NOTE:
Seconda fic della stagione 2017/18 per la serie ‘Milan il Ritorno’. Se
c’è qualcuno che non ha letto le precedenti dovrebbe sapere che ormai
in questa serie Alessio sta con Sinisa, sono la mia OTP, niente me li
farà separare. Ma io sono una sadica e amo incasinare le cose, perciò
c’è solo da leggere le molte fic che ho già scritto per questa stagione
e vedere che succede. In ‘Anno nuovo casini nuovi’ ho presentato i
personaggi, in questa di 3 capitoli i protagonisti saranno Alessio e
Leo. Guardiamo come si è evoluto il loro rapporto che inizialmente non
era roseo o almeno così certe voci ci volevano far credere. Io che sono
una persona terribile, ho voluto usare questa ipotetica situazione per
lavorare sulla loro interazione. Fic pronta e solo da postare e
leggere, un capitolo a settimana circa. Per sapere quando, basta
seguirmi su FB. Buona lettura. Baci Akane
DIFENSORI CENTRALI
1. UN COPERCHIO CHE NON SI CHIUDE PIÙ
Alessio si era perfettamente accorto della presenza di Leo, ma ovviamente faceva perfettamente apposta a non calcolarlo.
Le cuffie Beats sulle
orecchie rimandavano musica house a tutto volume, andando lui a
momenti, se ascoltava cosa ritmata e rumorosa significava che era
arrabbiato e infastidito, mentre se era di buon umore gli piaceva la
musica leggera, qualche cantautore italiano tipo Tiziano Ferro per
esempio.
Quella volta ascoltava
Wolfgang Gartner che gli rincretiniva completamente il cervello, così
almeno non riusciva a capire quanto infastidito fosse dall’esistenza di
Leo nel mondo ed in particolare nella sua squadra.
Una volta tornato in
squadra dopo la pausa per il ginocchio aveva sperato le cose fossero
migliori, ma erano anche peggiorate ed ora il risultato era che lo
ignorava più che poteva per non trasformarsi improvvisamente in Sinisa
e mandarlo apertamente a cagare.
Per lui non era facile specie perché aveva sempre il suddetto che parlava male di lui.
Quel giorno erano
arrivati prima di tutti, Alessio perché faceva più riscaldamento per
via del ginocchio guarito da poco, ma era la prima volta che anche Leo
arrivava così presto, Alessio era già nello spogliatoio ed era seduto
nel proprio angolo con le cuffie alle orecchie nella playlist ‘house’.
Si tolse la giacca continuando poi a trafficare col cellulare in tutta
fingendo di avere in atto una conversazione importantissima con
qualcuno per non calcolarlo, ma la cosa funzionò poco.
Dopo un paio di minuti di silenzio ed ignoramenti vari, si sentì togliere le cuffie dalle orecchie con un gesto deciso.
Alessio lo guardò seccato con l’istinto di spingerlo malamente, ma si frenò.
La sua parte romana
scalpitava per uscire in quel momento e Sinisa nella sua testa non
aiutava. Sinisa era diventato una sorta di animale guida. Bestia nel
suo caso.
- Che c’è? - Chiese spicciolo.
- Io e te abbiamo dei
problemi? Mi pareva che in Cina ci fossimo lascati bene, mi sono
scusato per la mia invadenza, poi sei tornato in squadra e mi ignori
come se avessi la peste! Che problemi ci sono? - Alessio sperava di
essere convincente nell’alzare le spalle e fingere di non capire di
cosa parlasse.
- Non so che intendi...
io non ho niente! - Stava per rimettersi le cuffie quando Leo gliele
prese del tutto e gliele posò con aria risoluta, poi le mani alte in
segno di ‘ti prego’.
Alessio stava per
dargli davvero quella spinta ma poi sospirò, alzò gli occhi al cielo e
gli diede un’ultima possibilità per non seccarlo più.
- Non sono stupido!
Forse ti sta sulle palle il fatto che io abbia voluto venire qua? Ti
senti minacciato nel tuo posto da titolare perché c’è anche Mateo? -
Musacchio non rientrava minimamente nelle sue preoccupazioni.
- Mateo? No, non
c’entra niente questo! - Poi si rese conto di aver appena confermato la
cosa e se ne pentì vedendolo vittorioso puntargli il dito.
- Però lo ammetti che
c’è qualcosa! - Allora Leo diventò più mastino di prima e senza nemmeno
cambiarsi per iniziare l’allenamento personale, continuò il terzo
grado.
- Non è niente, sono
tornato da poco, mi sento indietro e nervoso, devo recuperare la mia
forma e tutti si aspettano grandi cose da noi e il mister non ci dà
sempre spazio insieme oppure succede sempre qualcosa che ci divide ed
io... - Alessio cercando disperatamente di mascherare il vero motivo
per cui era seccato, si mise a parlare troppo dando un’idea diversa da
quel che era. Leo rimase colpito e sorpreso.
- Sei preoccupato perché pensi che non riusciremo a lavorare bene insieme come dovremmo e come tutti si aspettano? -
Alessio si strinse nelle spalle, era il male minore. Molto meglio che pensasse questo.
- Sì... - Era un ‘sì’
incerto, così Leo si sedette vicino a lui anche se non era il suo posto
e gli mise un braccio intorno alle spalle cercando di confortarlo.
E di nuovo lì a
toccarlo. Alessio si tese cercando di non sbuffare. Odiava essere
toccato. Cioè da lui. Perché gli sembrava avesse un secondo fine o che
desse per scontata la loro unione forzata.
- È la pressione, la soffro anche io solo che non posso certo mostrarlo in giro. -
- Tu hai voluto tutto questo... - Gli fece notare Alessio guardandolo da vicino, ancora non mollava la presa.
- Beh, la raccontano in
modo un po’ diverso... - Alessio inarcò le sopracciglia così Leo
finalmente lo mollò ma rimase lì. - Cercavo nuovi stimoli e traguardi,
volevo andare via dalla Juve per... beh, vari problemi e motivazioni
e... -
“Sì, che volevi essere più protagonista, forse!” Pensò cattivo Alessio senza dire nulla.
- E mi hanno proposto
il Milan. Mi fanno ‘ti piacerebbe aiutarlo a tornare grande? Sarebbe
molto prestigioso ed una bella sfida!’ Ed io ‘beh certo... il Milan è
il Milan... è in un momento difficile ma essere nella rosa che lo
riporta in alto sarebbe una sfida eccezionale!’ - Alessio odiava la sua
loquacità, perché doveva raccontare sempre mille cose personali? Lo
stava per mandare a quel paese e cambiarsi, ma ricordava che l’ultima
volta che erano rimasti mezzi nudi in una camera, Leo aveva avuto
un’erezione che era riuscito a strofinargli addosso. Così rimase fermo
a maledire l’universo.
- Insomma, poi mi hanno
chiesto se mi sarebbe piaciuto essere il nuovo capitano ed io ‘cazzo
sì, bello!’ Ma non è che pensavo parlassero sul serio, sapevo che il
capitano era Riccardo e di solito non si toglie così malamente la
fascia. Prima che potessi dire altro ero il capitano del Milan e dovevo
inventarmi qualcosa in conferenza stampa, che potevo dire? È un onore
essere il capitano e trasmetterò la mia forza mentale e la mia voglia
di vincere a tutto il gruppo, cercherò di trascinarli nelle vittorie.
Insomma, io sono fatto così. Precipitoso ed entusiasta. Vivo al massimo
ogni cosa che mi capita... -
“E sei maledettamente
egocentrico e narcisista!” Pensò esasperato Alessio che aveva una crisi
d’ansia a sentirlo parlare tanto di sé.
- Ma sento la
pressione. La sento eccome. Non è che l’ho cercato, mi è capitato e
l’ho accettato, poi i media fanno presto a far sembrare le cose come
vogliono. Io a quel punto non potevo certo dire che non volevo questo
ruolo, ormai ero nel club... -
“Potevi ridimensionare
le cose dicendo che non eri sicuro di prenderti una tale
responsabilità, perché te l’hanno chiesto e non l’hai voluto tu.
Sarebbe stato diverso. Hai detto che sei contento di accettare questa
responsabilità perché sei in grado di sopportarla.”
Ma ancora una volta si morse la lingua ammirandosi per la propria riuscita.
- È difficile per tutti
e ti capisco se senti la pressione, siamo nell’occhio del ciclone, in
pratica. Potenzialmente la migliore coppia di difensori... come si fa a
non subire la pressione? -
“E grazie per aver aggiunto un altro problema agli altri! Fanculo!”
Per Alessio il problema
era rappresentato solo dall’esistenza di Leo, ma ora ovviamente il
problema era anche rappresentato dal dover dimostrare di essere la
migliore coppia di centrali difensori d’Italia.
“Se non lo uccido mi rovina l’esistenza!”
Il lato romano scalpitava, non sapeva quanto sarebbe riuscito a tenerlo buono.
- Ma ne usciremo
insieme, no? Siamo qua insieme e giocheremo insieme. - Concluse Leo
incoraggiante con un sorriso tornando a cingergli le spalle con un
braccio. Alessio voleva vomitare da quei discorsi costruiti e per nulla
spontanei.
Il suo problema era che
Leo non era vero, era costruito. Si era fatto quel ruolo di capitano
trascinatore, il guru che ha a cuore tutti, che li guida e dà consigli,
ma lui non era davvero così.
Probabilmente era solo
la propria idea di capitano, aveva sempre pensato che un capitano
dovesse essere quello e lo faceva, ma non lo era davvero.
Come dirgli che gli dava fastidio quello?
Alessio decise che era più facile sorridere e accettare gli incoraggiamenti. Così lo ringraziò titubante.
- Ma sì che ce la
faremo, è solo che siamo partiti da poco e non è facile per nessuno, ma
il tempo ci aiuterà. - Cercò di metterla facile, ma non lo era molto.
Leo sorrise e strinse la presa, Ale evitò il bacio sulla guancia per un
pelo grazie al telefono che suonava per una chiamata.
Sinisa arrivò a
salvarlo in corner, sollevato di leggere nel display ‘lo scemo’,
sgusciò via velocissimo da Leo e scampò alla sua bocca.
“Vorrei proprio sapere
che diavolo vuole da me. Non deve obbligarsi a farsi piacere il
sottoscritto solo perché dobbiamo essere forti ed affiatati. Non so che
diavolo ha nella sua mente malata, ma giuro che se non la smette di
soffocarmi lo uccido!”
Certamente non poteva
dire proprio tutto a Sinisa altrimenti in un’ora di auto era lì e
faceva opera di smembramento in stile Hannibal.
Se la doveva cavare da solo, ma temeva il modo in cui ne sarebbe uscito, perché si conosceva.
Alessio, il
politicamente corretto, stava per perdere la sua filosofia di vita.
Voleva andare d’accordo con tutti, solitamente ci riusciva, ma più
vedeva Leo sforzarsi di costruirsi un personaggio che non era reale,
più gli montava la bile e quando in campo Leo fece l’ennesimo errore di
calcolo valendo poi un goal ed anche il risultato intero, Ale sbottò
cedendo al famoso lato romano.
Non lo insultò, ma ebbe
un evidente moto di stizza proprio contro di lui brontolando un chiaro
e cristallino ‘sì, ma cazzo!’ Di troppo.
Di solito quando un
compagno sbagliava e da quello derivava un goal, non lo si rimproverava
ma si sosteneva per evitare che quello diventasse un macigno e poi una
montagna, impedendogli di giocare bene.
Ale però non frenò la
lingua, se ne pentì subito perché Leo già molto sotto pressione di suo,
sentendosi rimproverare proprio da lui gli andò vicino a muso duro a
chiedergli cosa avesse.
- Beh? Che hai da dire? - Ale sospirò e a quel punto si trovò ad un bivio.
Gettare acqua sul fuoco
e fare retromarcia o tirare tutto fuori, litigarci una volta per tutte
come si doveva e poi ricostruire da zero?
Ale odiava litigare,
quelle con Sinisa gli bastavano e lo sfinivano. Era polemico, ma odiava
litigare seriamente. Era un po’ contraddittorio.
- Niente, niente!
Giochiamo e vediamo di non prendere altri goal! - Borbottò a denti
stretti correndo verso la propria posizione a sinistra della porta. Leo
però lo afferrò istintivo per il braccio e proprio in piena partita e
davanti a tutti, compagni, allenatore, media e tifosi, insistette:
- In una squadra non c’è il tu ma solo il noi! Se uno sbaglia è colpa di tutti, chiaro? È così che funziona! -
- Eh certo, ma io stavo marcando l’altro, non è che potevo correre dal tuo che ti sei perso per strada! -
Leo stava per ribattere chiaramente alterato, fu Gigio a gridargli contro e spingerli uno per parte:
- È MICA QUESTO IL
MOMENTO?! - questo bastò a far mollare momentaneamente la presa a Leo,
ma entrambi sapevano che ormai il coperchio era stato tolto e visto
tutto quel che ci aveva spinto a forza Alessio, era chiaro che non
sarebbe finita bene.
Infatti, come
pronosticato, il secondo round ebbe luogo negli spogliatoi, per fortuna
lontano dagli occhi dei media, comunque non da quelli del mister che
per fortuna non arrivò subito.
- Credo che qua sfugga
il concetto di squadra! Qua non esiste il gruppo, ecco perché quando le
cose sono difficili non funzioniamo! Era la Roma, ma questo non ci
giustifica a giocare così! - Cominciò Leo a tutti. Alessio sollevò gli
occhi al cielo cercando di mordersi la lingua, gli altri zitti a
sentire la giusta predica. Se si perdeva bisognava essere rimproverati,
anche se tutti pensavano che lui fosse l’ultimo a poterlo fare. - Qua
invece se uno sbaglia si punta il dito, non lo si conforta! Io sono
abituato che se uno sbaglia, sbagliamo tutti! - Continuò arrabbiato
senza rivolgersi direttamente ad Alessio. - Però finché non capirete
che siamo tutti insieme là dentro, quando servirà vincere, non
riusciremo a farlo! Qua non esiste il gruppo, ecco cosa c’è! - Così
Alessio esasperato gettò l’asciugamano insieme alla maglia e a torso
nudo si alzò davanti a lui in piena esplosione romana, aveva appena
riabbracciato un suo quasi ex a cui rimaneva legatissimo, Alessandro
Florenzi, e tutti i sentimenti confusi che aveva sempre provato per lui
erano tornati, si sentiva agitato ed il tutto era condito dalla
sconfitta.
- Hai finito di
atteggiarti? La storia del gruppo è ridicola visto che in realtà ce
l’hai con me! Loro non c’entrano! - Si mangiò per un pelo la parola
‘codardo’ che gli si era formata nella testa, ma in quel momento il
silenzio fu ancora più impressionante, specie considerando che erano in
uno spogliatoio, in uno stadio, e che il silenzio lì dentro era
impossibile.
Leo lo guardò sorpreso
e probabilmente ne aveva così tante da dire che non sapeva da cosa
cominciare, ma le stava vagliando perché sapeva di non poterle dire
tutte e nemmeno come gli si erano formate su. Ale alzò il mento.
- Avanti, perché non
litighi con me? Vuoi insultarmi perché ti ho richiamato in partita?
Alessandro dovevi tenerlo tu ed invece era completamente solo perché tu
non eri nemmeno nella nostra area, non eri neanche lì vicino! Dove
cazzo eri? -
- Ale, Ale... - Si mise
in mezzo Riccardo il quale sentiva sempre forte il ruolo di capitano
che gli era stato portato via. Gli mise una mano sul petto per farlo
indietreggiare, ma Leo avanzò spedito partendo in quarta proprio verso
di lui, con cui effettivamente ce l’aveva sul serio.
- No no lascia che
parli, è vero non sono tornato in tempo, ma non è che difendono solo i
centrali e gli altri possono bersi un thè! -
- I DIFENSORI SIAMO
NOI, DANNAZIONE! SE UNO DI NOI NON È NEMMENO IN AREA PERCHÉ PREFERISCE
FARE L’ATTACCANTE COME DIAVOLO SI PRESUPPONE CHE LI CONTENIAMO NEI
CONTROPIEDI? - Ale era completamente esploso e Riccardo stentava a
tenerlo perché voleva andargli fisicamente contro, spingerlo e dargli
anche un pugno.
I piccoli ammutoliti, Riccardo che non era uno che urlava non sapeva da cosa iniziare ed il mister sarebbe entrato a momenti.
- GLI ERRORI LI FACCIAMO TUTTI, NON POSSIAMO SCHIERARCI UNO CONTRO L’ALTRO! -
- NOI DOBBIAMO
PRENDERCI LE NOSTRE RESPONSABILITÀ, QUANDO IO SBAGLIO SONO IL PRIMO A
DIRLO INVECE DI DIRE SBAGLIA UNO SBAGLIANO TUTTI! NO CAZZO! COSÌ NON SI
CRESCE! -
- ADESSO BASTA! - A
fermare Alessio versione romano furioso ci arrivò Ignazio versione
nazista, il solo che in quei casi aveva polso sufficiente per ammazzare
tutti seduta stante.
Finalmente Alessio si fermò e si zittì e smise di spingere contro Riccardo per arrivare a Leo, Leo indietreggiò e lo guardò.
- QUESTE COSE NON
DEVONO ESISTERE! SE CI SONO PROBLEMI FRA DI VOI LI RISOLVETE FUORI DI
QUA! OGGI ABBIAMO PERSO, OGNUNO PENSI ALLE PROPRIE COLPE! VERGOGNATEVI,
CAZZO! - Ignazio aggiunse anche un bel calcio ad un borsone che volò e
si rovesciò per terra, poi diede una manata alla porta che spalancò con
un tonfo, per un pelo non finì sul muso di Vincenzo accorso sentendo le
urla.
Il mister subentrò ad
Ignazio in un silenzio di tomba, ma dalle facce di tutti era chiaro che
era appena successo qualcosa, fu Riccardo a farsi avanti sminuendo la
cosa che invece era piuttosto grave.
- Sono molto tesi e
arrabbiati per la sconfitta. Non è successo nulla di grave. -
Ovviamente li avrebbe sempre coperti, da brava mamma. Il papà, invece,
era andato a cercare una mazza chiodata con cui punirli. Stili
completamente diversi.
Vincenzo li guardò tutti e capì che dovevano aver litigato Leo ed Ale e puntandoli col dito, li richiamò fuori.