CAPITOLO III:
CONVINCIMI


“I ricordi consumano
Come aprire la ferita
Mi sto frantumando di nuovo
Tu dai tutto per scontato
Io sono salvo qui nella mia stanza
Finché non provo a ricominciare di nuovo
Non voglio essere l’unico
Che le battaglie scelgono sempre
Perché dentro capisco
Che sono l’unico confuso
"Non so per cosa valga la pena combattere
O perché devo urlare
Non so perché istigo
E dico cose che non intendo dire
Non so perché ho preso questa strada
Lo so che non è quella giusta
Perciò mi sto liberando dell’abitudine Stanotte"
Aggrappandomi alla mia cura
Chiudo bene a chiave la porta
Cerco di trattenere di nuovo il respiro
Fa molto più male
Che ogni altra volta precendente
Di nuovo non mi sono rimaste altre opzioni
Non voglio essere l’unico
Che le battaglie scelgono sempre
Perché dentro capisco
Che sono l’unico confuso
"Non so per cosa valga la pena combattere
O perché devo urlare
Non so perché istigo
E dico cose che non intendo dire
Non so perché ho preso questa strada
Non sarò mai nel giusto
Perciò mi sto liberando dell’abitudine Stanotte"
Lo dipingerò sulle pareti
Perché sono l’unico in colpa
Non lotterò mai più
E questo è come finisce
"Non so per cosa valga la pena combattere
O perché devo urlare
Ma ora ho un po’ di chiarezza
Per mostrarti cosa intendo
Non so perché ho preso questa strada
Non sarò mai nel giusto
Perciò mi sto liberando dell’abitudine
Mi sto liberando dell’abitudine
Mi sto liberando dell’abitudine
Stanotte"

/Breaking the habit/

Mike posò i fogli volanti di Chester, manteneva un’espressione strana ed indecifrabile, assorta. Alla fine, dopo averlo osservato impaziente, l’interessato chiese:
- Allora? -
Mike piegò la testa di lato e abbassò le labbra in segno di ammirazione, si vedeva che era rimasto colpito da ciò che aveva letto e Chester gongolò dentro di sé, ma ci mise attenzione ad ascoltare anche ciò che aveva da dirgli.
Per lui presentargli gli altri testi che aveva scritto nel periodo della riabilitazione e in quello successivo, non era facile. La maggior parte, quelli più pesanti, glieli aveva già fatti leggere, ma questi erano diversi e non aveva avuto il coraggio di mostrarglieli, erano davvero molto personali… in quei versi Chester era nudo.
- Belli, davvero belli, Chez… - Ma sentiva che non era tutto lì… quando Mike giudicava qualcosa non si limitava mai a delle parole così semplici e gli piaceva ascoltarlo anche per quello. Non aveva mai incontrato una persona più competente di lui in quel campo.
- Ma? - Cominciò a mangiucchiarsi le unghie nervoso. Detestava essere sotto esame anche perché era sempre stato una persona molto egocentrica ed orgogliosa di sé fino al midollo ed ora trovarsi in quello stato gli sembrava di aver perso per strada una parte di sé. Quando era successo? Non sapeva proprio… fatto fu che non riusciva più a stare fermo e continuando a mangiarsi le unghie e le pellicine intorno fino a farsele sanguinare, fissava Mike seduto accanto con fare ossessivo.
Mike notò il suo stato e si dispiacque che si sentisse così, ma capì anche quanto dovesse contare il proprio parere sui suoi testi, per cui decise che sarebbe stato sincero.
- Ti dirò la verità… sono davvero molto belli ed è onestamente un peccato non usarli, ma sono tuoi, sai? Mi sembrerebbe di violarti se li usassimo per i Linkin Park perché sai come sono, ho sempre la mania di mettere mano a tutto e poi boh, credo che non le sentirei mai mie a cantarle. Sono canzoni tue, tue e basta. E dovresti cantarle davvero, magari in un progetto parallelo per conto tuo, perché no… dopotutto l’ho fatto anche io. Però non noi due insieme. Lì… tu sei nudo… e mi hai fatto rabbrividire… -
Per Chester fu molto più di ciò che si sarebbe aspettato e con l’emozione che saliva da dentro, si ritrovò a sperare che non smettesse di parlare così di sé.
Poi se ne rese conto… eccolo lì il suo egocentrismo. Sarebbe stato ore a sentire Mike parlare di sé… più egocentrico di così!
Si sentì subito meglio e smettendo di mangiarsi le unghie e le dita, prese i fogli soddisfatto e li mise via accartocciati in un borsello che si era portato dietro, dopo di che guardò di nuovo Mike con occhi speranzosi… voleva sentirne ancora…
Mike sorrise indulgente capendo cosa voleva, ma la sua attenzione fu attratta dalle sue dita, alcune sanguinavano leggermente e scuotendo il capo gliele prese cercando di far qualcosa per esse. Chester fu più veloce e prima di dargli tempo di prendere un fazzoletto, gliele infilò di forza e brutalmente in bocca. Naturalmente una, quella più malmessa, non certo tutte insieme.
Mike rimase basito a ricevere il suo indice fra le labbra, suo malgrado succhiò di riflesso e subito colse il sapore residuo della saliva di Chester di prima, quando se l’era mangiucchiato.
Gli diede alla testa eccome, nonostante il gesto semplice e da bambini. Gli diede alla testa perché evocò qualcosa di preciso… qualcosa che aveva giurato a sé stesso di non tirare mai più fuori dalla mente, ma quando si ritrovò quei ricordi sotto le palpebre abbassate, si accorse di aver chiuso gli occhi senza nemmeno volerlo. Sentì immediatamente lo sguardo penetrante ed inquisitore di Chester, uno sguardo che lo bruciava anche se non lo vedeva, e si chiese se potesse evitare di guardarlo per il resto della sua vita.
Quella notte passata insieme era ormai viva, oh, estremamente viva. Quando Chester al limite estremo di sé aveva fatto sesso con lui e lui glielo aveva permesso. Oh se glielo aveva permesso. Perché aveva visto che riusciva a superare la crisi d’astinenza e a rimanere in sé solo se aveva ciò che desiderava di più in assoluto e non era idiota, aveva capito che era lui. Poi comunque glielo aveva confermato in tutti i modi possibili.
Gli fu presto vicino anche col viso e sostituendo autoritario un dito all’altro, Mike si ritrovò a succhiare anche quelli che erano intatti. Continuò ubriaco di quel contatto e di quel gesto e di quella notte che ritornava nitida come se fosse stata solo il giorno prima.
Come avrebbe potuto passare il resto dei suoi giorni con lui se ogni cosa che succedeva fra loro faceva innescare un meccanismo così pericoloso?
Aveva ancora bisogno di pensare, dopotutto, ma rendersene conto solo ora, dopo che aveva riallacciato ogni contatto ed in modo definitivo, era tardi. Ormai era tardi perché qualunque cosa avrebbe capito, non si sarebbe potuto sottrarre e visto che bastava stare solo con lui e farsi toccare in qualche modo strano, non c’era altro da chiedersi quanto male si sarebbe potuto fare lui stesso prima di scoppiare.
E sapeva cosa succedeva quando andava in tilt ed in panico e poi scoppiava. Lo sapeva bene.
Era la fine, ma per chi, poi, non era mai chiaro.
Quando le dita finirono, Mike si fece violenza e cercò di tornare in sé. Aprì così gli occhi e smise di succhiarlo, ma ritrovarsi così vicino al suo viso non fu una grande alternativa… con un’agitazione crescente destabilizzante, cominciò a sentire i propri battiti in gola e credendo che Chester avrebbe potuto sentire, si chiese perché più si cresceva e più i sentimenti diventavano seri e difficili da gestire. Da ragazzino ricordava d’aver preso molte cose alla leggera e di non aver perso un’ora di sonno per le cose strane. Ora, cose come quelle, lo stavano uccidendo.
Ma come uscire da quel circolo vizioso?
Come riuscire a stare con quel Chester -il Chester più strano che avesse mai visto ma forse quello più autentico di tutti- e non impazzire?
Non trovò risposta e spostandosi lentamente all’indietro, si ritrovò appoggiato allo schienale del divano. L’altro non si mosse ma rimase a fissarlo comunque da vicino e con evidente malizia se lo divorò promettendogli di riuscire ad andare oltre, un giorno.
No, così non sarebbe sopravvissuto.
Il momento di parlarne era quello. Quello o mai più. Quello o quando Chester gli sarebbe saltato di nuovo addosso non avrebbe potuto recriminare nulla, perché quando aveva potuto affrontare il problema sul nascere, non l’aveva fatto.
Ora doveva.
- C-Chez… d-dobbiamo parlare… - Si trovò a balbettare come un idiota, ma non riuscì a fare di meglio e Chester ridacchiò soddisfatto del potere che aveva.
- Sono tutto tuo! - Modo bastardo per dire ‘dimmi tutto’. Bastardo in quanto era evidente l’imbarazzo di Mike e da cosa esso fosse derivato.
Mike sospirò profondamente poi si decise facendosi forza. Dopotutto non era un ragazzino impaurito dal mondo che non sapeva affrontarlo, anzi. Aveva dimostrato di saperci fare, invece. Di riuscire a dominarlo a modo suo, senza prenderlo di petto ma con furbizia ed intelligenza.
- Noi due siamo andati a letto insieme, immagino te lo ricorderai… - Qua toccò all’altro stupirsi. Non avrebbe mai immaginato che l’avrebbe presa così di petto, invece. Nemmeno Mike, del resto, ma contagiato dai modi irruenti del compagno, proseguì pensando che forse quello sarebbe stato il metodo giusto. - Abbiamo anche detto che è stato un momento che non si sarebbe più ripetuto, perché capisco i tuoi sentimenti che me li hai fatti conoscere in tutti i modi, ma per me è diverso. - “Deve esserlo!” Fortunatamente riuscì a domare il pensiero e a non dirlo ma gli parve come se Chester lo cogliesse lo stesso.
- Per forza? - Chiese infatti istintivamente ed accusatore. Mike si spostò di lato e Chester si avvicinò senza pietà.
- Cosa intendi? - Cercò di prendere tempo intanto che si riconnetteva, cosa non facile…
- Hai capito, cazzo! - Per poco non si mise ad urlare, ma perentorio non mollò: - Per te DEVE essere diverso, non è che lo è! Cioè, non ti sei interrogato onestamente se è davvero fottutamente così! Io sono innamorato di te e ti voglio e questo non cambierà mai, può cambiare solo la mia capacità di trattenermi e di dimostrarlo, però il punto è questo. - Chester avvicinò il viso a quello di Mike fin quasi a baciarlo, ma non lo fece. I respiri si confondevano e l’altro era immobile sotto le sue mani ed i suoi occhi così vicini. Lo teneva per le cosce, solo quello, eppure sembrava gli stesse facendo molto di più: - Convincimi che non ti piaccio e non mi ricambi. - Però quella parve tanto una proposta oscena… ed in effetti lo fu, visto il tasso di seduzione che raggiunse picchi assurdi solo con quello sguardo e quel tono. Niente di che, giusto il necessario per ridurre Mike un colabrodo.
Non si mosse, non inghiottì nemmeno, rimase inebetito con la bocca aperta a fissarlo e a chiedersi se ora l’avrebbe anche baciato per dimostrargli chissà cosa. Oh, non si sarebbe potuto sottrarre… no? Era così vicino, lo bloccava quasi… quasi…
Ma no, non lo fece. Chester dopo averlo torturato, si separò come non avesse fatto e detto niente e con aria malefica si alzò addirittura dal divano senza aggiungere altro.
Mike rimasto solo in soggiorno si sciolse contro lo schienale del divano e tornando a respirare si prese il viso sudato fra le mani con, stranamente, la canzone ‘Breaking the habit’ che gli tornava in mente proprio in quel momento. Il testo non era poi così fuori luogo per il suo stato d’animo, dopotutto… ma magari anche Chester stava pensando alla stessa cosa.
Non sarebbe resistito a lungo così… Figurarsi anni!
Il punto era che dopotutto Chester non aveva torto… non l’aveva mai convinto veramente sul fatto dei sentimenti… a quel punto non poteva scappare per rifugiarsi nel suo sicuro matrimonio e fingere che con lui fosse tutto a posto… non poteva, visto che per fare musica insieme -e sarebbe anche potuto morire se non l’avesse più fatto- dovevano ritrovare quell’alchimia in grado di sovrastare ogni altra cosa.

Per Mike era ormai difficile riuscire a concentrarsi. Non gli era mai venuto così complicato come ora… e dire che se si trattava di creare, specie canzoni, era sempre una specie di scheggia. Ora non solo la sua ispirazione traballava e si spostava spesso e volentieri su nidi pericolosi, ma gli veniva da pensare a tutt’altro che le composizioni.
Chester ed il suo ‘convincimi’ aveva fatto davvero molti danni e sembrava incapace di pensare ad altro che a quello.
E come poteva convincerlo se non lo era lui per primo?
Si trattava di fargli capire che non provava niente per lui e non lo ricambiava e che comunque era e sarebbe sempre stata amicizia. Certo gli voleva bene, molto, ma non nello stesso modo che intendeva l’altro.
E farglielo capire non sarebbe dovuto essere così difficile se fosse stato vero. Il punto era quello.
Era vero o no?
Per rispondere a quella domanda, Mike avrebbe penato non poco, ma soprattutto avrebbe finito per rompersi non poco la testa.
Tuttavia insisteva comunque a scrivere, si ritrovavano molto spesso nel suo secondo appartamento, la sede del gruppo a cui Chester ormai accedeva liberamente, e con lui cercavano di fare qualche testo insieme, quando sembravano convinti di qualcuno chiamavano Brad, il primo filtro. Se a lui piaceva la passavano agli altri e se piaceva anche a loro poi i tre lavoravano insieme sulla musica, a rifinirla erano tutti insieme naturalmente ed ognuno ci metteva del suo come e dove voleva, ad eccezione dei testi. Quelli li potevano modificare solo Chester o Mike. Gli altri potevano solo dire la loro opinione liberamente, non per questo rischiavano la vita, anzi.
I tentativi che Mike faceva furono molti, specie all’inizio, ma si rese ben presto conto che fra il dire ed il fare c’era di mezzo una galassia intera e magari un paio di altre limitrofe…
Piazzato nei posti più impensati dell’appartamento, cambiava di continuo posizioni ma soprattutto espressioni e finiva per divorarsi matite e matite che poi innervosito le spezzava e le buttava, gesti solitamente da Chester.
Questi, invece, sembrava aver trovato un suo equilibrio o così sarebbe potuto sembrare a guardarlo dall’esterno. Magari la sua fede funzionava al punto da renderlo così calmo e pacato.
No, conoscendolo bene invece il discorso era un altro. Non certo equilibrio spirituale ma semplicemente un perdersi nell’osservare Mike.
Mike in ogni momento, qualunque cosa facesse ma soprattutto mentre scriveva, o cercava. Lo fissava sfacciato cercando di cogliere e registrare ogni istante, ogni espressione, ogni lineamento, ogni pensiero. Qualunque cosa. E non si poteva lontanamente rendere conto di come apparisse mentre si perdeva letteralmente in lui.
Gli era mancato troppo, in tutti quei lunghissimi mesi.
Brad l’avrebbe colto al volo ma fortunatamente in quei momenti era solo.
Chester era nel pieno del suo innamoramento, ma un innamoramento maturo, serio, consapevole e composto, non disperato, passionale, devastante e incontrollabile.
Aveva superato la fase della sorpresa e del cercare di domarlo, era ormai a quella della coscienza.
Sapeva che forse Mike non lo ricambiava e certamente voleva capire una volta per tutte questa cosa, ma più di ogni altra era a conoscenza del fatto che qualunque esito avesse avuto la sua ricerca, i suoi sentimenti per Mike non sarebbero mai cambiati ed anzi si sarebbero rafforzati giorno dopo giorno.
E sapeva che lui ci avrebbe convissuto in ogni caso.
Questo era il suo livello ora.
Quindi, per quanto spesso lo provocasse per studiarlo e capirci qualcosa di lui, comunque andava avanti con una sorta di rassegnazione poiché nessuna risposta avrebbe mutato il proprio stato, ecco perché perdersi in Mike in ogni momento possibile era così importante. Perché sarebbero anche potuti essere gli unici istanti di lui che poteva prendersi, che sarebbero potuti essere unicamente suoi e di nessun altro.
Vederlo comporre -o tentare di farlo per lo meno- non era una cosa da poco, per lui era forse tutto ed era una delle cose che gli era mancata di più in assoluto, non poteva farne a meno ed i suoi occhi non gli si staccavano un secondo.
La sua espressione intensa, concentrata, assorta, pensierosa, corrucciata talvolta e persino nervosa in certi punti. Era qualcosa di unico. Lo vedeva più bello di quanto non lo fosse anche se poi era consapevole che non era la bellezza esteriore quello che lo influenzava tanto e che glielo faceva passare per tale. Sapeva benissimo che quello che per lui poi passava per bellezza, era quella interiore, il suo essere. Lo rivedeva all’esterno influenzandolo a tal punto, ecco perché sapeva che ormai per lui non c’era ritorno e gli stava bene così.
Capire i sentimenti di Mike era solo spirito di chiarezza, tutto lì.
Perché chi mai poteva dire che invece lo ricambiava e che tutto sarebbe andato bene?
Arrivato a quel punto tanto valeva tentare di capirci qualcosa per bene.
Non avrebbe perso nulla.
Quando Mike si accorse di essere fissato, una delle tante volte che succedeva, alzò lo sguardo dal suo foglio e arcuando le sopracciglia con fare ingenuo che a Chester fece impazzire, chiese sincero:
- Che ho? - Convinto che lo fissasse in quel modo intenso e perso per un motivo preciso, perché dovesse avere qualcosa in faccia o magari per delle facce buffe. A volte gli capitava di farne e non rendersene conto.
Chester si riscosse finendo per ridacchiare alla sua reazione onesta e deliziosa, quindi ammiccando gli spettinò i capelli corti:
- Una cazzo di faccia! -
Mike per un momento aveva sperato dicesse qualcosa di diverso, anche se poi non ne aveva proprio idea di cosa in particolare e con un moto di evidente delusione che Chester colse immediatamente con orgoglio, disse:
- Ed è così interessante? -
A questo l’altro infatti non aveva saputo trattenersi oltre e avvicinandosi in modo pericoloso fino a soffiargli sulle labbra, rispose volutamente seducente. Molto seducente:
- Non immagini quanto. -
Più esplicito ormai non poteva esserlo e di giorno in girono lo diventava sempre più. Non era più un discorso iniziale di chiarezza ed informazione, era ormai un costante provocarlo e provarci con lui per vedere quanto fermo fosse nella sua posizione, nonostante Mike ne fosse consapevole poiché non era idiota come sembrava, non sapeva proprio cosa farci e come reagire. Non ne aveva la minima idea. Poteva solo lasciarsi investire dagli eventi ed improvvisare.
Quella volta improvvisò un colorito rossissimo sul viso che piacque ancor di più al compagno che gli pizzicò il fianco morbido facendolo saltare.
Una cosa era sicura.
Così Mike non sarebbe andato avanti a lungo e prima o poi a crollare sarebbe stato lui. Si sarebbero dunque scambiati i ruoli?
C’era a quel punto da chiedersi come Chester, in quel caso, l’avrebbe soccorso!