CAPITOLO
4:
RESURREZIONE

Il
ciclo si è ripetuto
Come
esplosioni tuonanti nel cielo
Tutto
ciò di cui avevo bisogno
Era
l’unica cosa che non riuscivo a trovare
E
tu eri lì nel cambiamento
In
attesa di farmi sapere
Lo
stiamo costruendo
Per
romperlo di nuovo
Stiamo
costruendo questo
Per
bruciarlo
Non
possiamo aspettare
Di
raderlo al suolo
I
colori in conflitto
come
le fiamme che salivano tra le nuvole
Volevo
aggiustarlo
Ma
non riuscivo a smettere di demolirlo
E
tu eri preso dal cambiamento
Preso
nel bagliore ardente
E
io ero lì nel cambiamento
In
attesa di farti sapere
Lo
stiamo costruendo
Per
romperlo di nuovo
Stiamo
costruendo questo
Per
bruciarlo
Non
possiamo aspettare
Di
raderlo al suolo
Mi
hai detto sì / mi hai sostenuto
Ed
io c’ho creduto quando mi hai detto quella bugia
Io
ho giocato al soldato, tu hai giocato al re
E
mi hai colpito quando ho baciato quell’anello
Hai
perso il diritto di tenere la corona
Ti
ho reso forte, ma tu mi hai deluso
Così
quando cadrai toccherà a me
E
soffierò sul fuoco come incendi ardenti
Lo
stiamo costruendo
Per
romperlo di nuovo
Stiamo
costruendo questo
Per
bruciarlo
Non
possiamo aspettare
Di
raderlo al suolo
/Burn
it down/
http://www.youtube.com/watch?v=gkEoOUcZ5GU
Se
solo Mike avesse saputo le tenebre in cui aveva invece gettato Chester
con quel gesto volto in realtà ad aiutarlo e salvarlo dalla sua stessa
fine, non avrebbe mai e poi mai fatto niente di tutto quello.
Era
rimasto l’unico in grado di fare ancora musica, concerti, canzoni e
tour, per questo con tutte le idee esplosive della sua testa mise su i
Fort Minor in attesa che i ragazzi si riprendessero dai loro rispettivi
abissi.
Che
aveva talento era innegabile, che c’era chi aveva più bisogno di lui
anche.
Lo
fece in totale buona volontà, però le conseguenze furono terribili e
quando Chester seppe del suo secondo gruppo musicale la prese come un
addio definitivo, un lasciarlo per sempre, un non aspettarlo, un
pugnalarlo come tutti gli altri.
Nel
giro di un anno lasciò la moglie, s’inabissò ulteriormente nella droga
e si distrusse isolandosi dal mondo.
In
breve niente famiglia, niente amore, niente amici, niente lavoro,
niente passione, niente per cui valesse la pena andare avanti e vivere…
niente di niente… e la forza per pulirsi e risollevarsi finì insieme
alla voglia di vivere.
Tentò
il suicidio e fu salvato per un pelo; quando la notizia arrivò a Mike
dall’altra parte del mondo, in pieno tour coi Fort Minor, lo mollò a
metà annullando le ultimissime date per tornare di filata a Los Angeles
da Chester.
Per
tutto il tempo del viaggio si maledì insultandosi credendo di poter
morire lui stesso se non fosse arrivato in tempo. Si chiese cosa avesse
avuto in testa quando aveva piantato tutto e tutti dicendo di
arrangiarsi a risollevarsi da soli, si chiese perché fosse stato così
egoista, si chiese se ci fosse qualcosa da salvare, ormai.
Perché
aveva scelto la strada più facile per sé stesso spacciandola per una
forma d’aiuto per i suoi amici ma se per gli altri poteva essere
servita perché sembrava stessero meglio, per Chester no.
Chester
così fragile e facile all’auto distruzione, agli abissi e alle tenebre,
facile ai veleni del passato, facile alla sua stessa fine.
Chester
così importante per lui per lasciarlo a sé stesso… eppure l’aveva
fatto… eppure l’aveva mollato credendo di non essere capace di tirarlo
fuori dal suo pantano. L’aveva fatto perché era solo un idiota ed ora
poteva averlo perso per sempre.
Pensandolo,
credendolo, pianse come un bambino, da solo, nell’ultimo sedile
dell’aereo privato mentre tornava in America. Pianse convinto d’aver
perso la cosa più importante della sua vita.
Pianse
perché quella cosa non era il gruppo, la musica, la passione o la sua
famiglia.
Quella
cosa importante era Chester e capirlo ora alla notizia del suo tentato
suicidio fu deleterio. Fu la fine. Fu inaccettabile. Fu distruttivo. Fu
doloroso.
Ma
da quel dolore, da quelle sue stesse lacrime versate per la persona che
capiva di volere sopra ogni altra, ritrovò sé stesso, la parte decisa e
sicura e capì soprattutto ciò che doveva fare.
Ritrovò
ogni cosa che aveva perduto e sicuro che avrebbe ricostruito tutto ciò
che ora era andato in pezzi, rialzò la testa.
Per
Chester era stata la cosa più dura che aveva mai dovuto vivere.
Arrivare
a capire che non si era mai usciti dai problemi del passato, problemi
per cui si era già tentato di farla finita, e guardare in faccia quelli
nuovi del presente, fu deleterio.
Non
fu capace di tirarsene fuori e quando gli arrivò la notizia dei Fort
Minor buttò completamente all’aria tutto, matrimonio compreso, per
convincersi che l’unica cosa bella della sua vita era definitivamente
andata.
Capire
d’amare una persona perché poteva essere stato l’unica vera salvezza e
convincersi d’averla persa comunque, non fu sostenibile e cominciò con
le fiale di veleno.
Cominciò
in quel modo che Mike aveva in un qualche modo previsto.
Dopo
aver tentato il suicidio con un’overdose di proposito ed esserne uscito
per i capelli, tornò a casa contro tutto e tutti. Non voleva saperne di
vivere, non sapeva come si faceva, non l’aveva mai saputo, voleva
smettere e basta, dannazione!
Non
avercela fatta da solo era un ulteriore fallimento e la convinzione che
Mike non sarebbe mai tornato gli diede il colpo di grazia.
Solo,
dannatamente solo come sempre, lo maledì e pianse buttando tutto
all’aria.
Con
rabbia colpì mobili ed oggetti, ruppe tutti i servizi che aveva in
casa, si ferì con dei vetri fregandosene e dopo essere quasi crollato
esausto, aver pianto come un dannato ed essere morto dentro
definitivamente, prese una garza dal freezer -aveva cominciato ad
usarne da quando aveva cominciato a piangere ogni notte da solo- e
attaccandosela sugli occhi con dello scotch adatto si buttò sul letto
intenzionato a morire così, senza mangiare, bere, pisciare, alzarsi né
nulla.
Dormendo
per sempre e basta.
Era
stufo.
Stufo.
Stufo
di tutto.
Voleva
morire.
Quando
Mike arrivò in città andò di filato da Chester. Entrò da dietro notando
il macello che regnava dentro e lo cercò preoccupato per tutta la casa
terrorizzato all’idea d’aver fatto tardi.
L’ansia
crebbe a dismisura quando stanza dopo stanza si rese conto che non
c’era e che al contrario c’era il caos.
Mobili
all’aria, vetri rotti… cosa aveva fatto?
Vide
il frigo vuoto e gli armadi di cibo svuotati.
Come
aveva vissuto fino a quel momento?
Trovò
delle fiale che buttò nel water, poi salì in camera col cuore che
galoppava nella gola, il sudore freddo e l’angoscia ormai attanagliata
al suo stomaco.
Doveva
esserci.
Doveva
essere vivo.
Doveva…
Quando
entrò in camera si accorse d’aver trattenuto il respiro e fatto piano
per paura di non trovarlo.
Sospirò
sollevato ma non si sentì meglio.
Era
paurosamente magro, pallido e sciupato.
Lo
guardò avvicinandosi piano.
Era
supino a pancia in su, una garza probabilmente ghiacciata sugli occhi
ed i buchi sugli avambracci.
Strinse
gli occhi, si sentì morire di nuovo, bruciò tutto sé stesso ma li
riaprì e si inginocchiò sul letto.
Era
lì, era vivo, ora sarebbe andata bene.
Non
l’avrebbe più lasciato a costo di togliergli tutto il sangue dalle vene
per salvarlo!
Non
aveva idea se dormisse o cosa, ma senza la capacità razionale di
trattenersi più, con la colpa che lo schiacciava giù, si chinò sul suo
viso e cominciò lieve a carezzarglielo con le labbra. Non osava
toccarlo, parlare, respirare.
Ma
l’accarezzò sulle guance, sulla fronte, sul naso, sulle garze…
Chester
voleva continuare a sprofondare, cercava e sperava che la sensazione
provata con l’overdose tornasse per magia anche se non aveva niente in
corpo. Era così malmesso che non riusciva a percepire il caldo od il
freddo, i rumori ovattati, nessun movimento intorno. Poteva essere che
accadesse di tutto e che lui fosse morto… magari…
La
prima sensazione effettiva che provò fu qualcosa di leggero e lieve,
appena accennato.
Dovette
concentrarsi per capire.
Era
qualcosa di caldo e non troppo grande.
Morbido
ed un po’ solleticante, ma solo un pochino.
Aveva
la garza sugli occhi, non vedeva niente ma tenne gli occhi stretti e
continuò a restare perfettamente immobile. Nessun muscolo a muoversi,
nemmeno il respiro.
Per
un istante il pensiero più assurdo della sua vita… Mike?
No,
non poteva essere lui… era dall’altra parte del mondo col suo fottuto
nuovo gruppo a divertirsi… l’aveva lasciato come avevano già fatto
tutti… maledizione, perché doveva avere le allucinazioni?
E
poi perché lui?
Perché
quelle erano labbra che l’accarezzavano sul volto ed erano delicate e
dolci… la sensazione del paradiso provata tutte le altre volte che
aveva avuto contatti con lui. Aveva sempre finto di non accorgersene,
di dormire e non percepire… ma ora era il momento di prendere le cose
nelle sue mani… se solo fosse stato vero… ma come? Come poteva esserlo?
Mike
era a fare concerti in Giappone e l’aveva mollato per sempre… lo
odiava, forse, per essere finito nella droga più di prima…
Quando
le carezze delle sue labbra continuarono sulle sue guance, Chester non
riuscì a resistere e sperando vivamente che ora non svanisse, glielo
prese fra le mani. Quando sentì che rimaneva lì, le lacrime da sotto le
garze ormai bollenti si fecero capolino. Era lì.
Era
vero.
Lo
stava volendo, chiamando, avendo, prendendo…
Lentamente
le mani di Chester si mossero e gli presero il viso, non servì testarlo
per capire che era lui. Lo sentì sicuro, come se sapesse chi era.
Mike
non parlò ancora, non si tolse, rimase lì a mandare al diavolo sé
stesso ed i propri sbagli.
Non
l’avrebbe mai più lasciato, mai. Per quello che provava per lui. Perché
era grande. Perché lo stava amando. Perché era fragile e doveva tornare
a sorridere.
Mike
strinse gli occhi incapace di guardare ancora il suo pallore e solo
allora Chester lo guidò sulle sue labbra che non aveva ancora osato
prendersi.
Fu
la prima volta, un sfiorarsi dolcissimo e delicato. Non altro, solo
quello.
Non
avrebbe mai osato fare altro se non quello perché se fosse stato
veramente un’allucinazione, rendersene conto poi sarebbe stato atroce.
Ma
istante dopo istante, mano a mano che le sue labbra rimanevano a
percorrerlo, Chester si sentiva sempre più in sé e sveglio, attivo. Non
poteva non capire che era vero, sentirlo veramente. La pelle sensibile,
il respiro, le lacrime, gli occhi brucianti e lui. Lui morbido, umido
ed intossicante.
Lui.
Amore.
Non
osò chiedere più di quello comunque.
Fu
Mike a sistemarsi meglio sul letto, piegare la gamba sotto di sé,
alzarsi e chinarsi ulteriormente. Le braccia appoggiate ai suoi lati e
la voglia di perdersi in lui, la follia dilagante, il fuoco ormai
incendiario. Non poteva fermarsi lì, doveva avere di più, non poteva
resistere… era una vita che resisteva e si fermava… ma prima… prima
aveva una cosa da dirgli… una cosa che aveva sempre sognato di potergli
dire, appena l’aveva visto selvaggio e aggressivo cantare con loro la
prima volta.
Scivolò
sulla guancia, lungo la mascella, e sistemato meglio su di lui disse al
suo orecchio, aderendo:
-
Sono qua, non ti lascerò mai più… perdonami, Chez… -
Chester
fu lì, esattamente in quel preciso istante unico ed indicibile che morì.
Morì
definitivamente come aveva voluto e sperato ed invocato nell’apice del
suo dolore.
Ed
ora era veramente morto ma non con tutto sé stesso, solo una parte,
quella peggiore, quella più atroce e terribile, quella più perdente che
aveva sofferto più di tutti e svagliato. Quella fragile con cui si era
drogato allontanando tutti. Quello che aveva lasciato le cose
importanti. Morì quel Chester e pensando a quanto aveva pregato Dio
-non credendoci mai- che Mike tornasse, tornasse da lui e basta, lo
perdonò.
Perdonò
Mike per averlo lasciato a sé stesso nel momento peggiore e non gliene
importò più del dolore che gli aveva inflitto perché aveva capito di
essere innamorato di lui quando l’aveva piantato per i Fort Minor. Non
gli importò niente visto non era a cantare con loro ma era lì e lo
stava riprendendo.
Aveva
distrutto tutto, l’avevano fatto insieme, ed ora erano pronti. Pronti
per ricominciare insieme, da capo, ricostruendo ogni cosa per bene,
sana, bella e per sempre. Incrollabile.
Ora
erano pronti per ricostruire il loro futuro.
Da
sotto la garza ormai bollente, scesero finalmente le lacrime indice di
quanto impregnata fosse.
Le
sue lacrime, il suo dolore che andava, il suo perdono, il loro
ritrovarsi dopo una distruzione totale.
Ora
non rimaneva che ricostruire tutto e non avrebbero più sbagliato.
Dopo
di questo Mike tornò sulla sua bocca e questa volta gliel’aprì con
delicatezza fino a poter farsi strada in lui con la lingua. Aveva un
sapore amaro ma gli diede il proprio confondendolo in modo da
equilibrarlo e quando fu dolce, si intrecciarono aprendosi
ulteriormente fino a divorarsi incapaci di smettere, incapaci di capire
perché fosse solo ora la prima volta, incapaci di rispondersi al perché
arrivare a quello, a distruggersi, per trovare qualcosa di buono e sano.
-
Lo ricostruiremo dopo averlo bruciato… - Mormorò sulle labbra fra un
bacio e l’altro, il crescendo fu assoluto e solo anni dopo Chester
avrebbe capito il senso di quelle parole e le avrebbe inserite in Burn
it down.
-
Sta con me e basta. - Fu la sua risposta.
-
Ero qua che ti aspettavo… -
-
Amami e basta. - Pregò fra un bacio e l’altro vincendo sé stesso e le
proprie paure aggrappato all’altro.
Mike
l’avrebbe fatto.
FINE
Note:
e come tutti ben sanno, il gruppo non si è sciolto ma anzi è andato
avanti cambiando, evolvendosi e facendo ciò che amano in modo sano e
grandioso. Sempre insieme!!!! ^____^