NOTE:
questa fic l’ho scritta quando è morto Chris Cornell, molto amico di
Chester. Lui, infatti, è padrino di una delle sue figlie. Quando ho
sentito la notizia ho subito pensato a lui ed anche se non sono mai
stata una fan di Chris (non perché non mi piacesse, semplicemente la
mia strada non mi ha portato a lui), ho voluto scrivere qualcosa per
segnare quel momento. La gente che si fa tatuaggi (non per moda
ovviamente), lo fa per marcare un momento particolare, una persona
speciale, un sentimento specifico. Per ricordarlo. Io scrivo fic per lo
stesso motivo. Questa fic è per segnare un dolore che nessuno dovrebbe
provare: la morte di un caro amico. Buona lettura. Baci Akane
Quando apprendo la notizia è
mattino presto, mi sono appena svegliato e controllando i social e le
mail prima di scendere dal letto, la notizia che risuona è una delle
peggiori di questi ultimi anni.
Chris Cornell è morto, le circostanze non sono chiare.
Mi metto una mano sulla bocca e chiudo gli occhi mentre il cuore inizia a battere fortissimo e a far male.
Il viso di Chester mi si forma subito in testa, sarà devastato.
Mi alzo subito e con l’ansia
di sentire come sta, lo chiamo mentre esco dalla camera, ma ovviamente
non risponde, il suo telefono è spento ma scommetto che già lo sa e che
non è a casa. Là non può essere sé stesso, è un marito, un padre, è
Chester quello allegro, scemo e scorbutico, lunatico, ma non triste o
chiuso.
Ci penso un istante e so
dov’è, così mi lavo velocissimo in bagno mentre aspetto che la
macchinetta mi faccia il caffè, mi infilo una tuta senza far caso a
qual è, prendo il caffè ed esco di corsa senza svegliare nessuno.
È una di quelle mattine
grigie, le nuvole non sono basse e nere ma rendono tutto cupo ed umido
e ti fanno passare la voglia di uscire e fare qualcosa.
Sospiro e spengo lo stereo
quando si accende automaticamente, guido per le vie deserte della Los
Angeles periferica dove molte ville costose di vip si estendono,
viaggio fino ad uscire un po’ ed arrivo alla nostra sede, in una zona
ancora più calma, fra gli alberi ed uno di quei rari paesaggi che ti
mettono pace di questa affollata città. Quando ho trovato questo posto
era da ristrutturare e nessuno ci aveva visto quel che ci ho visto io.
L’ho preso, ho fatto un progetto, l’ho mostrato ai ragazzi, Joe ha
contribuito, gli altri hanno detto cosa sarebbe stato bello averci
dentro, Brad con la sua praticità ha aggiunto cose molto utili e poi
l’ho fatto realizzare.
Oggi è la nostra ultima sede definitiva e ne sono maledettamente orgoglioso.
Una bella costruzione a due piani in mezzo a degli alberi, un posto davvero pacifico e tranquillo.
Entro dalle porte a vetro con
il nostro marchio, vado subito su di sopra e comincio a cercarlo, lo
trovo seduto al pianoforte, lo fissa ma non suona.
In questo momento lo vedo
piccolo. È seduto, le spalle ricurve, le mani abbandonate fra le
cosce e fissa i tasti che non tocca. Intorno il silenzio ed il
vuoto lo accolgono, è semi buio, non ha acceso luci, solo alzato la
persiana.
Non ho fatto rumore, ma sto per accendere la luce quando lui, che mi dà le spalle, inizia a parlare piano.
- Mi chiedo se obbligandolo a
fare quella cena insieme che rimandava da tempo, sarebbe cambiato
qualcosa… - E da qui capisco che si sta colpevolizzando. Forse è
normale quando uno dei tuoi migliori amici muore e Dio solo sa se è
stato suicidio od overdose accidentale o un malore dovuto a chissà
cosa. Quante cause possono esserci?
Senza fargli dire niente, mi avvicino da dietro e lo circondo stringendolo a me.
- Ehi, babe… - Mormoro mentre lo avvolgo e si appoggia a me adagiando la testa all’indietro, sulla mia spalla.
Gli bacio la guancia che è
bagnata di lacrime e mentre lo stringo mi dà la sensazione che mi dava
negli anni bui, quando ogni volta che lo toccavo sembrava consumato ed
allora avevo paura a toccarlo.
Questa volta lo stringo,
fragile fra le mie braccia, smarrito e carico di un dolore che capisco
bene, perché solo poco tempo prima ho passato un dolore uguale.
La morte di chi amiamo è
insopportabile, non ci sono cose che si possono dire, non esistono. Per
questo credo negli abbracci silenziosi.
- Sembra si sia impiccato. -
Dice poi come una sentenza, la voce è rotta, tira su col naso e non
riesce a continuare, io aumento la stretta e sposto la mano sui suoi
occhi, glieli copro e gli giro il volto verso il mio collo.
Chester si aggrappa voltandosi
anche con il corpo, così lo sollevo e lui si lascia fare docile, poi mi
siedo al suo posto al sedile del pianoforte e me lo sistemo sopra.
Lui si adagia sulle mie gambe,
mi stringe con le braccia e nasconde il viso, rimane così su di me, io
lo abbraccio forte e lo sento che si scuote mentre piange.
Chris era un suo caro amico,
Chester ha fatto da padrino a una delle sue figlie, passavano molto
tempo insieme quando riuscivano.
Quando ho saputo che Chris era
morto ho subito pensato a lui ed ora che ce l’ho fra le braccia a
piangere so che non potrò aiutarlo a stare meglio, posso solo aspettare
paziente che il tempo attenui e quando se la sentirà, ascolterò quel
che prova, che condividerà con me. E cercherò di farlo ridere, farlo
stare bene, proteggerlo dagli scoppi che gli verranno ogni volta che
qualcuno parlerà di Chris.
Farò tutto quello che posso, ma soprattutto ci sarò sempre.
Chester non smette di
piangere, non parla, noi non ci muoviamo per un po’, poi sembra
calmarsi, credo non pianga più ma rimane seduto su di me così per un
tempo indefinito. Infine si solleva piano, ha la faccia rossa, gli
occhi piccoli e gonfi di lacrime ed io sorrido dolcemente
asciugandoglieli, si pulisce con le maniche della felpa che indossa che
fa da fazzoletto, sorrido per il gesto tipicamente infantile e lo aiuto
a pulirsi le guance.
- Mi suoni qualcosa? - Non si
può parlare di cose così brutte, non si può dire quello che si pensa. A
volte se lo facessi sarebbe come perdere troppo di sé. A volte è come
se esprimendo il proprio stato d’animo tu sporcassi la memoria di
qualcuno, perché le parole non sono sufficienti.
È qua che entra in gioco la musica.
Perché a volte le parole non bastano, a volte sono un crimine rispetto quel che provi.
Annuisco sempre con dolcezza,
lui scende da me, prende un altro sgabello e si siede vicino, appoggia
la testa alla mia spalla ed io, rivolto verso il piano, schiena dritta,
fermo, inizio a suonare liberando dalla testa, dal cuore e dall’anima
il dolore che Chester col suo pianto mi ha trasmesso.
La melodia che ne esce è molto
triste e malinconica e la faccio pensando a quanto male faccia perdere
qualcuno, ma ancor di più quanto male fa non poter aiutare la persona
che ami, che soffre in quel modo.
E mentre suono penso a cosa
sarebbe successo se Chester non fosse riuscito a disintossicarsi del
tutto. Magari oggi piangeremmo per un anniversario doloroso e tragico
che lo riguarda, magari le nostre vite sarebbero così diverse, così
tristi. Magari non mi sarei mai rialzato, i rimpianti, i rimorsi mi
avrebbero divorato.
La forza di vivere, quando
guardo Chester oggi vedo questa forza di vivere che è riuscito a tirare
fuori nel suo momento peggiore, quando poteva solo scegliere se
uccidersi come ha fatto Chris stanotte, oppure rimanere vivo e lottare.
Sono felice che abbia trovato
da qualche parte la forza di lottare. Sono felice che lui oggi sia qua
con la testa appoggiata alla mia spalla, vivo. E sono felice che sia
una persona forte, serena, vitale, allegra e che sia felice a sua
volta.
Che Dio lo protegga sempre dai
dolori insopportabili della vita, che Dio continui a dargli sempre i
mezzi e la forza per superare ogni ostacolo e dura prova.
E Ti ringrazio per avermelo lasciato al fianco.
Quando le dita si alzano dal
piano perché penso d’aver suonato per quindici minuti di fila una
melodia tristissima, lui mi prende il braccio, scende fino al polso ed
intreccia le dita alle mie.
Le stringiamo insieme,
appoggio la guancia alla sua testa e rimaniamo così per un altro po’,
in silenzio, senza dire nulla. Lui prende da me la forza che io gli do.
- Ti amo. - Mormora finalmente dopo qualche giro mentale avuto durante la mia sonata.
- Ti amo anche io. - Rispondo calmo.
- E grazie per non aver mai mollato con me. - Sorrido.
- Stavo per dire la stessa
cosa. Grazie per non aver mollato. - Perché anche se siamo diversi,
siamo uguali in quello che proviamo uno per l’altro. Ed entrambi siamo
convinti che sia merito dell’altro se lui ce l’ha fatta.
Alza la testa lentamente, mi guarda ed anche se è sciupato, finalmente fa un piccolo sorriso tirato.
- Se pensi che io stia male od
abbia problemi, ti prego di non lasciarmi mai solo. Mai. - La sua
richiesta mi fa rabbrividire e non serve che dia voce ai suoi pensieri,
ora. Chris si è ucciso, una persona riesce a togliersi la vita perché
in quel momento ha dei problemi oppure ha qualcosa che non va ed è
sola.
In quel momento specifico in cui non deve stare sola, lui lo è.
- Sai che non lo farei mai. - rispondo serio, con gli occhi lucidi all’idea di poterlo perdere così.
Dopo suggelliamo questa piccola promessa con un bacio leggero.
A volte pensi di non poter far
nulla per aiutare qualcuno che soffre. Ma, a volte, ti sbagli. Perché
magari basta che tu gli stia vicino. A volte non basta, forse, però in
altre è la differenza sostanziale fra vivere e morire.
- Spero che Chris abbia
trovato la luce, alla fine del suo tunnel. - Ripenso alle parole del
nostro ultimo, discusso agli occhi del mondo, album.
Un’ultima luce, alla fine, c’è sempre. Devi solo afferrarla.