CAPITOLO
XVIII:
UNA
PARTITA IMPORTANTE
Il
giorno dopo passò ancora tranquillo, sembrava che Mark si fosse deciso
a pensare seriamente a cosa voleva e provava e Kevin decise di non
essere troppo pressante ma comunque sempre presente.
Non
era difficile, era un tipo impossibile da non notare… specie se girava
nudo anche quando poteva farlo vestito!
Per
la gran parte della giornata parve tutto normale, la tensione strana
fra Kevin e Roby era finalmente andata via, specie perché il ghanese
aveva trovato altro a cui pensare, e Mark era criptico ma non ombroso.
Di conseguenza sembrava girare tutto per il meglio.
Il
cambio repentino, la nuvola a ciel sereno, arrivò come un treno in
corsa dopo la telefonata dei figli e della moglie di Mark.
Era
pranzo e subito dopo mangiato, a sorpresa, l’olandese ricevette la
chiamata; assentatosi per la spiaggia a parlare con la famiglia, quando
tornò era a dir poco cupo. Cambiato come il giorno con la notte, trovò
Kevin a sonnecchiare sotto il sole in una delle rare pause che aveva
concesso il mister prima dell’allenamento tattico.
Sedutosi
vicino a lui, il ragazzo steso girò il capo verso il compagno e
sorridendo senza vedere bene il suo viso per colpa del sole, gli sfiorò
la mano che però fu allontanata come avesse preso la scossa.
Questo
mise subito sull’attenti Kevin che cercando di guardarlo meglio notò
un’ombra evidente sul viso di Mark. Quella che non vedeva più da
qualche giorno.
Si
tirò su e già preoccupato, chiese subito seriamente:
-
Che c’è, sta male qualcuno? - Chiese pensando subito a qualcosa del
genere. Mark scosse il capo, non lo guardava, stava coi gomiti
appoggiati sulle ginocchia piegate. - Allora cosa c’è? Qualche brutta
notizia? - Era chiaro che fosse successo qualcosa. Kevin si sedette a
sua volta girato a guardarlo, quindi tolti gli occhiali da sole per
osservarlo meglio, chiese in pensiero. - Dai, cazzo, dì qualcosa! -
Esclamò alla fine all’ennesimo silenzio.
A
quel punto Mark si decise a parlare e lo fece nel suo stile, diretto e
sincero. Quasi crudele nella sua durezza:
-
Non posso farlo, Kevin. -
“Ci
siamo!”
Pensò
Kevin preparato ai suoi ripensamenti, sapeva di doversi impegnare per
fargli cambiare idea sempre… la prese sottogamba convinto l’avrebbe
spuntata in qualche modo.
-
Stare con me? - Mark scrollò le spalle e annuì insofferente. Kevin
sospirò e cercò la pazienza per dire le cose giuste. Voleva spaccargli
la faccia ma si era ripromesso di essere paziente anche se non era
tipo. - Perché? - Sapeva anche questo ma come minimo doveva farglielo
dire.
-
Ho una famiglia, ecco perché! Ed io ci tengo a loro! Non sarò un
calciatore per sempre, non farò questa vita per sempre! Non ti vedrò
per sempre! Poi finirò i miei giorni con loro, fra qualche anno sarò
solo con loro, loro saranno tutto il mio mondo ed anche se ora il mio
mondo è diviso fra lavoro e casa, non sarà così per sempre. Non voglio
ritrovarmi a non riuscire a guardarli, a lasciarli, a sentirmi male
perché li sto tradendo tutti! Non voglio! Non ce la posso fare! La
finiamo qua finchè siamo ancora in tempo… tu ed io non stiamo davvero
insieme, c’è solo attrazione fisica e se è per questo basta che tu non
mi provochi più e non ci provi con me e che cambiamo camere! Non
succederà più niente! Limiteremo anche le uscite da soli… si può
smettere quando si vuole, basta volerlo veramente ed io voglio smettere
ora. - Era molto secco e deciso, sembrava non avrebbe ammesso repliche,
che non sarebbe mai tornato sui suoi passi, che non c’era nemmeno da
discutere in alcun modo.
Kevin
si gelò nonostante il gran caldo ed il sole, sentì freddo e stringendo
i pugni si rese conto di avere la sabbia nelle mani e che tutti i
muscoli gli tiravano disperatamente.
Voleva
gridare, altro che affrontarlo con pazienza e consapevolezza. Il fatto
di sapere che sarebbe stata dura non l’aveva aiutato per niente, anzi.
Questo
era decisamente oltre le sue aspettative.
La
voglia di prenderlo a pugni e gridare era così grande che preferì
rimandare la piazzata in un momento in cui, magari, poteva riuscire a
trattenersi.
Scuotendo
il capo si alzò e prima di andarsene a passo di carica, mormorò amaro
fra i denti:
-
Non capisci proprio un cazzo! -
Mark
rimase solo seduto sulla spiaggia, stupito di quella sua reazione,
avendo anche il coraggio di chiedersi di preciso a cosa si riferisse.
Ma aveva fatto la cosa giusta, almeno di quello non aveva dubbi. Il
punto era se fosse veramente quello che voleva.
Con
la stessa amarezza di Kevin, fu il suo turno di tirare tutti i muscoli
del corpo fin quasi a scoppiare.
Non
sapeva proprio cos’altro fare, ormai, ma aveva preso la sua decisione e
non l’avrebbe mai cambiata. Sapeva che era corretta. Ne era certo.
Kevin
rientrando nell’albergo, un posto di villeggiatura usato spesso dalle
squadre per i ritiri e in generale dai gruppi vacanza, sbatté la porta
dell’ingresso facendosi notare da tutti e con passo di carica si ritirò
nella propria camera intenzionato a non far più entrare quell’altro
pezzo di merda che giocava come se fosse un bambino a cambiare idea di
continuo!
Come
poteva non guardare in faccia la realtà?
Si
infilò subito sotto la doccia rinfrescante ma non servì a molto,
appoggiata la fronte alle piastrelle finì per colpirle coi palmi a
ripetizione fin quasi a farsi veramente male.
Smise
solo quando sentì bussare.
Ferocemente
intenzionato a colpire Mark con un pugno qualora fosse stato lui, si
avvolse solo ad un asciugamano alla vita per poi andare ad aprire,
quando si vide il viso interrogativo di Thiago e quello incuriosito di
Roby, parve spomparsi subito e rientrando in camera li lasciò fare
quello che più gli aggradava.
-
Ti abbiamo incrociato quando rientravi in quel modo feroce! - Esclamò
Thiago chiudendo la porta.
-
Che cazzo c’hai, hai litigato già con Mark? - Chiese invece Roby più
invasivo. Kevin si sedette sul bordo del letto e si prese il viso
bagnato fra le mani strofinandoselo.
Non
sapeva dove sbattere la testa, cosa dire, cosa fare e come dovesse
sentirsi. Non voleva nemmeno più picchiare Mark… voleva solo cancellare
tutto e rifare in un altro modo, ma come, poi, non lo sapeva.
-
Ha sentito la sua famiglia ed ha deciso di piantarla con me! Pensa che
basti io non ci provi più e che non dormiamo insieme! Ma lo senti? È la
stronzata più grande che abbia mai sentito! - Esclamò Kevin
accendendosi per spiegare loro cosa era successo. Si era tirato su e
poi si era riseduto come un’anima in pena. Alla fine Thiago aveva
deciso di prendere l’iniziativa e sedersi accanto a lui mentre Roby lo
fece nel letto davanti. Non era bravo in quelle cose, in quei casi
lasciava fare tutto a Thiago che tirava fuori qualcosa di valido.
-
Te l’aspettavi, me l’hai detto e ti ho avvertito io stesso che sarebbe
stato difficile. Ti sei preso una bella gatta da pelare! È inquadrato e
rigido riguardo certe cose. È una persona razionale e fa le cose
ragionando con la testa! Sicuramente ti ha detto che sta pensando al
futuro, a quando non giocherà più a calcio, ed allora conterà solo la
casa e la famiglia… - Kevin, stupito che lo sapesse, si chiese se per
caso non li avesse sentiti e la sua espressione fu molto chiara quando
lo guardò sorpreso. Thiago sorrise consapevole: - Lo immaginavo! Non
dico che sia prevedibile ma è una persona razionale e da quello che mi
hai detto di lui… - La maggior parte delle cose da ubriaco, ma comunque
valide lo stesso.
Kevin
tornò a prendersi il viso fra le mani e ad appoggiare i gomiti alle
ginocchia, tutto ricurvo. Thiago gli posò la mano sulla schiena bagnata
e l’accarezzò confortevole. Comunque gli dispiaceva per lui, si erano
avvicinati in un modo davvero strano e non poteva dare una definizione
precisa al rapporto che avevano, era comunque intimo, aperto ed onesto.
E comunque in un modo o nell’altro si erano aiutati molto a vicenda.
-
Non so cosa fare, Thiago… voglio combattere e dirgli che è un’idiota
illuso se crede che basti così poco per togliermi dalla sua vita, dalla
sua testa… che certe cose non svaniscono perché uno lo decide… che se
un istinto c’è, c’è. Ed io credo che provi qualcosa per me che va oltre
all’attrazione fisica… però non lo ammetterà mai… e poi se penso che
devo sorbirmi altre uscite come queste divento matto! Lo prenderei a
pugni ogni volta che mi dice la parola ‘cosa giusta’ e ‘famiglia’! -
Roby ghignò, lo capiva molto bene.
Molto
più di Thiago, forse, visto che l’avrebbe vissuta allo stesso modo.
-
Io al tuo posto penso che lo picchierei volentieri! Anche se mi risulta
difficile picchiare Thiago perché ho paura di rovinarlo! Ma se mi
dicesse che deve pensare al futuro ed alla famiglia e quindi decidesse
di mettermi da parte… di uccidere i suoi sentimenti… lo ucciderei io! -
Kevin si sentì meglio nell’essere capito così bene, però non trovava
ugualmente soluzione.
Alla
fine Thiago gli alzò il viso toccandogli leggero il mento, quindi
quando lo guardò bene da vicino, mormorò piano e calmo:
-
Vuoi lasciarlo andare? - Era semplice, alla fine.
Kevin
rispose d’istinto, senza nemmeno rifletterci:
-
No! - Roby sorrise sapendo che l’avrebbe detto e contento si alzò
puntando la porta:
-
Allora va’ e picchialo! -
Kevin
ora guardò lui esterrefatto… non poteva dire sul serio… Thiago
ridacchiò ma si alzò a sua volta per lasciargli i suoi legittimi spazi.
-
Vuole dire di dimostrargli a fatti e con le cattive che non può
decidere con la testa quello che deve fare… e che soprattutto non
dipende solo da lui! Insomma, ci sono tante cose che incidono in una
decisione. Non può prendere solo la parte più logica… -
Kevin
avrebbe voluto dire che Mark non decideva solo in base alla logica e
alla razionalità ma anche in base alla sua parte più corretta e d’onore
che aveva e che nel loro ambiente in pochi possedevano, ma non replicò
contento della spinta che aveva ricevuto. Mai avrebbe creduto che le
cose fra loro tre si sarebbero potute mettere così e si sentì in
qualche modo parte di loro, di quella coppia affiatata e strana per il
modo in cui vivevano la loro storia, ma assolutamente piena e assoluta.
Si sentì meglio, così decise che avrebbe insistito ancora e che era
presto per mollare e mandarlo a quel paese.
Avrebbe
ripetuto quell’operazione ancora molte altre volte.
Kevin
era il contrario di razionale, ragionava con l’organo genitale anche se
non ai livelli di Roby, di conseguenza la prima idea che gli venne per
dimostrargli che Mark si sbagliava, fu di usare il proprio corpo
consapevole che era il punto debole dell‘altro.
Anche
perché sapeva che se l’avesse preso di petto come era tentato di fare,
poi sarebbe stata la fine… l’altro avrebbe reagito malissimo.
Dovendo
rimandare alla sera poiché il tempo di ritrovarsi con la squadra per i
vari allenamenti era arrivato, finse di assecondarlo e di lasciargli i
suoi spazi ma non finse di cambiare camera o cose simili, lasciò a lui
la mossa per quel che riguardava la stanza, era convinto comunque che
non avrebbe mai avuto il coraggio di cambiarla veramente.
Fu
un bravo attore perché per tutto il tempo si finse arrabbiato con lui
evitandolo come la peste -per questo non aveva dovuto fingere in
effetti-. Una volta abbassata la guardia, Mark, che sicuramente pensava
d’averla avuta stranamente vinta, al momento di rientrare in camera
dopo cena, si pose la fatidica domanda.
“Devo
cambiare camera o posso fidarmi? Siamo adulti, penso che possiamo anche
stare insieme senza scannarci…”
Per
lui a quel punto il problema era solo quello, convinto che Kevin lo
evitasse per non picchiarlo. Se avesse continuato ad ignorarlo a quel
modo sarebbe stato facile…
Decise
di lasciare a lui la mossa riguardo alla sistemazione notturna, era
anche restio a far casino spostandosi lui stesso, sarebbe apparso come
un bambino che non andava d’accordo con qualcuno ed allora se ne
andava, era assurdo. Potevano domare qualsiasi istinto se lo volevano e
lui lo voleva.
Quando
vide che però non rientrava cominciò a pensare che volesse aspettare si
addormentasse per non avere l’onere di guardarlo e parlarci. Mark pensò
seriamente di approfittarne ma quando fece per mettersi giù nel letto a
dormire, si rese conto che il sonno sembrava lontano anni luce.
Sbuffando
cominciò a rigirarsi nel letto come un forsennato, innervosendosi
sempre più.
Guardava
l’ora di continuo e più vedeva il tempo passare e Kevin non tornare,
peggio si sentiva e non riusciva proprio a capire come. In realtà gli
stava facendo una specie di favore. A meno che non avesse cambiato
camera e non glielo avesse detto… si alzò di scatto a quell’ipotesi e
come fosse preda di un raptus aprì il suo armadio, quando vide tutti i
vestiti a posto si tranquillizzò sentendosi immediatamente più
insofferente di prima per il modo in cui si era appena risollevato.
Scosse
il capo mordendosi contrariato il labbro.
Non
poteva andare bene così… ci pensava troppo nonostante Kevin per una
volta gli avesse dato retta e non gli avesse parlato… gli stava anche
fisicamente alla larga, meglio di così cosa poteva volere? Era davvero
assurdo non essere contento.
Decise
di distendere i nervi con una passeggiata sulla spiaggia che era a due
passi, almeno forse si sarebbe fatto chiarezza. Doveva riflettere su
Kevin senza la pressione di averlo davanti, doveva rifletterci
liberamente, era tutto troppo caotico, non riusciva ad essere lucido
per quel che lo riguardava, da quando si erano baciati e… avvampò da
dentro all’idea del resto. E non avevano ancora fatto sesso completo!
All’idea si sentì anche eccitato, per cui uscì a passo spedito.
Non
avevano certo il permesso di andare a divertirsi per i fatti loro, ma
per due passi in spiaggia od un bagno in mare potevano.
Quando
si mise a camminare sulla sabbia, si tolse le scarpe e lo fece scalzo
ma fece comunque pochi metri, poiché praticamente subito individuò in
acqua una figura che nuotava. Le luci dell’albergo illuminavano a
tratti quel pezzo di spiaggia e quindi c’era il famoso effetto vedo-non
vedo… andò senza pensarci verso l’acqua, non pensava a nessuno in
particolare, voleva solo capire se per caso lo conosceva, se era uno
della squadra o qualcuno da cui magari scappare. Di notte non tutti
facevano il bagno.
Poi
notò dei vestiti poco più in là, non si diede pena per capire di chi
fossero, intuì solo che erano di uno della squadra.
Quando
immerse i piedi fino alle caviglia si fermò nel realizzare chi era
quell’individuo che nuotava.
Ci
mise poco a notarlo a sua volta e quando gli venne incontro per poco
non ci rimase secco. Non ebbe tempo di reazione poiché Kevin uscì
praticamente subito.
Fece
come se non esistesse, quindi gli passò accanto e Mark lo seguì con lo
sguardo da pesce lesso fatto e finito.
Kevin
era nudo.
Cioè
del tutto.
Vedendo
che gli pareva non ci fosse niente di male, Mark esclamò spontaneo
senza nemmeno ricordarsi dei precedenti.
-
Ma ti sembra il modo di fare il bagno e di andare in giro? - Chiese
sembrando tanto un fidanzato geloso. Se ne accorse troppo tardi, quando
Kevin si fermò e mettendo giù i vestiti che si era preso, gli rispose
con le mani ai fianchi e le belle gioie al vento.
-
Che cazzo te ne frega a te? -
Mark
però sorvolò sulla legittima domanda e passò alla successiva andandogli
davanti. Cosa diavolo aspettava a vestirsi, poi?
-
Non sei mica un cesso inguardabile che anche se vai in giro nudo gli
altri scappano da te! E poi non siamo in una spiaggia nudista! E non
sei uno sconosciuto qualunque! -
Kevin
voleva ridere ma si mantenne encomiabilmente serio, fingendo
indifferenza mentre si carezzava il petto e l’addome per le gocce di
acqua salata che scendevano sulla sua pelle scura e tatuata.
-
Sono complimenti? - Mark si sconnesse arrabbiandosi, perdeva tempo a
fare l’idiota quando era ancora nudo. E cosa si toccava a fare?
-
Ti sembravano insulti? - Ringhiò seccato porgendogli i vestiti che
furono ignorati bellamente.
-
Non posso indossarli altrimenti si bagnano ed odio avere i vestiti
bagnati di mare! - La stupidaggine più grande del secolo. Se ne fregava
altamente di stare nudo e bagnato ma non sopportava i vestiti bagnati!
A
Kevin ovviamente cominciava a piacergli il nervoso di Mark che si
sforzava di guardarlo in viso e non sul corpo. La sera non privava poi
molto della luce poiché fra la luna grande e bassa e le luci
dell’albergo poco più in là, riuscivano a vedersi sufficientemente
bene.
Mark
ovviamente le maledì. Sapeva che andandosene ora gli sarebbe valsa la
bandiera bianca, ma anche rimanere era suicidio. Perché non si copriva?
Perché doveva essere dannatamente sexy? Perché doveva provocarlo sia
pure esistendo e basta?
Vedendo
che si stava asciugando con le mani anche in luoghi discutibili, vedi
il suo piacente sedere, e avendo il terrore che lo facesse con
l’inguine. Gli prese la maglia e gliel’avvolse intorno alla vita
tirando e stringendo per coprirlo almeno sulla fascia interessata. Fu
peggio ed allora decise di mettergliela ed infilandogliela per la testa
lo trattò da bambino facendogli inserire anche le maniche. Non era né
stretta né larga, comunque non lo copriva abbastanza e quando guardò
giù si morse il labbro. Non stava più ragionando, stava solo agendo
d’impulso come spesso faceva in campo.
Si
conosceva bene, sapeva quando poteva lasciarsi andare e quando no.
Ora
non poteva ma non poteva nemmeno lasciare Kevin nudo in quello stato.
Imprecando
si abbassò e prendendo gli shorts, ignorando i boxer, glieli porse.
Kevin aveva le mani ai fianchi e lo fissava ghignando di sottecchi,
senza farsi accorgere. Se dall’esterno sembrava un padre che vestiva il
figlio capriccioso -un gran bel figlio troppo cresciuto!- dall’interno,
ovvero vista dal loro stesso punto di vista, sembravano proprio un
fidanzato geloso che obbligava l’altro scostumato a vestirsi!
-
Dai! - Esclamò seccato Mark indicandogli di alzare i piedi ed
indossarli.
-
Ma io non voglio vestirmi, sto bene nudo! Tanto è notte, non c’è
nessuno… -
-
Ma sei serio, cazzo? - No che non lo era ma tanto si stava divertendo
un mondo.
-
Allora prima i boxer! - Mark non gli chiese perché non se li mettesse
lui, li prese e glieli porse, solo quando infilò prima un piede e poi
l’altro capì che i boxer erano peggio perché attillati. Imprecò ancora,
si morse il labbro ed avvampò. Così non era proprio possibile…
Sospirò
sentendosi in seria difficoltà, suo malgrado andò fino in fondo.
Bisognava affrontare gli ostacoli a schiena dritta e testa alta.
Kevin
era un bastardo che lo stava mettendo alla prova. Si sarebbe provato
anche lui da solo. Se avesse passato la prova, sarebbe stata la volta
buona!
Quando
glieli tirò su fino al bacino, capì il reale problema ed andò nel
panico per un proverbiale momento.
Kevin
diede aria alla bocca esprimendolo per bene nel caso gli fosse
sfuggito. No che non gli era sfuggito, dannazione, e come poteva?
-
Guarda che mi devi sistemare, così esce e pende! - Era vero, infatti la
punta del suo pene che stava giù contro la coscia, usciva dai boxer
troppo piccoli e attillati. Per forza così doveva averli?
-
Cazzo, Kevin! - Esclamò Mark esasperato, ormai rosso in viso. Non
riusciva nemmeno a pensare razionalmente, se l’avesse fatto gli avrebbe
detto di arrangiarsi, invece all’idea che andasse in giro in quello
stato gli mandò il sangue al cervello in una scarica di fastidio senza
precedenti. Non poteva e basta!
-
Sì, è proprio quello che devi sistemare se non vuoi che sia veramente
indecente e pervertito nonché pornografico! - Era perfettamente vero.
Così sembrava il protagonista di un set a luci rosse. Molto rosse.
Ingoiò
a vuoto, sospirò per l’ennesima volta e rimordendosi forte le labbra,
rimanendo in ginocchio davanti a lui perché poi doveva mettergli anche
i pantaloni -era proprio partito per non rendersi conto dell’assurdità
dell’atto del vestirlo, a Kevin funzionavano benissimo le mani!-, gli
infilò le proprie sotto i boxer e gli prese l’erezione per
sistemargliela bene in modo che non uscisse da nessuna parte.
Kevin
non si fece sfuggire l’occasione e sospirando apertamente di piacere,
spinse il bacino contro di lui. Mark si immobilizzò. Avrebbe tolto la
mano subito in un momento normale ma lì non c’era niente di normale, a
partire dalla voglia di continuare a toccarlo e a… ma prima ancora di
realizzare ciò che intimamente voleva, lo stava già facendo e sia pure
con espressione completamente shockata ed insultandosi mentre si
chiedeva che diavolo gli fosse venuto in testa, era lì a masturbarlo
con gran impegno.
Alzò
lo sguardo di nascosto, nel panico di ciò che stava facendo, e vide che
Kevin, sempre con quelle diavolo di mani ai fianchi, aveva la testa
abbandonata all’indietro e teneva gli occhi chiusi mentre si succhiava
il labbro inferiore.
-
Sei una puttana! - anche questo lo pensava ed era piuttosto vero, tutto
sommato, visto il suo piano stronzo per farlo cedere… ma ormai c’era e
separarsi sarebbe stato impensabile.
-
Dì che ti fa schifo, ora! - Mormorò roco e maligno, mentre si abbassava
da solo i boxer per rimetterglielo bel bello davanti al viso sconvolto
e stralunato. Mark non lo contrastò e si perse nelle sue mani che poi
risalivano a carezzarsi languidamente da solo, come aveva fatto prima.
Era proprio una porno star, capiva come mai poteva avere tutti quelli o
quelle che voleva, c’era da chiedersi perché non fossero di più!
Aveva
una sensualità ed una carica erotica che non aveva mai visto in nessuno.
Ipnotizzato
dai movimenti delle loro mani, vide il bacino di Kevin spingersi con
più allusione verso il suo viso e se dapprima non sarebbe mai stato
disposto a tanto, ora gli sembrava davvero la soluzione migliore per
non impazzire.
-
Prendilo in bocca e dimmi che non vuoi… - Era la sua risposta al
proprio ‘lasciamoci’. E cosa rispondergli?
La
razionalità cosa gli avrebbe detto?
Assecondarlo
o no?
Non
capiva più niente, niente e solo quando si sentì affamato in un modo
mai sentito, aprì la bocca e, sempre lì in ginocchio davanti a Kevin,
leccò la punta del suo membro ora duro ed eccitato.
Il
suo sospiro di piacere fu la fine perché poi volle provare a farlo
gemere meglio, infatti andò totalmente in tilt quando lo leccò anche
sulla lunghezza.
Lo
fece chiudendo gli occhi, assaporando meglio quell’atto che prima d’ora
aveva fatto solo con Arjen. Era stato diverso, era stato più
emozionante e meno erotico, questo era davvero una sorta di morte. Una
morte meravigliosa.
Sentiva
tutte le proprie accelerazioni, il cuore andava come un matto ed il
respiro era corto e ansimante. Kevin invece respirava profondamente e
sempre più rumorosamente, fino a che non gli carezzò la testa per
incitarlo a continuare e Mark non se lo fece ripetere. Quando
gliel’avvolse fra le labbra, fece uno strano verso con la gola che lo
incitò a muoversi sul suo inguine e a succhiare con decisione
crescente, voleva che lo sentisse di più, il suo piacere, che andasse
in delirio per merito suo, che per una volta capisse come si sentiva
quando gli faceva certe cose che… che, dannazione, gli erano mancate
troppo per tutto il giorno.
Quando
anche i movimenti del bacino andarono in perfetta concomitanza con
quelli della sua bocca ed il ritmo raggiunse le stelle, ci fu l’apice
del piacere e Kevin giurò, nonostante l’avesse cercato di proposito, di
non averlo mai provato a quel modo.
Era
come aver vinto la partita più importante della sua vita, mentre gli
altri orgasmi erano state solo partite normali.
Sapeva
che non era la finale, che era solo un quarto di finale o la
semifinale, ma sicuramente una delle più importanti e rispetto a quelle
disputate fin’ora, nessuna aveva paragoni.
Si
riprese con una certa fatica e si tolse dalla sua bocca per
inginocchiarsi davanti a lui, gli prese il viso fra le mani e senza
dargli tempo di riflettere e reagire od anche solo pensare, lo baciò.
Fu
un bacio che però di erotico non aveva più niente perché se prima aveva
comunicato ad un livello puramente fisico, ora lo stava facendo con
l’anima e non se ne accorse nemmeno lui, però fu così. Gli carezzò le
labbra che sapevano del proprio sapore, si eccitò di nuovo ma una sorta
di pace totale dei sensi gli aveva tolto ogni forza e messo in perfetta
comunione con tutto ciò che lo circondava. Ed al momento era solo Mark.
Mark
che, nel ritrovarsi dopo il suo sesso duro ed eccitato le sue labbra
morbide e carnose, si sentì sbalestrato e confuso.
L’erotismo
scemò di colpo e finalmente fu investito da un altro tipo di calore. Un
calore dolce e ristoratore. Se fosse sempre stato così, sarebbe stato
diverso vivere quella storia con lui, ma Kevin non era così… o sì?
L’avrebbe
saputo se in quell’istante non fosse stato troppo occupato ad aprire le
labbra a sua volta e ad accogliere la sua lingua che, giocando insieme
alla propria, crearono un mondo parallelo dove non c’erano domande,
dubbi e problemi ma solo loro.
Qualunque
meccanismo scattasse in loro in certi momenti, avrebbero avuto modo di
scoprirlo con calma, fra alti e bassi, fra lotte e riappacificazioni,
fra sconfitte e vittorie.
Era
presto, lo sapevano, ma quel bacio che li riscaldò come niente aveva
ancora fatto, li convinse a provarci ancora e a non mollare. A provare
a vedere dove sarebbero riusciti ad andare avanti.
Mark
si fece trasportare dal momento e da quel bacio incredibilmente intenso
e risalito con le mani alla testa, l’accarezzò con una dolcezza che non
gli avrebbero mai associato vista la sua aggressività in campo. Ma
tutti erano in grado di stupire. Tutti.
I
respiri ad un certo punto gli mancarono e quando si separarono,
appoggiarono le fronti l’una sull’altra e nella confusione inebriante
in cui ora era l’olandese, ascoltò Kevin poiché non aveva la minima
idea da cosa cominciare con le cose da dire.
-
Non puoi decidere da solo per una cosa che si fa in due! - Mark ci mise
un po’ a capire di cosa parlasse, dopo quanto successo, e chiudendo gli
occhi sospirò in un modo che l’altro non seppe interpretare… sembrava
un misto fra lo sconfitto ed il ‘per ora sto zitto’. Bè, un sospiro
strano ad ogni modo. Sapeva che non era finita ma che per ora era
troppo scosso per ribattere e lottare ancora, eppure non era tipo che
mollava e gli piaceva per questo. Perché lui in ogni caso non mollava
mai davvero.
C’era
da chiedersi, a quel punto, se avesse mai mollato veramente Monaco e
Arjen…
A
quel pensiero si oscurò brevemente ma venne subito rischiarato dalle
sue stesse labbra che in risposta, invece che parlare e dire qualcosa
di cui si sarebbe potuto pentire in quello stato d’animo particolare,
tornarono a cercare le sue e a baciarlo ancora sempre con delicatezza.
E
come potevano negare, davanti ad una scena simile, in ginocchio l’uno
davanti all’altro, sulla spiaggia, di notte, a baciarsi, che erano
molto più legati e presi di quanto non se ne rendessero effettivamente
conto?