CAPITOLO VIII:
LE MOTIVAZIONI
DI JACOBY
Nell’esatto
istante in cui la porta di casa sbatté e Jerry se ne andò il mondo si
fermò,
per lui fu così.
Non vide Chester
e Mike spuntare fradici dalla cucina, non vide che era nel loro
appartamento,
non vide niente.
Solo il nero.
Un fottuto
maledetto nero sottoforma di fumo uscire dal pavimento e andargli
incontro.
Come se si concentrasse unicamente nei suoi piedi. Una volta che li
acchiappò
vi si avvolse a spirale sui polpacci e poi sulle gambe.
Il respiro
cominciò ad essere affannato.
Il fumo nero
arrivo alla sua vita e si alzò di scatto cercando di allontanarsi, ma
ormai era
lì ed il cuore divenne un tamburo da guerra, pronto ad uscirgli dal
petto.
Salì intorno al
busto e lui alzò le mani in alto come se volesse aggrapparsi al
soffitto per
tirarsene via, ma non arrivandoci se le mise sul viso sudato, la pelle
gelida.
Il fumo nero
ormai era arrivato al suo collo, gli mancava il respiro, il petto gli
faceva
male, era come se qualcuno lo strozzasse. Il fumo lo stava soffocando.
Affondò le
unghie nella carne del viso, dalla fronte scese sotto, lungo le guance.
Il fumo
arrivò sulla testa.
Si graffiò e l’immagine
di Jerry che se ne andava gli invase la mente, in mezzo a quel fumo
dannato che
ora era anche dentro a schiacciare tutti i suoi organi, partendo dal
cervello.
Quando giunse
anche sul cuore, nell’esatto istante in cui lo prendeva del tutto, con
uno
scatto calciò il tavolino davanti a sé rovesciandolo e rompendolo, poi
si
accasciò seduto sul divano completamente privo di forze, chiuso in sé
stesso.
Le mani sul
viso, le gambe piegate sul divano, contro il petto, e lui a dondolarsi
avanti
ed indietro.
E silenzio.
Un maledetto
silenzio impressionante.
Non ebbe la
minima idea di che cosa successe fuori, non sentiva fisicamente nulla.
Era come
insensibile all’esterno, nessuno stimolo gli arrivava, gli sembrava
anche di
essere in piedi e non seduto.
Jacoby vedeva,
semplicemente vedeva.
Vedeva tutto.
L’inizio fu un
tuffo nel suo passato in modalità veloce, certe cose saltavano, altre
andavano
troppo fulminee e l’intensità crebbe mano a mano che diventava grande
Intravide il
momento in cui i suoi si separarono e lui aveva cominciato a sentirsi
solo e
senza amore e poi quando suo nonno, la sua salvezza da un suicidio
prematuro,
poi era morto.
Il nome del
gruppo in suo onore, Papa Roach che richiamava il suo nome.
Poi la musica.
Poi la prima crisi psicotica.
Poi le cure
tempestive.
Poi un po’ di
calma.
Poi delle
ricadute distribuite nel tempo.
Poi un
peggioramento della sua labile stabilità mentale dovuta
all’innamoramento
profondo per Jerry, qualcosa che era venuto fuori solo grazie
all’incontro con
Chester e Mike, due persone che l’avevano aiutato molto a guardarsi
dentro e
calmarsi, accettarsi.
Poi il loro
mettersi insieme, il dirsi di essere loro stessi sempre a qualunque
costo.
L’esserlo.
E poi il crollo
definitivo.
Perché il vero
Jerry a quanto pareva non amava l’instabile, stancante, sfiancante e
strano
Jacoby, quello che faceva sempre qualcosa che non andava, che a volte
lo
escludeva, che a volte finiva in un mondo tutto suo.
E se Jerry non
amava davvero Jacoby, se non resisteva accanto a lui, se se ne andava…
Jacoby
aveva perso di nuovo la cosa più importante della sua vita.
Jacoby sarebbe di
nuovo stato solo senza nessuno a volergli bene.
Non avrebbe mai
avuto un bel rapporto stretto, onesto, splendido, salvifico come
avevano
Chester e Mike.
Jacoby e Jerry
non sarebbero mai diventati come loro, non avrebbero mai avuto quello
che
avevano loro.
Mai niente di
tutto quello.
Lui sarebbe
sempre stato solo e respinto e mal sopportato e schifato.
Sempre.
Allora a cosa
serviva uscire e provare a vivere bene, provare a fare chiarezza, a
capirsi, a
vedere i confini, a definirsi, a capire il mondo circostante, a
ficcarsi in un
maledetto punto preciso e vivere lì dentro?
Era meglio stare
dove era, dove nessuno lo vedeva, nessuno lo capiva, nessuno lo poteva
raggiungere.
Era molto, molto
meglio così.
Non sarebbe più
stato male e non avrebbe ferito qualcuno a cui teneva.
Lui da solo e
basta.
E quel maledetto
fumo nero soffocante.
Mike e Chester,
usciti fradici e sporchi di schiuma dalla cucina, si guardarono
allibiti nel
vedere Jacoby solo, poi quando scattò in piedi e alzò le braccia si
chiesero se
non fosse impazzito.
Cominciarono a
crederci davvero quando si graffiò il viso, tirò il calcio al tavolino
rompendolo e si accasciò sul divano rannicchiato e chiuso in sé stesso.
Respirarono un
po’ aspettando che facesse qualcosa, poi non ebbero scelta che tornare
a
guardarsi e chiedersi piano:
- Ma cosa fa? -
- E che diavolo
ne so, sta lì da solo… e poi Jerry è andato via, boh… -
- Lo vedo anche
io che è andato via, credi che sia cieco? -
- Credo che tu
sia scemo! Che domande mi fai? Non so cosa fa! Sta seduto! -
- Stronzo, tu lo
capisci sempre, magari sapevi che combina! -
- Idiota, anche
tu lo capisci sempre se è per questo, dimmelo tu che fa! -
- Che cazzo ne
so! Se te l’ho chiesto mica lo so! - Mike sospirò cercando la pazienza
finita
sotto i tacchi.
- Chi va da lui
mentre l’altro si cambia? - Chester non aveva il minimo dubbio.
- Tu! - Mike ci
avrebbe giurato. Erano entrambi fradici ma non era per quello… era
perché
Chester non aveva molto tatto tanto meno pazienza.
- Poi facciamo
cambio! - Fece Mike spingendolo mentre si dirigeva in bagno.
Il cantante
rimasto sospirò, che mondo infame.
Perché sempre a
lui i compiti più difficili?
Si avvicinò
cauto pensando che potesse scattare con un altro calcio ma quando lo
vide inerme
si preoccupò e si sedette.
Lo chiamò piano
piano, la sua vocina dolce come sempre, sfumata, calda, bassa.
- Coby? - Coby
non rispose.
Lo chiamò di
nuovo ma niente.
- Vuoi parlare?
- Nessun cenno.
Mike,
preoccupato davvero, gli toccò la schiena. Era rilassata, si dondolava
lentamente come se si cullasse e spuntando cercò di vederlo in viso ma
era
nascosto dietro le mani, non era veramente lì.
Rinunciò al
parlare e provò a togliergli le mani, era docile. Gliele tolse
facilmente, gli
sciolse anche le gambe mettendole giù. Jacoby faceva tutto però non
reagiva
davvero, non era lì, non sentiva, non capiva.
Mike cominciò a
spaventarsi davvero.
- Devi dirmi
qualcosa, Coby… - Però era una preghiera inascoltata e circondandolo
con un
braccio lo attirò a sé, con la mano sulla testa gliela portò contro la
spalla,
gli nascose il viso nel collo ed anche se bagnato se lo tenne a sé lo
stesso.
Quasi che l’angoscia si trasmettesse a lui come tante spade affondavano
nella
carne togliendogli il respiro.
Sembrava suo
figlio quando si svegliava di notte con un incubo, piangendo, e aveva
il
terrore di tornare a dormire perché poi poteva rivivere lo stesso
incubo brutto
brutto.
La sensazione di
stringere un bambino l’aveva spesso, con lui, però ultimamente era
capitato di
meno. A quei livelli, soprattutto.
Quando Chester
tornò e li vide così pensò che Jacoby stesse piangendo e non si
preoccupò
molto, ma quando vide bene capì che né piangeva né niente.
Allora si disse
che forse era il caso di preoccuparsi.
Quando poi alzò
lo sguardo sul suo moroso e lo vide preoccupato ed angosciato capì che
forse un
segno in qualche modo era stato passato.
E probabilmente
era stato passato proprio da loro.
Assecondare i
suoi assurdi deliri inizialmente gli era sembrato divertente e per loro
era
stato comunque un modo di giocare e di vivere qualcosa di alternativo,
di bello
e di comunque valido.
Però forse
avrebbero dovuto chiedersi perché Jacoby l’aveva voluto tanto, pur
stando con
Jerry. Jerry che in teoria amava e desiderava in ogni modo.
Perché dopo
averlo avuto non gli era bastato?
C’erano molte
domande a cui avrebbero dovuto rispondere prima di fare una cosa del
genere.
Ma ormai era
tardi, ormai c’erano, ormai la stavano vivendo.
Ormai Jacoby c’era
dentro con tutto il corpo, in qualunque cosa fosse dentro.
- Dovevamo
chiederci prima perché lo voleva con tanta ossessione. - Mormorò Mike
come se
Jacoby non fosse lì. In un certo senso era vero.
Chester cominciò
ad innervosirsi.
- Cazzo, è
schizzato, pensavamo fosse una delle sue tante idee folli senza un
significato
preciso! Quando sale sul tetto per vedere cosa si prova non è che lo
faccia per
chissà quale motivo dietro! O quando, che cazzo ne so, grida di punto
in
bianco! Fa tante cose assurde senza motivo! Perché questa doveva essere
diversa? -
Mike sospirò,
aveva ragione ma non toglieva che avevano sbagliato anche loro.
- Ok Chester ma
i sani siamo noi. Abbiamo solo pensato a perché noi volevamo o non
volevamo
farlo, non perché lui lo volesse! Dovevamo pensare anche a lui! -
Chester ebbe uno
scatto e calciò i resti del tavolino.
- Fanculo! Perché
dobbiamo essere noi i suoi baby sitter? - Mike sospirò. Anche lui, ora…
- Non siamo i
baby sitter di nessuno, siamo suoi amici! E pure amanti, se vogliamo
essere
precisi! Una responsabilità verso di lui l’abbiamo, che ti piaccia o
no. - Ora
stavano per litigare anche loro, splendido, pensò Chester rabbioso ed
ironico
voltandosi nervoso.
- Bè, fanculo
comunque! Perché questa non è né amicizia né amore né un cazzo! Cos’è?
Scopiamo
e ci divertiamo… ops, ma che dico! Lui ogni tanto ha crisi psicotiche e
dobbiamo curarlo noi! Non è solo divertimento! -
- Niente è solo
divertimento! - Mike voleva alzarsi e obbligarlo a fissarlo mentre
diceva
cazzate ma lui preferiva camminare per la casa come un invasato nella
speranza
di calmarsi. Era incazzato con Coby, era nero e furibondo! E poi lo era
con
Mike che lo difendeva!
- Ma questo
doveva esserlo! L’abbiamo iniziata solo per questo! Perché era
piacevole e
divertente! Se era così fanculo, nemmeno ci pensavo! -
- Bene, ora sai
com’è! Se vuoi tirarti indietro non ti obbligo certo io a fare l’amante
a tre!
-
A pensarci
lucidamente, poi, la situazione era estremamente incasinata.
Erano tutti
uomini sposati. A due a due erano amanti numeri uno, poi tre di questi
erano
amanti di secondo livello. Cazzo esistevano pure i livelli degli amanti!
La cosa comica
era che quelli che facevano gli amanti a tre di secondo livello, lo
facevano di
nascosto all’altro amante numero uno e alle mogli… cioè, non si poteva
uscirne
comunque ragionandoci e nemmeno a volerlo spiegare semplicemente, non
era
possibile.
- E tu cosa
faresti, sentiamo? Non dirmi che continueresti a scoparlo che ti
uccido! Era
una cosa cominciata come gioco fra di noi! - La tensione crebbe
immediata,
Chester si fermò davanti ai due seduti sul divano, uno ancora assente
che non
sentiva e Mike shockato che glielo chiedesse davvero.
La rabbia montò
anche in lui e lasciando Jacoby si alzò veloce come un fulmine e
andandogli a
pochi centimetri gli urlò furiosamente perdendo per un attimo il
controllo.
- COME PUOI
ANCHE SOLO CHIEDERLO E DIRLO?! SEI PROPRIO UN PEZZO DI MERDA! - Chester
da un
lato si sentì meglio ma dall’altro ebbe la voglia di picchiarlo, come
osava
gridargli così ed insultarlo dopo una domanda legittima?
- E’ UNA COSA
SENSATA DA CHIEDERE, STRONZO! SEI TU CHE DAI PER SCONTATE TROPPE COSE!
TI
SEMBRA NORMALE LA NOSTRA VITA, QUELLO CHE FACCIAMO? GIA’ SOLO DA COME
E’
COMINCIATA, NON E’ NORMALE! SIAMO AMANTI FRA DI NOI RISPETTO ALLE
NOSTRE MOGLI
ED ORA QUELLO SCHIZZATO TRADISCE NON SOLO LA SUA, DI MOGLIE, MA ANCHE
IL SUO
AMANTE! CHE PER INCISO E’ NOSTRO AMICO ED UNA PERSONA IN GAMBA! -
- ORA TI VENGONO
I RIMORSI, CHESTER? ORA? E PRIMA NON CI POTEVI PENSARE? PERCHE’ DIAVOLO
TI
BUTTI A PESCE NELLE COSE E CI PENSI SOLO DOPO? -
- PERCHE’ SONO
FATTO COSI’! MI AMI PERCHE’ SONO AVVENTATO E STUPIDO! -
- TI AMO PERCHE’
HAI UN CUORE, NON UN CERVELLO BACATO! -
- NON DARMI DELL’IDIOTA!
-
- SEI TU CHE TI
SEI DATO DELLO STUPIDO! -
Sarebbero andati
avanti per tutta l’ora se un tonfo non li avrebbe interrotti. Jacoby
aveva
preso la gamba del tavolo rotto e l’aveva scagliata a terra di nuovo
facendo un
gran casino. I due si fermarono spaventati e si voltarono in tempo per
vederlo
in piedi davanti a loro a fissarli come se fossero imbecilli.
Dannazione, era
di nuovo normale?
- Piantatela di
litigare per puttanate simili! Tolgo il disturbo così non rovino anche
la
vostra di vita… - No, non era per niente normale.
Posto che
comunque non lo era mai stato e che per un essere comune proprio quella
reazione sarebbe stata considerata normale, Coby era fatto al contrario
e per
lui quelle ‘leggi’ non valevano.
Fece per
andarsene ma Mike sgusciò da Chester e prendendogli il polso lo
trattenne e lo
voltò preoccupato. Non poteva certo lasciarlo andare via in quelle
condizioni,
cosa avrebbe fatto?
- Non hai
rovinato la vita a nessuno! -
Jacoby rise
amaro e sconfitto.
- L’ho rovinata
a tutti e continuo a farlo. Solo speravo di non farlo con Jerry ma ce
l’ho
fatta anche con lui. Sono un fottutissimo figlio di puttana che brucio
la vita
degli altri. Statemi lontano o lo farò anche con voi. - Con questo
strattonò il
polso e andò alla porta. Mike non aveva la forza di seguirlo, era
agghiacciato
e shockato da quella reazione, una vera e propria dimostrazione di… di
cosa?
Follia?
Cos’era quella?
Doveva
preoccuparsi davvero?
Non capiva
proprio…
- Ma dove vai!?
- Chiamò disperato. Gli interessava davvero.
Jacoby si fermò
e di schiena alzò le spalle, poi amareggiato, cupo e spaventosamente a
pezzi
rispose:
- A fanculo da
qua. A fanculo da ovunque. Non rovinerò più nessuno. - Dopo di questo
se ne andò.
Ci fu un
istante. Un istante preciso in cui la litigata furiosa venne cancellata
e
rimasero le parole vivide di Jacoby. Parole come incise nel muro. Se le
ripeterono e dopo averle comprese a fondo si voltarono e si fissarono a
dir
poco sconvolti.
E vedere Mike
sconvolto era un conto, ma vedere Chester sconvolto era decisamente
tutt’altro.
- E questo cosa
vorrebbe dire? -
- Non sarà che è
impazzito davvero e vuole fare una stronzata? - Tutti sapevano cosa
Chester
intendeva con stronzata. Mike impallidì e con la paura pura che saliva
da
dentro le viscere e gli raggiungeva il cervello spegnandolo, imprecò
senza
saper cosa dire, cosa fare, come reagire. Per un momento il nulla, solo
la
paura.
E Chester
davanti a lui.