CAPITOLO
I:
COLPA
DELL’EUFORIA
C’erano
un paio di problemi.
Numero
uno: quel ragazzino era troppo intraprendente. Sebbene ciò
normalmente potesse essere positivo, dipendeva dal modo e dai momenti
in cui lo era.
Numero
due: aveva le idee chiare. Troppo. Anche questo non era negativo ma
se quelle idee erano pericolose, non era più tanto positiva la cosa.
Numero
tre: aveva una delle personalità più forti che avesse mai
conosciuto. Di gente ne aveva conosciuta ma come lui doveva ammettere
che ancora non c’erano stati. O per lo meno così pareva a lui…
Numero
quattro: aveva un non so che. Quei non so che erano sempre pericolosi
in ogni caso.
Numero
cinque: ci sapeva fare. In ogni campo o per lo meno molti di quelli.
E no che non andava bene saperci fare così bene in ogni campo.
Numero
sei: era la mascotte della squadra, tutti l’adoravano e lo
coccolavano e lui ne approfittava ma non in modo da carogni… in
modo normale e simpatico. Nemmeno questo andava bene perché ciò
rendeva impossibile odiarlo. Non che dovesse odiarlo per forza ma
almeno se trovava qualche lato negativo riusciva a mantenere un certo
contegno.
Numero
sette -e più importante-: non sapeva cosa erano i no. Quelli così
erano pericolosissimi!
Maxi
era nei guai e principalmente la questione era: con chi ne parlava?
In
realtà era un uomo ed era più grande dell'altro, non dovevano
esserci tutti quei problemi, non aveva senso ce ne fossero, doveva
bastare un suo no secco ma come mai si era fissato tanto con lui?
Bè,
fosse stato solo quello non sarebbe stato male, bastava continuare a
scappare dalle sue zampe, però il fatto era che non trovava la sua
compagnia poi così male, colpa di quel famoso non so che…
Ci
parlava bene, era simpaticissimo e lo faceva morire dal ridere!
Stava
bene con tutti, era adorato da tutti e si dava generalmente da fare
per quel che gli interessava.
E
poi non aveva ansie di nessun tipo, era tranquillo e sicuro di sé,
forse troppo infatti.
Quando
il mister non l’aveva impiegato per la maggior parte dell’anno
non si era dato molta pena, aveva atteso fiducioso che prima o poi il
suo momento sarebbe arrivato e così era stato, anche quando non
aveva segnato subito non si era agitato ed era rimasto pacifico e
sicuro di sé sapendo che il mister non l’avrebbe rimpiazzato e che
sarebbe arrivato il goal a breve e così era stato. Questa sua calma
veniva dalla sua grande sicurezza e lo invidiava. Era positivo se si
limitava solo al calcio, quando usava questa particolare dote anche
nella vita privata e nei rapporti interpersonali… lì le cose
cambiavano.
Era
lì da nemmeno un mese intero, cosa ci aveva visto in lui di speciale
da attaccarsi a quel modo?
Ok,
aveva buoni rapporti con tutti quindi forse era una sua
caratteristica instaurarne anche con i nuovi arrivati, però in
realtà aveva notato che erano più gli altri a cercarlo, renderlo
partecipe delle loro vite e di tutto.
Era
strano.
All’inizio
era stato contento, si stava prodigando per integrarlo nel gruppo e
probabilmente era un suggerimento del mister perché aveva capito che
non l’avrebbe usato prima che non si sarebbe integrato con gli
altri, però da lì a provarci con lui senza il minimo pudore ce ne
passava.
Insomma,
era sposato, aveva due figli ed un altro era in arrivo, stava bene
con sua moglie e non aveva problemi col suo matrimonio… cosa gli
aveva fatto credere che ci sarebbe stato?
Spaesato
per questo suo comportamento e preso ampiamente in contropiede, aveva
trovato complicato il tenerlo al suo posto poiché al di là delle
avances chiare, Stephan -o Stefano come lo chiamava il mister- era
una persona estremamente piacevole, si divertiva molto ed era bello
stare con lui.
Quando
però era arrivata la partita di Udine… bè, lì la storia era
stata diversa.
Molto
diversa.
Traumatica!
Quella
sera sarebbero dovuti tornare subito a casa a Milano, avevano giocato
alle sei e avevano tutto il tempo, ma con le strade impraticabili
appena fuori il Friuli, avevano preferito rimandare la partenza al
giorno dopo per non correre inutili rischi di finire fuori strada con
la corriera con la quale erano venuti.
Così
tornati nell’albergo che li aveva ospitati la notte precedente, le
camere, aveva tragicamente notato Maxi, erano assortite proprio nel
peggiore dei modi. Come, appunto, la notte precedente. Solo che
quella era stata diversa… prima di coricarsi non avevano vinto una
partita importante come invece era successo dopo.
E
comunque non avevano solo vinto, erano stati loro a portare il Milan
alla vittoria e alla vetta momentanea… loro due… lui e Stephan…
L’esaltazione
aveva preso entrambi, non solo il piccolo faraone, ed il problema
sostanzialmente era stato quello.
Dopo
tre partite con risultato negativo, un pareggio e due sconfitte fra
Serie A e Coppa Italia, vincere così una partita difficile con
undici infortunati fra cui alcuni davvero molto importanti e due
squalificati… bè era davvero una doppia vittoria.
Quando
tutti li avevano dati per spacciati, convinti che l’Udinese avrebbe
portato a casa la partita e che loro ormai rattoppati com’erano non
ce l’avrebbero fatta, era arrivato Maxi a giocare nel suo ruolo
preferito, sotto porta, ed aveva avuto ragione dell’incontro poiché
oltre al goal del pareggio aveva fatto l’assist -perfetto- a quello
del vantaggio di Stephan.
Meglio
di così poi non sarebbe potuta andare.
Sì,
nel primo tempo non c’erano praticamente stati in campo e nel
secondo si erano appena svegliati, ma il crescendo che avevano avuto
dal quarantacinquesimo in poi era andato sempre meglio fino alla sua
entrata in campo quando Maxi era arrivato dalla panchina e aveva
dimostrato a fatti perché quella posizione gli era più congeniale
di quelle in cui aveva giocato nelle precedenti partite.
Era
stato bello ed esaltante soprattutto perché il Milan era sempre
stato il suo sogno e riuscire ad esserci e a portarlo in pochi minuti
alla vittoria non aveva prezzo.
Questo
era stato come bersi una bottiglia di tequila tutta d’un fiato,
ubriaco della propria stessa felicità ed euforico come ancora i
compagni non l’avevano visto, in camera Stephan ne aveva
approfittato con molta abilità senza troppi complimenti.
E
per Maxi, sempre come ubriaco, prima di capire che diavolo ci facesse
la sua bocca sulla propria e che quella che gliela stava esplorando
era la sua lingua, era tardi.
Le
sue mani dappertutto con abilità e bramosia e doveva dire anche
esperienza.
Cavolo,
quello aveva venti anni e lui ventotto, come faceva ad essere tanto
intraprendente, esperto e bravo?
Poi
cercare di spingerlo via era stato come cercare di farlo con una
montagna… non ci era proprio riuscito e non certo perché l’altro
avesse più forza di lui, anzi, Stephan era piuttosto piccolo
rispetto a lui, ma semplicemente gli era incollato.
Il
suo corpo, nudo in un attimo quanto il proprio -come diavolo avesse
fatto a spogliarlo così in fretta era un mistero- sembrava incapace
di staccarsi e muoversi e strofinarsi e le mani… le mani sembravano
nate direttamente sulla propria erezione, come una protesi naturale
di sé… e poi anche del proprio posteriore… era stato impensabile
staccarselo di dosso una volta che era vittoriosamente riuscito a
cominciare.
E
non capiva proprio come diavolo potesse rispondere al suo bacio con
tanta volontà… per non dire che non capiva quando invece di
spingerselo via aveva cominciato a stringerlo a sé e a tenerselo
addosso.
Eccitandosi.
Lasciandolo
fare.
Non
ricambiando, però lasciandolo fare questo sì.
Non
che fosse un compromesso accettabile, ma dopo il caos per la
vittoria, i desideri che si realizzavano, i goal importanti e tutte
quelle cose lì, avere Stephan sopra che se lo faceva in totale
libertà e con molta ma molta decisione e intenzione, faceva solo
parte del caos di prima.
Poi
quando il tutto si sarebbe dissipato sarebbero rimasti un mare di
rimpianti.
Ed
un orgasmo meraviglioso.
Maxi
e Stephan oltre all’età, otto anni di differenza, anche l’altezza
e la corporatura era diversa… Maxi era più alto e più muscoloso
di Stephan.
Oltre
che uno aveva la carnagione scura ed i lineamenti egiziani e l’altro
era chiarissimo ed i lineamenti… bè, non molto argentini, in
effetti, però non da tenebroso come invece li aveva Stephan.
Erano
diversi su molti fronti, per non dire il fatto che uno fino a quel
momento avesse vissuto con certi principi che era riuscito a
rispettare piuttosto bene.
Poi
era successo l’irreparabile.
Si
erano incontrati.
Ed
anche se all’inizio Maxi gli aveva detto di ‘no’ Stephan non si
era allarmato, non aveva fatto il diavolo a quattro ma nemmeno il
depresso… era andato avanti tranquillo come niente e poi aveva
trovato il momento giusto per affondare ed entrare in rete.
Era
stato conscio da subito che ci sarebbe riuscito, così come per il
segnare e l’essere titolare.
Essere
in ogni caso gestiti quasi interamente da lui fu per Maxi stranissimo
e forse più ubriacante di tutto il resto, ma averlo seduto su di sé
che si penetrava senza che lui dovesse poi fare molto, fu davvero
pazzesco. Vederlo muoversi addosso in quel modo sinuoso ed erotico,
sentirlo crescere sempre più d’intensità fino ad andare da solo
in profondità gli aveva valso le mani sui suoi fianchi. Maxi alla
fine l’aveva preso e l’aveva accompagnato su di sé in
quell’amplesso anomalo che ormai gli aveva ampiamente dato alla
testa.
Era
stata proprio la fine poiché dopo quell’orgasmo, dopo quello
scambio, Maxi non sarebbe più stato capace di pensare ad altro. Nel
bene o nel male non l’avrebbe certo più dimenticato.
Quando
erano venuti, Stephan era crollato compiaciuto, ansimante e sfinito
sul compagno che di riflesso l’aveva cinto con occhi sgranati, il
fiatone ed il terrore della lucidità che gli si affacciava ora dopo
la nebbia di prima.
Angosciato,
infatti, disse col suo meraviglioso accento spagnolo:
-
Oh cazzo, che diavolo abbiamo fato? - Stephan ridendo rispose
premendo le labbra contro il suo collo ancora pulsante per il piacere
appena avuto:
-
Vuoi un replay? - Il senso dell’umorismo persino in quel momento…
Maxi voleva crogiolarsi nel suo panico ma se quello non glielo
permetteva era difficile!
-
No, voglio solo capire come diavolo sia successo! - Anche lì…
domanda epica per Stephan che non si fece sfuggire l’occasione di
rispondere a modo suo, sempre ironico, sempre mai serio, sempre
tranquillo:
-
Posso mostrartelo! - Maxi sospirò in bilico fra le risate e un
grugnito non identificato, alla fine prendendolo per i fianchi se lo
tolse da sopra e si alzò per andare al bagno e rinfrescarsi. Stephan
rimase a rotolarsi sul letto ridacchiando ironico, alla fine ce
l’aveva fatta e questo era tutto ciò che contava. Del resto ne era
stato certo dall’inizio che quei suoi occhi azzurri e limpidi
sarebbero stati presto suoi.
L’aveva
deciso quando aveva visto l’intervista in televisione di quando era
passato al Milan settimane fa.
L’aveva
visto commuoversi alla domanda se era vero che il Milan era sempre
stato il suo sogno e che ora si stava realizzando. Quando aveva
risposto imbarazzato che era vero e che era felicissimo ed aveva
sentito la voce rotta dalla commozione, aveva capito che era uno con
un cuore ed un’anima e che anche se cercava di tenerla a bada, non
ci riusciva poi tanto bene!
Lì
aveva deciso che l’avrebbe avuto.
Ora
era finalmente successo.
Quando
in partita aveva visto che gli passava quella palla d’oro invece di
metterla dentro come per lui sarebbe stato facile, si era esaltato
come un matto dicendosi che era fatta, che l’aveva conquistato e
che sarebbe riuscito ad averlo quella notte. Quel presagio si era
realizzato con un doppio goal. Sia quello del due a uno che quello lì
in camera.
E
benedetto il maltempo, fra l’altro!
Se
nel resto del mondo non ci fosse stata la Siberia, loro a quell’ora
sarebbero stati a casa a Milano e quel bel festeggiamento personale
se lo sarebbe solo sognato.
Perfetto.
Semplicemente
perfetto, come da lui previsto!
Quando
Maxi tornò in camera non ne parlò e facendo come se non fosse
successo nulla, si mise sotto le coperte dell’altro letto singolo e
cercò di dormire ignorando Stephan il quale, invece, era riuscito ad
addormentarsi veramente nel giro di poco. Lui di pensieri non ne
aveva mica.
E
quando mai quello ne aveva?
I
problemi dall’uno al sette erano tutti suoi. E forse un otto c’era
pure… forse a Maxi, Stephan piaceva più di quello che avrebbe
pensato e che era disposto ad ammettere.
All’alba
Maxi si trovò a pensare che da solo non avrebbe cavato un ragno dal
buco e che per tornare a dormire avrebbe come minimo dovuto parlarne
con qualcuno, qualcuno di fidato che potesse se non altro ascoltare i
suoi sfoghi. Tenerseli per sé non aveva mica senso…
Pensò
a lungo da chi andare… Massimo era il capitano della squadra ed era
quello più aperto e disponibile, teneva unito il gruppo molto bene,
per quello che aveva avuto modo di vedere. Gli aveva spiegato che
normalmente a quel ruolo rispondeva molto bene anche Rino che però
era infortunato. Anche Antonio in quel senso era il centro del
gruppo, però come tutti ben sapevano si stava riabilitando con
allenamenti a parte.
Massimo
però era sposato e con famiglia e lo vedeva molto fedele e con
solidi principi, era difficile che potesse capirlo… non lo vedeva
adatto…
Con
Zlatan aveva avuto pochi contatti, così come con tutti gli altri
infortunati e squalificati vari, molti davvero.
Clarence
era un altro centro del gruppo, uno molto importante ma un po’ come
con Massimo, non lo vedeva molto adatto per raccogliere quel tipo di
esperienze.
Voleva
qualcuno che magari ci fosse passato per una situazione simile, se
non era chiedere troppo… e che però fosse impegnato con una
fidanzata o moglie, altrimenti non avrebbe potuto capirlo.
Sì,
voleva la luna…
Visionò
mentalmente gli altri, visto che dormire era impensabile… si
trovava bene con gli attaccanti e i centrocampisti del gruppo, con
cui naturalmente aveva avuto modo di giocare o allenarsi di più, fra
questi spiccava in particolare Roby poiché era un fenomeno da circo
e chiunque stava bene con lui, aveva una risata contagiosa e
nonostante fosse in un periodo un po’ difficile a livello di goal
poiché tentava tanto ma sbagliava anche tanto, non si abbatteva mai.
Rifletté
su di lui… era sposato con figli, gli sembrava…
“Ma
mi pare che se la intenda bene con Thiago, da quel che ho visto e
capito… vuoi vedere che lui è perfetto?”
Maxi
non poteva proprio sapere perché fosse assurdo pensare che Roby
fosse adatto al ruolo di confidente e consigliere!