CAPITOLO III:
ARRIVA
LA CONFUSIONE
Ovviamente
Stephan aveva capito che parlavano di lui, non certo cosa avessero
detto ma che era lui al centro dei loro discorsi sì.
Massimiliano,
al suo contrario, aveva invece capito tutto. Come fosse stato
possibile nessuno avrebbe potuto dirlo e non poteva che essere
d’accordo con loro su Stephan… quel ragazzo si stava conquistando
i propri sogni a suon di sicurezza e calma. Non era da tutti.
Sicuramente sarebbe arrivato lontano.
Arrivati
a Milano, la corriera li lasciò a Milanello per poi farli andare
ognuno a casa a riposare per bene.
Salutatisi
con l’impegno di rivedersi per una sessione pomeridiana di
allenamenti, Maxi fu preso di sorpresa quando Stephan passandogli
accanto per andarsene gli aveva dato una pacca sulla zona bassa della
schiena e con un tranquillo occhiolino amichevole di saluto aveva poi
detto:
-
Ci vediamo dopo! - E quel dopo era inteso agli allenamenti della
squadra, però quell’occhiolino Maxi lo intese in tutt’altro
senso.
Decisamente
diverso.
Avvampando
di nuovo benedì il freddo pungente e atroce di Milano che gli bloccò
sul nascere i vari rossori sulle guance pallide, poi si affrettò ad
arrivare alla macchina con mille e più cose per la testa… del
tipo…
“Ma
se lui con la sua calma e sicurezza ottiene tutto quello che vuole…
c’è da chiedersi cosa voglia. O meglio. Cosa voglia da me!”
Sospirando
mise in moto perdendosi ad osservare quella di Stephan che sfilava
portata dall'autista. La sua cresta inconfondibile simile alla
propria, solo più ordinata e scura. Maxi si morse il labbro. Sarebbe
stata una permanenza molto complicata!
Il
‘dopo’ di Stephan era stato veramente l’allenamento e sebbene
Maxi rimase in attesa di una sua chiamata o messaggio o sorpresa come
se aspettasse la Morte in persona, non arrivò nessuno e l’argentino
ci rimase male. Male nel senso che comunque si era aspettato qualcosa
ed invece che sentirsi sollevato si era sentito deluso, per questo
poi aveva cominciato a starci male.
Non
era idiota, capiva bene che le cose si stavano mettendo male per lui
ma su una cosa aveva le idee chiare.
Non
avrebbe mai lasciato sua moglie ed i suoi figli.
Quando
lo rivide in allenamento, Stephan lo salutò con molta calma, come se
non fosse successo nulla. Però oltre alla notte passata con lui,
anche le parole di Thiago e Roby gli giravano nella testa e trovava
tutto quello a dir poco stressante!
Da
un lato c’era infatti la consapevolezza che avessero anche ragione
a dire che per gente come loro che stavano in un ambiente simile dove
la sessualità non aveva confini ben definiti e che erano comunque
acclamati da tutti come Dei a cui tutto era concesso, la vita privata
non poteva essere normale. C’era chi si impegnava affinchè lo
fosse e che riusciva a viverla come voleva ma il più delle volte non
era sorprendente che invece andasse fuori dalle righe.
Dall’altro
si diceva che non gli erano mai piaciuti quei discorsi che sentiva
spesso fare ai suoi compagni, li aveva definiti comodi. Lui era
innamorato di sua moglie, lei e i suoi figli erano la sua casa ed
anche se viaggiavano spesso e cambiavano molto non contava perché
gli bastava stare con loro per stare bene e appartenere a qualcosa di
suo.
Però
si ricordava di quando, prima di sposarla, anche lui aveva fatto
quella vita. Andando facilmente con gli altri, certo non con la
costanza con cui cambiava i calzini, ma senza farsi troppi problemi
comunque. Aveva instaurato spesso rapporti molto stretti coi suoi
compagni e condividendo tutto con loro era venuto spontaneo
condividere anche quell’aspetto della sua vita. Non gli era
sembrato strano, non era stato difficile ammetterlo e gli faceva
ridere chi si affannava a negare con virilità che non esistevano i
gay nel calcio. Era assurdo. Era quasi naturale. Non essere gay ma
bisessuali sì, era una cosa diversa da come la concepivano gli altri
al di fuori dello sport, chi non giocava insomma. Non poteva capire
cosa significava far parte di un gruppo, farne veramente parte, ed
essere un tutt’uno con compagni che vedevi più di una morosa o di
una moglie, che vedevi nudi senza il minimo imbarazzo, con cui
scherzavi su tutto, con cui ti confidavi per ogni cosa.
Non
si poteva capire.
Era
diverso veramente.
Lui
questo lo capiva, ma quando si era sposato aveva trovato in lei tutto
quello che gli era servito, lei gli era bastata. Fino a quel momento,
a quando era arrivato a Milano e Stephan in pochi giorni si era messo
a provarci con lui con estrema tranquillità e non solo, nel giro di
così poco era anche riuscito a portarselo a letto.
Lui
che aveva sempre detto, da che era sposato, che non avrebbe mai
tradito sua moglie!
Non
era normale, anche perché non aveva poi fatto granchè Stephan…
come ci era riuscito?
Non
poteva non pensarci, non ne ricavava nulla ma non poteva proprio
smettere e quando Massimiliano capì che lo stava perdendo e che a
momenti gli sarebbe servita una rianimazione con le piastre
elettriche, decise di prendere, sempre a modo suo, in mano la
situazione e chiamando Thiago lo mandò in missione a sistemare la
situazione fra Maxi e Stephan.
Da
parte del piccolo faraone non sembravano esserci problemi, anzi,
pareva tutto normale ma da parte dell’ultimo arrivato era evidente
quanto male stesse, quanto teso fosse e quanti pensieri avesse per la
testa.
Thiago
capì perché aveva chiesto a lui, doveva averli sentiti parlare e
probabilmente doveva aver anche sentito bene tutto. Annuendo aveva
detto che ci avrebbe pensato lui, poi prima di andare di nuovo con
gli altri a fare gli esercizi, il mister aveva aggiunto perentorio:
-
Tu, eh? Non Roby! - Inteso… perché quel fenomeno fa solo guai!
Ed
in effetti l’aveva incasinato non poco con tutti quei discorsi.
Thiago
aveva sorriso sornione e poi era tornato dagli altri e avvicinatosi a
Maxi l’aveva coinvolto nel suo gruppetto distraendolo -con l’aiuto
di Roby che per quello era il migliore- per il resto
dell’allenamento.
Fino
alla partita interna, fino a che il mister non li aveva rimessi
insieme, Maxi e Stephan per testare se l’intesa in campo era stata
casuale oppure qualcosa su cui poter contare.
La
risposta era stata chiara come la neve che cadeva sul campo e tutti
si resero conto di quanto quei due si trovassero bene insieme, non
avevano bisogno di guardarsi, mettersi d’accordo o farsi gesti. Si
intendevano alla perfezione ed avevano una tempistica l’uno verso
l’altro a dir poco invidiabile.
Massimiliano
con decisione aveva infatti pensato che erano sicuramente obbligati a
risolvere i loro problemi perché non avrebbero avuto scelta che
giocare sempre insieme -le volte in cui ne avrebbe avuto bisogno,
ovvero quando Zlatan non sarebbe stato disponibile per qualche
motivo.-
Maxi
stesso si rese conto che era impossibile mettere muri con Stephan,
perché se giocando insieme si sentiva così euforico e bene, c’era
da credere che dovesse veramente trovare un altro modo per risolvere
i propri problemi personali. O trovare un compromesso.
Per
questo alla fine degli allenamenti, prima che Thiago potesse
parlargli ancora e dirgli qualcosa, Maxi fece tutto da solo e
sperando di trovare le parole giuste sia per rifiutare Stephan al di
fuori del campo che per accettarlo come compagno di squadra -E
BASTA!-, lo fermò.
Aveva
rallentato la preparazione di proposito e mentre se ne erano tutti
andati in fretta prima di venir sommersi dalla neve che cadeva a
fiumi -la gara a pallonate di neve era stata la cosa più divertente
ed idiota che avesse mai fatto-, anche Stephan se l’era presa
comoda ma lui lo faceva sempre.
Non
aveva voglia di deviare da casa per andare in un locale e rischiare
di essere ascoltato da altri e poi non voleva dargli illusioni che
volesse qualcos’altro che non fosse troncare l’extra campo.
Visto
che Thiago esitava ad andarsene gli fece cenno di lasciarlo solo che
voleva parlare con Stephan e con il viso che era tutto un programma
finalmente trovò il momento adatto.
Il
silenzio era calato pesante e teso, teso per lo meno da parte di
Maxi. Stephan pareva la persona più pacifica del mondo, come se non
notasse la sua aria strana ed il suo bisogno di parlargli.
Non
era chiaro se ci fosse o ci facesse ma dopo aver parlato tanto di lui
con Thiago e Roby aveva capito che probabilmente ci faceva, gli
sembrava uno troppo acuto per non cogliere tutte le sfumature che lo
circondavano.
L’aria
umida e calda per le docce appena fatte rendeva complicato respirare
come si doveva, Maxi voleva solo uscire ma si rendeva conto che non
era il caso, che doveva farcela ed essere risoluto.
Si
era appena vestito e invece di puntare la giacca, si fermò
osservandolo, si mise le mani in tasca fingendo una falsa
indifferenza e lo mangiò con gli occhi prima ancora di rendersene
conto.
Stephan
era ancora in intimo e sembrava dover sistemarsi assolutamente i
capelli con la cera prima di uscire e vestirsi, perché anche se era
sera e stava andando a casa non poteva non avere la sua benedetta
cresta aerodinamica sulla testa.
Nemmeno
lui se l’era fatta, che fissa fosse la sua era un mistero.
Suo
malgrado ridacchiò a quel fatto, lo trovava divertente in ogni caso
ed era proprio questo il problema principale…
-
Stephan… - Mormorò piano.
Stephan
mormorò un ‘mm’ concentrato su quello che stava facendo ai
capelli, Maxi pensò che non lo stesse calcolando seriamente e gli si
avvicinò affinchè lo guardasse e lo prendesse sul serio.
-
Ste, ti prego… guardami! - Non sapeva essere sgarbato ed il suo
accento spagnolo comunque non eccessivo lo fece ridacchiare nel
voltarsi. Evidentemente gli piaceva.
Come
al solito i suoi occhi azzurri spiccavano come non mai.
-
Sei bellissimo, ora lascia che mi faccia bello anche io! - Disse
ironico di proposito per non appesantire una situazione che secondo
Maxi era pesantissima.
L’argentino
però arrossì imbarazzato, altro che rilassarsi…
Stephan
non era affatto un brutto ragazzo, aveva dei lineamenti interessanti,
si curava molto e si capiva che aveva origini egiziane. I suoi occhi
erano magnetici.
-
Non volevo dire questo… - Replicò teso incrociando le braccia al
petto.
Stephan
parve finire il suo capolavoro artistico ed ottenuto il risultato
desiderato, si lavò le mani e si girò verso il compagno rimanendo
appoggiato al lavandino dietro di sé. Le braccia incrociate ad
imitarlo per prendersi gioco di lui e sempre la solita calma e
sicurezza invidiabile.
-
Sono tutto tuo! - Fece malizioso. Sembrava quasi ammiccasse ma Maxi
si concentrò su quel che doveva dire e sul rimanere apparentemente
impassibile, non voleva dare un’idea di sé troppo malleabile e
debole.
-
Riguardo stanotte… non deve più succedere, lo sai, vero? -
Ecco,
così poteva andare, pensò soddisfatto. Era stato sicuro e fermo ma
non arrabbiato o stizzito. Doveva per forza prenderlo sul serio. Poi
aggiunse temendo che si offendesse comunque.
-
Mi trovo bene con te sia in amicizia che come compagno di squadra ma
non voglio niente altro che questo, va bene? Sono sposato, sono padre
e sto bene con la mia famiglia, non voglio essere quel tipo di uomo…
spero… spero tu lo capisca… -
Stephan
lo capiva bene e più lo capiva più Maxi gli piaceva, ma non era un
problema.
Poteva
anche accontentarlo.
-
Se è questo ciò che vuoi veramente non ho problemi. - Sembrava
vero, sereno, placido, leggero. C’era da credergli?
Era
illeggibile quel ragazzino, come diavolo faceva?
Maxi
sospirando di sollievo andò all’appendino e prendendosi la giacca
si ritrovò nel giro di un istante contro di essa, spinto con
fermezza da dietro. Non cattiveria o aggressività, solo sicurezza.
Dei modi inconfondibili.
E
poi all’orecchio le sue labbra e la sua voce bassa ed insinuante
senza il minimo accento straniero:
-
Ma devi esserne proprio sicuro… che tu non voglia più questo… -
In allegato a ciò ci furono le mani che viaggiarono sui suoi fianchi
e poi sul davanti. Il suo corpo aderiva da dietro e mentre doveva
spingere contro il muro e la giacca per non appiccicarsi anche col
viso e si teneva così impegnato con le braccia, le mani di Stephan
si infilarono velocissime sotto la tuta che indossava e raggiunta la
sua erezione, aveva cominciato a muoversi svelto e sicuro con quella
sua esperienza che c’era proprio da chiedersi dove l’avesse
fatta.
Il
dopo fu di nuovo quell’euforia annebbiante immersa in un piacere
senza confini.
Non
sentì nemmeno i suoi gemiti nell’aria, non si rese conto di aver
accettato di buon grado quel trattamento sul proprio inguine. Solo
quando raggiunse l’orgasmo lo capì, ma ormai era tardi.
Dannatamente
tardi.
Quando
lo mollò ebbe voglia di sedersi ma rimase aggrappato al muro, rigido
come un asta di ferro. Non voleva dare l’idea di… di chi? Di
cosa?
Di
uno che moriva per quel genere di cose? Che gli piacevano quando non
voleva che fosse così? Che combatteva una battaglia persa in
partenza?
Nel
caos più enorme di prima, sentì solo lontanamente le parole di
Stephan mentre si vestiva…
-
Mi sembra tu non sia molto sicuro… -
Poi
un fruscio, la porta che si apriva, una folata di aria fresca ed il
silenzio, il vuoto e l’apocalisse dentro.
Cosa
diavolo stava facendo?
-
Thiago, ti avevo detto di occupartene tu! -
La
voce del mister gli arrivò diretta e accusatoria, sembrava seccato,
cosa anche parecchio strana…
-
Sì, bè… non è che ne abbia avuto modo… - Rispose Thiago
difensivo.
-
Ora Stephan è andato via contento e Maxi è lì seduto in panchina
che fissa i fiocchi di neve che cadono dal cielo mentre diventa un
pupazzo di neve. È già pallido di suo, sta per diventare
trasparente! Cosa faccio, ora, chiamo Ibra che lo prenda a calci per
farlo reagire? - Thiago pensando che avrebbe anche potuto farlo visto
che nessuno capiva mai quando il mister scherzava e quando invece era
serio, si affrettò a rispondere:
-
No no, ci penso io! Vengo a prenderlo! Non faccia niente, lei, per
carità! - Il per carità finale gli scappò ma fece ridere
Massimiliano che non si offese. Solo se glielo diceva lui. O Roby,
Antonio e Sandro. I prediletti, i prescelti, i preferiti, insomma!
-
E fallo veramente altrimenti ti tolgo il titolo di miglior difensore
del Milan! - Lui già normalmente pensava che quel titolo spettasse
ad Alessandro ma dalla sua Thiago aveva l’età ed il fisico, per
cui era stato lieto di asserire con gli esperti che l’avevano
premiato come miglior difensore nel Milan e della serie A stessa. Poi
lui aveva aggiunto del mondo, giusto per mettere le cose in chiaro.
A
giudicare dalle offerte che arrivavano per lui dovevano pensarlo
anche gli altri.
-
No, arrivo! - Thiago però rideva divertito, a volte quella sfinge di
uomo aveva delle uscite che lasciavano senza parole.
Certamente
pensare a Maxi che conosceva pochissimo non era facile, ma si sarebbe
impegnato, gli sembrava giusto fra l‘altro.