ed unico nel far andare fuori di testa chiunque in ogni modo, specie col sesso, però a lui mancava un pezzo di anima per goderselo e stare veramente bene.
C’era una voglia che lui non avrebbe mai potuto colmare.
Una voglia che arrivò come richiamato dai suoi stessi pensieri e desideri.
Fu sorpreso, pensava non l’avrebbe visto per tutto il giorno ma quando sentì la porta chiudersi con delicatezza capì anche senza vedere che era lui e fu allora che venne nella mano di Coby.
Quando si riprese quel tanto per aprire gli occhi e mettere a fuoco il mondo circostante, ancora ansimante ed eccitato, si girò a guardare il nuovo arrivato e vide un Mike immobile che fissava i due con occhi sgranati intento a capire come dovesse sentirsi e cosa dovesse fare.
I due risero e Mike si sciolse un po’.
Era ancora molto strano, per lui, però di passi ne aveva già fatti molti e non potevano che esserne soddisfatti.
- Ciao tesoro! - Lo salutò Chester con voce roca eppure un pizzico di ironia, come per sdrammatizzare un momento strano.
Mike scosse il capo come per riprendersi e scacciare l’intorpidimento, quindi sforzandosi di fare finta di nulla, andò in un’altra direzione alla ricerca di qualcosa nel suo studio.
- Mi serviva un quadro che devo aver lasciato qua. Serve subito perché poi domani c’è la mostra e… - Ma si capiva quanto si stesse sforzando e non fosse normale, tutto quello.
Jacoby fu più veloce di Chester che doveva ancora riprendersi dall’orgasmo appena subito, quindi fermandolo nel suo studio, bloccandogli il passaggio col corpo, disse deciso e con una luce sadica nello sguardo.
Il solito Coby!
- Non passi se non mi saluti come si deve! - Era il suo modo per assicurarsi che andasse tutto bene. Dire ‘tutto ok?’ non era da lui ma voleva comunque che si rischiarasse. Mike era la loro luce, la lanterna, il sole, la stella polare…
Mike sospirò appoggiando il quadro che aveva recuperato, lo teneva su con una mano mentre arrivato davanti all’altro, in attesa di passare, l’osservò. Sembrava sereno e presente, era un piacere vederlo così e non confuso, però era lui quello confuso in compenso. Sospirò.
In ogni caso non voleva turbarlo, non voleva assolutamente e in un lampo gli venne alla mente la propria idea di studiare e provare quella situazione prima di prendere una posizione definitiva, ovvero accettarla veramente o rifiutarla. Per capire se potesse, se ce la facesse, se volesse, se…
E prima di perdersi nel proprio MMM riempì la breve distanza che rimaneva fra loro.
La sua espressione di chi era paziente e consapevole ma anche lontanamente compiaciuto da quel suo comportamento, per assurdo.
Poi le labbra di Mike cercarono quelle di Jacoby e le trovarono sentendosi talmente strano da pensare di essere veramente impazzito. Solo l’ennesima volta che lo credeva!
L’altro gliele accolse subito e aprendogliele si intrufolò nella sua bocca trovando la sua lingua in un istante.
Mike gliela concesse ed in breve approfondirono il bacio.
Quel giorno Jacoby era stranamente calmo, non faceva mai così quando si entrava nella sfera sessuale. Sapeva il suo modo di fare. Era atroce e bruciante.
Ora sembrava che cercasse di capire qualcosa, di assaporare, di studiare, di trovare delle risposte.
Mike, ovviamente, lo capì all’istante e quando Chester li raggiunse non si stupì del bacio ma di quello che poi il suo compagno disse piano guardando Coby dritto negli occhi da quella vicinanza per capire se avesse ragione.
- Stai cercando di definire questa situazione? Noi? Cosa provi? - Era così chiaro. No, in realtà no ma a lui non sarebbe mai potuto sfuggire.
Coby preso alla sprovvista annuì sconvolto dal fatto che l’avesse capito solo baciandolo. Chester stesso ci rimase di sasso appoggiandosi alla porta, di fianco a loro due che si guardavano l’uno davanti all’altro, attaccati, ad un soffio.
- E’ la prima volta che cerchi delle definizioni… - Non era strano che sapesse questo, però che lo capisse ad uno sguardo sì. Nessuno ci era riuscito così bene e Coby era ormai completamente perso in Mike consapevole che avrebbe anche potuto rapirlo se gli avesse negato la sua presenza.
Si strinse smarrito nelle spalle in un modo tenero ed infantile, Mike allora sorridendo incoraggiante gli carezzò la guancia con fare adulto nonostante avessero circa la stessa età.
- I cambiamenti sono positivi. Fidati. -
Chester allora sorrise a sua volta. Ecco cosa era mancato prima.
Lui.
Le risposte.
Le certezze.
La colla.
I sentimenti.
L’amore.
L’anima.
Mike.
Non si intromise ma rimase ad osservare come Coby a quel contatto dolce si rilassava a vista d’occhio rasserenandosi, quindi ringraziandolo con un bacio delicato abbassò il braccio per farlo passare.
Mike intenerì lo sguardo in quel suo saluto ora tranquillo e non più teso, quindi spostandosi su Chester a pochi centimetri da loro, cercò le sue labbra con una carezza anche per lui. Non tenera ed incoraggiante ma come se da lui prendesse la forza per essere poi chi era.
Chester lo capì e lo capì anche Jacoby incantato, come sempre, dal loro modo di stare insieme, di darsi e di prendersi. Di viversi. Di amarsi.
Quando si separarono, i loro sguardi non esistevano per nessun altro nonostante Jacoby, nonostante quello che stava succedendo e che stavano facendo. Nonostante tutto.
- Ci vediamo domani. Dopo devo tornare a casa. Passo qua in giornata che ho alcune cose da fare prima della mostra. - Come un appuntamento che non serviva dare ma che intendeva comunque rivolto ad entrambi.
- Squilla quando stai arrivando. - Per potersi far trovare a sua volta, ovviamente.
Nel passare, lasciò uno sguardo dei suoi anche a Jacoby che si sentì stordito come non gli era mai successo in vita sua.
Mai.
Era lo stordimento migliore che potesse essergli mai capitato.
Semplicemente meraviglioso.
- Come diavolo fa? - Chiese poi a Chester esterrefatto, entrambi guardavano l’ingresso vuoto dove lui era sparito.
- L’ha sempre fatto! - Rispose con sicurezza lieto che quello comunque fosse il suo e solo suo ragazzo.
Davvero lieto.
Jacoby certamente c’era ma certamente era una parentesi ed una cosa a parte, diversa, su un altro piano e pianeta nonché universo.