NOTE: non chiedetemi
come mi è venuta in mente questa storia, quello che posso dire è che ho
letto in un’intervista che Mike quando ha l’ispirazione e non ha carta
e penna diventa isterico e si calma solo se riesce a scrivere quello
che cerca di uscirgli (come me). Poi non so che dire, avevo come lui
ispirazione ma non sapevo di preciso cosa avrei scritto, non ci pensavo
minimamente a quello che poi è venuto. Posso dire che è una fic che ha
un po’ tutto, dalle parti divertenti a quelle serie e sentimentali. E
che la storia che poi racconta Mike è di mia totale invenzione, così
come un concerto in un posto simile. Non chiedetemi inoltre
l’ambientazione precisa di questa fic che non so dirvela, immagino si
possa dire un futuro più o meno prossimo… penso che questa fic sia
molto diversa da ciò che scrivo di solito, ma giudicate voi.
Ad ogni modo
ringrazio chi leggerà e commenterà.
Auguro a tutti
buona lettura.
Baci Akane
PS: la canzone
di riferimento non esiste ma a distanza di mesi dalla scrittura
di questa storia è uscito il nuovo album all'interno del quale c'è una
canzone la cui musicalità e vagamente le parole mi ricorda l'atmosfera
di questa fic... Roads untraveled.
UNA NOTTE, IN UN
PAESE LONTANO…
Probabilmente
quello fu l’inverno più freddo degli ultimi anni, per lo meno lì dove
erano loro.
Dove?
Un buco di
albergo in un buco di città in un buco di Stato, uno di quei postacci
dove poteva venire in mente solo a Mike di suonarci.
Perché, poi?
Perché non ci
erano mai stati e avevano ricevuto richieste per live provenienti anche
da lì, una di quelle solite petizioni dei fan.
Ne ricevevano a
bizzeffe per richiedere al gruppo un live nel loro Stato, naturalmente
su mille Mike ne selezionava di tanto in tanto una, la città più
sconosciuta dell’Universo.
Chester nemmeno
ricordava in che continente si trovassero, sapeva solo che avevano
dovuto prendere l’aereo e che erano saliti col sole e scesi con una
tempesta di neve apocalittica.
- Dove cazzo
dobbiamo suonare, noi? - Chiese mettendosi la sciarpa fin sotto agli
occhi, due lame castane maledettamente espressive che fulminavano un
sorridente ed estasiato Mike che a braccia larghe e mani senza guanti
cercava di prendere quanti più fiocchi poteva.
- Siamo in un
locale cult del posto che ospita spesso concerti… -
- Giusto perché
siamo in culonia e quindi verranno quattro fottuti uomini delle nevi
messi in croce! -
Esclamò con un
ringhio Chester. Mike, con ancora un gran sorriso contento sulle
labbra, gli andò davanti ed invece di rispondergli gli calò la cuffia
sugli occhi in modo da coprirgli completamente la faccia.
I suoi
brontolii furono comunque oltre la soglia consentita visto che si
sentivano più dell’ululato spietato del vento.
Sentì anche gli
altri lamentarsi ed in quello Mike alzò le spalle, potevano dire quello
che volevano, loro, il manager e chiunque altro dell’organizzazione…
lui aveva voluto quel posto con tutto sé stesso e non c’era stato Santo
che avesse tenuto, nessuno era riuscito a farlo desistere.
- Ma è vero che
è un posto imbucato, mi ricordo la petizione che ci hanno spedito, era
un numero comunque inferiore a molti altri Paesi più grandi e
conosciuti… non abbiamo nemmeno uno Stadio, qua… - Prese la parola Joe
il quale dopo Chester era il più lamentoso.
- Certo, perché
qua è sempre Inverno! Se lo facessimo all’aperto congeleremmo! Anche in
piena estate, fa freddo! - Fece eco Dave il quale si era informato
prima di partire.
Mike non
demorse, come non aveva demorso quando avevano stabilito quella data.
Continuava a
farsi ricoprire di neve più che volentieri e a mantenersi
incoscientemente scoperto rispetto agli altri che avevano solo gli
occhi fuori -e Chester nemmeno quelli.-
- E’ inutile
lamentarsi, Mike ha fatto i capricci per venire qua e quando lui fa i
capricci è impossibile non accontentarlo! -
Concluse Brad
per tutti il quale era più seccato da tutte quelle lamentele che per il
posto in sé.
Mike lo guardò
con gratitudine nonostante non gli avesse fatto poi molti complimenti.
Tutti, infatti,
sapevano bene che i capricci erano una prerogativa di Chester e che se
si metteva a farli Mike era addirittura peggio dell’altro. Davvero
resistergli era impossibile, come aveva detto Brad, ma non perché lo
reputavano un esserino delizioso da accontentare volentieri ma bensì
perché veniva una gran voglia di ucciderlo.
- Andiamo nel
cazzo di albergo, almeno… ho voglia di morire ma non succederà per
congelamento! Creperò bruciando, io! - Chester aveva ritrovato parole
con un senso logico fra i denti che battevano dal freddo.
Dopo di quello
si erano ritrovati in albergo, un luogo fortunatamente caldo nel quale
i cristalli di ghiaccio che ormai si erano formati sui loro indumenti,
si sciolsero trasmettendo alla pelle gelida ed intorpidita una
sensazione da elettroshock.
L’ora era ormai
tarda ed avrebbero suonato solo il giorno successivo, per cui sistemati
in tre camere da due come ormai era diventato di rito -sarebbe stato
troppo sfacciato mettere solo Joe e Dave in due singole-, poterono
subito rilassarsi e finire di scaldarsi come si doveva.
Chester
manteneva un’espressione corrucciata, la rughetta fra le sopracciglia
contratte e il broncio sempre ben in mostra, come per mettere in chiaro
che lui era lì per costrizione e non per scelta.
A lui piaceva
il fresco, certo, mentre il caldo lo squagliava, però quello era troppo!
La prima cosa
che fece fu prepararsi un bagno caldo ignorando completamente Mike
ancora appiccicato alla finestra che guardava la notte innevata. Quando
la vasca fu pronta, senza dire mezza parola al compagno, si spogliò e
si infilò dentro col primo sospiro di sollievo da quando aveva messo
piede giù dall’aereo; fu quello che distrasse Mike…
“Come,
Chez non grugnisce più ma sospira rilassato?! Che miracolo è questo?”
Quando si girò
per verificare, non lo vide in camera e alzando un sopracciglio allungò
il collo.
“Mica sarà in bagno?!”
Naturalmente poteva fare quello che voleva, il punto era che certe cose
Chester non era proprio capace di farle senza renderlo partecipe ed
essendo che quella volta non gli aveva proferito mezzo ruggito, era
quindi decisamente strano.
Infilandosi
nella stanza adiacente che era il bagno la cui porta era anche aperta,
lo vide immerso in una vasca d’acqua calda fumante, aveva l’espressione
di completa beatitudine e la nuca appoggiata al bordo, tutto steso e
rilassato.
Mike rimase
immobile per un po’ a fissarlo. Non poteva crederci, lo guardava eppure
era inspiegabile ciò che aveva davanti agli occhi, se glielo avessero
raccontato non ci avrebbe mai creduto.
- Chester! -
Esclamò dopo un po’ con tono ed aria scandalizzate.
Chester aprì
pigramente gli occhi e lo vide davanti a sé che lo fissava come se
avesse fatto l’eresia del secolo.
- Mmm? -
Nemmeno una parola di senso compiuto riusciva ad uscirgli dalla gola.
- Che fai lì? -
- Un cazzo di
bagno, sei cieco? - Rispondendo tornò a chiudere gli occhi per
concentrarsi sulle parole. Ora la pelle tornava a restituirgli la
sensibilità ed il sangue che si scaldava nelle vene dopo aver corso
come un matto nella differenza drastica di temperature, si era calmato.
Ogni funzione vitale si era abbassata, respirazione, battito cardiaco,
attività cerebrale…
- Lo vedo ma…
perché non mi hai chiesto di farlo insieme? - Il punto non era che
voleva farlo con lui o che si sentiva escluso. Semplicemente era
anormale che Chester non glielo avesse chiesto. Lo faceva sempre.
Chester si
strinse appena nelle spalle, così Mike chiese ancora preoccupato,
accucciandosi accanto alla vasca ed appoggiandosi al bordo vicino alla
testa del compagno che forse dormiva.
- Ma ce l’hai
con me perché ti ho obbligato a venire qua? - Era sinceramente in
pensiero per questo fatto poiché solo lui poteva sapere quanto insolito
fosse un Chester che non lo coinvolgeva in un bagno caldo che potevano
fare insieme da soli.
Il ragazzo
finalmente si decise a riaprire mezzo occhio e posandolo su Mike, notò
la sua espressione preoccupata quindi non poté che accennare ad un
sorriso. Sempre mezzo, visto che anche la capacità di muovere i muscoli
era scesa al minimo per riprendersi dal freddo che aveva provato prima.
- Ma non dire
cazzate! - Il suo modo brusco per tranquillizzarlo. Di solito bastava
ma quella volta Mike sembrava particolarmente convinto del contrario;
vedendo che non cambiava espressione si decise a muovere un braccio e
senza aprire l’altro occhio gli circondò il collo e tirando gli mise la
testa sott’acqua. Mike riemerse poco dopo bagnato fradicio coi capelli
appiccicati sulla faccia. Se li portò all’indietro con le mani anche se
qualche ciocca ricadde ai lati, lì Chester aprì anche l’altro occhio e
lo guardò meglio quindi al suo: - Ma se matto? - finalmente rise
realizzando quanto buffo fosse quel suo preoccuparsi seriamente per una
cosa del genere quando invece si era altamente fregato di loro nel
momento in cui aveva scelto quel Paese sperduto e gelido.
- Sei tu che
sei matto! Prima ci trascini in culonia rompendo consapevolmente i
coglioni a tutti e poi ti preoccupi se faccio un fottuto bagno da solo?
Sei completamente schizzato, Mike! -
Solo sentendola
da quel punto di vista ed in modo effettivamente chiaro ed esauriente,
Mike si rese conto che messa così poteva davvero sembrare un
controsenso e si mise a ridere a sua volta.
Vedendolo,
Chester si rilassò e scacciando immediatamente la voglia di sparargli
che aveva avuto mettendo piede in quel posto, senza toccarlo più con un
dito si accucciò dentro la vasca nella stessa posizione dell’altro da
fuori e allungandosi verso il suo viso gli chiuse le labbra con le
proprie, impedendogli un sermone che sapeva di lì a breve sarebbe
cominciato.
Mike se ne
stupì credendo che Chester a quel punto avrebbe voluto avere delle
spiegazioni, suo malgrado accolse ben volentieri la sua bocca
schiudendo la propria per andargli incontro con la lingua. Trovati, si
intrecciarono con calma placida, chiudendo entrambi gli occhi e
godendosi quello che finalmente era il primo momento di autentica
beatitudine.
Dopo qualche
secondo Chester smise di baciarlo e sempre contro le sue labbra e
mantenendo le palpebre abbassate, consapevole che invece Mike lo stava
ora guardando, disse con ancora le mani dentro l’acqua:
- Non me ne
fotte niente di perché cazzo hai voluto venire qua a tutti i costi.
Tanto ormai ci siamo. - Lo prevenne sapendo perfettamente ciò che
pensava, quindi Mike si rilassò accennando ad un vago sorriso di
stupore, Chester aveva sempre quel potere che sebbene ne fosse
consapevole, quando lo usava non poteva non rimanere senza parole nel
constatare che riusciva sempre a capire cosa gli passasse per la testa.
- Probabilmente è qualcosa legato a tua madre… non me ne fotte.. -
Aggiunse in un sussurro roco. - Tutto ciò che voglio ora è essere
ripagato del mio grande disturbo… cosa che puoi fare solo tu! -
Concluse soddisfatto con un mezzo ghigno.
Dopo di questo,
sempre senza aprire gli occhi, Chester tirò fuori le mani dall’acqua e
circondandogli il collo con entrambe le braccia si aggrappò alla felpa
di Mike, infine riprendendo a baciarlo con maggiore intensità se lo
tirò addosso costringendolo ad entrare nella vasca con lui così
com’era, vestito e in totale oblio con l’universo intero.
Mike non se ne
accorse nemmeno se non troppo tardi, quando l’acqua strabordò allagando
il pavimento del bagno. Ormai era comunque tardi per preoccuparsi di
qualunque altra cosa, quindi lasciando andare ogni altro pensiero che
aveva avuto da quando aveva scelto questa data, decise di accontentare
il suo compagno ripagandolo del suo grande sforzo. E lui sapeva quanto
grande fosse.
Gli si sistemò
sopra in ginocchio, a cavalcioni, con le gambe di Chester allungate
sotto di sé, quindi smise di baciarlo per aiutarlo a togliersi la
felpa. Essendo pesante e strafonda fecero una certa fatica ed alla fine
Chester la buttò seccato in un angolo del bagno; dopo di che,
riprendendo possesso delle sue labbra ed ignorando la canottiera intima
che gli piaceva particolarmente come gli stava addosso tutta
appiccicata alla pelle bagnata, cominciò sbrigativo ad armeggiare coi
pantaloni.
Per sua fortuna
ne indossava un paio largo e comodo e di nuovo Mike si tirò su per
aiutarlo. Vedendo che era più complicato del previsto, Chester perse la
pazienza e smettendo di baciarlo lo spinse togliendoselo da sopra,
stendendolo dall’altra parte della vasca.
In quella
posizione fu più facile ed in breve, alzandogli le gambe, gli tolse gli
indumenti prendendo via anche i boxer per non ritrovarseli come
ingombro dopo.
La canottiera
continuava a piacergli quindi non gliela toccò e fu lui a stendersi
sopra, sistemandosi a cavalcioni sul compagno al contrario di come
erano prima.
Lo guardò
vittorioso prima di riprendersi le sue labbra piene e pulsanti che lo
chiamavano con una muta richiesta, piegò la testa di lato e con occhi
brillanti si dimenticò totalmente del posto per lui insopportabile in
cui si trovavano.
Si dimenticò di
tutto quello che l’aveva infastidito dall’inizio e senza esitare si
tuffò nuovamente sul compagno che l’aspettava, la sua bocca, la sua
pelle bagnata e calda, il suo collo pulsante, la sua spalla che gli
porgeva, le braccia che lo circondavano impedendogli di staccarsi e di
smettere. E le mani.
Le mani che lo
frugavano, l’accarezzavano leggere e poi profondamente, le dita che si
intrufolavano ovunque, su tutti i loro punti deboli, i gemiti che si
levavano insieme soffocati dalle labbra premute sui loro corpi.
Strofinarsi
l’uno contro l’altro, i bacini che si spingevano l’uno verso l’altro,
l’erezioni che si eccitavano l’una per l’altra.
Chiamarsi
sommessamente senza alcuna richiesta specifica, capirsi senza bisogno
di parlare, muoversi con una calma che sconfinava nella frenesia e poi
venir posseduti da quel fuoco capace di far dimenticare totalmente la
neve là fuori, trovarsi fisicamente, spiritualmente, mentalmente.
Aggrapparsi,
prendersi, possedersi, spingersi, aversi, fondersi, unirsi,
dimenticarsi di tutto, annullarsi e ritrovarsi l’uno nell’altro,
completamente fuori da loro stessi ma pienamente nel compagno.
Stretti,
ansimanti, eccitati, pulsanti, bagnati, confusi, felici.
Beatitudine.
Il momento
perfetto.
Chester si
stava stringendo Mike tenendoselo contro come se potesse scappargli per
non tornare più. Entrambi appoggiati l’uno all’altro, mezzi stesi,
schiena contro petto e le mani che giocavano con le dita altrui senza
farci troppo caso.
Ormai l’acqua
era quasi tiepida ma sembravano starci troppo bene, dentro.
Fu lì, di punto
in bianco, come se qualcuno avesse improvvisamente riattaccato una
spina staccata, che Mike seguendo i propri pensieri schizzò bruscamente
in avanti.
- Bè? - Chiese
Chester contrariato per quel distacco orribile.
Ma Mike era di
nuovo in un altro mondo e senza rispondere, nudo com’era -la canottiera
l‘aveva tolta, poi- uscì velocissimo dalla vasca. Chester si tese per
vedere che gli fosse preso e lo vide camminare come un forsennato per
la camera, bagnato fradicio e con un’aria che definire allucinata era
dire poco.
- Che cazzo
hai? - Chiese senza ottenere di nuovo risposta. Vedendolo più simile ad
un’anima in pena, si alzò a sua volta avvolgendosi in un accappatoio e
prendendo un asciugamano grande per l’altro. - MIKE! - Lo chiamò
gridando per farsi calcolare e funzionò visto che Mike continuando a
frugare borse, valigie e cassetti lo guardò con un’aria d’emergenza:
- Carta e
penna! -
Chester rimase
inebetito a guardarlo ma vedendo che non smetteva di cercare come se
fosse questione di vita o di morte, espresse le proprie perplessità:
- Cazzo Mike,
sei nudo e bagnato e ti serve assolutamente carta e penna? PROPRIO DOPO
CHE ABBIAMO SCOPATO?! - Quello effettivamente era la cosa più grave e
Mike in quello gli si rivoltò contro con aria estremamente isterica:
- PROPRIO PER
QUELLO MI SERVE ORA! -
- MA SEI SCEMO?
- Lo chiese gridando pensando che non lo sentisse molto bene!
- MI SERVE
CARTA E PENNA, CAZZO! DEVO SCRIVERE! DAMMI CARTA E PENNA! -
Chester era
impietrito.
Mike era
totalmente isterico e cominciava seriamente a sentire una voglia
stratosferica di ucciderlo, magari immergendogli la faccia nella sua
adorata neve!
Poi si ricordò…
faceva così quando aveva un’ispirazione impellente e quando l’aveva
doveva assolutamente scrivere, era proprio un’emergenza!
A lui non
succedeva così, quando aveva l’ispirazione e non poteva scrivere
riusciva a trattenersi, non diventava matto come Mike… però c’era da
dire che quando lui era così e scriveva, poi si calmava immediatamente
e finiva per scrivere delle canzoni bellissime.
Per cui quando
succedeva tutti correvano come schizzati a cercargli carta e penna.
- Cazzo, non te
ne separi mai! - Disse Chester dimenticandosi di coprirlo e cominciando
a cercare a sua volta carta e penna senza successo.
- Lo so, porca
puttana, ma questa volta l’ho dimenticata! - Rispose con voce stridula.
Sentendolo usare un linguaggio del genere Chester ebbe la completa
consapevolezza di quanto fosse fuori di sé.
Anzi. Più
completa l’ebbe quando senza pensarci un secondo si diresse verso la
porta:
- Dove cazzo
vai? - Chiese Chester sconvolto.
- Dagli altri a
vedere se hanno carta e penna! Se non la porto io di solito ce l’ha
Brad! -
Chester allora
gli corse dietro chiudendogli la porta sul naso prima che potesse
uscire.
- Ma che cazzo
c’è? - Chiese arrabbiato Mike guardandolo furente.
- SEI NUDO! -
Così urlando gli avvolse l’asciugamano alla vita coprendolo.
- Oh… - Fece
Mike tornando in sé, rendendosi conto che stava per uscire nudo e
crudo.
Finalmente si
calmò e con aria desolata e da cucciolo imbronciato, disse abbassando
gli occhi:
- Ho bisogno di
scrivere… -
Chester allora
rise, non le faceva quasi mai quelle espressioni ma quando gli venivano
non poteva che ridere.
- L’avevo
capito! - In un attimo si dimenticò della voglia di ucciderlo e
spettinandogli i capelli bagnati lo mise in parte:
- Vado a vedere
io, tu sta qua! - Ovviamente non si fidava a mandare Mike in giro in
quelle condizioni…
Fu così che
quando tornò lo trovò vestito e asciutto, coi capelli pettinati
all’indietro e seduto alla finestra a guardare fuori.
Si fermò
accennando ad un sorriso accondiscendente che normalmente solcava il
volto di Mike e non di Chester, quindi senza dire niente gli fece
scivolare carta e penna sul balcone, davanti a sé.
Mike si girò
appena regalandogli un sincero sorriso di gratitudine dei suoi che
demolivano il compagno ogni volta, dopo di quello si tuffò nel foglio e
cominciò a scrivere fitto e veloce esternandosi dal mondo e da ogni
cosa esistente.
Lo vide
annullarsi e viaggiare lontano e solo lui sapeva dove fosse finito. Fu
lì che sentì il desiderio di sapere il motivo per quel posto ma si
vestì e si sedette ad aspettare i suoi tempi, consapevole che quando
avrebbe finito gli avrebbe raccontato tutto.
Si perse a sua
volta ad osservarlo, aveva un’espressione molto intensa e per un attimo
gli piacque persino la neve che cadeva furiosamente fuori. La trovò
bella solo perché Mike a quanto sembrava l’adorava.
Quando ebbe
finito, dopo poco meno di un’ora, Mike mise giù la penna e si
stiracchiò guardando fuori, riprese lentamente contatto con la realtà e
si rese conto di essere osservato, così smise di fissare la neve e si
girò verso il compagno steso comodamente nel letto lì vicino.
Gli sorrise
teneramente per ringraziarlo della sua pazienza -e solo lui sapeva
quanta ne avesse avuta quella volta-, così gli porse il foglio e gli si
stese dietro, di lato, circondandogli la vita con un braccio e
appoggiando la testa sull’altro.
Lo vide leggere
attento e serio e nel mentre gli ricoprì di piccoli baci leggeri la
nuca dai capelli corti.
Quando ebbe
finito Chester mise il foglio sul comodino e si accoccolò meglio contro
di lui, posizionandosi di schiena sul materasso e appoggiando la testa
contro la sua spalla, rimanendo a godersi il compagno pensieroso.
- Allora? -
Chiese Mike.
- Strano… -
Rispose Chester cercando le parole adatte.
- Ma ti piace?
- Come se fosse possibile che un suo testo non gli piacesse…
- Certo! -
Rispose ovvio guardandolo da vicino. Mike sorrise sollevato e se lo
coccolò passandogli pensieroso le dita sulla schiena, poi senza che
glielo chiedesse cominciò a spiegargli la storia dietro quel posto
particolare.
- Ero piccolo
ed era un periodo in cui eravamo senza televisione, così la mamma per
passare le serate e far stare tranquilli me e mio fratello ci
raccontava episodi della sua infanzia, di viaggi che aveva fatto e di
cose strane o buffe che le erano capitate. Le mie preferite erano
quelle di quando ci raccontava di cose inspiegabili che le erano
accadute ed una ricorreva in special modo, gliela facevo ripetere quasi
ogni volta fino alla nausea. Per me era una storia fantastica.
Quando era
ragazza le capitò di fare un viaggio lontano da casa, era uno dei primi
che faceva da sola e non essendo pratica di mezzi di trasporto finì per
errore in una destinazione sbagliata.
Naturalmente
era un posto decisamente isolato e non sapendo come fare andò nel
panico.
In stazione le
dissero che per quella giornata i treni erano finiti poiché essendo in
pieno inverno, di notte non viaggiavano. Faceva un freddo pazzesco e
nevicava della grossa. Così su consiglio dell’operatore andò in paese
in cerca di una pensione ed un posto dove dormire. Purtroppo non ne
trovò alla sua portata, la temperatura scendeva vertiginosamente ed era
sempre più tardi, così non sapendo come fare -e figurati se quella
volta c’erano i cellulari- entrò in un locale nella speranza che
tenessero aperto abbastanza da poter ripararsi per la maggior parte
della notte.
Purtroppo venne
importunata da dei ragazzi ma venne aiutata da un giovane che si
dimostrò molto gentile. Questi era proprio il figlio del proprietario
di una pensioncina poco conosciuta poco distante da lì. Lei si fidò
subito di lui, ad istinto, così lo seguì. La pensione c’era davvero ed
il proprietario era una persona molto gentile che le fece un prezzo di
favore. Lei riuscì a pagarli e passò la notte lì. La mattina dopo si
svegliò preso per prendere il primo treno, quindi quando andò a
salutare il signore, chiese del figlio e lo vide incupirsi e con dolore
le chiese come mai voleva sapere di lui. Lei non capiva, suo malgrado
le disse che voleva salutarlo e ringraziarlo, allora l’uomo le chiese
se fosse una sua amica di vecchia data e da quanto non veniva lì. Lei
disse che non era mai stata lì e che era capitata in quel posto per
errore ma che grazie a suo figlio che la sera prima l’aveva aiutata,
aveva trovato un modo per passare la notte. L’uomo piangeva e lei
preoccupata chiese cosa gli prendesse, così fra le lacrime disse che
suo figlio era morto qualche anno prima, era rimasto vittima di un
gruppo di teppisti che, proprio nel locale dove era stata lei la sera
prima, aveva importunato una ragazza e lui era intervenuto per aiutarla
finendo purtroppo male.
Lei era
sconvolta e solo quando vide la foto di ricordo del giovane appesa
insieme a delle candele se ne convinse. Infatti quando l’uomo le disse
che la sera l’aveva vista arrivare nella pensione da sola al contrario
di come era sicura di esserci arrivata lei, ovvero accompagnata dal
ragazzo, non poté che accettare di aver vissuto un’esperienza
incredibile.
Si rispose che
probabilmente il giovane morendo in quel modo traumatico era rimasto
sospeso in quel mondo e incapace di staccarsi da lì, di tanto in tanto
riviveva quella notte come avrebbe voluto che andasse nella speranza di
riuscire un giorno ad accettare la sua fine. Per lei quello era il suo
purgatorio, uno stato auto inflitto dall’anima stessa convinta di non
meritarsi subito il paradiso.
Lei credeva
molto a questo genere di cose e ce ne raccontava molte di storie così.
Mio fratello ha sempre creduto che quella come molti altri racconti
fossero per l’appunto cose di sua invenzione, ma io -forse perché sono
uno più credulone e sognatore- ci ho sempre creduto.
La città era
questa e quando ho visto fra le petizioni una -seppure di poche firme
rispetto a molte altre- che veniva da questo posto, mi sono subito
ricordato della sua storia. Lei ci diceva sempre il nome della città
specifica ma essendo un nome sconosciuto e mai sentito non potevamo
essere sicuri che esistesse davvero. Quando ho visto che era vero mi
sono ricordato di tutto ed anche se erano storie che crescendo avevo
accantonato, una volta che ho messo piede qua ho rivissuto tutto come
se fossi io stesso il protagonista di quella vicenda. Purtroppo ho
visto che sia la pensione che il locale non ci sono più ma molte cose
della città che lei ci descriveva sono identici, così come la neve che
infuriava quella notte così com’era questa. -
Mike fece una
pausa lasciando qualche istante di silenzio, un silenzio perfetto e
totale. Chester respirava piano ed era attentissimo, guardava fisso
davanti a sé ma non era né turbato né incredulo, solo semplicemente
serio come poche volte sapeva essere in quel modo.
Dopo di che
Mike riprese:
- Sono
consapevole che potrebbe anche essere solo un viaggio che lei ha fatto
qua, magari sempre per sbaglio, e che per tenerci buoni ha arricchito
di quella storia straordinaria e che dopotutto fosse vero solo la città
e non la vicenda. Mio fratello ne è convinto… l’ho chiamato prima di
venire e gli ho detto che il paese esisteva davvero! Lui ha detto che
probabilmente era l’unica cosa vera. Ma io sono convinto che fosse
reale ogni cosa e anche se così non dovesse essere non importa cosa è
stato e cosa non è stato. Conta che lei è stata qua e che magari l’ha
vissuta veramente o magari l’ha inventata per noi, ma comunque in un
modo o nell’altro qualcosa da qui è nato. Sarebbe come trovare un
armadio uguale a quello che porta a Narnia. Non importa che poi non ci
sia nessun passaggio per quel mondo. Conta che comunque l’armadio ci
sia e che abbia ispirato una storia meravigliosa a qualcuno che ha
saputo renderla reale per molti. E che di questi almeno un paio ci
credono, chi lo sa… -
Chester non
disse niente, rimase pensieroso e catturato dal suo tono oltre che
dalle sue parole. Catturato dall’atmosfera che l’aver ascoltato quella
storia aveva portato e catturato dal rumore del vento fuori dalla
finestra.
Sentiva
qualcosa dentro che non era sicuro di essere in grado di spiegare e
rendere a parole, ma provando un forte bisogno di esprimersi, alla fine
cinse Mike ancor meglio di prima e accoccolandosi contro il suo collo,
disse con una strana espressione intensa:
- E’ come io
che ti adoro anche perché credi in cose in cui io non credo. - Quando
lo sentì sorridere di sorpresa per essere stato capito con tanta
facilità, ebbe conferma di aver detto giusto e baciandogli la parte di
pelle che aveva a portata di labbra, proseguì col sonno che faceva
capolino insieme allo stato di totale beatitudine come quello che prima
aveva provato nella vasca, dopo aver fatto l’amore con Mike: - Ora il
concetto della tua canzone è più chiaro. È quello in cui credi che
conta, non se poi sia reale o meno. -
- Grazie per
aver capito. - Concluse Mike sentendosi più leggero che mai. Ora come
ora avrebbe anche potuto fare un’altra canzone su Chester e sullo stato
di profondo incontro che aveva avuto con lui, ma fra lo staccarsi da
lui per scrivere e lo stare lì a coccolarselo, vinse di gran lunga
questa, infatti sistemandosi più comodo prese le coperte ai piedi del
letto e coprì entrambi per poi chiudere la luce dall’interruttore sulla
testiera.
- Grazie a te
per aver condiviso. - E lì non si rese nemmeno conto di aver usato un
linguaggio in perfetta linea con l’atmosfera calata dal racconto di
Mike, come se inconsciamente non volesse profanare quel misterioso
qualcosa che era sceso.
Il buio non era
totale, all’esterno dei fari cercavano di vincere la notte e proprio
col sonno che li avvolgeva, il vento calò d’intensità e la neve si fece
meno aggressiva.
Nel
dormiveglia, poco prima di farsi prendere dalle dolci braccia di
Morfeo, Chester mormorò strascicato:
- Io ci credo.
- E sentirglielo dire lo rese per Mike ancor più reale di quanto non lo
fosse già per lui.
Quella notte
sognò un giovane che salvava una ragazza da un gruppo di teppisti e che
insieme riuscivano a cavarsela in una notte di tempesta proprio come
quella.
FINE