CAPITOLO
XXI:
INASPETTATE
RISPOSTE
Kevin
stava molto bene con Stephan, oltretutto avevano alcune cose in comune
e riusciva a ridere un sacco con lui, ma da lì aveva seriamente deciso
di non andare oltre.
Pranzavano
insieme di tanto in tanto oppure andavano a bere qualcosa, ma non
costantemente.
Quando
sembrava fosse sul punto di confidarsi si frenava e faceva dietrofront.
Non
si sarebbe mai più esposto, ne era convinto.
Aveva
capito che nel momento in cui si apriva e poi magari riceveva
un’altrettanta apertura da parte di quest’altro, poi finiva sempre per
connettersi troppo.
Da
questo però ce ne passava di acqua sotto i ponti per ridursi nello
stato in cui era per Mark.
Eppure
non era stato tremendo anche con Thiago?
No,
non proprio… aveva avuto un picco in particolare, quando poi Mark era
rimasto a dormire con lui, poi ne era uscito abbastanza in fretta anche
se non con uno schiocco di dita.
Senz’altro
grazie alla presenza costante di Mark.
Anche
lui voleva capire bene cosa fosse.
Era
vero amore o solo attaccamento verso colui che l’aveva aiutato?
Era
angosciato dall’idea di essere solo uno che si illudeva di amare e che
in realtà non ne era veramente capace.
Passava
ogni momento a cercare di capirlo ma non ne parlava con Stephan.
Con
lui rideva e basta, facevano discorsi idioti e senza senso e non si
confidavano.
Né
l’uno né l’altro.
Stephan
non era stupido, sapeva che Kevin aveva ancora la fissa per Mark ma da
come insisteva sembrava fosse una cosa seria, di più non poteva proprio
sapere perché l’altro si ostinava nel non dire nulla a proposito.
Quella
sera, però, nessuno avrebbe pensato di trovare delle risposte.
Il
giorno dopo avrebbero giocato col Novara, quindi erano a dormire in
albergo.
Dopo
l’allenamento pomeridiano consueto, furono tutti radunati a cena
insieme nel ristorante del solito albergo e fu quando erano insieme che
inevitabilmente fra sguardi e discorsi vari che si ascoltarono a
vicenda, il meccanismo s’innescò.
Era
fondamentalmente la prima volta che si ritrovavano dopo la fine del
ritiro, allenamenti giornalieri a parte, ed era nell’aria la bomba.
Se
ad ogni modo Zlatan ed Alex non era chiaro il punto preciso in cui
erano poiché non si mostravano mai romanticamente d’amore e d’accordo
nemmeno in pubblico, la telenovela di Kevin e Mark era la curiosità del
momento.
Kevin
seduto con Stephan ed il Noce, parlava come niente scherzando e dicendo
un sacco di cazzate, Thiago e Roby erano insieme ad Alex ed osservavano
tutto nei paraggi curiosi come scimmie dell’evoluzione della ‘cosa’,
mentre Mark era con Clarence, Urby e Zlatan.
Non
che si calcolassero molto, cioè Clarence e Urby parlavano spigliati,
Zlatan ascoltava mugugnando e Mark aveva la testa da tutt’altra parte.
Kevin.
Lo
vedeva scherzare molto con Stephan e l’incombenza di capire cosa
succedesse fra loro ma soprattutto se Kevin scambiasse la gratitudine
per amore, lo faceva estraniare in modo inevitabile.
Erano
molto in sincronia e Stephan non era tipo che si faceva problemi ad
andare a letto con gli altri, insomma, era molto aperto e libero e
quindi era facile che poi potessero già essere alla fase in cui erano
stati loro durante il ritiro. Poi si corresse. Non avevano nemmeno
fatto sesso completo… in che fase erano arrivati?
Sicuramente
erano andati ben oltre l‘amicizia, ma non era nemmeno vero trascurare
quello che avevano al di là della sfera sessuale…
Avevano
un rapporto particolare, si erano fatti confidenze che non avevano
fatto a nessuno e soprattutto si erano visti, trovati e toccati dentro.
L’avevano
già fatto, lui e Stephan?
Non
lo poteva proprio immaginare e l’idea di non saperlo lo stava divorando
come un cancro.
Si
rendeva conto che questo bisogno di sapere tutto era esagerato e che
non poteva asciugarsela con un semplice ‘curiosità’.
Non
era idiota, si sentiva geloso marcio, ma era abbastanza adulto da
riuscire a trattenersi e a non fare scenate. Fino a quel momento.
Quando
lo sentì chiamarlo ‘mio fratello’ riferendosi a Stephan, fu un colpo di
grazia per Mark perché capì che avrebbe semplicemente voluto non aver
mai litigato con lui, mai lasciato, mai messo fine a tutto.
Avrebbe
voluto poter essere libero di stare con lui quando voleva, sentirlo
quando voleva e dirgli ancora tutto quello che voleva.
E
baciarlo.
Perché
lo baciava sempre in modo strano…
In
breve si riscosse nel sentirsi riscaldare troppo da quei pensieri e
quando notò che lo sguardo si era incrociato per sbaglio con quello
dell’interessato, si voltò verso i suoi compagni che aveva vicino e
sforzandosi di ascoltare cosa stavano dicendo, tentò di partecipare ai
discorsi.
Quando
riuscì a ridere e a parlare con loro, quello che lo notò fu Kevin che a
sua volta scattò lo stesso meccanismo che era già scattato in Mark nel
vederlo tanto affiatato con Stephan.
Come
poteva stare lì nella solita cena di squadra prima di una partita
ufficiale e non calcolarlo nemmeno un istante ed anzi ridere e
scherzare tranquillamente con altri?
Faceva
ancora come se non esistesse, faceva ancora come niente fosse… come
poteva?
Provò
un fortissimo moto di ribellione e nonostante si fosse preparato
psicologicamente al momento in cui avrebbero ripreso la normale vita di
club, capì che non ce l’avrebbe fatta, che non avrebbe mai potuto
andare avanti, mai, senza fare nulla.
E
agì senza pensarci.
-
Quando torniamo a casa, domani sera, ti devo portare in un posto! -
Disse ad alta voce Kevin a Stephan.
“Ci
siamo!””Pensò Thiago attento a quel momento fatidico: “Kevin è in fase
‘non penso a quel che dico e non penso nemmeno quello che dico!’ Ne sta
per fare una delle sue!”
Nonostante
l’avesse capito, non poté fare nulla.
Mark
drizzò subito le orecchie e si estraniò ancora dai dialoghi, Zlatan
capì che stava ascoltando di nuovo i discorsi di Kevin e lo fece a sua
volta senza nemmeno rendersene conto.
-
Perché? - Chiese stranamente Stephan invece di chiedere, com’era più
logico, ‘dove’.
-
Perché sei il mio fratellino e ti devo far vedere questo posto. È
speciale. Cioè, non è bello, è una vera schifezza, però vedrai, ti tira
fuori tutto da dentro! - Mark capì all’istante che voleva portarlo al
Freak Bar e quando lo realizzò un moto di forte ribellione colpì anche
lui a sua volta, solo che le conseguenze furono decisamente diverse e
prima che potesse anche solo lontanamente rifletterci, Mark si era
rumorosamente alzato dal tavolo e se ne era andato mugugnando che
andava in camera.
Thiago
e Roby si guardarono mentre Zlatan fissò subito Kevin che a sua volta
aveva smesso di parlare per guardare con una luce demenzialmente
soddisfatta l’uscita furiosa di Mark.
Qualcosa
l’aveva di certo ottenuta, cosa ancora però non l’aveva capito.
Per
la notte si erano sistemati in camere da due e da tre.
Solo
su espressa richiesta -capriccio- delle coppie che lo desideravano.
Kevin
aveva naturalmente fatto la sceneggiata per stare da solo insieme al
suo caro fratellino Stephan e nonostante questi sapesse di essere
spudoratamente usato per far ingelosire Mark, non gliene sembrava
importare molto anzi, pareva piuttosto divertito dal tutto.
Mark
invece era andato in camera con gli altri due olandesi, Clarence e Urby.
Ovviamente
essendo entrato per primo, di tempo per pensare ne aveva avuto e
caricato da una rabbia indicibile nei confronti di Kevin, una rabbia
che non sapeva più assolutamente spiegare razionalmente e che lo
mandava ulteriormente fuori di testa, rimase affacciato alla finestra
aperta a congelarsi per il freddo invernale che faceva.
I
pensieri, purtroppo, non gli si congelavano e solo quando da un’altra
finestra sentì le voci chiare e distinte di Kevin e Stephan, si
sconnesse davvero.
Non
perse tempo a cercare di capire cosa dicevano, una volta realizzato che
si era preso la camera accanto il sangue gli andò alla testa e come se
fosse un suo dovere stargli lontano il più possibile, trovò quel suo
tormentarlo un grave misfatto che doveva andare punito.
Poteva
passare sopra a molte cose, anche al suo tentativo di ingelosirlo con
Stephan, ma il pensiero che poteva veramente portarlo al Freak Bar solo
per dare una lezione a lui e non perché veramente lo voleva per qualche
motivo sensato, non gli permetteva un solo ragionamento serio.
Montato
da una rabbia cieca e senza precedenti, Mark uscì veloce come un
fulmine ed altrettanto veloce bussò con forza alla porta della camera
accanto. Quando un allibito Stephan gli aprì, capì subito che non
sarebbe stata aria.
-
Puoi lasciarci soli per favore? - chiese brusco Mark. Sembrava più un
ordine che una richiesta. Stephan non si fece impressionare ma curioso
di vedere come si sarebbe evoluta la storia, annuì e silenzioso uscì.
Kevin
rimase senza parole a guardarlo entrare e sbattere la porta dietro di
sé.
Non
ci aveva nemmeno sperato a vederlo arrivare, sia pure a passo di carica.
Quando
capì che era nero come la pece si chiese se non avesse fatto centro, ma
non era pronto nemmeno a quell’eventualità.
Aveva
agito senza pensarci, non aveva mai avuto un vero piano dietro.
Veramente stando con Stephan aveva voluto solo distrarsi. Quando aveva
detto del Freak Bar non ci aveva pensato, non l’avrebbe mai portato
davvero, voleva solo che Mark lo pensasse.
Ebbene
lo pensava.
-
Cosa c’è? - Chiese fingendosi duro ed indifferente.
Peccato
che non era proprio la persona più calma e fredda del mondo.
Mark
aspettava solo una sciocchezza per scatenarsi. Gli bastò guardarlo
sforzarsi di apparire indifferente. Una stupida finta. Coglieva tutto
di lui, tutto. Non c’era verso che gliela facesse e Kevin non sapeva
fino a che punto Mark gli arrivava dentro.
-
La smetti di fare lo stronzo? - Gli uscì così, senza nemmeno pensarci.
Kevin sgranò gli occhi preso decisamente in contropiede.
Mark
si piantò le mani ai fianchi e mosso qualche passo gli si piantò
davanti pronto a dargli anche una testata, se fosse servito.
Ma
dove voleva arrivare non lo sapeva bene e quella era la sola verità.
-
Quando l’ho fatto? - Chiese non sapendo nemmeno lui cosa dovesse dire e
fare. Insomma, non si era certamente aspettato che gli venisse in
camera, figurarsi che l’accusasse di essere lui lo stronzo!
-
Da quando ci abbiamo dato un taglio! Ho chiesto io a Stephan quella
sera di starti vicino! Devi per forza fare con lui quello che hai fatto
con me? Cos’è, uno schema preciso che rispetti sempre? Ti attacchi a
chi ti aiuta e poi te ne innamori? -
Kevin
a quel punto non capì. In condizioni normali non si sarebbe fermato,
l’avrebbe colpito con un pugno e si sarebbe infuriato come un toro, ma
lì qualcosa gli sfuggiva e contro ogni previsione fece la persona
ragionevole:
-
Ma scusa un attimo, anche se fosse a te cosa te ne importa? Mi hai
piantato dicendo che non dovevamo farla andare avanti perché poi mi
avresti fatto soffrire. Allora cosa vuoi? Nel momento in cui non
insisto più mi sembra che a te non debba fottere un cazzo di quel che
faccio! Insomma, magari sto cercando di andare avanti, magari non è
nulla, magari sì, ma comunque cosa cazzo te ne fotte di cosa sto
facendo e del perché? -
Ecco,
quel ragionamento aveva senso e mentre Mark l’ascoltava si rese conto
di non essere stato per niente logico e razionale.
Per
una volta si erano scambiati i ruoli.
Si
chiese dunque se potesse azzardarsi davvero a restare lì e rispondergli.
Dannazione,
aveva ragione.
Cosa
poteva dire, ora?
Ma
l’idea che Kevin portasse qualcun altro al Freak Bar lo uccise di nuovo
e completamente destabilizzato come poche volte gli era successo in
vita sua, gesticolando come un pazzo, disse completamente
irragionevole:
-
Ma perché lo devi portare al Freak Bar? Cosa diavolo c’entra lui con
quel posto? - Si trattenne all’ultimo dal gridare che era loro ma fu
come se l‘avesse fatto…
-
Cosa te ne frega? Mark, mi hai piantato! Si può sapere cosa diavolo te
ne fotte? - E più andavano avanti, più lui era freddo e composto, tutto
il contrario del solito, di come era sempre. Mark, invece, non riusciva
proprio a trattenersi, sembrava volesse esplodere, strepitare, fare una
strage. Tutto gli bruciava, tutto.
Si
prese il viso fra le mani e poi i capelli, quindi puntandolo con le
dita aperte e tese, ruggì ancora senza poter più pensare:
-
Ma hai detto che eri innamorato di me! Non era vero?! - Spingeva su
quel tasto e non se ne accorgeva nemmeno mentre Kevin ora vedeva più
chiaro e limpido che mai.
Non
si era mai accorto di averlo portato fino a quel livello, era sempre
stato convinto della sua rigidità come persona ed invece ora veniva
fuori che… bè, l’aveva preso molto prima di quel che avesse pensato. Ed
anzi. L’aveva preso, punto.
- E
tu mi hai detto che non dovevo. - ribatté con logicità senza scomporsi,
immobile davanti a lui che continuava a gesticolare e ad agitarsi. Gli
occhi sembravano più quelli di un pazzo ed erano per lui. Era così
stremato e furioso e confuso solo per lui, non sapeva nemmeno cosa
stava dicendo.
Quando
infine lo sentì gridare, pensò d’aver capito male.
Ne
fu convinto.
-
NON VOGLIO! - Kevin, sicuro che non intendesse quello, chiese piano e
cauto.
-
Cosa non vuoi? - Ma Mark urlò ancora più fuori di sé per quella sua
pacatezza che stava usando quando non l’aveva mai fatto, mai. Perché
ora sì? Gli sembrava si stesse prendendo gioco di lui.
-
NON VOGLIO USCIRE DALLA TUA VITA! NON VOGLIO CHE TU ESCA DALLA MIA!
DANNAZIONE, KEVIN! NON VOGLIO CHE NON MI AMI! - Era contorto, così
contorto e sconvolto che probabilmente non aveva detto nulla di sensato.
Quando
si fermò chiedendosi se per caso l’avesse capito, sperando di non aver
detto quello che credeva, che fosse solo un incubo e non un momento di
reale follia, capì che l’aveva detto veramente e che anche se era stato
confuso, Kevin l’aveva compreso perfettamente.
E
pensò di buttarsi dalla finestra.
Cosa
aveva fatto?
Nel
panico, realizzando cosa aveva appena detto e non sapendo proprio cosa
fare, si girò in fretta per andarsene, non era pronto per niente, non
voleva vivere una cosa simile, non voleva aver detto quello che aveva
addirittura gridato.
Con
la mano sulla maniglia pronto per filare via, si sentì strattonare per
le braccia e girato di forza e bruscamente ebbe la porta dietro di sé
mentre davanti un corpo duro e sodo. Percepì tutti i muscoli aderire
contro i propri ma li sentì rilassati e non tesi come era lui stesso.
D’impatto
pensò che Kevin potesse colpirlo, poi divorarlo come aveva fatto la
prima volta che si erano baciati ed invece, poi, venne completamente
smentito da quella sua semplice dolcezza assoluta.
Credendo
di avere le visioni, si concentrò sulle sensazioni fisiche per capire
se fosse il caso si svegliarsi o se potesse rimanere lì… lì a farsi
baciare da Kevin… Kevin che non baciava mai e soprattutto non con tanta
delicatezza.
Erano
tali le sue mani sul suo viso ed il suo corpo premuto contro il proprio.
Era
anche dolce, mentre mescolava le labbra alle sue riuscendo a fargliele
aprire piano.
Era
sensuale e convincente la sua lingua che trovando quella di Mark la
intrecciava e ci giocava fino a rilassarlo completamente.
Le
mani stesse dell’olandese si poggiarono titubanti sui suoi fianchi, non
lo allontanò, non lo mandò via, non lottò.
Era
come se si stesse arrendendo a quella meravigliosa e piacevole
sensazione di pace, quella che in tutti quei giorni non aveva
assolutamente mai avuto.
Si
poteva stare tanto bene dopo essere stati tanto male?
Ma
male per cosa, poi?
Perché?
Mentre
rispondeva stordito al bacio ed il mondo riprendeva la sua calma e la
sua lentezza, la mente smetteva di correre impazzita, il panico scemava
e tutto tornava normale.
Normale
come?
Com’era
stato normale?
Quando
si staccarono, dopo un lungo bacio interminabile ed ubriacante, occhi
negli occhi a quella vicinanza da far girare la testa, Kevin mormorò
senza un solo dubbio dentro di sé:
-
Non lo posso provare per nessun altro, tutto questo. Non voglio nessun
altro. Non voglio nemmeno pensare di dover uscire dalla tua vita. Però
tu non uscire dalla mia, Mark. Non uscire. - Mark rimase in silenzio a
fissarlo con la sua tipica intensità magnetica. Cosa poteva dire?
Non
poteva garantirgli una cosa simile e non era nemmeno sicuro che fosse
giusto, che andasse bene ma che soprattutto fosse vero.
Lo
era?
-
Io non so nemmeno se tutto questo è reale oppure una stupida illusione
che ci stiamo facendo per giustificare la forte attrazione sessuale…
sono veri sentimenti? Non so garantirti che non vorrò mai andarmene
perché mi conosco e so che potrei essere preso dal raptus della cosa
giusta e corretta… avrò sempre la mia famiglia che amo tantissimo ed io
non so dirti cosa farò domani… tu mi chiedi qualcosa che non ho proprio
idea di… - Non lo fece finire perché di nuovo Kevin con quella dolcezza
e calma di prima, lo baciò fondendo le loro bocche e le loro lingue che
parevano incapaci di stare separate. Poi, su di esse, respirandosi a
vicenda, mormorò:
-
Come non te ne accorgi che sono veri ed autentici? - Questo spiazzò del
tutto Mark che non seppe proprio cosa dire, cosa ribattere, come
smontarlo, come dargli torto? Ma Kevin, vedendolo ancora titubante e
spiazzato, lo baciò di nuovo carezzandogli il viso e poi giù sul collo.
Come poteva scambiare tutta quella delicatezza per passione ed
illusione? - Come fai a non sentirlo? - Disse di nuovo sulle sue labbra
di cui si riappropriò piano scendendo alla vita per potersi infilare
sotto la sua felpa. Il contatto diretto con la pelle delicata dei suoi
fianchi, stordì entrambi tirando via ancora il fiato. Tornò a parlare
fra un bacio e l’altro: - Non ti sembra un vero sentimento, questo? -
Improvvisamente nemmeno Kevin aveva dubbi, sapeva con certezza che era
vero, che era così, che non era nessuna sindrome del salvato o cose
simili. Improvvisamente aveva tutto ben chiaro in mente e dopo
l’ennesimo bacio pieno di tutto quello di cui stava parlando, Mark
infilò a sua volta le mani sotto la sua maglia, raggiungendo la schiena
per attirarlo a sé in una muta richiesta di avere di più.
Questa
volta non c’erano ripensamenti o titubanze.
Questa
volta c’erano solo le risposte.
Solo
quelle.
Decisamente
né Kevin né Mark avrebbero mai pensato di essere capaci di trovarsi e
raggiungere quel piccolo traguardo. Era parziale ma poteva andar loro
bene. Era perfetto così, si dissero, per quel momento.