NOTE: questa fic è per
il concorso indetto da Parsifal sul forum di EFP dove bisognava
scrivere una fic usando una canzone. Ho colto la palla al balzo ed ho
scritto una nuova per la serie di Minutest to Midnight sulla canzone
più triste e angosciante dell’album ed anche una delle più belle dello
stesso. Mi sono messa non poco in crisi poiché mi sono detta di volerla
usare ma poi ho realizzato il senso del testo ed ho detto ‘e mo come
diavolo faccio?’ Non anticipo niente ma mi sono districata. Per
ascoltarla basta cliccare sul link che si trova sul titolo della
canzone sotto il testo. Ringrazio tutti quelli che leggono e
commentano. Buona lattura. Baci Akane
VALENTINE’S DAY
Le mie intestina sono
diventate cenere
così lentamente.
E sono soffiate via
appena sono crollato
Così freddamente
E un nero inverno è
sparito dalla vista.
Un'altra oscurità sopra
il giorno,
quella notte.
E le nuvole sopra si
avvicinavano,
guardando così
insoddisfatte.
Ma il vento senza cuore
continuava a soffiare, soffiare.
Ero abituato a
proteggermi da solo,
ma non ora.
Perché il mio sentiero
ha smarrito la direzione,
in qualche modo.
Un nero inverno ti ha
portata via,
dalla mia vista.
Un'altra oscurità sopra
il giorno,
quella notte.
E le nuvole al di sopra
si avvicinavano,
guardando così
insoddisfatte.
E la terra sotto
diventava più fredda
mentre loro di
portavano giù.
Ma il vento senza cuore
continuava a soffiare, soffiare.
Così ora te ne sei
andato
e io ho sbagliato.
Non sapevo fosse così,
essere soli il giorno
di San Valentino,
essere soli il giorno
di San Valentino.
Ero abituato a
proteggermi da solo,
ma non ora.
Perchè il mio sentiero
ha smarrito la direzione,
in qualche modo.
/Valentine’s day -
Linkin Park/
È fottutamente
tardi, cazzo, e con poca delicatezza glielo faccio notare dopo averlo
cacciato giù dal letto a calci.
Entrambi
avevamo appuntamento altrove ben mezz’ora fa!
Non che
normalmente me ne fotta qualcosa, ma dopo che abbiamo cominciato a fare
come diavolo ci pareva senza tenere conto degli impegni vari e per
questo ricevere domande su domande, Mike, il furbo, ha capito che per
sopravvivere e non diventare dei killer e poter continuare a fare ciò
che volevamo senza che nessuno ci rompesse i coglioni, dovevamo stare
attenti agli orari.
Entrambe le
nostre sveglie hanno suonato in concomitanza e nonostante quelle ci
siamo distratti.
Distratti… che
bel modo per dire che abbiamo scopato!
- E’ sempre
colpa tua! - Asserisce seccato mentre si veste in fretta guardando
l’ora di continuo.
- Che cazzo
dici! Sei tu che mi hai dato il tuo corpo da scoparmi, che ti
aspettavi, che non me lo prendessi? - A volte non capisco se scherzi o
cosa, poi mi sbaraglia ogni dubbio.
-
Puntualizziamo che te lo sei preso tu! - Scherza!
- Ma tu me
l’hai dato ben volentieri! - Sbraito mentre in perfetta sincronia
corriamo verso la porta d’ingresso dell’appartamento. Questa sede del
gruppo se avesse occhi ne direbbe di cose…
All’idea
ridacchio e lascio perdere gli stupidi soliti battibecchi, quindi al
posto di un bacio sulle labbra che mi porge prima di aprire la porta,
gli do uno schiaffo amichevole sulla nuca facendolo ridere.
Erano le cose
che mi erano mancate.
Quelle che non
avevo mai avuto.
Paradosso?
Che cazzo ne
so, è così comunque.
Una volta fuori
di qua è come varcare un passaggio magico che dal mondo incantato ci
riporta alla fottuta realtà dove tutto svanisce e noi torniamo normali
esseri cazzuti come tanti. Tipo Matrix!
Fingendo
egregiamente che sia normale uscire a quest’ora di casa per andare a
vivere quelle che sono le nostre vite ufficiali, alzo lo sguardo al
volo prima di salire in macchina, lui fa altrettanto e ci scambiamo un
cenno di saluto accompagnato da un ghigno da parte mia e da un
occhiolino da parte sua, poi non diciamo nient’altro, solo saliamo
sulle rispettive auto e ce ne andiamo.
È il tramonto
ma non è una bella giornata, il cielo si sta annuvolando e si sta anche
alzando un vento fastidioso che porterà di certo un tempo del cazzo.
Ogni volta che
ci separiamo dopo aver scopato o passato qualche ora insieme, mi sembra
di essere estirpato da un meraviglioso sogno, ma poi vivendo quella che
chiamo vita pubblica mi rendo conto che è questa il mio vero sogno e
che quella che per me è vera e unica è quella che ormai da qualche mese
vivo con Mike, a cui non potrei più rinunciare per niente al mondo, non
dopo tutto quello che ho passato per riuscire ad averlo.
Devo dire che
ultimamente il nostro legame si è rafforzato paurosamente, colpa di
certi discorsi che fa… tipo quando mi ha parlato del suo passato
-oddio, quella volta avevo insistito io per saperlo, ma non ha
importanza- o quando abbiamo parlato di quando non ci saremo più.
Ma dico, porco
mondo! Come diavolo puoi tirarmi fuori discorsi simili?
Seguo la sua
auto per qualche metro per poi dividermi e turbato da quella volta che
mi ha detto di aver sognato che era morto ed io disperato, non posso
che mandarlo sistematicamente a cagare.
Volevo
ucciderlo io perché mi faceva pensare a quelle cose, io odio pensarci,
specie dopo tutta la fatica che ho fatto per poter stare finalmente con
lui!
L’idea che un
giorno, prima di quel che penso magari visto quanto sono sfigato,
potrei davvero separarmi di nuovo da lui mi fa star male.
Ed è solo un
pensiero fugace, pensa se dovesse succedere davvero!
Cazzo, mi odio
quando ci penso ma è inevitabile dopo quel discorso.
Tutta colpa
sua, stronzo di un Mike!
Sono quasi
arrivato a destinazione che vedo le ambulanze sfrecciare, accosto per
farle passare, vanno verso la strada che ho appena lasciato.
Odio quelle
dannate sirene, annunciano disgrazie, le cancellerei per sempre
dall’universo.
Sospiro
insofferente… fra i pensieri cupi che mi sono venuti per colpa di Mike
e le sirene del cazzo ormai sono liberamente inquieto e so che mi
mangerò chiunque mi incontrerà ora.
Fanculo,
pensiamo a qualcosa di bello… domani è il giorno di San Valentino, odio
anche quella dannata festa di merda ma so che a Mike invece piace.
Sarebbe la
prima insieme, odio passare questo tipo di feste con chi amo perché
sembra quasi un comando universale, un dovere. Io lo faccio perché
voglio, non perché quel giorno si deve fare!
Però so che
Mike ci tiene, ha già preso il mio regalo.
Dannazione,
quanto odio quel giorno di merda… non voglio regali, non voglio
farglieli e soprattutto non voglio gli auguri o passare una
fottutissima sera romantica!
Chi diavolo
l’ha inventato quel giorno del cazzo?
Vorrei
cancellarlo!
Ok, forse
questo non era tanto meglio di pensare al discorso di Mike e del suo
‘cosa lascerò quando me ne sarò andato?’, ma fortunatamente sono
arrivato e non devo nemmeno rispondermi.
Per me domani
sarà come tanti altri, nulla di speciale o diverso.
Anche se Mike
sarà particolarmente idiota.
Oddio, non che
lo possa sapere con certezza… cazzo, è la prima volta che lo passiamo
da compagni!
Parcheggio
l’auto e scendo. Le nuvole sono sempre più consistenti sopra la mia
testa, il vento mi fa socchiudere gli occhi, è davvero forte, cazzo.
Non lo sopporto!
Poi per colpa
dell’inverno ancora pieno, fa un freddo cane.
Generalmente
apprezzo il fresco ed odio il caldo afoso, ma quando è così esagerato
ed il vento soffia come un congelatore, mi dà fastidio e basta.
E poi è tutto
così eccessivamente buio…
I lampioni sono
aperti da un pezzo ed ormai sembra già notte.
Che palle!
Sbuffo mentre
il telefono suona, quindi lo prendo e mi fermo fuori dal cancello.
È Mike.
Ma guarda, si
parla del diavolo!
Sicuramente
vorrà ricordarmi che domani io e lui dovremo trovare il modo di
vederci, mi sciorinerà le scuse perfette che probabilmente si è
inventato perché lui è un genio e trova sempre un modo per fare ciò che
vuole, anche se sembra impossibile.
Rispondo sicuro
che voglia spiegarmi il suo piano perfetto, quindi lo blocco sul
nascere brusco come mio solito, già esasperato all’idea di pensare a
San Valentino.
- Non me ne
fotte un cazzo di domani! Lo vuoi capire che per me quel giorno è una
fottuta tortura? Non ci penso minimamente a vederti domani! Vaffanculo!
- Soliti modi di parlarci.
Ma non è la sua
voce quella dall’altra parte e tutto svanisce perché divento di piombo
e le orecchie bruciano.
Le orecchie.
Il resto
probabilmente è già fottuto.
- Signor
Bennington? - Non mi piace.
Non mi piace
proprio per un cazzo.
Credo di
grugnire qualcosa, non lo so.
Poi quella
maledetta voce riprende.
- Il signor
Shinoda ha appena avuto un incidente in auto, ha detto di chiamarla
subito… lo stiamo portando al Pronto Soccorso di… - Mi dice l’ospedale
e non so che diavolo altro, poi c’è casino, non capisco un cazzo e
mette giù.
Vorrei gridare
e chiedergli che diavolo dice, che non dica stronzate e se non altro
che mi passi Mike, ma poi realizzo che nessun’anima viva oserebbe farmi
uno scherzo simile.
Nessuno.
Al di là del
fatto che non conosco quella voce di merda.
Però cerco di
pensare che se Mike ha voluto che mi chiamassero significa che sta bene.
Sta bene. Vero?
Sì? E perché
non mi ha chiamato direttamente lui?
Cazzo, qualcuno
mi dica che sta bene.
Non so come
diavolo ci sono finito di nuovo nell’auto e come io stia guidando, non
so nemmeno di star guidando, in effetti.
Arrivo come un
automa o forse come una scheggia al pronto soccorso, lascio la macchina
dove capita e corro.
Ma forse
cammino.
Forse non sono
nemmeno qua.
Ho mille
sensazioni diverse, è un casino, ma quando sbraito che mi diano
informazioni sulle condizioni di Mike e ringraziando il Cielo mi
riconoscono e mi fanno passare, credo di dare di matto.
Sento il fuoco
divorarmi nel non sapere ancora un cazzo.
Voglio sapere,
fatemi sapere, porca puttana!
Ditemi qualcosa!
Imbestialito,
finalmente un’altra voce mi parla, un altro viso, un altro qualcuno che
non ricorderò mai.
- Non le
nascondo che le condizioni del signor Shinoda sono critiche. Purtroppo
è stato un brutto incidente e nel tragitto ha perso conoscenza. Ora lo
stanno operando, è un momento delicato. Appena sapremo qualcosa la
informeremo subito. - Credo che mi dica anche di avvertire io gli altri
e non so cos’altro.
Di fatto non mi
dice un cazzo di un cazzo, solo che Mike sta male e che è nella merda.
Perché diavolo
non mi dice altro?
È morto e non
vogliono dirlo a me perché sanno che ho tendenze violente?
Hanno paura che
li uccida?
Cazzo, è morto
davvero?
Ha paura di
guardarmi, ha paura di darmi dettagli, vuole parlare con qualcun altro,
non vuole stare qua con me.
E Mike è
rinchiuso chissà dove.
Oh cazzo, cosa
è successo?
Io devo sapere,
devo.
Ma nonostante
voglia gridare isterico contro questo idiota, non mi esce una sola
parola, niente di niente. Non un movimento.
Respiro, o
forse è proprio che non lo faccio, ma il fuoco improvvisamente dopo
avermi bruciato all’istante e completamente tutta la mia carne e i miei
organi, mi ha lasciato le intestina in cenere ed ora si sgretolano così
lentamente che forse ho le allucinazioni.
Qualcosa mi
trascina via, come il vento di prima, poi non sento più niente di
fisico se non che diventa tutto freddo e basta.
Solo freddo.
E questo vento
che non so proprio da dove venga.
Poi crollo.
Chiara la
percezione del mio corpo che si scioglie senza più sangue in corpo.
Sto congelando
e tutto è come un nero inverno che mi inghiotte togliendomi la vista.
È notte anche
qua dove sono.
Dove sono?
Dove?
Sbatto le
palpebre e finalmente torno a respirare.
Sono fuori da
questo ospedale del cazzo, quando ci sono andato?
Mi sembrava di
essere caduto contro qualcosa di freddo, o magari ero io ad essere
freddo, non so.
Ero diventato
di piombo e poi di fuoco e poi di cenere e mi ero disperso con qualcosa
di forte che soffiava trascinandomi via.
Ma ora sono qua
fuori, nella notte, a respirare affannoso e a guardare in alto.
Le nuvole
continuano a rincorrersi sopra di me ed il vento è dannatamente forte e
freddo in questo inverno del cazzo.
È così nero.
Nero.
Sono nel retro,
dove non ci sono luci, non c’è un cazzo.
Non c’è nessuno.
Sono solo.
E cosa sto
facendo?
Penso che
quest’oscurità sopra il giorno si chiama notte e vorrei che tornasse il
sole, ma forse non verrà più.
Cosa è successo
dopo?
Nel chiedermelo
una mano mi tocca da dietro ed io mi giro di scatto, vedo Rob coi suoi
occhiali che addolciscono la sua espressione di natura già dolce per i
lineamenti che si ritrova.
Ho sempre
pensato che se fosse una donna me lo sarei fatto, poi però mi sono
messo con Mike e penso che significhi che non mi fotte niente se uno è
maschio o femmina.
Quando lo vedo
mi concentro sui suoi occhi, sono mortificati, tesi e non so cos’altro.
Parla e non so cosa dice, poi ripete perché mi vede smarrito e questa
volta capto qualcosa…
- Ho saputo e
quando sono arrivato mi hanno detto che ti eri sentito male alla
notizia, poi sei uscito sul retro. -
Notizia.
Parla di
notizie ed ora mi ricordo cosa ho pensato quando il tipo mi ha
informato.
È la mia voce
che arriva così lontana?
- Mi nascondeva
qualcosa… non mi ha detto tutto, voleva parlare con qualcun altro… non
mi ha detto come sta veramente Mike… come sta?
Dimmi come
cazzo sta? Ti prego… non so niente… -
Poi credo che
mi metto a ripetere all’infinito che non so niente e in risposta mi
abbraccia.
Il vento soffia
fortissimo e gelido trascinandomi via, le prime gocce cominciano a
scendere, a breve si scatenerà il finimondo ed i lampi illuminano
questo posto buio. Flash seguiti da tuoni e boati.
Magari un
fulmine mi colpirà… lo raggiungerei subito…
È questo
pensiero che mi fa capire perché Rob mi sta abbracciando e tutto si
irrigidisce in me.
I nervi si
tendono e poi realizzo che se non mi stesse tenendo stretto, cadrei
come un coglione a terra.
E vorrei
finirci, giù. Ma sotto, più sotto che posso.
Fino a
raggiungere Mike.
È un incubo?
Ci devo credere
a tutto questo?
È possibile che
stia succedendo davvero?
Ma così male
non lo sono stato mai e mi sembra di essermi fatto di qualcosa di
pesante. Se non fossi sicuro di aver smesso crederei di essere in
overdose o di essere sotto l’effetto di qualche droga forte.
È la stessa
identica cosa.
Allucinazioni,
stati alterati, deliri…
Mi lascio così
stringere da Rob che mi sostiene di peso, io non so se ricambio, non so
cosa faccio, però registro il cielo e le gocce di pioggia che sempre
più grosse e fitte mi ricoprono, quindi non chiudo gli occhi e rimango
a guardarle sperando sempre che un fulmine mi colpisca.
Non so dirlo.
Non so dirlo
davvero.
Non voglio
dirlo.
Non lo dirò mai.
Mike è…
No, non lo dirò.
Posso solo dire
che sono io quello che è morto.
Di nuovo mi
lascio condurre, di nuovo mi lascio fare, di nuovo non so cosa sto
facendo.
Ripenso solo al
discorso dell’altra notte con Mike, quando lui mi raccontava di essersi
sognato morto e mi diceva che io nel sogno ero disperato e mi lasciavo
morire.
Ecco cosa
succederà.
Già lo so,
quindi perché combatterlo per evitarlo?
Sono io il
primo a volerlo.
Perché dopo
averlo avuto, dopo aver avuto il Paradiso, non posso semplicemente
lasciarlo andare e rassegnarmi e andare avanti senza.
Perché non
voglio.
Perché lui mi
ha dato troppo per non volerne ancora e per troppo poco tempo.
Troppo poco.
Niente, un
cazzo, in pratica!
Ma forse le ore
sono trascorse infallibili e la notte è passata, però intorno a me è
sempre scuro, non sembra giorno.
Il temporale
continua a scatenarsi, il vento continua a soffiare come ieri.
Continua tutto
come ieri.
Tutto.
Non è cambiato
nulla, solo che oggi è un giorno in più ed è quel dannato San Valentino
che io odierò per sempre, più di prima.
Non me ne
fotteva un cazzo di quel giorno, non l’avevo mai considerato ed ora…
che posso dire?
Avanzo insieme
agli altri che mi conducono dove dobbiamo andare.
Dove stiamo
andando?
Non capisco ma
il telefono squilla, non è il mio ma mi riporta a ieri a quando era il
mio ad aver suonato.
Torno a quel
momento e lo rivivo nei dettagli che non avevo notato bene.
Le nuvole sopra
si avvicinavano guardandomi insoddisfatte e il vento senza cuore
continuava a soffiare fortissimo senza farmi sentire bene.
È tutto
identico ad oggi ma oggi mi sembra diverso, perché…
Ero abituato a
proteggermi da solo, Mike.
Non facevo
entrare nessuno in me, non mi fidavo di nessuno, mi distruggevo
liberamente e con violenza affrontavo la vita.
Poi sei
arrivato tu e mi hai scombinato tutto.
Sei riuscito a
prenderti la mia fiducia, la mia serenità, i miei sentimenti. Sei
entrato in me. Mi hai curato, mi hai tolto la droga, mi hai rimesso in
strada ma questa volta quella giusta ed ora non so più proteggermi da
solo.
Tu mi hai
rimesso sul sentiero giusto ma ora sono qua che cammino e seguo gli
altri che non so dove mi stanno portando, ma io ho smarrito la
direzione.
Ho perso in
qualche modo la via che tu mi avevi indicato di percorrere.
Perché non sei
qua a camminarmi avanti. Non è più te che sto seguendo, quindi come
prima di incontrarti, come quando mi avevi lasciato per fare altro, io
mi sono perso.
E un nero
inverno ti ha portato via dalla mia vista, un’altra oscurità sopra il
giorno, come quella notte.
Quella.
Quale?
Ieri.
Poco tempo.
Poche ore.
Sono qua fuori
insieme agli altri che ti portano giù, sotto questa terra fredda e
bagnata, è fango e loro ti portano giù.
E il vento
soffia proprio come ieri.
La pioggia
scende, proprio come ieri.
E l’inverno è
nero e freddo, proprio come ieri.
Domani mi
ritroverò sempre fuori, in un altro posto, sempre sotto la pioggia,
sotto le nuvole minacciose, sempre di notte, sempre con l’inverno nero,
sempre con un giorno oscuro e penserò che la terra sotto diventava più
fredda mentre loro ti portavano giù. Proprio perché ti portavano giù,
diventava più fredda.
E ricorderò che
il vento continuava a soffiare senza cuore.
Ed un giorno
riuscirò a dirmi… Mike, te ne sei andato ed io ho sbagliato… perché mi
sono dato a te buttando via tutte le mie difese… ora invece sono qua a
dirmi che non sapevo che fosse così essere soli il giorno di San
Valentino.
Quel
fottutissimo giorno che ho sempre odiato e che non volevo festeggiare
con te perché era una puttanata.
Non avevo idea
di che cosa dicevo quando sbraitavo che volevo passarlo da solo.
Perché ora ci
sono, solo, e sto male.
Male in un modo
che non so dire.
Male come un
automa che vive in un sonno senza sogni. Come uno che vuole tutto e
niente. Come uno che fa e non sa di fare e forse non fa davvero ma
sogna anche se pensa di non star sognando.
Male come uno
che esiste ma non esiste.
Perché ero
abituato a proteggermi da solo ma non ora, ora non ne sono più capace
per colpa tua.
Perché ora il
mio sentiero ha smarrito la direzione ed io non so più andare avanti.
Non succede che
riapro gli occhi, non succede che mi sveglio, non succede che torno a
galla. Non succede niente perché non ero mai svenuto, non mi ero mai
addormentato, non ero mai caduto.
Non avevo mai
fatto niente.
Non mi ero
nemmeno mai mosso.
Mai andato
fuori dall’ospedale, mai incontrato Rob, l’incarnazione della calma,
colui che vorrei mi raccogliesse se Mike non ci fosse, perché lui è
pace.
Non sono mai
stato sotto la pioggia a guardare le nuvole che avanzavano e i tuoni
che scendevano.
Mai sotto il
vento senza cuore che mi soffiava via.
Mai a guardare
il terreno freddo che inglobava Mike.
Mai a pensare a
quanto mi sentissi solo e senza protezioni e smarrito.
Non ho nemmeno
mai passato il San Valentino solo.
Sono ancora qua
ad aspettare che qualcuno arrivi e mi dia delle notizie più sicure, ho
chiamato gli altri senza accorgermene, non so nemmeno cosa gli ho
detto… preda di quest’allucinazione atroce ad occhi aperti. Lo stesso
effetto di una dose pensante di droga.
Sono quasi
morto io stesso.
Le lacrime mi
escono all’idea di quello che passerei se Mike morisse davvero, se
davvero i medici mi avessero nascosto qualcosa di importante per paura
della mia reazione devastante.
Se davvero il
suo maledetto fottutissimo sogno dovesse avverarsi.
Perché lui
parla e parla e mi dice tutto confidandosi, ma non sa gli effetti che
ha su di me, specie se mi dice certe cose.
Le sue paure
poi diventano le mie solo che mentre lui ha paura di non lasciare
niente su questo mondo quando se ne sarà andato, io ho paura che lui
semplicemente mi lasci.
Ripenso a
domani, al giorno di San Valentino… non avrei mai immaginato nemmeno
fra mille vite si star qua a pregare Dio di poterlo vivere con lui.
Non avrei mai
pensato, ma ora ci sono e Lo prego chiedendoGli di darmelo per domani,
che dobbiamo festeggiare il fatto che abbiamo avuto il coraggio di
vivere i nostri sentimenti dopo tanta fatica.
Oh Dio, Ti
prego.
Ascoltami.
Rob arriva
prima degli altri, è trafelato e preoccupato ma mantiene la sua tipica
calma e stabilità, non so come fa.
Anche lui in
passato si drogava, significa che è emotivamente instabile e che in
momenti delicati come questo rischia grosso proprio come me, eppure sta
qua, si siede vicino a me e ci guardiamo negli occhi. Siamo entrambi
silenziosi. I suoi occhi scuri rispecchiano i miei mentre piangono
copiosamente.
Mi sentirei un
imbecille se non fossi qua con lui che so può capirmi perché dopo aver
visto l’inferno, uno fottutamente simile al mio, ha trovato -e non so
come ma conta che l’abbia trovato- il suo equilibrio.
Anche io l’ho
trovato, solo che questo mio equilibrio ora è in pericolo perché è
sotto i ferri.
È colpito dalla
mia reazione, si aspettava di trovarmi ad urlare e strepitare e fare
casino e uccidere tutti, invece sono qua seduto in sala d’attesa e
guardo fisso davanti a me e piango silenziosamente mentre immagino un
San Valentino da solo e noi a seppellire Mike.
Perché dopo
aver passato l’inferno, appena ti ritrovi sul baratro, in bilico, non
ti viene automatico pensare positivo e dire ‘ce la farà’. Ti viene
automatico pensare negativo e disperarti e pensare ‘ecco, ora mi
lascerà anche lui. Perché tutti mi lasciano. Sempre’.
Mi mette la
mano sulla spalla e stringe, così. Senza dire nulla. Senza fare altre
cose particolari che comunque non sarebbero da lui.
Ecco dunque che
mi sciolgo accasciandomi sulla sua spalla.
Sto qua.
Non aumento il
pianto, non lo diminuisco, non sto meglio, non sto peggio.
Ma non riuscivo
a reggermi più da solo.
Non ce la
facevo.
Ti prego, fa
che San Valentino lo passerò con Mike.
Ti prego.
Ti prego…
Questa volta la
faccia del tipo che esce dalla sala emergenze la registro e la vedo
bene, non la dimenticherò mai, così come la sua voce e le sue parole.
Si alzano tutti
in piedi ma io rimango seduto, sono di piombo, non ho le forze per
tirarmi su.
Non pensavo che
avrei mai reagito così, proprio io, furioso come sono in ogni momento
della mia vita, nato esagerato.
Ma uno non si
conosce mai abbastanza finché non vive certe cose… vedi Mike… sotto
stress diventa isterico, invece!
L’uomo è
intorno ai trent’anni, è un infermiere ed ha una divisa verdolina, i
capelli sono corti e tirati all’indietro, il sudore lo ricopre sulla
fronte spaziosa, gli occhi sono dal taglio infossato e verso il basso
ma di un bel verde magnetico. Il naso è un po’ schiacciato e il mento
sfuggente. Ha un filo di barba. Le spalle sono larghe ma ha un po’ di
pancia, nulla di evidente. Porta delle scarpe comode da ospedale,
sempre verde acqua.
Le mani sono
grandi e congiunte davanti, le batte e le stringe, quindi parla.
La sua voce è
carezzevole e calda, canterebbe bene e probabilmente lo fa.
Il suo accento
è del nord e mi farebbe sorridere in condizioni normali.
- Il signor
Shinoda è fuori pericolo, l’operazione è stata lunga ma è andata bene.
Ha qualche costola rotta, un trauma cranico e subito varie emorragie
interne piuttosto allarmanti, gli abbiamo salvato il polmone per un
pelo e ci ha dato lavoro anche a livello cerebrale, ma è andato tutto
bene. Ora è sedato e intubato. Sta dormendo, quando si sveglierà
potrete vederlo uno per volta ma all’inizio avrà bisogno di riposo
assoluto. Siccome è un soggetto sano ed in forze non dovrebbe avere
problemi nel riprendersi presto e di certo al cento percento. -
Con gioia ora è
preciso e dettagliato ed io registro tutto fino al dettaglio, non ho
bisogno di chiedere nulla. È solo che mi sembra di respirare di nuovo
dopo ore di apnea e mi rendo conto per l’ennesima volta cosa significa
passare dall’inferno al paradiso in un battito di ciglia.
Fottiti Mike,
mi hai fatto crepare, cazzo!
Hanno suggerito
che qualcuno si fermasse per la notte.
Io non volevo,
cazzo, ma sua moglie a momenti si sentiva male peggio di me e lui messi
insieme, quindi l’hanno spedita a casa dal figlio e gli altri hanno
subito guardato me.
Io mi sono
stretto nelle spalle e alla fine ho accettato.
Tanto a casa
non avrei dormito, meglio stare qua a guardarlo dormire.
Sto stronzo…
quante me ne ha fatte passare in poche ore!
Non dovrei
permettere a nessuno di ridurmi così, anzi… non dovrei dare a nessuno
quel potere, ma ormai l’ho dato a Mike e devo dire che non ha solo il
potere di farmi a pezzi ma anche di ricostruirmi.
Ha un potere
immenso e gliel’ho dato io, devo solo insultare me stesso.
Non faccio che
ripensare alla notte in cui abbiamo parlato della morte, dovremo
tralasciare tutto ciò che non va bene di ciò che abbiamo fatto in vita
e ricordarci le cose buone e giuste.
Ed ora sono qua
a pensare a lui e a cosa significa per me, a come mi ha fatto sentire
prima e all’allucinazione delirante che ho avuto quando pensavo che
sarebbe morto.
Poteva morire.
Poteva
succedere.
Certe cose non
si possono spiegare, si vivono e basta e comunque non ci sono reazioni
adeguate, parole precise o pensieri coerenti.
Stavo di merda.
Punto.
Non sono mai
stato peggio.
Lo dico ogni
volta che sto di merda e nella mia vita sono stato molto spesso di
merda, però questa volta è stato diverso.
Era perché
stavo per perdere la mia salvezza.
Ma Mike è
semplicemente questo?
La mia salvezza?
No, lentamente
Mike sta diventando tutto, non solo la mia salvezza.
Il mio rifugio
-quello lo era da tempo-, la mia cura -quello anche lo era già-, il mio
confessionale -idem a sopra-, la mia stabilità -dopo di oggi non so
quanto però lo sia… più che altro mi destabilizza in effetti-, la mia
dipendenza -oh, di certo-, il mio unico desiderio -sempre di più-, il
mio tutto -che banale-.
Quindi a che
conclusione posso arrivare?
Ce n’è una,
dopotutto quello che ho passato stanotte?
Dalle finestre
chiuse il vento finalmente si placa e la pioggia cessa, guardo l’ora. È
l’alba. Chissà se il cielo si schiarirà abbastanza da farci vedere un
inverno meno nero e freddo di ieri?
Non è più notte
e mi concentro su questo dettaglio.
Conclusioni…
non credo possiamo raggiungerne finché siamo vivi, perché di volta in
volta troviamo nuove considerazioni che ci fanno rivalutare tutto.
Che conclusioni
posso trovare?
Torno a fissare
Mike, steso nel letto col respiratore e i valori sul monitor accanto.
È tutto
regolare e stabile.
Sembra solo che
dorma, lo stronzo, dopo avermi fatto passare l’inferno.
Sospiro e mi
piego. Starei anche tutta la vita a guardarlo in attesa del suo
risveglio, ma so che succederà a breve perché non può stare senza me
che lo scopo e lo tocco. So che si sveglierà se non altro per questo.
Realizzandolo
mi do definitivamente pace.
In ogni caso è
tutto passato, oggi è già San Valentino e lo stiamo passando insieme,
non mi fotte di come, volevo solo che fossimo insieme e lo siamo.
Tranquillizzato
e calmo, il sonno mi schiaccia e non è qualcosa di allucinato come
prima, che comunque non dormivo ed era ancora peggio.
Quello che
sogno non è traumatico e drammatico, ma fottutamente bello.
Io e Mike che
ci svegliamo insieme.
Quando riapro
gli occhi è per la luce che entra dalla finestra, ormai è mattina e le
nuvole sono andate via.
Sposto gli
occhi assonnati su Mike, anche lui li sta aprendo nello stesso momento
e cazzo lo sapevo, quindi per assurdo non mi stupisco.
Ogni tanto li
faccio anche io questi dannati sogni che poi si avverano, solo che i
miei lo fanno per davvero mentre i suoi proprio per un cazzo. Mi fanno
solo spaventare… per fortuna!
Ci troviamo
subito con lo sguardo, non può ancora parlare per il tubo che gli hanno
messo, ma lo vedo questa volta bene e reattivo, non sembra più un morto
come prima così mi rilasso e ancora prima di muovermi per chiamare il
dottore, gli dico quello che devo e senza il minimo tatto o problema.
Ghigno.
- Pezzo di
stronzo che non sei altro, mi hai fatto cagare addosso dallo spavento!
Non azzardarti a farlo più o ti uccido io se non muori tu! - Questa
minaccia ‘alla Chez’, come la definirebbe lui, lo fa sorridere con gli
occhi e comincia a lamentarsi con le mani del tubo in gola, così
l’espressione mi si addolcisce come solo a lui mi mostrerei e alzandomi
gli prendo la mano. Esito prima di avviarmi alla porta.
Mi chino e me
la porto alle labbra, quindi gli lascio un leggero bacio sulle dita,
trattiene il fiato, ci allacciamo con gli sguardi e per un attimo non
mi muoverei più, ma è la sua bocca che comunque voglio. E non solo
quella.
- Cazzo,
muoviti ad uscire da qui, non ne posso più! Mi sei mancato, stronzo! -
Glielo dico di nuovo a modo mio e so che lui apprezza e che vede tutta
la mia fragilità in queste parole.
Solo qualche
ora, qualche dannatissima ora di merda ed io sono ridotto così.
Spero che
questa fosse l’ultima maledetta prova, porco mondo, altrimenti non
sopravvivo più ad altre.
Dopotutto ne ho
passate un paio, posso anche pretendere un po’ di pace, no?
Dammi il mio
Paradiso!
Separandomi
dalla sua mano alzo gli occhi al Cielo, più che un rimprovero ed una
richiesta alla fine risulta un ringraziamento per avermelo dato come
avevo chiesto.
Quindi sulla
porta aperta mi fermo a metà, mi giro e accennando ad un ghigno dico:
- Buon San
Valentino. -
I suoi occhi
diventano lucidi e pieni di stupore.
Adoro lasciarlo
di merda.
Penso proprio
che questa festa comincerà a piacermi di più, ora…
FINE