CAPITOLO IV:
VERSO UNA
DECISIONE
L’espressione di
Mike era come uno smile dove gli occhi erano rappresentati da due
trattini
orizzontali e la bocca da un altro uguale più lungo.
E poi sopra la
testa c’era anche la gocciolina di perplessità.
“Vorrei
proprio sapere che diavolo ci faccio qua con loro due, cazzo!”
Pensò sconsolato
seguendoli a distanza debita per non essere scambiato per uno di loro
ma anche
per tenerli d’occhio affinchè non facessero danni.
- Allora me la
fai la cheesecake al cioccolato? - Stava implorando Jacoby attaccato al
braccio
di Chester. Questi aveva in mano due qualità diverse di spezie per la
carne e
stava cercando di capire quale fosse la migliore.
- Taci. - Grugnì
Chester.
- MA DIMMI SE ME
LA FAI! - Gridò a quel punto Jacoby di punto in bianco!
Vedendo che
tutte le persone nel negozio si girarono verso di loro, Mike, che
spingeva il
carrello, prese, lo voltò e fece per andarsene ma fu fermato da Chester
che l’aveva
agganciato col piede.
- VIENI QUA TU! DOVE
CREDI DI ANDARE! - Mike strattonò e per non cadere Chester si tenne a
Jacoby ma
non alle sue braccia o alla maglia. Prese quel che riuscì, ovvero la
cintura
dei pantaloni. Il risultato fu che lui cadde comunque insieme ai jeans
di
Jacoby e lui, rimasto in piedi in boxer davanti ad un sacco di persone
ammutolite che li fissavano strabiliati, si mise a ridere invece che
gridare
incazzato.
Mike sospirò e
tornò indietro a vedere se il suo moroso stava bene, appurato che non
aveva
nessun dente rotto, lo prese per il braccio e l’alzò poco gentilmente.
- Andiamocene
prima che chiamino la polizia! State facendo un casino… - Quando però
Chester
fu in piedi tornò ad appoggiarsi di schianto su Mike il quale lo tenne
per
riflesso senza capire che avesse ora. - Chez? - Chiese infatti.
- Tirando il
fottuto carrello di merda mi hai slogato la fottuta caviglia di merda!
- Grugnì
seccato tenendosi a lui ed alzando il piede.
Jacoby, che
intanto si era tirato su i pantaloni, si accucciò e prendendogli il
piede
malandato gli tolse scarpa e calzetto per vedere. Davanti a tutti,
ovviamente,
continuando a dare spettacolo.
- Coby… ma
proprio adesso? - Chiese sottovoce Mike vergognandosi come un ladro per
gli
sguardi shockati di tutti.
- Taci, almeno
lui si preoccupa seriamente per me! - L’ammonì seccato Chester
sentendosi un
principino in mezzo ai suoi due sudditi fedeli.
Jacoby gli toccò
la caviglia facendolo ululare -lui che ululava non era certo roba da
poco- e
Mike gli tappò la bocca al volo, nascondendo il proprio viso contro il
suo
petto per non farsi riconoscere, poi pregò a denti stretti:
- Andiamo vi
prego! - La gente cominciò a vociferare, qualcuno forse li riconobbe,
Chester
morse la mano di Mike per insultare il caro premuroso Coby che
continuava a
tastargli il piede:
- LA PIANTI O TE
LO DEVO FICCARE IN BOCCA? SEI UN FETICISTA DEI PIEDI?! MI FA MALE,
CAZZO! -
Così ora lo
sapeva tutto il negozio.
Mike sospirò e
questa volta lo lasciò per andarsene davvero. Chester ovviamente non
aspettandoselo e non avendo più l’appoggio, finì per cadere addosso a
Jacoby
che rimase sotto schiacciato dal poco peso dell’altro.
Mike se ne andò
davvero piantandoli in asso e proprio quando stava per prendere
l’uscio, i due
in perfetta sincronia urlarono a squarciagola -e loro due che urlavano
a
squarciagola non era una bella idea-
- MIKE SHINODA!
TORNA QUA! NON PUOI PIANTARCI IN ASSO COSI’ STRONZO! -
Così se qualcuno
aveva ancora dubbi, ora non più.
- Ma sono
veramente Mike e Chester dei Linkin Park! -
Mike, in
risposta si sbrigò ad uscire per far perdere le proprie tracce.
Chester fu
assalito da alcuni fan e Jacoby, geloso per non essere stato
riconosciuto, urlò
sulle imprecazioni dell’amico dolorante ed incazzato dicendo che lui
invece era
Jacoby Shaddix dei Papa Roach!
Il risultato fu che
non riuscirono ad andarsene prima di un’ora!
Arrivarono a
casa imprecando come scaricatori di porto contro Mike che li aveva
lasciati a
piedi.
Eppure lo
conoscevano, non dovevano provocarlo ed esasperarlo… non si faceva
scrupoli ad
essere crudele se serviva e se lui lo era, lo era profondamente dentro.
Il ragazzo aveva
cominciato a preparare la casa sistemandola e pulendola. In quei giorni
l’avevano
lasciata andare ma con quella cena in vista non voleva che Jerry
vedesse in
quale cesso vivevano. Che poi teoricamente non ci vivevano, ma in
pratica sì.
Chester
camminava tenendosi a Jacoby il quale ad un certo punto si era stancato
di
tenerlo così e l’aveva preso in braccio come una principessa. Del resto
Chester
era un fuscello e Jacoby quasi il doppio.
- Grazie, eh? -
Disse Chester tagliente.
- Prego! -
Esclamò Mike per nulla pentiti d’averli piantati in asso.
Chester scese
dalle braccia forti di Jacoby che si stese stanco nel divano mettendolo
in
disordine, l’altro invece saltellò per la stanza per raggiungere quello
che in
teoria doveva essere il suo compagno.
Mike lo ignorava
e Chester odiava quando lo ignorava, quindi lo afferrò per il braccio e
con
violenza lo girò per farsi guardare ed appoggiarsi a lui allo stesso
tempo. Il
piede gli faceva veramente male e lui questa volta sembrava davvero
furibondo!
- Lo sai che mi
hai fatto veramente male? E come se non bastasse mi hai piantato in
asso con lo
schizzato che voleva gareggiare con me a chi firmava più autografi! Non
me ne
fotteva un cazzo ma faglielo capire! Poi mi ha rotto i coglioni con
quella
torta di merda! -
- ERA DI
CIOCCOLATA E FORMAGGIO! -
Gridò Jacoby dal
soggiorno.
- E mi ha rotto
il cazzo con un sacco di cose! E per farmi finire la spesa mi ha fatto
sedere
nel carrello e lui ha spinto mettendoci dentro tutto quello che gli
piaceva ed
io lo lanciavo fuori perché non serviva! Cazzo, Mike! Hai idea di che
cosa
voglia dire fare la spesa con lui da solo ed un caviglia slogata!? Poi
mi ha
preso in braccio per arrivare fin qua e fortuna che avevamo poca roba
da
portare perché altrimenti non saremmo mai riusciti! Stronzo, cosa
diavolo ridi?
- Chiese concitato mentre gli veniva la voglia di prenderlo a pugni
perché
rideva di lui e della sua disgrazia.
- Dai Chester! È
divertente immaginarvi! E poi tu hai fatto un casino, là dentro, che te
lo sei
meritato! Non me ne sarei andato se non aveste gridato come idioti il
mio nome
intero! -
Quello poteva
dargli atto, ma non giustificava tutto quello che poi aveva dovuto
subire.
- Rimani uno
stronzo! -
Dopo di questo
Chester lo mollò e saltellò verso la camera per cambiarsi e vedere
della
caviglia che gli faceva un enorme male.
Mike sospirò.
Lo conosceva,
poteva rimanere infuriato a vita se non ci faceva pace, era troppo
orgoglioso!
Guardò l’ora.
Avevano molto tempo prima della cena, si erano presi per tempo…
Ignorando Jacoby
sul divano lo raggiunse in camera prendendo prima tutto il necessario
per una
caviglia massacrata. Creme adatte e bende elastiche. Con lui ne era
provvisto
visto che erano più le volte in cui si faceva male che altro.
Quando arrivò in
camera, lo trovò senza pantaloni e calzetti seduto sul letto che si
teneva la
caviglia fra le mani con una smorfia illeggibile. Poteva essere di
incazzatura
o di dolore. O entrambe.
Mike sospirò e
fece l’espressione colpevole. Sapeva di non esserlo ma sapeva anche che
se
voleva sistemare tutto era meglio fingere.
Si avvicinò a si
sedette sul letto.
- Fammi vedere…
- Mormorò piano provando semplicemente a non parlarne.
Chester in
risposta si girò dall’altra parte dandogli la schiena.
- Sembri un
bambino! - Gli sfuggì.
Chester si voltò
come un indemoniato e lo fissò malissimo, peggio che mai!
- VAFFANCULO
MIKE! MI FA MALE PER COLPA TUA E MI DICI PURE CHE SONO UN BAMBINO!
PROVA A SCUSARTI,
MAGARI! -
Mike si sentì
questa volta veramente in colpa solo per il suo piede e facendo lo
sguardo
dolce da cucciolo, si vide piombare Jacoby come un cane da caccia tutto
preoccupato.
- Non litigate!
- Sembrava il figlio che implorava i genitori di non litigare.
I due si
fermarono e ridacchiarono all’immagine che evocò e fu così che tutto
svanì.
Mike cinse Chester da dietro e l’attirò a sé abbracciandolo e
cullandolo un po’
mentre gli riempiva la guancia, l’orecchio ed il collo di baci e fra
uno e l’altro
le sue scuse.
Jacoby sorrise
contento e si buttò su letto dall’altra parte mentre Chester si
ammorbidì e
decise di farsela passare. Non ne valeva la pena.
Alzò le braccia
e gli carezzò la testa per dirgli che andava bene, quindi quando smise
di riempirlo
di baci, Mike lo girò e lo fece stendere per potersi occupare della
caviglia.
- Fa vedere… -
Gliela appoggiò sopra e Jacoby si avvicinò appoggiato sui gomiti,
entrambi
fecero una smorfia.
- E’ messa male…
- Commentò il cantante dei Papa Roach. Mike annuì.
- Ti faccio un
po’ di massaggi… - A Chester piaceva quando glieli faceva. In qualunque
parte
del corpo ma i piedi erano un po’ il suo punto debole, dopo la schiena.
Ci mise un po’
della crema che usava sempre per quel genere di cose e cominciò a
massaggiargli
la caviglia dolorante.
Era gonfia e al
tatto si sentiva un gran brutto nodo di nervi sovrapposti. Il ragazzo
era bravo
con le mani.
I polpastrelli
scivolarono leggeri e delicati sul dorso del suo piede e risalì sulla
caviglia,
ridiscesero lateralmente e risalirono centralizzandosi, proseguì con
questo
cerchio lento e languido, come non avesse fretta.
Chester dapprima
gemette di dolore, poi però trovò piacere e si rilassò chiudendo gli
occhi e
adagiando la testa sul cuscino.
- Mm… sei
fottutamente bravo… -
A Jacoby venne
sete. Aveva davvero tutta l’aria di esserlo e lo invidiò volendo
provare anche
lui le sue mani, però sapeva che era uno di quel momenti fra loro due,
decise
di non intromettersi ma non riuscì a mantenere quella presa di
posizione molto
a lungo. L’espressione di godimento di Chester e quella intensamente
concentrata di Mike l’attiravano come non mai e succhiandosi il medio
si
accorse d’avere una gran voglia di partecipare in qualche modo. Come se
fosse
essenziale per lui farne parte, essere con loro, in mezzo a loro, farsi
bagnare
dall’energia benefica che intercorreva fra i due che si amavano come
non aveva
visto amarsi nessuno.
Quando Mike
cominciò a massaggiargli anche la pianta del piede e le dita provocando
in
Chester diversi sospiri sempre più indecenti, non resisteva mai quando
gli
faceva così, Jacoby mosse le proprie mani sul ragazzo steso. Passò ad
alzargli
la maglia che indossava ancora e riempiendosi gli occhi vogliosi del
suo
inguine avvolto nei boxer piccoli e attillati, senza esagerare come suo
solito,
si limitò a toccargli leggero proprio quella zona coperta. La stoffa
era molto
sottile e sentiva perfettamente le sue dita delinearlo. Chester non
alzò la
testa né aprì gli occhi sapendo che era Coby, lo trovò
sorprendentemente
delicato ma non si mosse, anzi, aumentò i sospiri.
Questo piacque
ad entrambi i ragazzi che proseguirono coi rispettivi massaggi.
Coby premette
lentamente via via sempre più sulla sua erezione, dopo avergliela
definita in
ogni zona, e sempre attraverso i boxer lo sentì indurirsi a quel
massaggio
quasi distratto.
Fra questo ed il
piede nelle mani esperte di Mike, Chester andò in paradiso e fu lui
stesso ad
abbassarsi i boxer per chiedere esplicitamente alla bocca di Jacoby di
finire
quello che aveva iniziato.
Jacoby,
sorridendo sornione e contento di essere riuscito a gestirsi per una
volta
proprio come aveva cercato di fare, l’accontentò mentre Mike si
succhiava le
labbra eccitato da quel che stava succedendo.
Come ogni volta,
ormai.
Stava lentamente
diventando quello che non riusciva più a controllarsi nonostante prima
fosse
stato l’unico che ci riusciva.
La bocca di
Jacoby avvolse l’erezione eccitata di Chester e non dovette muoversi
troppo
prima di fargli raggiungere l’orgasmo perché era già ben disposto.
Si prese il suo
sapore con Mike che non sapeva più come fare per rimanere tranquillo.
Ora ne
voleva anche lui ma si vergognava a buttarsi e prendere iniziative,
sapeva
lontanamente che tutto quello sicuramente era sbagliato, ma era anche
uno
troppo attirato dalle innovazioni, dalle controcorrenti, dal provare
cose
diverse, dal creare cose che non esistono… era normale, sotto questo
punto di
vista, che alla fin fine volesse con tutto sé stesso questo nuovo
rapporto poco
convenzionale e forse assolutamente sbagliato perché fuori dal comune.
Ma voleva lo
stesso.
Non dovette
comunque parlare, Chester, dopo il proprio splendido e rilassante
orgasmo; si
alzò a sedere lentamente, allungò il braccio verso Mike che alzò lo
sguardo su
di lui, i due si incrociarono quell’istante per emozionarsi come
capitava
sempre e con un’intensità che cancellò ogni raggio di inibizione,
logica e
imbarazzo, l’attirò a sé e lo baciò. Jacoby si alzò a sua volta, posto
da
pancia in giù che era, e circondando entrambi con le braccia senza
usare forza
ed irruenza tipica sua li lasciò scambiarsi quella dolcissima effusione
diventando dolce a sua volta nel chiudere gli occhi e strofinare il
volto
contro il collo di Mike, come se avesse bisogno del suo odore, della
sua
consistenza, della sua essenza più intima.
Questo fece
partire totalmente Mike che prese tutto quello come un inizio.
Sapeva bene cosa
si doveva fare, cos’era giusto e cosa non lo era. Sapeva bene. Ma
sapeva anche
che non era mai stato un tipo da seguire delle regole, delle
definizioni, dei
confini. Ogni volta che ne aveva trovate ne era sempre scappato
cambiando
quanto più poteva, dal genere, alle regole, alle definizioni.
Quindi, ora che
i due arrapati per eccellenza si erano calmati dandogli il tempo di
riflettere,
abituarsi e ponderare, aveva deciso che valeva la pena vivere quella
cosa. E ne
valeva la pena principalmente perché era una cosa che non aveva nome ed
era
nuova.