CAPITOLO XIII:
LEAVE OUT ALL THE REST

“Quando il mio tempo si compirà
dimentica quello che ho fatto di sbagliato
aiutami a lasciarmi dietro qualche motivo per cui si possa sentire la mia mancanza.
E non risentirti per me
e quando ti sentirai vuoto
tienimi nei tuoi ricordi
tralascia tutto il resto, tralascia tutto il resto.
Dimenticando
tutte le ferite interiori che hai imparato a nascondere così bene. “

Non misero più piede nella Zona Nera.
Gli accampamenti erano ovunque un po’ per gli sfollati, un po’ per gli addetti ai lavori di ricostruzione, ma il risultato erano tende di ogni grandezza in ogni dove; proprio nel campo lavoro della Capitale, vicino al palazzo del re quasi completamente distrutto anch’esso, una fra tutte spiccava in particolare.
Era praticamente il centro dell’accampamento, la tenda più grande, spaziosa ed attrezzata con tanto di guardie fuori. Guardie che il proprietario non aveva chiesto e che cercava di mandare in giro per ogni scusa per poter stare in pace.
Mike non aveva voluto minimamente saperne di tornare alla Zona Nera od in un’altra delle poche case rimaste intere in attesa che la sua vecchia casa venisse ricostruita, aveva deciso di mettersi con il gruppo di operai accampato vicino ai lavori in corso e non solo per puro spirito di condivisione, ma proprio per gestire lui stesso i comandi convinto che altrimenti averebbero esagerato con la ricostruzione mettendoci un sacco di cose inutili.
Volendo un lavoro semplice, minimale e veloce, era rimasto con loro per gestire il tutto e con lui ovviamente il pacchetto completo comprendeva anche il generale Bennington e a random di tanto in tanto anche gli altri quattro amici fedeli.
Così mentre di giorno Chester non era impegnato a gridare contro Mike per convincerlo ad andarsene in vacanza, di notte sgattaiolava con una certa abilità nella sua tenda sapendo che non sarebbe stato il caso di farsi vedere apertamente troppo in sua compagnia. E con troppo si intendeva a dormire insieme.
Aveva acquisito una certa abilità nel non farsi vedere e questo grazie alla velocità di cui era padrone, cosa che dopo un po’ non aveva più disdegnato notando quanto utile si fosse poi rivelata!
Mike era ancora in piedi, chino su delle carte intento a studiarle con aria corrucciata, occhi arrossati ed il viso segnato dalla stanchezza, quando Chester entrò come una folata di vento facendogli svolazzare ciò che aveva sotto il naso. Alzata la testa lo guardò seccato già sapendo di chi si trattava e prima ancora che si lamentasse, Chester lo prevenne più scocciato di lui per come il suo compagno si presentava a fine giornata:
- E’ questo il modo di accogliere il tuo compagno? Con quella faccia da cesso? - Il modo personale di Chester di preoccuparsi di Mike, solo lui infatti poteva capire che con ‘faccia da cesso’ intendeva ‘viso stanco’, così si smontò immediatamente e lasciando le carte a terra abbassò le spalle con pesantezza:
- Cosa ti aspetti da un capo cantiere? - Chester alzò un sopracciglio scettico togliendosi la canottiera bianca tutta sporca:
- E tu vieni a dirmi che parlo in modo inappropriato? - Mike ridacchiò sapendo a cosa si riferisse: - No, perché se dire ‘capo cantiere’ al posto di ‘re’ ti pare giusto allora penso che devi tornare in una di quelle fottute scuole! -
- Che tu non hai mai frequentato, visto come parli! - Rispose a tono Mike.
- Perché, cos’ha il mio cazzo di linguaggio che non va? - Chiese l’altro seriamente convinto di non avere nulla che non andasse. Mike alzò un sopracciglio scettico e decise di lasciar perdere, ma ribatté sulla definizione che gli aveva dato:
- E poi ‘re’ è una parola grossa! - Non era un vero problema il fatto che ora Mike non si considerasse un re, a conti fatti lo era dal momento che si metteva in mezzo a tutto senza chiedere il permesso, comandando a destra e a manca.
Alla fin fine il sovrano lo faceva eccome, anche più di prima!
Dopo un primo momento in cui c’erano state delle normale tensioni che Mike era stato capace di domare subito con abilità, erano stati tutti contenti di averlo lì con loro come lo erano di eseguire i suoi ordini poiché li dava in un modo che non infastidiva, anzi, era come una spinta ad ascoltarlo e fare meglio oltre il massimo.
Dopo averlo ritrovato non l’avevano più mollato un secondo ed era stato normale, troppo spaventati dall’idea di perderlo e tornare indietro nell’inferno appena passato e superato per merito suo.
Mike cominciò a spogliarsi a sua volta come di consueto senza nemmeno rifletterci e pensieroso disse seguendo una propria linea di idee:
- Sai, non mi hanno mai chiesto dove fossi andato e cosa mi fosse successo in particolare. Erano solo risentiti perché li avevo lasciati, non volevano sapere i particolari, né se avevo giustificazioni valide da porgere o no. È bastato parlassi con loro, e parlo dei membri massimi del Consiglio e delle Forze Armate che ora stanno presiedendo i vari cantieri di ricostruzione, soprattutto questo qua. Quando ho fatto per spiegargli per bene tutto mi hanno fermato. Il generale Fightman, quello più accanito nel cominciare la rivolta armata contro gli androidi per causa mia, mi ha fermato subito dicendo che voleva solo una cosa. Un vero re. Se non ero disposto più ad esserlo potevo andarmene subito. Capisci? Non mi ha detto che se ne sarebbe andato lui, dovevo andarmene io. Altri invece avevano altri generi di problemi con me, ma ognuno aveva bisogno di qualcosa in più per mettere tutto a posto. Così ho parlato loro a cuore aperto, naturalmente evitando certi dettagli privati, ma sono stato sincero. E poi sai come mi succede quando attacco coi discorsi. Parlo e poi se devo riferire non ricordo cosa ho detto. Ma ho capito di aver fatto bene a dir loro qualcosa in più perché poi mi hanno accolto come se non me ne fossi mai andato. Sembra che abbiano superato qualunque cosa negativa potessero aver provato sul momento. E mi chiedo come abbiano fatto. Io al posto loro non so se ci sarei riuscito, te lo dico onestamente. -
Quando fu scalzo e con indosso solo i pantaloni morbidi coi quali dormiva, Chester, a sua volta in boxer, gli si avvicinò cingendogli la vita con le braccia e rigirandoselo in modo da vedere il suo viso pensieroso a portata di sguardo. L’osservò con un’aria indecifrabile, di chi pensava un paio di cose interessanti che non avrebbe mai rivelato e chiedendosi di cosa si trattasse Mike attivò involontariamente la connessione mentale con lui che grazie al chip poteva ancora avere.
Chester capì che lo stava facendo quando vide il suo occhio diventare bianco e lo strinse a sé con maggiore forza, dandogli un lieve colpetto con la fronte:
- Ehi! Non si spia, brutto stronzo! - I suoi soliti modi di definirlo… Mike se ne accorse e smise subito:
- Scusa, non me ne accorgo sempre… mi viene naturale, a volte. - Chester scosse la testa ma non era seccato, faceva solo finta perché gli piaceva che per farsi perdonare Mike facesse quelle sue solite moine che lui definiva ‘tenerone’. Infatti come da copione il ragazzo appoggiò la testa nell’incavo del suo collo forte e caldo e si beò di quella sensazione a cui ancora non era abituato, dopo il freddo continuo che per cinque anni aveva sempre provato toccandolo. - A cosa pensavi? - Chiese volendolo sapere comunque.
Chester ridacchiò sapendo che comunque glielo avrebbe domandato, suo malgrado gli rispose con quel fare spiccio e diretto tipicamente suo. Di chi non sapeva essere dolce, sentimentale e romantico ma che in un modo contorto comunque lo era ugualmente.
- E’ fottutamente ovvio che abbiano dimenticato quello che non andava bene, hanno tralasciato le cagate che hai fatto perché le cose buone alla fine hanno maledettamente superato quelle di merda! Volevano solo che qualcuno li facesse smettere di combattere… -
Mike sorrise perdendo lo sguardo nel vuoto intorno a loro, quindi rafforzò a sua volta la presa intorno alla vita e carezzandogli la schiena se lo ancorò addosso con tutta l’intenzione di non mollarlo mai più.
- E tu? Saprai dimenticare quello che ho fatto di sbagliato? Cosa ricorderai di me quando me ne sarò andato? -
Chester si irrigidì alzando gli occhi al cielo, certamente il tono tenero e confidenziale di Mike non bastava a placare il fastidio davanti a certi discorsi che reputava semplicemente odiosi, inutili ed insopportabili.
- Chi cazzo se ne fotte? Tanto non morirai prima di me, esisto proprio per impedirlo! -
Mike su questo non fu d’accordo e alzando il capo dalla sua comoda postazione, lo guardò da vicino sfiorandogli la bocca con la propria:
- Tu esisti per mantenere il mio cuore al proprio posto in modo che non affoghi nel buio. Non certo per farmi da scudo! - Poi si ricordò della battaglia e come se fosse un argomento di cui avesse voluto parlargli da tempo senza mai trovare l’occasione, decise che quella era l’ora. - E visto che ci siamo, per il futuro, evita di farlo perché anche se hai la pellaccia dura, non sei un androide completo! -
- Grazie a Joe! - Sbottò sentendosi sinceramente grato a Joe per averlo reso il più umano possibile.
- Si dice grazie a Dio, se è un ringraziamento onesto quello che vuoi fare… - Lo corresse Mike pensando si riferisse ad un modo di dire comune a più o meno tutti.
- No! - Esclamò invece Chester fissandolo stranito non capendo cosa c’entrasse Dio: - E’ stato Joe a togliermi tutte le parti androidi possibili… mica Dio! -
Mike rise nascondendo il viso sulla sua spalla nuda, proprio sopra la cicatrice provocata in battaglia nell’occasione appena citata, e senza il tempo di rattristarsi per il momento in cui aveva fortemente creduto di averlo perso poco dopo averlo ritrovato, si sentì sciogliere dall’abbraccio e tirare verso il letto matrimoniale che si era fatto montare in quella tenda dalle dimensioni spropositate che sembrava quasi una casa vera e propria.
Mike si lasciò adagiare giù e l’accolse sopra di sé come una coperta calda, lo sentì mentre si reggeva sulle braccia per non pesargli troppo addosso col suo corpo da mezzo androide, così dopo averlo osservato di nuovo con attenzione una volta che furono comodi riprese di nuovo serio, con solo un alone di sorriso sulle labbra:
- Ma non mi hai risposto. - Voleva saperlo e Chester sapeva che quando quello si metteva in testa una cosa, per quanto anch’egli fosse testardo, non c’era verso di convincerlo a farlo desistere!
Sbuffò spostandosi appena di lato sul gomito ed appoggiò la testa al palmo, così guardandolo infastidito dal dover parlare di quegli argomenti che detestava, si ripeté la domanda di Mike.
- Cosa ricorderò quando te ne sarai andato? In punto di morte si cercano i momenti felici della propria vita e se non ci sono allora si crepa male. - Lo disse per esperienza personale e Mike lo capì subito, quindi non lo interruppe facendosi attento e lasciandolo proseguire. Chester con una punta evidente di dolore lo fece: - Non so cosa ricorderò quando te ne sarai andato tu, ma so cosa ricorderò quando me ne andrò io. Lo so perché mi è già successo. Cazzo, ricordo tutto di tutto… cinque anni passati ad osservare ciò che accadeva intorno a me e a cercare di far fare al mio corpo quello che volevo. Cinque anni passati a vederti soffrire e non poterti toccare, a non sentire quando le mie mani per caso lo facevano, quando la mia bocca baciava la tua mano. Cinque anni a volerti consolare, baciare, saltare addosso, gridarti di tutto, riportarti in rotta… cinque fottuti anni passati come uno spettatore di merda di me stesso… non ho mai dimenticato niente. - Mike cominciò lieve a muovere le dita sulla sua schiena sentendo il leggero rilievo dei tatuaggi e di qualche cicatrice di guerra. Questo lo rilassò immediatamente, così lasciò andare la sua cupezza e proseguì con quello che invece voleva dire: - Quando sono svenuto l’ultima cosa che ho visto è stato il tuo viso e con esso ho pensato di crepare, ma mi sono detto che almeno ero fra le tue braccia, almeno sentivo vagamente da lontano la tua voce isterica che mi chiamava. Almeno ero con chi amavo. Almeno avevo amato. Almeno mi ero fatto amare. Perché poi l’ho sentito lì, in quell’istante. Il tuo sentimento mi ha investito come l’onda d’urto di una bomba atomica. -
Chester allora si fermò di nuovo, sospirò increspando la fronte, erano momenti dolorosi di cui parlare e non l’avevano mai fatto per un motivo. Certo, il tempo era stato tiranno da quando era tornato, però non avevano comunque voluto rovinare il delicato equilibrio che giorno dopo giorno avevano ritrovato.
Mike assorbì i suoi lineamenti tirati in uno stato di sforzo nel parlare di quell’argomento, ne rimase catturato, una volta più innamorato che mai, e con l’altra mano gli carezzò il viso adagiando la testa sulla propria spalla, dopo di ché si girò verso di essa e la baciò. Lo tenne a sé in quel modo dolce e protettivo e Chester continuò a sentire quel caldo incoraggiante da cui non si sarebbe mai più separato.
Era stata dura.
Era stata dannatamente dura.
Aveva passato l’inferno più atroce mai esistito, però ce l’aveva fatta. Era sopravvissuto ed ora poteva stare lì a raccontarla.
Il resto poteva andare a farsi fottere, si disse.
Vinceva una guerra, era anche capace di parlarne, poi!
Non esisteva niente che lui non riuscisse a fare o che per lo meno non provasse.
- C’è stato un momento nel quale ero disperso nel nulla. Non c’era niente di niente se non io e la mia coscienza ed i miei ricordi, allora mi sono aggrappato ad essi per paura di non essere più io da lì a poco. Erano le volte in cui sono stato con te, quei ricordi. Ciò che mi ha permesso di ritornare nel mio corpo del cazzo e lì di rimanerci per questi cinque fottuti anni. Se non mi sono perso è grazie a ciò che mi ha formato nel profondo rendendomi quello che sono e sai cosa cazzo sono? L’ho capito grazie a quei ricordi. Non sono un fottuto combattente e nemmeno un maledetto generale. Sono un uomo innamorato ed è questa la mia essenza più profonda che mi ha permesso di aggrapparmi con unghie e denti a me stesso senza perdermi. Sarebbe stato un attimo, c’era qualcosa che mi risucchiava, che mi chiamava, mi voleva, ma io avevo paura a lasciarmi andare perché sapevo che se mi fossi abbandonato poi non sarei mai più stato io, mi sarei perso… ed io non volevo non essere più io. Così lì, istintivamente, ho preso ciò che ero profondamente, ciò che contava di me sopra ogni altra cosa, ed ho lavorato su di essa in modo da non perdermi. Ho trovato te. Ed una volta che il tuo viso, la tua voce ed i ricordi felici in tua compagnia sono diventati sempre più forti e presenti, sono tornato in superficie. -
Chester si sentì quasi smarrito per un secondo, parlando di quel momento tremendo. Ancora una volta furono le braccia protettive e presenti di Mike a tenerlo lì, le sue labbra che gli baciavano a ripetizione e dolcemente la fronte, il battito regolare del suo cuore nel suo petto su cui era adagiato.
Lui, ogni dannatissima volta, a salvarlo sempre.
- Cosa ricorda un uomo quando chi ama se ne va? - Concluse poi rifiutandosi di metterla sul piano personale ed ammettere l’eventualità che Mike potesse effettivamente andarsene per primo. - Semplice. - Fece tornando sé stesso con una facilità apparente disarmante. - Ricorda solo ciò che ha contato veramente in vita. Se è una persona che è stata capace di farsi amare, chi resta ricorderà il bene che ha fatto, altrimenti sarà il male. -
- Si raccoglie alla fine della propria vita e sarà solo ciò che si ha seminato. - Concluse Mike stesso orgoglioso di quella risposta con la quale era in perfetta sincronia. Entrambi sorrisero e Chester alzò la testa dal suo rifugio, lo guardò da vicino e piegandola di lato lo fissò con uno strano sorrisino allusivo.
- E tu pensi di essere stato salvato da me! - Fece spontaneamente ironico intendendo che in realtà, dal suo punto di vista, era tutto il contrario. Mike sorrise capendolo e Chester di rimando ghignò scacciando ogni ombra una volta per tutte: - Sapessi tutto quello che hai fatto tu per me semplicemente esistendo! - Poi si accorse di ciò che aveva detto e premendo con un certo imbarazzo il viso contro il suo petto, riemerse ridendo schernendo sé stesso per alleggerire la situazione sotto cui stava sprofondando: - Ma lo vedi cosa cazzo mi fai dire? Sono proprio fottuto! -
- E perché mai? - Chiese Mike reputando invece quello che aveva appena detto estremamente bello, tanto che non aveva pianto solo perché ormai l’aveva fatto troppo!
- Perché sono innamorato di te, cazzo! Più fottuto di così! - Alla fine non poté che scoppiare a ridere anche l’altro che cingendogli il capo con entrambe le braccia l’attirò a sé premendo la bocca sulla sua, in un bacio che aveva tutta la gioia di quei cinque anni massacranti e tremendi. Quella gioia incontaminata, meritata e totale che finalmente li avrebbe fatti volare arrivando in alto, dove giustamente dovevano stare.
Chester approfittò subito per infilarsi fra le sue labbra e trovandolo cominciò un gioco che ora aveva ampiamente tempo per fare. Un gioco che di casto e infantile aveva ben poco e che Mike accolse ed assecondò ben volentieri.
Fu come sentirsi spazzati via da un vento fortissimo, come venire investiti dalla luce accecante di mille soli, come bruciati da un incendio furente, come scossi da un terremoto violento, come elettrizzati da un fulmine potente, come lavati via dal fiume impetuoso mai esistito.
Quella, la loro felicità.