CAPITOLO
V:
MA
AVREI VOLUTO?
Essendo
solo, senza direzione
come
sono potuto cadere così in basso?
perchè
sto cercando la perfezione,
sapendo
che è qualcosa che non troverò?
nella
mia paura e tra i miei difetti
permetto
a me stesso di cadere di nuovo
tutto
questo perchè
io
corro, fino a che il silenzio mi spacca
io
corro, fino a che mi mette sottoterra
fino
a che non ho respiro
e
non c'è nessuna strada a parte una
quand'è
che ho perso il mio senso dello scopo?
posso
riguadagnare quello che ho perso dentro?
perchè
mi sento come se lo meritassi?
perchè
la mia paura assomiglia al mio orgoglio?
nella
mia paura e tra i miei difetti
permetto
a me stesso di cadere di nuovo
tutto
questo perchè
ho
permesso che io cadessi
nella
mia paura e tra i miei difetti
io
corro, fino a che il silenzio mi spacca
io
corro, fino a che mi mette sottoterra
fino
a che non ho respiro
e
non c'è nessuna strada a parte una
nella
mia paura e tra i miei difetti
permetto
a me stesso di cadere di nuovo
tutto
questo perchè
io
corro, fino a che il silenzio mi spacca
io
corro, fino a che mi mette sottoterra
ma
non ci sono rimpianti
e
non c'è nessuna strada dove poter correre
/No
roads left/
Quando
trovò la forza di uscire dal bagno dopo aver buttato un secchio pieno
d’acqua sullo specchio e aver passato un’ora a pulire il pantano a
terra, l’appartamento era fortunatamente vuoto, cosa su cui aveva
sperato.
Non
poteva comunque sperare nel fatto che Chester non si sarebbe più
presentato per facilitargli l’esistenza.
Dopotutto
l’aveva voluto lui.
Aveva
avuto la possibilità perfetta di toglierlo dalla propria vita, se non
avesse richiamato i Linkin Park per tornare a fare musica insieme, con
Chester sarebbe finita, morta e sepolta. E lui probabilmente sepolto ci
sarebbe finito davvero, per colpa della droga.
Non
l’aveva fatto solo per salvarlo, non l’aveva fatto solo in nome di
un’amicizia che non c’era mai davvero stata, non profonda, non al punto
di fare tutto quello che aveva fatto per lui.
A
quel punto arrossì ripensando cosa comprendeva quel tutto.
Quando
erano finiti a letto insieme era stato emblematico. Gli aveva permesso
una cosa simile perché stava male, perché ne aveva bisogno, perché
altrimenti si sarebbe fatto, perché erano amici… sì… perché erano
amici… ma poteva davvero credere ad una cosa simile?
Si
immaginò a fare una cosa simile con Brad o Joe e finì steso sul divano
rosso dello studio, dietro al computer sempre aperto.
Non
esisteva proprio.
Tornò
dunque con tragica disperazione al punto nodale.
Perché
era tornato con lui?
Non
certo solo per tirarlo fuori dalla droga. Sì che lo sapeva che a
Chester sarebbe bastato tornare a fare musica con lui, che era quello
che aspettava da un anno. Sì che lo sapeva. Ma quando aveva capito che
era innamorato di lui e che non gli era indifferente era finito nel
panico.
Avrebbe
rivoluzionato la propria vita, sarebbe andato contro tutto ciò in cui
aveva sempre creduto, si sarebbe disfatto e avrebbe distrutto non solo
la propria vita attuale ma anche quella della famiglia. Perché anche se
magari lei non avrebbe mai saputo, le cose non cambiavano.
Avrebbe
portato un sacco di guai.
Ecco
perché ne era fuggito a gambe levate combattendo con tutto sé stesso
quell’attrazione, quel sentimento che andava ben oltre l’amicizia
-ribadendo che di amicizia autentica non si era mai trattata,
dopotutto-.
Ma
quando aveva visto lo stato di Chester si era deciso a far qualcosa per
lui, perché si era messo a piangere nella consapevolezza violenta e
tragica che la maggior parte della sua tossicodipendenza era provocata
da lui e da quello che provava per lui e da come l’aveva trattato e
lasciato solo per mesi.
Fra
l’altro andarci a letto non era proprio il modo che aveva pensato per
aiutarlo. Aveva funzionato ma poi come andare avanti? Il sesso con lui
sarebbe stato un rimpiazzo, non una vera cura. Oltretutto lui era
sposato, non voleva diventare uno di quei tipi di uomini che aveva
sempre odiato. Uno di quelli che tradivano le mogli. Con un altro uomo
poi.
Non
si era posto la domanda successiva.
‘Ma
avrei voluto?’
No,
non se l’era mai fatta. Aveva fermato tutto sul nascere, molto più
facile così.
Peccato
che poi quando si era di nuovo reso conto che era ad un maledetto
bivio, lasciare per sempre Chester a sé stesso, qualunque piega avesse
preso da lì in poi, e quindi non avere più a che fare con la
rivoluzione che gli portava ogni volta che ci stava insieme, oppure se
riunirsi a lui e buttarsi in quest’ultima ma impedire la sua
autodistruzione finale… bè, non aveva avuto dubbi.
Perché
fra il vivere per sempre senza di lui ma tranquillo e sereno ed il
vivere con lui la rivoluzione universale, non c’erano proprio
incertezze. Non esistevano.
Era
solo una cosa che contava a quel punto.
E
non era stato proprio salvare Chester o fare la musica che preferiva,
quanto lo stare proprio con lui.
Punto.
Quando
si riscosse dai propri pensieri era sera inoltrata, si rese conto di
avere una serie di chiamate nel cellulare reso silenzioso, tutte della
moglie. Le mandò un messaggio dicendole che sarebbe tornato tardi e di
scusarlo, poi lo chiuse e si mise al computer.
Quando
aveva così tanti casini per la testa e non riusciva a snodarsi, doveva
solo scrivere.
Perché
arrivare a capire che voleva stare con Chester era una cosa, capire
cosa provava per lui era tutt’altra.
Considerò
che il blocco di ciò che era giusto e sbagliato in lui era enorme e
difficilissimo da togliere, perché sua moglie era sempre stata sacra.
Si
trattava di capire, oltre ai propri sentimenti, anche cosa contasse per
lui sopra ogni cosa, di più in assoluto e da lì in poi poteva solo
scrivere, perché in quel modo ogni cosa acquisiva la giusta dimensione,
tutto si snodava, tutto si schiariva.
Allora
doveva farlo.
Aprì
un foglio di scrittura bianco e con la nube più scura che avesse mai
avuto, cominciò a scrivere.
‘Essendo
solo, senza direzione
come
sono potuto cadere così in basso?
perchè
sto cercando la perfezione,
sapendo
che è qualcosa che non troverò?
nella
mia paura e tra i miei difetti
permetto
a me stesso di cadere di nuovo
tutto
questo perchè
io
corro, fino a che il silenzio mi spacca
io
corro, fino a che mi mette sottoterra
fino
a che non ho respiro
e
non c'è nessuna strada a parte una
quand'è
che ho perso il mio senso dello scopo?
posso
riguadagnare quello che ho perso dentro?
perchè
mi sento come se lo meritassi?
perchè
la mia paura assomiglia al mio orgoglio?
nella
mia paura e tra i miei difetti
permetto
a me stesso di cadere di nuovo
tutto
questo perchè
ho
permesso che io cadessi
nella
mia paura e tra i miei difetti
io
corro, fino a che il silenzio mi spacca
io
corro, fino a che mi mette sottoterra
fino
a che non ho respiro
e
non c'è nessuna strada a parte una
nella
mia paura e tra i miei difetti
permetto
a me stesso di cadere di nuovo
tutto
questo perchè
io
corro, fino a che il silenzio mi spacca
io
corro, fino a che mi mette sottoterra
ma
non ci sono rimpianti
e
non c'è nessuna strada dove poter correre’
Finita,
la rilesse più turbato di prima. Doveva dire che stava meglio ma non
riusciva proprio a capire come questi versi lo potessero aiutare.
Se
non altro quello era paro paro il suo stato d’animo, fatto, finito e
definito nella perfezione!
Sospirò
e si stiracchiò, non sapeva proprio come venirne a capo.
L’unica
cosa chiara era il proprio orgasmo nella bocca di Chester, per il resto
era ancora buio totale.
Guardò
infine l’ora, era molto tardi, doveva proprio tornare a casa, sebbene
non ne avesse grande voglia. Ormai gli sembrava già di tradire
coscientemente e consapevolmente sua moglie. Cioè costantemente, non
solo in piccole e sporadiche parentesi piazzate qua e là per colpa di
Chester.
Ripensò
alle altre volte. In una Chester l’aveva quasi violentato ma era stato
in pieno effetto di droga, quindi non l’aveva considerato. Un’altra era
lucido ma l’astinenza era al limite, quindi si era sentito una specie
di tappabuco. Qualcosa di sporco ma comunque diverso da un tradimento
cosciente, consapevole e volontario.
Prima,
nel bagno, non aveva fatto molto se non chiedere indecentemente che
Chester continuasse… e droghe o astinenze altrui di mezzo non ce
n’erano state.
Infatti
quella che gli bruciava più di tutte era proprio quella.
Poteva
tornare a casa da sua moglie e guardarla negli occhi?
Sulla
porta si fermò e si drizzò su una domanda istintiva di una voce nella
testa, una voce che sembrava sua ma che aveva qualcosa di strano perché
pareva molto più autorevole e matura della sua.
“E
pensi di riuscire a guardare ancora Chester negli occhi se decidi di
dare un taglio a tutto questo e lasciare tutto su un piano
professionale? Perché sai che se gli dici che non vuoi succeda più, lui
ti accontenterà e si limiterà ad essere il tuo cantante e basta. Pensi
però di poterlo guardare lo stesso, giorno dopo giorno, sapendo quanto
ti è piaciuto e quanto vorresti rifarlo? Perché è così. Fremi quando
ripensi alla sua bocca su di te. La vorresti ancora. Quali sono, Mike,
gli occhi che non riusciresti più a sostenere in un caso o in un altro?”
Su
questa riflessione chiuse la porta d’ingresso ed uscì più turbato di
prima.
Eppure
un modo per venirne definitivamente a capo doveva esserci.
Il
giorno dopo puntuale come un orologio svizzero -che non era mai stato-
Chester giunse nell’appartamento/sede. Era ancora vuoto, di Mike
nemmeno l’ombra. Era mattina ma non così presto.
Sbuffò.
Non
gli era importato del modo in cui l’avrebbe trovato pur di trovarlo,
così come non gli era importato della sua risposta pur che continuasse
a stare con lui in un modo o nell’altro. Ma ormai che aveva promesso di
continuare a far musica con lui, non sarebbe più sparito, doveva
crederci, era a questo che si aggrappava quando la mattina apriva gli
occhi con stranamente la voglia di farsi ancora.
Cupo
e di malavoglia si trascinò fino al suo studio ed aprì il computer,
sapeva che senza di lui non poteva nessuno, però lui non era nessuno,
lui era Chester, quindi l’aprì.
Intenzionato
inizialmente solo ad andare un po’ su internet in cerca di qualcosa su
di sé che lo tirasse su e nutrisse il suo già gigantesco ego, fu
attirato da una piccola icona sul desktop, un file di scrittura che si
chiamava ‘No roads left’. incuriosito l’aprì, non poteva certo farsi i
fatti propri, non sapeva minimamente cosa fossero.
Fu
così che lesse e per poco non gli venne un colpo.
Dovevano
essere i versi composti da Mike la sera prima.
Solitamente
scriveva a mano su carta e penna ma probabilmente doveva essersi chiuso
nel suo studio a pensare -il divano rosso attirava tutti- e poi aver
scritto direttamente sulla prima cosa a portata di mano.
Rilesse
più volte i versi e rimase ogni volta più stupito.
Se
quello era il suo stato d’animo, era davvero vicino, quella volta.
Molto.
Dannatamente
vicino.
Ancora
un piccolo ultimo sforzo e ce l’avrebbe fatta, ne era certo, visto che
ormai i dubbi non sapeva più cosa fossero, vista la reazione al suo
lavoro di bocca della sera prima.
Decisamente
illuminante… specie quando l’aveva pregato di continuare.
Ghignò
soddisfatto, poi chiuse il computer e si tuffò in soggiorno a guardare
la televisione con l’umore alle stelle.
Stava
andando tutto bene.
Mike
arrivò qualche ora dopo, l’indecisione di tornare era stata enorme ma
si erano dati appuntamento fisso per scrivere tutti i testi per poi
cominciare a comporre la musica ed in seguito a registrarli, volevano
sbrigarsi e farlo il prima possibile, quindi ogni giorno loro si
vedevano per scrivere qualcosa. Che poi non venisse quasi mai fuori
niente di particolarmente buono era un altro discorso…
Non
si era dato risposte, solo che all’idea di prendersi un giorno di pausa
da Chester per pensare meglio si era sentito peggio.
Non
vederlo per un giorno intero improvvisamente era diventata una cosa
fuori discussione, fu allora che cominciò a capire la famosa risposta
alla domanda della sera prima.
Quando
entrò era steso nel divano che guardava la televisione, uno di quei
programmi sulla fine del mondo e cose simili. Programmi dove
illustravano con dovizia di particolari tutte le catastrofi che già si
stavano presentando nel mondo.
Chester
lo guardò, fu un brevissimo attimo in cui rimasero entrambi seri a
fissarsi ricordando chiaramente come si erano lasciati, poi l’altro
finì per sorridere per primo, uno di quei sorrisi accattivanti ed
inquietanti che lo mettevano a disagio e al tempo stesso gli piacevano.
Alla
fine sospirò.
“No
che non posso evitare di guardarlo negli occhi!”
Si
disse mettendo giù giacca e averi vari. Spense i cellulari e come già
sapesse come sarebbe finita quella giornata anche se lui non ci aveva
ancora riflettuto fino in fondo e definitivamente, notò Chester fare la
stessa cosa col suo e poi parlargli come niente fosse, con la più
grande tranquillità possibile:
-
Ehi Mike, vieni un po’ qua! - Mike sussultò pensando “Di già?” Ma non
si sottrasse e convinto che volesse riprendere l’argomento interrotto,
lo raggiunse nel divano. Si accomodò accanto fissandolo con occhi
enormi e sgranati, sembrava un pesce in quel momento. Fra l’altro si
era dimenticato la cuffia in testa; si era tagliato i capelli da poco
ed erano rasati corti, di conseguenza aveva più freddo del solito e
tendeva a dimenticarsela addosso. Era nera e di lana, gli stava
deliziosamente. A Chester gli piaceva come gli stavano i copricapi,
qualunque mettesse, sia cappellini che bandane che cuffie.
Sorridendo
in un modo strano gliela tolse:
-
Te la sei dimenticata… - Poi notò che così sembrava ancora di più un
pesce e trasformando il sorriso quasi tenero in un ghigno, gliela
rimise bonariamente. - Ma così stai meglio! - Almeno poteva fingere di
essere più simile ad un uomo!
Considerazioni
strane alla Chez…
Mike
non emise il minimo verso, forse nemmeno respirava.
Il
ragazzo seduto con lui si chiese se potesse continuare a torturarlo in
quel modo oppure se dovesse rilassarlo, decise per quella seconda
opzione e tornando alla televisione e al programma cominciò parlando
dell’idea che gli era venuta per il nuovo album.
-
Senti un po’… e se facessimo qualcosa che somigli magari ad un concept
album? - Mike ci mise qualche secondo a capire di cosa parlava, quindi
guardò la televisione e cominciò a riconnettersi.
Non
intendeva parlare della sera prima, evidentemente.
Meglio
così, no?
-
Non sarebbe male… ma concept tipo? -
-
Stavo guardando questo programma sulla fine del mondo e le catastrofi
che affliggono il mondo… -
-
Roba allegra insomma… - Commentò spontaneo Mike con un mezzo sorriso
che inorgoglì Chester. L’aveva rilassato.
-
Sì, uno spasso… e insomma, pensavo a questo genere di argomenti, che te
ne pare? Sai: guerra, dittatori, rivolte e merde varie… poi magari
inframmezziamo con canzoni anche a carattere fottutamente personale e
sentimentale, che ne so, qualcosa che alleggerisca un pochino, boh… poi
vediamo cosa cazzo ci viene. Che ne dici? -
Mike
ci pensò osservando le immagini di una recente rivolta in una qualche
parte del mondo, gente che si prendeva a sprangate e piccole esplosione
per le vie affollate.
Arricciò
le labbra e piegò la testa cominciando a figurarsi una canzone che
aveva come argomento una strage simile… non era affatto male, anzi…
-
Certo sarebbe un gran salto di qualità. -
-
L’evoluzione che cercavamo, no? -
-
Direi di sì… dobbiamo parlarne anche agli altri ma secondo me è una
buona idea. Penso proprio quello che cercavamo. -
Chester
sorrise più radioso e contento che mai. Quella mattina non si era
svegliato col pensiero fisso del tema delle loro nuove canzoni ma con
quello di schiarire il nuvolone nero che gravava sulla testa di Mike e
doveva dire di esserci riuscito.
Dal
sorriso che gli diede in risposta e da come ora gli stava vicino
rilassato e sereno, sicuramente era merito suo!
Non
gli venne in mente che magari, inconsciamente, aveva trovato la sua
risposta ai propri sentimenti e alla propria lotta quotidiana.
A
quello non ci pensava proprio nemmeno lontanamente!