EPILOGO:
RICOMINCIANDO UNA NUOVA VITA

In questo addio,
non c'è sangue,
non ci sono alibi,
perchè ho tirato fuori i rimpianti
dalla verità
di mille bugie
e allora lascia che la compassione arrivi e lavi via...
Quello che ho fatto,
affronterò me stesso
per eliminare quello che sono diventato,
mi cancellerò
e lascerò andare quello che ho fatto...
Metti a riposo
quello che pensavi di me
mentre, con le mani,
cancello questa lista
di incertezze,
e allora lascia che la compassione arrivi e lavi via...
Quello che ho fatto,
affronterò me stesso
per eliminare quello che sono diventato,
mi cancellerò
e lascerò andare quello che ho fatto...
Per quello che ho fatto,
io ricomincio,
e qualsiasi male arriverà,
oggi questo finisce,
mi sto perdonando per quello che ho fatto...
Affronterò me stesso
per eliminare quello che sono diventato,
mi cancellerò
e lascerò andare quello che ho fatto...
Quello che ho fatto,
Quello che ho fatto,
perdonare per quello che ho fatto...

/What i’ve done/

Era tutto pronto.
Dopo mesi di fatiche da parte di tutto il gruppo e soprattutto di Chester e Mike per trovare i testi giusti, l’album era praticamente pronto.
Praticamente.
Il punto chiave della situazione.
Due settimane e l’album sarebbe uscito ufficialmente dalla casa discografica per essere distribuito ovunque.
Ormai avevano tutto pronto.
Due settimane ed avrebbero visto se gli sforzi sarebbero stati ripagati. Non potevano esserne sicuri poiché avevano cambiato quasi completamente genere. Naturalmente la loro impronta di base rimaneva quella di sempre e la si risentiva soprattutto in certe canzoni, ma per lo più era un altro discorso rispetto ai due album precedenti.
Per questo c’era tensione nell’aria e per niente sicurezze. Nel fare qualcosa di simile a ciò che aveva già raggiunto un successo planetario, potevano assicurarsi le medesime conferme. Il punto era che questo non era la stessa cosa delle altre volte. Era una sorta di evoluzione, un passo verso una nuova dimensione tutta loro che li avrebbe soddisfatti al cento percento.
Però qualcosa, a due settimane dall’uscita, ancora non andava.
A farlo notare erano stati degli amici che avevano avuto la fortuna di sentire l’album in anteprima, un onore che poteva spettare solo ad una strettissima cerchia di gente fidata e di certo competente.
Questi erano stati positivi ed entusiastici ma avevano aggiunto una piccola nota, qualcosa che Mike dentro di sé sapeva esserci ma che non aveva avuto forse il tempo di cogliere in mezzo alle troppe novità affrontate in quel breve periodo.
Preso da mille cose, questo gli era sfuggito.
Mancava qualcosa a quell’album.
LA canzone.
Quella portante.
Il gelo era calato, la reazione generale era stata di sperare nella buona stella che andasse comunque bene, mentre quella di Mike e Chester era stata quella di rinchiudersi in casa senza mettere il naso fuori fino a lavoro completato.
Telefoni staccati, televisori spenti, porta chiusa a chiave, mogli avvertite, nessuno li avrebbe visti fino a che non l’avrebbero detto loro.
Due settimane per fare un miracolo o qualcosa di simile.
‘Cosa pensano, di tirare fuori LA canzone in due settimane ed anzi meno visto che dopo averla composta bisogna anche farla, registrarla ed inserirla nell‘album ed in tutte le copie?’
Si erano detti tutti.
Ma Mike non avrebbe mai fatto uscire l’album in quelle condizioni, per lui una cosa inaccettabile, soprattutto perché era convinto avessero ragione.
- Come diavolo ho fatto a non accorgermene da solo? A cosa cazzo pensavo, mentre ho detto che la scaletta poteva ritenersi conclusa? -
Mike camminava come un’anima in pena per l’appartamento travolgendo sedie e mobili che Chester si guardava  bene dal mettere in ordine.
Era davvero fuori di sé, come se avesse fatto l’errore che gli sarebbe costata la vita. Sembrava un’esagerazione ma Chester sapeva quanto era perfezionista e quanto tenesse al suo lavoro e a farlo non bene ma oltre ogni limite massimo.
- Adesso quel cazzo di album non esce se non c’è quella fottuta canzone! -
Esclamò in pieno stile Chez. Questi infatti lo guardò sgranando gli occhi mentre si passava nervoso ed isterico le mani sul viso finendo per tirarsi la pelle delle guance.
Un po’ per la cazzata che aveva sparato ed un po’ per il come l’aveva detta.
- Tu stai troppo tempo con me! - Disse poi sedendosi alla scrivania accanto al pianoforte. La stanza adibita a creazione, così la chiamavano. Era piuttosto grande e completamente insonorizzata. C’era un pianoforte a coda, casse e amplificatori di ogni genere. Un paio di chitarre esposte in un altro angolo e la maggior parte dipinte da Mike. Per mantenere una chitarra nelle giuste condizioni bisognava suonarla ogni tanto ma non troppo per non usurarla eccessivamente. Mike ad ogni concerto o tour se ne sceglieva una e di quelle poteva usufruirne solo Brad, ovviamente il chitarrista del gruppo nonché suo grande amico dai tempi delle scuole.
Vicino al pianoforte e contro il muro c’era una scrivania per potersi appoggiare e scrivere.
Non avevano quella di trovare la musica da soli, ma Chester sapeva bene che Mike veniva ispirato in modo particolare quando sedeva al piano e strimpellava qualche nota a caso. Ognuno aveva le sue.
Oppure dopo aver fatto l’amore.
Considerando che probabilmente era stato quello a distrarlo in quei sei mesi -sei per comporre e ultimare unicamente tutti i testi- e a dargli quella svista madornale, aveva deciso di fare il bravo e di tornare alle origini e al suo adorato pianoforte.
Mike lo seguì seccato e sempre più isterico.
- Certo che sto troppo con te! Sei mesi per fare unicamente i testi non è poco! Quando mai ho rifatto una canzone 30 volte prima di trovare la chiave giusta finale? E non parliamo di musica ma solo di parole! Non è possibile, non sono abituato a queste cose, non vanno bene, porca puttana! - Ora era davvero intrattabile e Chester provò il forte istinto di sbatterlo sul muro e picchiarlo a sangue, ma si trattenne chiedendo a Dio la grazia di non trasformarlo anche in un killer. Solo quello gli mancava!
Sentitosi immediatamente più calmo, dovette ammettere ad alta voce ciò che era palese e vero.
- Non è che cambiare completamente noi stessi e le nostre vite sia una passeggiata. Abbiamo fatto tutto in un cazzo di anno, cosa pretendevi, che fosse facile e che non ci fossero fottute ripercussioni di merda? Cambiare il nostro fottuto stile ed evolverci musicalmente è una buona cosa e si è sposata perfettamente a questo momento delle nostre vite, però appunto perché abbiamo cambiato tutto, cazzo, tutto di noi, ogni cosa potessimo cambiare, dal modo di lavorare alle vite sentimentali ai nostri valori di merda, cosa cazzo credevi, che non ci fossero ripercussioni? Di poter fare tutto con facilità perché prima ci riuscivi? Chi cazzo ti credi di essere, superman? - Diede un quadro completo della situazione usando un tono concitato, si stava altamente seccando e Mike lo notò -per miracolo.- questo fortunatamente lo calmò.
Ritrovatosi davanti al compagno seduto nella sedia in pelle nera girevole ed imbottita, sospirò cercando di mandare via tutta quell’agitazione psicologica. In realtà c’erano meno di due settimane per farla perché poi dovevano dare il tempo alla casa discografica di fare tutte le stampe del caso e l’idea di rimandare tutte le date già prefissate era un pensiero terrificante per tutti, Mike per primo.
Ma se lui diceva che quell’album non sarebbe uscito senza la canzone giusta, quell’album non sarebbe uscito.
Chester vedendo che si era calmato, o che stava tentando, gli prese le mani e l’attirò ulteriormente a sé facendolo sedere sulle proprie gambe a cavalcioni, quindi gli prese il mento fra due dita e l’obbligò a fissarlo negli occhi da quella vicinanza ipnotica.
Così fermo e pacato non l’aveva mai visto. Risoluto, senza l’ombra dell’ansia più nera che invece stava uccidendo Mike.
Lì capì che era davvero cambiato come aveva sostenuto quando si erano ritrovati dopo quell’anno e più di pausa dovuto alla tossicodipendenza e alla conseguente riabilitazione.
Questo l’aiutò molto, il resto lo fecero le sue parole sicure:
- Non importa un cazzo cosa ci ha fatto sbagliare. E non importa un cazzo nemmeno quale sia l’errore. Quello che conta è cosa farai per rimediare. Tira fuori le palle per questo e non per insultarti, porca puttana! - Certamente non era stato dolce o che, ma questa sua forza certa diede la spinta finale a Mike che ricambiando con un bacio che divenne presto più profondo di un leggero sfiorarsi, ritrovò sé stesso.
Quando si separò saltellò per la stanza imitato da Chester. Il primo saltava per sciogliersi il secondo perché gli piaceva saltare, dopo di che Mike si scrocchiò le dita ed il collo sedendosi al pianoforte mentre l’altro si tolse la maglia.
Lui pensava meglio a torso nudo mentre Mike pensava meglio al pianoforte o con una chitarra in mano, ma per comporre riteneva perfetto il primo strumento dei due.
Cominciò a suonare come sempre note a caso e dopo aver prodotto dei suoni quasi inascoltabili alzò lo sguardo dritto davanti a sé, come se guardasse il mondo nel vuoto del muro che aveva. Chester rimase fermo di nuovo sulla sedia a fissarlo.
Teneva sulla tastiera solo la mano destra con la quale suonava alla fine le ultime note, quelle più acute, come se fossero una specie di ‘Ohm’, gli occhi fissi non si muovevano senza guardare comunque niente di specifico, per il resto dritto ed immobile come fosse una statua o avesse un’apparizione.
Era qualcosa di unico quando si faceva venire i famosi lampi di genio.
- Che momento è questo? -
Domanda apparentemente strana ed insensata pronunciata flebile come se avesse paura di urlare e disturbare chissà chi.
Chester l’assecondò preparando carta e penna. Dopo che gli veniva l’idea, la scintilla, doveva abbandonare al volo il piano e scrivere lui di pugno perché non ci pensava, non poteva dire le parole ed i versi a voce. Gli venivano scrivendo. Al piano, suonando a caso, aspettava gli venisse solo l’ispirazione.
- Di cambiamento. - Rispose Chester istintivamente.
Se c’era uno che riusciva a stare dietro ai momenti psicotici di Mike -qualcuno l’MMM lo definiva il momento psicotico di Mike- quello ormai era proprio lui.
Non che ci avesse pensato, aveva risposto al volo senza ponderare minimamente. Di solito andava bene.
- Qual è il messaggio principale? -
Domanda apparentemente sconnessa. La prima sembrava infatti che fosse riferita ad un qualcosa di generale mentre la seconda all’album.
- Che la fine del mondo è vicina? - Disse Chester ricordando il titolo riferito ad il conto alla rovescia per la fine del mondo a cui si erano ispirati per il tema principale del concept album ideato proprio da lui fra l’altro.
Le note alte a ripetizione, lente e ipnotiche, cambiarono per poi ristabilirsi in quella specie di ‘ohm’ alienante estremamente lento.
- Perché stiamo cambiando? -
Uno chiunque l’avrebbe mandato a cagare -ed anche il vecchio Chester se era per quello-, erano cambiamenti dettati principalmente da Mike stesso, cosa diavolo glielo chiedeva?
Suo malgrado rispose anche a quello senza rifletterci minimamente.
- Perché come prima non andava bene, perché evolviamo, perché abbiamo altri bisogni, vogliamo provare altre strade, sbagliavamo, dovevamo rimediare ai nostri errori, per non diventare stereotipi di noi stessi, per liberarci da delle catene che cominciavano a starci strette, perché lo vogliamo, perché ci sono altri sentimenti di mezzo, perché ora viviamo noi stessi, perché non si rimane sempre fermi ad un punto per paura di vivere… - Ne disse una serie di motivazioni, una più scollegata dell’altra, completamente a casaccio ed apparentemente insensate prese così da sole. Passava da una sfera all’altra senza prendere respiro, senza ordinarle per categorie. Tutto ciò che gli venne in mente disordinato ed incasinato ma breve ed incisivo.
Dalle motivazioni del perché loro due erano cambiati, a quelle del perché si erano messi insieme e quindi era cambiato il loro rapporto, ed inevitabilmente quello con alcuni altri, alla causa del cambiamento a livello musicale.
Mike bevve tutto e riordinò automaticamente nella sua mente alla stessa velocità smistando tutti i punti per settori, come fosse una specie di computer.
Ancora non si muoveva ad eccezione delle dita sui tasti. Era anche vagamente inquietante. Poi senza fare una piega, chiese:
- Cosa stiamo facendo? -
Chester non ebbe il minimo assoluto dubbio su cosa si riferisse e rispose al volo sapendo perfettamente la risposta come forse non aveva saputo niente in vita sua:
- Rimediando ai nostri errori e ricominciando una nuova vita. - Se non altro lui stava rimediando ai suoi errori, mentre Mike stava ricominciando una nuova vita.
Non erano cose che fanno tutti o per lo meno che dovrebbero?
Ad un certo punto della vita di ogni persona, davanti a qualunque sbaglio, non possono forse arrivare idealmente o praticamente al punto da rendersene conto e rimediare e sistemare così come sarebbe giusto, come vorrebbero, come si sentirebbero?
Persone portatrici di morte che sanno di sbagliare dovrebbero continuare a farlo e basta?
Ma se loro due che stavano cambiando -ed in bene od in male non spettava a loro deciderlo e nemmeno ad altri- non potevano riuscirci anche altri, i cosiddetti Signori della Morte, magari?
Quelli che contribuivano alla fine del mondo?
Con quello Mike trovò il collegamento ed il tema e scattando innanzi alla famosa scintilla, lasciò il pianoforte per buttarsi sulle gambe di Chester, seduto verso la scrivania, con carta e penna in mano a scrivere.
Chester affacciato a leggere e a dettare laddove la sua mano si fermava, perfezionando, completando e alimentando l’ispirazione, diedero vita alla sconcertante e meravigliosa ‘What i’ve done’.
‘In questo addio,
non c'è sangue,
non ci sono alibi,
perchè ho tirato fuori i rimpianti
dalla verità
di mille bugie
e allora lascia che la compassione arrivi e lavi via...
Quello che ho fatto,
affronterò me stesso
per eliminare quello che sono diventato,
mi cancellerò
e lascerò andare quello che ho fatto...
Metti a riposo
quello che pensavi di me
mentre, con le mani,
cancello questa lista
di incertezze,
e allora lascia che la compassione arrivi e lavi via...
Quello che ho fatto,
affronterò me stesso
per eliminare quello che sono diventato,
mi cancellerò
e lascerò andare quello che ho fatto...
Per quello che ho fatto,
io ricomincio,
e qualsiasi male arriverà,
oggi questo finisce,
mi sto perdonando per quello che ho fatto...
Affronterò me stesso
per eliminare quello che sono diventato,
mi cancellerò
e lascerò andare quello che ho fatto...
Quello che ho fatto,
Quello che ho fatto,
perdonare per quello che ho fatto... ‘

Dopo aver convinto all’istante Brad e successivamente tutti gli altri, in altrettanti brevi tempi tirarono fuori la musica tutti profondamente colpiti dal modo in cui quella canzone era nata, quasi fuori dal loro controllo, velocissima e senza alcun paragone vista la lentezza di tutte le altre.
What i’ve done divenne il primo singolo estratto dall’album Minutest to Midnight, il quale uscì puntuale come un orologio. Non ci furono ritardi di alcun genere e l’album batté i record di vendita della prima settimana mentre globalmente parlando fu senz’altro il loro lavoro più discusso per il grande cambio di stile, ma sicuramente apprezzato sempre ad altissimi livelli.
Certamente una scommessa, certamente un successo, se non altro per loro pronti al più grande flop della loro vita, così come i grandi cambiamenti che soprattutto Chester e Mike affrontarono a partire da quel periodo.
Grandi scommesse e soprattutto grandi complicazioni, ma senza dubbio grandi successi a livello personale. E per lo meno di certo grandi felicità.

FINE