CAPITOLO
IV:
DIMMI
CHE NON TI PIACE
"Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
C’è
qualcosa dentro di me che preme sotto la superficie
Consumando,
confondendo
Temo
che questa mancanza di autocontrollo sia senza fine
Controllando
/ Non mi sembra
Di
ritrovare me stesso
Le
mie pareti mi stanno intrappolando
(Senza
fiducia / Sono convinto che ci sia troppa pressione da sopportare)
Mi
sono già sentito in questo modo
Così
insicuro
"Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
Il
disagio si è trascinato su di me all’infinito
Distraendo
/ Reagendo
Contro
la mia volontà io resto accanto alla mia immagine riflessa
È
ossessionante / Come io non ci riesca ad assomigliare
Di
ritrovare me stesso
Le
mie pareti mi stanno intrappolando
(Senza
fiducia / Sono convinto che ci sia troppa pressione da sopportare)
Mi
sono già sentito in questo modo
Così
insicuro
"Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
"Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
(C’è
qualcosa dentro di me che preme sotto la superficie, consumando)
Confondendo
ciò che è reale
(Temo
che questa mancanza di autocontrollo sia senza fine)
Confondendo
ciò che è reale”
/Crawling/
Gli
capitava spesso di svegliarsi con una canzone in testa, se la cantava
mentre il cervello si riattivava e lui apriva gli occhi, si alzava
bene, quando succedeva. Quel giorno aveva una canzone che si cantava, o
meglio sentiva nella sua stessa mente la voce di Chester che la cantava
perché era lui che faceva l’originale, ma non fu un risveglio proprio
buono come sarebbe dovuto essere. Nemmeno brutto, però. Fu… diverso…
La
canzone era Crawling…
"Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
C’è
qualcosa dentro di me che preme sotto la superficie
Consumando,
confondendo
Temo
che questa mancanza di autocontrollo sia senza fine
Controllando
/ Non mi sembra
Di
ritrovare me stesso
Le
mie pareti mi stanno intrappolando
(Senza
fiducia / Sono convinto che ci sia troppa pressione da sopportare)
Mi
sono già sentito in questo modo
Così
insicuro
Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
Poi
si svegliò prima di continuare.
La
prima cosa che Mike vide quando aprì gli occhi fu il piacente e ben
definito fondoschiena di Chester che piegato a novanta indossava solo
dei boxer piccoli e stretti. E solo Dio poteva sapere perché girasse in
boxer e stesse abbassato in quel modo davanti alla sua faccia.
Corrugò
la fronte, si stropicciò ripetutamente gli occhi e si morse la bocca
per non emettere il minimo suono.
Poi
si fece la fatidica domanda.
“Ma
dove diavolo sono?”
Per
un momento credette di aver saltato un pezzo della propria vita.
Com’era
possibile che si svegliasse e si ritrovasse Chester -tralasciando il
come- e non sua moglie?
Poi
si ricordò di non essere mai tornato a casa e soprattutto che non era
arrivata la notte.
Dunque
si era addormentato in sede -così ormai chiamava il suo secondo
appartamento- mentre componeva, o per lo meno tentava.
“Ma
cosa ci fa Chez mezzo nudo vicino a me?”
Ecco
poi la domanda autentica.
Pensando
che la risposta più logica fosse di essere in un sogno, allungò un
braccio stendendolo sul letto -che ora riconosceva come quello della
sede e non di casa sua- e sfiorò la sua coscia.
Chester
sentendolo si alzò e si girò di scatto, quando vide Mike steso accanto
sveglio e confuso, sorrise inquietante ed inginocchiandosi sul
materasso in modo da avere la sua mano fra le gambe, l’osservò
arrossire e sgranare gli occhi imbarazzato.
Si
chinò appoggiandosi sulle mani gattonando un po’ per avvicinarsi al suo
viso e quando l’ebbe vicino a pochi centimetri dal proprio, disse
insinuante e basso:
-
Pensavi di sognare il mio meraviglioso culo? - Il fiato sulla pelle.
Quello
che incuriosì Chester fu che Mike invece di rimanere incatenato ai suoi
occhi, si perse sulle labbra. Del resto erano così vicine… sarebbe
bastato così poco e…
-
M-hm… - Mormorò Mike senza la forza di parlare. Si sentiva impietrito,
inchiodato al letto. Il respiro gli usciva lento e con fatica, il cuore
pensava gli fosse uscito su in gola da quanto galoppava veloce e
sentiva il braccio. Sentiva che non poteva assolutamente muoverlo. Era
ancora sotto Chester a gattoni che di fatto non lo stava toccando, ma
sapeva che se l’avrebbe mosso in qualunque modo l’avrebbe toccato. E
proprio fra le cosce.
Il
suo viso era poi così vicino, poteva alzare la testa di pochi
centimetri e finire per baciarlo. Per questo non parlava, poi le loro
labbra sarebbero state quasi pronte per quello, ad un soffio l’uno
dall’altra.
Ma
tutta quell’emozione per una cosa del genere era normale?
Non
poteva che chiederselo ma non aveva la minima idea di cosa rispondersi.
Rimase
così immobile e Chester, visto che l’altro si ostinava a non parlare,
decise di farlo al posto suo:
-
Sei crollato sul tavolo mentre cercavi di scrivere qualcosa. Si vede
quanto la tua fottuta mente fosse sveglia! - Disse ghignando. Ma a
quello sorse spontanea la domanda e questa volta Mike la fece
dimenticandosi del suo proposito di stare assolutamente zitto.
- E
come sono finito nel letto con te nudo accanto? - Che per inciso al
momento del risveglio era in piedi chissàcomeeperchè piegato in due.
Chester
sentì il suo fiato sulla propria bocca e ci mancò molto poco per
mandarle a contatto, questa volta.
Come
gli piaceva torturarlo.
Per
lui ormai era quasi chiaro che Mike lo ricambiava ma che semplicemente
cercava di ricordarsi della propria coscienza. Adesso era solo una
questione di lotta con questa e non con Mike stesso.
-
Non ricordi? Ti ho svegliato per dire di andare a casa ed in risposta
ti sei alzato e ti sei buttato nel letto. - No, questo non lo ricordava
ma lo negò scuotendo il capo, non poteva tornare a parlare, doveva
mantenere le labbra ben serrate. L’altro proseguì soddisfatto: - Allora
non ricordi nemmeno come sono finito nudo nel letto con te. - Quello lo
disse con languore spiccato, soffiando di proposito sulle sue labbra
che per poco non si toccarono.
Mike
impallidì e tirò i muscoli, per poco l’istinto di alzare il braccio
steso fra le sue gambe non gli fece toccare le sue parti intime.
Si
morse vistosamente. No, non ricordava niente e non avrebbe parlato, non
lì, in quel momento, con la sua bocca così vicina che non aspettava
altro che la sua si aprisse.
“Come
se non fosse capace di baciarmi da solo, se vuole!”
Pensò
al volo realizzando che se non lo faceva era perché non voleva, il
motivo lo ignorava.
Per
un momento si trovò a sperare lo facesse. Ad aspettare le sue labbra,
la sua lingua, il suo sapore.
Lo
aspettò e fu invano visto che al culmine di quei brividi sconvolgenti,
lui si alzò senza rispondere. Si rimise in piedi e si stiracchiò
sinuoso notando l’aria stralunata ed incredula di Mike.
Non
solo non gli rispondeva ma non aveva poi fatto niente.
Andando
avanti così l’avrebbe proprio ucciso.
Ma
Chester non aggiunse altro e con aria di chi la sapeva lunga, molto
lunga, andò nell’altra stanza, sempre in boxer, alla ricerca di un
caffè.
Mike
lo fissò esterrefatto e di slancio gridò incontrollato:
- E
ALLORA? COSA DIAVOLO CI FACEVI QUA NUDO? - Ma la risata sadica di
Chester gli fece venire decisamente male, tanto che strofinandosi il
viso accaldato si chiese limpidamente quanto avrebbe resistito.
“Perché
sarei ipocrita a negare che mi attrae sessualmente. Il punto è se si
tratta solo di questo oppure di sentimenti veri e propri? È vero che lo
ricambio come lui sostiene egocentricamente? Si, perché che lo dica lui
non fa testo visto che è il Narciso incarnato!”
Quando
si decise ad affacciarsi alla cucina, notò che il pomeriggio era quasi
finito e che fuori cominciava il tramonto.
Rimase
appoggiato allo stipite della porta, semi nascosto, con la fronte
contro il bordo e gli occhi timidamente alzati verso il compagno che
preparava la cena fra i fornelli.
Sempre
in boxer.
Ormai
rinunciò a stupirsi, tanto meno a chiedergli di coprirsi.
Rimase
però a studiarlo consapevole che Chester era cosciente della sua
presenza. Sembrava naturale, non si pavoneggiava come si sarebbe
aspettato facesse e tanto meno tornò a provocarlo in qualche modo.
Gli
piaceva come cucinava, era veloce e svelto nonché molto pratico. Lui
era un elefante ai fornelli, non sapeva muoversi e tanto meno tagliare
qualcosa senza non far andare di mezzo le proprie dita. Per non parlare
dei sapori che metteva insieme. Da vomito.
Invidiava
a Chester quella sua capacità e lo reputava bello in quei momenti,
senza vergogna. Consapevole che non era normale, non sapeva cosa farci,
sarebbe rimasto ore ad osservarlo.
Poi
si perse nei dettagli.
Il
suo corpo longilineo e magro, la linea della schiena che curvava in
modo perfetto accentuando il sedere sodo e obiettivamente delizioso,
tutti i molti tatuaggi in bella mostra, i capelli neri appena più
lunghi del suo solito, degli orecchini stranamente normali ai lobi, la
pelle che doveva essere liscia proprio come appariva alla vista… e
magari anche morbida e calda… inghiottì a vuoto. Il profilo regolare.
Le labbra piccole e sottili senza il suo famoso piercing che ormai non
metteva più. Gli occhi seri e concentrati capaci di una malizia che non
aveva mai visto in nessuno. Tornò ad inghiottire nel ricordare quella
volta che erano finiti a letto insieme.
Era
vero. La sua pelle era liscia, calda e morbida… e sapeva di salato. Gli
si inaridì la gola e si leccò le labbra.
Si
ricordò anche di come baciava. Sapeva baciare molto bene, non era mai
stato baciato in quel modo. Sensuale e passionale allo stesso tempo, da
togliere il fiato e sconnettersi dal mondo.
E
le mani. Gliele guardò mentre tagliava velocissimo la cipolla sul
tagliere ed in sovrapposizione la mente gli riportò quella volta in cui
l’aveva accarezzato e toccato in profondità fino a farlo gemere come
non mai.
Per
non dire della sensazione devastante e totalizzante dell’averlo
fisicamente dentro, mentre lo spingeva sempre più impetuoso e possente
facendolo arrivare a picchi pazzeschi, fino a chiedere
incontrollatamente di più e ancora.
Si
rese conto di aver esagerato quando un calore sospetto alle parti basse
si fece sentire prepotentemente. Distolse lo sguardo da Chester e si
guardò in basso con aria shockata e a dir poco comica. Era proprio vero.
Si
stava eccitando.
Aggiungendoci
il famoso mistero del ‘cosa ci faceva Chez nudo nel letto con lui?’,
non fu un epilogo facile, per Mike, che senza dire nulla si precipitò
in bagno ad imprecare pesantemente sotto la doccia fredda.
E
mentre lui si lapidava da solo, l’altro godeva con una risata bassa e
sadica, perfettamente consapevole di essere la causa di quell’immane
‘sofferenza’ nel suo amico.
Se
lo meritava, se si ostinava a rimanere in quella sua assurda e stupida
posizione inutile!
Ecco
perché non gli avrebbe detto mai e poi mai che dopo che Mike si era
steso nel letto a continuare a dormire, poi lui si era spogliato e
messo dall’altra parte senza nemmeno sfiorarlo.
-
Sai cosa… non è facile scrivere quando si decide di cambiare un po’
stile… voglio dire, il modo di scrivere sarà di base sempre quello
perché siamo sempre noi, ma in realtà cambiando il genere, o per lo
meno evolvendo, anche i testi devono fare lo stesso salto. E non è
proprio facile farglielo fare… - Rifletteva Mike ad alta voce. La
posizione non delle più comode, ma per lui doveva esserlo visto quanto
bene riusciva a pensare.
Nel
divano a testa in giù e con le gambe incrociate in alto appoggiate
sullo schienale e contro il muro, il capo penzolante e le mani
intrecciate sullo stomaco, la matita in bilico sul collo che minacciava
di cadere ad ogni parola e respiro, il foglio per terra appena sotto i
suoi capelli.
Chester
spuntò dalla cucina con del caffè che posò nel tavolino poco distante e
ridacchiò alla posizione buffa… tanto che naturalmente l’assunse
anch’egli in un nano secondo.
E
poi eccoli lì, vicini, stessa posizione al contrario, a riflettere su
ciò che avrebbero dovuto comporre in uno dei rari momenti in cui
nessuno tirava fuori provocazioni ed imbarazzi vari.
-
Hai ragione. Prima scrivevamo sulle nostre più o meno beghe
sentimentali del cazzo, non erano argomenti effettivamente seri se non
magari, sai, fottute depressioni, negatività e cose simili. Ma
fondamentalmente cose abbastanza quotidiane e facili da affrontare. Ma
se dobbiamo evolvere e fare qualcosa di diverso la prima cosa che deve
cambiare sono i testi, su questo sono dannatamente d’accordo. -
Mike
sospirò.
- E
su cosa dovremmo scrivere? -
La
domanda del secolo. Chester rise.
-
E’ comico il fatto che sia tu a chiederlo, di solito sono io quello che
fa domande e tu quello che risponde perché tu sei sempre quello che sa
fottutamente tutto! -
Mike
si rese conto che aveva ragione ma volle ridimensionarlo con un mezzo
sorriso sulle labbra:
-
Non è che so tutto, uso meglio il mio cervello… ma le cose le sai anche
tu se vuoi! -
Qua
Chester colse la palla al balzo, non avrebbe proprio potuto astenersi
del resto… tiro troppo invitante, spiattellato su un piatto d’argento:
-
Come ciò che provi per me? - Mike per poco non si soffocò con la
propria saliva, quindi tirandosi su si mise a tossire impreparato da
quel discorso completamente fuori luogo. Chester ridendo di gusto
cominciò a sfondargli la schiena a suon di pacche, poi quando si
riprese se lo ritirò giù nella stessa posizione di prima lasciando il
braccio intorno alle sue spalle. Non era per niente una posizione
comoda, ma quel braccio lì ci stava così bene…
Mike
stranamente non lo tolse ma tornò a concentrarsi sull’argomento
iniziale, molto meno pericoloso.
- E
dunque? Su cosa dovremmo scrivere? -
-
Non so, cazzo, temi più adulti, più ampi, più fottutamente grandi…
prendi Crawling… le sensazioni di merda che prova un tossico sono cose
comunque circoscritte in un certo senso. Non sono cose che provano in
molti, per fortuna, ma soprattutto che possono interessare davvero a
tutti. O i particolari negativi di una storia andata a puttane. Sì,
magari piacciono perché sono cose quotidiane, però io credo che ci sono
anche temi che prendono più persone globalmente, quelle fottute cose
che non vengono dimenticate quando trovi un‘altra bella canzone che
tratta lo stesso tema del cazzo. Io penso che dobbiamo cogliere quelli.
-
Mike
rimase non poco stupito di quella sua riflessione e trovandosi in
perfetto accordo nonché incredulo che tale riflessione venisse da lui,
si girò a guardarlo seppure fossero di nuovo vicini per colpa della
posizione assurda e di quel braccio intorno alle spalle -che per inciso
ora cominciava a farlo soffrire per tanto che erano messi male. Ma non
si sarebbe comunque mosso-.
Incontrando
i suoi occhi -eccoli lì che già lo fissava da prima di lui!- parlò
subito, prima di incantarsi o imbarazzarsi. Perché ogni santa volta
succedeva matematicamente.
-
Ma lo sai che hai ragione? - Lo disse con stupore, come se non si
aspettasse tale eventualità e questo fece ridere Chester ancora prima
di poter ‘attaccare’ in qualunque modo. Ridendo di gusto si trovò a
premere il viso sulla sua spalla piangendo dal divertimento. Era il
modo in cui l’aveva detto, sincero e spontaneo, senza malizie di fondo.
Decisamente spassoso.
Mike
sentendolo scuotersi a quel modo si chiese cosa mai avesse detto,
quindi pensando che ridesse di lui chissà per cosa si offese per
partito preso, con Chez non si poteva mai sapere, e si mosse per dargli
una ginocchiata in pieno stomaco.
Peccato
che la posizione non gli permise di arrivare allo stomaco ma gli
concesse giusto ciò che stava in mezzo alle gambe. Il colpo basso
-molto basso- e la posizione ormai precaria unita allo scatto e alle
urla di imprecazione e dolore, fecero cadere tutti e due a terra
rovinando malamente sul pavimento, aggrovigliati l’un l’altro, incapaci
di sciogliersi.
Del
resto Chester era tutto contratto e appallottolato su sé stesso per
tenersi i poveri gioielli di famiglia martoriati e nel farlo aveva
incastrato a sé -ed il modo in cui ci era riuscito non era molto
chiaro- Mike il quale, senza capire cosa ci facesse la sua gamba fra le
sue cosce strette e serrate a cozza e cosa invece la propria testa
intorno alle braccia chiuse e altrettanto strette in una morsa
soffocante, rimase a boccheggiare fra dolori vari.
Chester
scaricò un paio di imprecazioni fantasiose e Mike indeciso fra il riso
ed il pianto finì per fare tutti e due.
Quando
riprese fiato, provò a mormorare:
-
C-Chez… mollami che sto morendo… - Effettivamente gli mancava il
respiro, erano messi molto male.
-
Tu stai morendo, fottuto stronzo del cazzo! Cosa ti è saltato in mente
di darmi una ginocchiata ai coglioni? - La voce di Chester era ancora
strozzata e vagamente da checca. Mike ebbe voglia di ridere ma riuscì a
dire piagnucolando:
-
Ma volevo colpirti lo stomaco, è che ero messo male e… -
- E
ti sembra che lo stomaco facesse meno male? -
Effettivamente
non sarebbe stato molto piacevole, ma sicuramente meglio dei suddetti.
Mike
non poté non riprendere a ridere convulsamente e questa volta
rumorosamente. Il bello era che più rideva, meno riusciva a respirare
visto come Chester se lo stava attanagliando in quel modo atroce per
farlo soffrire con lui, e meno riusciva a respirare, più rideva
-reazione isterica.-
Alla
fine, con un filo di voce e fra un attacco epilettico e l’altro, riuscì
a pregarlo con la prima cosa che gli venne in mente -colpa del crampo
al polpaccio che gli stava venendo-
-
Apri le gambe, ti prego… - E non lo avesse mai detto!
Chester
improvvisamente non sentiva più male e acceso come la stella cometa del
presepe, lo lasciò e aprì immediatamente le gambe come fosse pronto a
far sesso con lui.
-
Bastava dirlo prima, cazzo! Ad una buona scopata con te non dico mai di
no! Cos’è, vuoi assicurarti che il giocattolo funzioni ancora? -
E
visto che Mike rantolava lì accanto perché gli mancava ancora l’aria
dopo tutte le risa in quella posizione pessima, cominciò a slacciarsi
da solo i jeans per risparmiargli tempo.
Mike
in quello tornò alla vita ma se ne pentì amaramente preferendo di gran
lunga essere morto. Ora chi lo fermava più quello svitato schizzato?
Fu
quando vide che si tirava giù anche i boxer per scoprirsi ciò che stava
naturalmente sotto, che andò in tilt e alzandosi schizzò come un
fulmine in bagno chiudendosi dentro, convinto di aver appena visto un
pazzo assassino mutilatore e cannibale!
Chester
rimase dunque solo con le gambe spalancate, i pantaloni aperti ed i
boxer abbassati sul davanti, con le parti intime gloriosamente al vento
a cercare di capire dove fosse finita la sua fonte primaria di
sostentamento!
Quando
realizzò che si era nascosto in bagno qualcosa scattò in lui.
Se
fin’ora aveva scherzato e giocato -fino ad un certo punto-, ora avrebbe
fatto sul serio perché rinchiudersi così in un’altra stanza significava
solo una cosa.
Che
voleva scopare con lui fino a morirne e che scappava perché era un
autentico coglione.
Ma
gliel’avrebbe fatta vedere lui!
Certo,
perché uno normale in una situazione simile, uno che davvero provava
solo della sanissima amicizia e niente più, avrebbe semplicemente riso
e magari gli avrebbe dato un altro calcio, o coperto col cuscino, o
mimato un finto pompino per continuare a ridere a quel gioco malato. Ma
non certo si sarebbe nascosto in bagno.
Su
questo non ci pioveva.
Così
con ancora i jeans aperti -e i boxer miracolosamente tirati di nuovo
su- si fiondò alla porta del bagno che cominciò a battere per
scardinarla.
Siccome
la sua forza non era granchè ma la sua voce sì, ai calci aggiunse le
urla:
-
APRI COGLIONE CHE NON SEI ALTRO! TI SEMBRA CHE NON ABBIAMO NIENTE DI
CUI PARLARE, CAZZO? APRI SE E’ VERO CHE NON TI FOTTE NIENTE DI ME! CHE
CAZZO HAI DA NASCONDERE, STRONZO CHE NON SEI ALTRO? - Ancora un po’ e
avrebbe messo i manifesti.
Per
questo si decise ad aprire, Mike, terrorizzato che proseguisse
esponendo tutta la storia al mondo intero che li circondava.
-
Taci idiota, non viviamo soli nell’universo! - Esclamò. Per un momento
era riuscito a dimenticare l’imbarazzo e la voglia di sparire, ma
soprattutto quella di perdersi davvero fra le sue gambe aperte.
Per
un attimo.
Poi
tornò a ricordarselo quando rivide la sua faccia infuriata e
determinata.
Chester
che ormai fuori di sé voleva fargli vedere una volta per tutte cosa gli
piaceva e cosa voleva, anche se ne scappava come un idiota.
Spintolo
contro lo specchio a parete di lato alla porta, gli prese i polsi e
glieli spinse in alto vicino al viso, lì li lasciò e da lì non si
schiodarono.
Mike
rimase con le braccia alzate ed aperte come in una sorta di resa anche
quando si abbassò in ginocchio davanti a lui, ringhiando:
-
Dimmi che non ti piace, ora… -
Gli
sbottonò i jeans larghi.
-
C-Chez… no… - Mormorò pregandolo. Ma le mani non le abbassava per
spingerlo via. Rimaneva lì contro lo specchio.
-
Dimmi che ti fa schifo… -
Gli
abbassò anche i boxer e quando ebbe la sua erezione fra le dita,
cominciò a massaggiarla con decisione. Al suo ennesimo: - Ti prego… -
pronunciato ad occhi chiusi, l’altro cominciò a leccarlo. Dapprima la
punta e poi su tutta la lunghezza. Stava già cominciando a reagire. Ad
un altro: - Smettila… - lo prese fra le labbra e cominciò a
succhiare con forza, facendosi sentire fino a trasmettergli
nell’immediato delle scariche atroci.
Voleva
morire, voleva assolutamente morire e più Chester si muoveva sul suo
inguine ed il piacere aumentava, più lui stesso spingeva contro la sua
bocca.
Il
ritmo aumentò vertiginosamente e quando l’eccitazione raggiunse picchi
inimmaginabili, gli immerse le dita fra i capelli registrando solo
lontanamente che si era mosso e non per mandarlo via ma per tenerlo
ancorato a sé e chiedergli di più.
Non
voleva che smettesse, non voleva che si staccasse… ed ora glielo stava
anche gemendo fra le labbra che si succhiava colto dal piacere più
intenso:
-
Sì, ti prego… - E non si accorse che anche la mano di Chester era corsa
intanto sul proprio inguine per accompagnarlo in quell’orgasmo
improvviso e violento. Non si accorse che si stava muovendo alla stessa
velocità, non si accorse nemmeno che al suo: - Chester, ti prego… -
vennero esattamente insieme.
Dopo
un primo momento di stordimento da parte di entrambi, il ragazzo in
ginocchio si alzò ignorando completamente lo specchio sporco verso il
basso, quindi ripulendosi la bocca col braccio gli arrivò davanti, di
nuovo a guardarlo in viso da vicino, di nuovo a sostenerlo per le
spalle e premerlo contro lo specchio. Ansimanti, accaldati e pieni di
un desiderio appena acceso, Chester riuscì risoluto e determinato a
mormorare sfiorando le sue labbra:
-
Ora hai qualcosa su cui riflettere… - poi gli prese il labbro inferiore
fra i denti, niente di più.
Dopo
di che lo lasciò ed uscì dal bagno sbattendosi la porta dietro di sé.
Mike
si accasciò a terra senza forze, come se avesse le articolazioni
disfatte e per miracolo evitò di appiccicarsi allo specchio dietro di
sé.
Quando
alzò distrattamente lo sguardo notò la macchia bianca e gli parve di
morire di nuovo, come se l’avessero acceso dopo avergli buttato benzina
addosso.
Si
coprì il viso e strinse gli occhi.
Ed
ora da cosa cominciava?
“Secondo
lui come faccio a pensare con quella roba lì davanti agli occhi, porca
puttana? Anche lui ed i suoi metodi da pugile!”
Infine
con un moto di stizza diede un colpo alla porta soffocando fra i denti
il nome di Chester accompagnato da un: - Puttana di uomo! - che
l’interessato sentì con doverosa soddisfazione.
“Deve
svegliarsi una volta per tutte. Non può scappare per tutta la vita!”
La
fine di Crawling venne in mente proprio a lui, come se calzasse quasi a
pennello per Mike e la situazione in cui erano. Come se avessero avuto
poteri da preveggenti o qualcosa di simile, quando avevano fatto certe
canzoni in passato…
“Il
disagio si è trascinato su di me all’infinito
Distraendo
/ Reagendo
Contro
la mia volontà io resto accanto alla mia immagine riflessa
È
ossessionante / Come io non ci riesca ad assomigliare
Di
ritrovare me stesso
Le
mie pareti mi stanno intrappolando
(Senza
fiducia / Sono convinto che ci sia troppa pressione da sopportare)
Mi
sono già sentito in questo modo
Così
insicuro
"Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
"Strisciando
dentro la mia pelle
Queste
piaghe non saranno rimarginate
La
paura è di cadere
Confondendo
ciò che è reale"
(C’è
qualcosa dentro di me che preme sotto la superficie, consumando)
Confondendo
ciò che è reale
(Temo
che questa mancanza di autocontrollo sia senza fine)
Confondendo
ciò che è reale”