*Ecco
il secondo capitolo, il prossimo è l'ultimo di questa fic. Leo ed Ale
hanno litigato come matti davanti a tutti e nonostante gli sforzi dei
loro compagni, è arrivato mister Montella ed ora sono lì a colloquio
con lui. Sarà in grado di aiutarli a trovare un punto d'incontro
oppuere nessuno può fare qualcosa? Volevo dire che se qualcuno legge
queste fic per la prima volta e vuole capire che è successo prima, ho
fatto una pagina che è una specie di guida (che arricchirò, ma per il
momento è già utile così). La pagina è 'Milan il Ritorno'.
Mentre come sempre per sapere quando pubblico o contattarmi e farmi
domande, o sapere cosa scrivo e quali altri passioni ho, basta seguire la mia pagina su FB. Buona lettura. Baci Akane*
2. PICCOLI SPIRAGLI
Appena messo piede fuori, Ale era già in versione mite e pentita, come la maggior parte della gente lo vedeva.
- È colpa mia. Lui non
c'entra, ero nervoso e fuori luogo, è da quando sono tornato in campo
che lo sono e lo abbiamo visto tutti. Chiedo scusa, a tutti quanti, a
Leo per primo. Non avrei dovuto vomitargli addosso tutto il mio stress.
Accetterò ogni punizione che vorrà assegnarmi. - citare la parola
punizione gli fece venire in mente Sinisa il quale l'avrebbe
applaudito.
Vincenzo e Leo lo
guardavano stupiti del suo veloce dietrofront e così il mister che
comunque non era nel suo stile essere severo, sospirò e scosse la testa
esasperato.
-Voglio solo che
troviate il modo di convivere e andare d'accordo... Perché... Perché
non diventate compagni di stanza e passate un po' di tempo insieme?
Spesso è solo mancanza di conoscenza. Voi due siete i difensori
centrali, al di là del modulo che useremo serve affiatamento e se
litigate fra di voi non arrivate da nessuna parte. Contiamo tutti su di
voi, dovete sostenervi l'un l'altro. -
Alessio strinse le labbra sperando che non lo mettesse come un ordine.
- Ho detto che è colpa
mia, non c'entra Leo o il nostro rapporto... - Vincenzo però si fece
severo e si raddrizzò cambiando tono:
- Vediamo di capirci. Voi diventerete compagni di camera e passerete del tempo insieme. Ora andate. -
Alessio stava per
ribattere tornando il romano incosciente di prima e Leo riconoscendolo
lo afferrò per il braccio e con un sorriso da damerino accettò, si
scusò col mister e trascinò Ale prima di fargli riaprire bocca.
- Saremo una coppia perfetta per la fine della stagione! -
Strillò allegramente tornando negli spogliatoi. All'interno sull'angolo più isolato, Leo trattenne Ale facendosi serio:
- Devi imparare a
controllare quel tuo lato, finché hai davanti un collega è un conto, ma
col mister... Sei impazzito? - Alessio riconobbe di essere appena stato
salvato da lui, così annuendo si scusò e lo ringraziò ancora
chiudendosi in un ostinato mutismo.
Alessio stava
rimuginando in loop, ripeteva peste e corna su Leo fra sé e sé e dopo
che finiva, ricominciava come se fosse un disco rotto.
Aveva un’espressione
così evidentemente corrucciata, che anche i muri si sarebbero accorti
che aveva dei problemi. Ma a chiedergli come stava non fu un muro, ma
qualcuno che in quel momento lo fece addirittura saltare.
-Ehi, bello! Eri mica
tu che urlavi prima? - Chiese una voce allegra ed amichevole molto
familiare. Alessio saltò e si fece in parte con occhi sgranati, vedendo
poi Alessandro impallidì sorridendo di forza.
In quel momento era in uno stato delicato a dir poco.
- Quanti romani conosci
che giocano al Milan? - Alessandro scoppiò a ridere agganciandogli il
collo con un braccio come ai vecchi tempi, come se le cose non fossero
mai andate avanti.
Al suo gesto che una
volta faceva sempre quando si incontravano, rabbrividì. Si erano già
salutati in campo, ma era stata una cosa un po’ frettolosa perché
Alessio era furioso o per lo meno così aveva voluto che lui pensasse.
In realtà non aveva saputo come comportarsi, non lo sapeva mai.
Quando Sinisa se ne era
andato dal Milan gli aveva detto di provare a vedere come sarebbe
andata con Alessandro, il primo a fargli nascere istinti omosessuali.
Alessio aveva deciso di
seguire il suo consiglio, dopo la sua relazione sessuale con il mister
si era aperto molto e si sentiva sicuro. Poi però al momento di fare
quel passo non aveva sentito lo stesso trasporto di prima, di quando
militava nella Roma ed aveva un sacco di istinti strani verso di lui.
Non che gli stesse
indifferente, ma aveva capito che farlo o no era uguale. Al contrario
aveva fatto di tutto per ritornare con Sinisa, tutte le volte che si
erano lasciati od avevano litigato.
Le altre che poi aveva
rivisto Alessandro era sempre stato un po’ strano, c’era una sorta di
irrisolto fra loro, ma non si erano mai esposti in quel senso e perciò
non fare gli amiconi come una volta sarebbe stato sospetto.
Per Alessio era come flirtare con un ex, ma non era così in realtà.
Ne usciva sempre teso e con un assurdo senso di colpa.
- Tutto bene? - Chiese poi Alessandro facendosi apprensivo ed interessato. Alessio alzò le spalle ed annuì.
- Bel goal. Sono felice
per te, amico! - Alessandro si illuminò a quello e Alessio pensò che
avesse sempre un bel sorriso spontaneo.
Forse era meglio così, si disse. Non aver mai rovinato o sporcato qualcosa di così puro, in un certo senso.
Sinisa l’aveva sporcato?
Non si era mai fermato a chiederselo, solo ora che aveva avuto quel pensiero se lo domandava.
- Grazie, sono stato fortunato ad essere nel posto giusto... -
- E ad avere degli
avversari il cui difensore centrale era a raccogliere margherite invece
che stare al suo posto... - Alessandro in un istante capì subito cosa
era successo e ridendo gli diede uno scappellotto rimproverandolo come
avrebbe fatto se fosse stato in squadra con lui per tutto quel tempo.
- Era per questo che
urlavi prima? - Poi si fermò e realizzò impallidendo. - Un momento, hai
gridato in quel modo al tuo capitano?! - solo in quel momento Alessio
realizzò quanto grave era stato davvero ed anche se aveva seri problemi
con Leo, non era giustificato a comportarsi in quel modo.
- Sono diventato un
maleducato... mi ha rovinato... - Si morse la lingua perché stava per
dire Sinisa, ma Alessandro ovviamente lo esortò a continuare curioso.
- Chi ti ha rovinato
che lo prendo a sculacciate? Eri così carino ed educato... polemico,
certo, ma educato! Che è successo? - Alessio alzò gli occhi al cielo e
scrollò le spalle proseguendo verso il pullman affiancato a lui nei
corridoi protetti.
- Nessuno, nessuno...
sono solo nervoso, è un periodo complicato... tante aspettative e
sai... solite cose... - In realtà era come dire nulla, Alessandro capì
che non ne voleva parlare, ma lui avrebbe volentieri approfondito,
capendo che aveva problemi e che gli dispiaceva.
- Però rispondere in
quel modo al proprio capitano, Ale... beh, non so da dove derivino i
tuoi problemi, ma spero troverai un modo per risolverli invece che
ingoiarli e soffocarli come facevi una volta. - Alessio alzò ancora le
spalle facendo il broncio, fermandosi prima di andare verso il proprio
pullman.
- Suppongo che si cresca e si cambi... - Alessandro si aggrottò con le mani in tasca.
- E questo che vorrebbe dire? Che si può mancare di rispetto agli altri? - Alessio piegò la testa pensandoci meglio.
- Che ci si può
arrabbiare per diverse cose, reagire come prima non si faceva e... beh,
affrontare le cose in un altra maniera. - Alessandro stava cercando di
capire quanto dovesse preoccuparsi.
- Devo venire a casa con te? - Alessio rise sapendo che ad aspettarlo a casa era probabilmente Sinisa.
- Oh, non serve... sto
solo dicendo che prima ero come dici tu. Chiuso, educato... ora magari
rispondo e reagisco male a certe cose, sbotto, insomma. Non sempre, eh?
Dipende dai momenti. Però non sono più quello che ingoia, come dici. -
“A parte lo sperma di Sinisa...” Si guardò bene dal dirlo quello. - Ora
affronto il problema e lo risolvo. - Alessandro lo vide serio, sereno e
risoluto e si tranquillizzò impressionato.
- Sei davvero cambiato
molto... chi è stato, vuoi dirmelo? Da quando sei passato al Milan
tu... - Poi si illuminò realizzando, visto che stava facendo mente
locale sul mister attuale, pensando che Montella non era tipo da far
cambiare in quel modo una persona. - Mihajlovic? - Alessio si morse il
labbro ed avvampò colto in fallo. Addirittura boccheggiò. - Ci ho
preso! Lui ti ha avuto sia alla Samp che poi al suo primo anno qua al
Milan... ha fatto una bella cura delle sue, eh? È famoso per far
emergere il carattere a chi lo nasconde insieme al talento! - Alessio
rise di gusto.
- È famoso anche per
litigare e distruggere, se è per questo... - Solo dopo si rese conto di
aver parlato di lui in modo spontaneo ed intimo, lo capì dallo sguardo
colpito di Alessandro.
- Ti ha proprio aiutato
ad emergere, eh? Ti sei affezionato... è questo che succede? Ti manca
uno come lui che ti frusti e tenga alta la tensione? Con te funzionano
questi metodi, dunque... interessante, chi l’avrebbe mai detto? Ti
piacciono i metodi cattivi! - Se continuava avrebbe finito per dire ‘ti
piace essere sculacciato’ che poi era vero, intuendo dove poteva finire
il suo monologo lo spinse per la spalla e lo liquidò con un bel sorriso
convincente.
- Hai finito con l’ora
di psicoterapia? Voglio andarmene a casa... - Alessandro in risposta
rise e lo acchiappò abbracciandolo, lo spettinò e mormorò all’orecchio
con il suo solito modo amichevole e maturo:
- Scusati con Leo e
facci pace. Ma non di quelle fatte tanto per zittire gli altri. Una
pace vera. Perché sarai anche cresciuto, ma l’animo buono non cambia. E
tu sei buono. - Cose che solo lui poteva dire.
Alessio si sciolse e
sorrise dolcemente, quando si separò da lui e salì nel pullman salutò
di proposito Leo il quale ricambiò sollevato.
Poi si sedette in fondo nel suo solito angolo e fissò pensieroso fuori.
“Chissà come sarei
stato se fossi andato da lui, quella volta, invece che tornare da
Sinisa ed insistere con lui... le persone con cui stai ti cambiano, è
inevitabile. Ma non penso ti sradichino. Ale in questo ha ragione.”
Confuso e turbato come
ogni volta che lo rivedeva, il telefono gli suonò proprio in quel
momento e sorpreso guardò chi era. Quando vide il suo nome lo stomaco
chiuso in una morsa si allargò e tutto tornò a posto.
La nebbia si dissipò e con un sorriso convinto, rispose felice.
- Ehi, perché Vincenzo
mi ha scritto ‘sapevo che dovevo dargli l’antirabbica, ormai lo hai
contaminato’? - Alessio preso alla sprovvista da quell’entrata
trionfale scoppiò a ridere.
- Eh, lunga storia...
te la racconto a casa? - Non poteva parlare molto lì visto che era in
pullman con gli altri compagni, ognuno che si faceva i fatti propri ed
ascoltava musica, ma comunque lì con lui.
- Hai bisogno di un premio o di una punizione? - Alessio ripensò alla conversazione appena avuta con Alessandro e ridacchiò.
- Mm... punizione
direi! - Ma lo disse con un tono così seducente che attirò l’attenzione
di Suso seduto accanto a lui, il quale lo guardò davvero sorpreso ed
interessato. Alessio gli fece la linguaccia e ricominciò a parlare in
codice con Sinisa fino a Milanello.
Per quando era a casa
si era già dimenticato di Leo, della Roma e di Alessandro e la felicità
nel rivedere il suo uomo aveva preso spazio di ogni cosa.
Il mister non faceva molta paura, ma sapeva farsi ascoltare.
Alessio e Leonardo non
avrebbero mai contravvenuto ad un suo ordine diretto, così nonostante
il resto degli allenamenti successivi si ignorarono e di certo non
uscirono insieme, alla vigilia della partita successiva, proprio il
derby, i due, buoni buoni, si infilarono nella stessa camera sotto lo
sguardo severo e vigile di Vincenzo.
Fu il gelo a dir poco, ma finsero di star facendo il loro dovere.
Fatta così non servì a
molto, in campo la tensione fra i due era ancora fin troppo palpabile
tanto che le cose non andarono bene vista la sconfitta. Non litigarono,
ma non si capivano ed era fondamentalmente quello il problema.
Era come se fra loro ci fosse un muro invalicabile ed ora si cominciava anche a vedere.
- È così che voi due
create il rapporto? Pensate di prendermi in giro? Il campo parla
sempre, ricordatevelo! Se non rimediate immediatamente a questa
situazione non vi metterò più in campo insieme! Vedete voi! - Alessio e
Leo si guardarono a distanza con arie tese ed incerte, non dissero
nulla non sapendo nemmeno come iniziare a convincere l’allenatore che
non stavano ancora litigando.
Beh, il punto era che si stavano ignorando.
- Ma mister, noi non sappiamo come... - Stava cercando di dire Leo, ma Vincenzo lo interruppe.
- Parlatevi.
PAR-LA-TE-VI! - Poi si avvicinò a Leo come se parlasse al figlio
maggiore in particolare, dopo aver sgridato entrambi i fratellini
bisticcioni. - Sei il capitano, Leo. Mi aspetto molto di più da te. -
Alessio lo sentì e ne rimase colpito captando una saetta di dolore nei
suoi occhi. Lo vide rimanere in silenzio ed annuire come schiacciato e
capì che di pesi se ne stavano aggiungendo fin troppi.
- Ehi... - Fece Ale
prima ancora di pensarci davvero, si avviò verso di lui non sapendo per
nulla come comportarsi a quel punto. Sapeva, sentiva che tutto quel
chiedere di più da lui perché era il capitano non lo aiutava a
sbloccarsi ed era questo che lo infastidiva di Leo. Che si atteggiasse
a capitano senza esserlo.
Uno capitano lo era o non lo era, non poteva farlo e diventarlo. Non certo non ci si poteva sforzare.
Leo lo guardò sorpreso e non respirò.
Alessio si sfilò la
maglia da sopra la testa rimanendo a torso nudo nello spogliatoio,
sudato e stanco, Leo seduto alla propria postazione.
- La smettessero tutti
di aspettarsi miracoli da te forse riusciresti anche a farli, no? -
Cercò di buttarla come un mezzo scherzo e Leo, sorpreso del tentativo,
rimase inebetito a sorridere stringendosi nelle spalle, colto di
sorpresa.
- Solo uno era attrezzato per quelli e l’hanno ucciso... - Commentò poi prontamente. Alessio fece una risatina.
- Allora è meglio non
farne, mi sa! - Leo rise dietro di lui togliendosi a sua volta la
maglia per andare a lavarsi e capirono che da lì cominciava tutto.
Lì, in piedi uno davanti all’altro mentre si toglievano le divise sporche e scherzavano insieme dopo la sgridata del mister.
Lì capirono che forse si poteva trovare un punto d’incontro.
“Se si toglie questa stupida maschera posso essergli anche amico, ma se non se la leva che senso ha rapportarmi a lui?”
Ma dopo di quello Leo
era pronto a togliersela, la maschera. Perché aveva capito che Ale
aveva visto e che gli era dispiaciuto proprio per questo suo
nascondersi dietro qualcuno che non era ma che il mondo voleva.
“Da uno così vero posso solo imparare a come si fa...”
Si disse decidendo di provarci seriamente e senza finte manovre.
Non immaginava che anche lui aveva imparato da qualcun altro ad essere spontaneo, visto che prima non lo era a quei livelli.