*Eccoci
qua! Ultimo pezzo di questa fic, la prossima sarà sui piccoli Cutrone,
Locatelli e Gigio! Fino ad ora ci sono stati rapporti tesi e piccoli
spiragli fra Leo ed Ale, ma riusciranno a trovarsi prima o poi? Magari
è ora che Ale parli apertamente a Leo e gli dica cosa pensa senza
essere brutale. Riuscirà ad usare il tono e le parole giuste? E Leo la
prenderà bene o peggiorerà la situazione? In realtà quando ho scritto
questa fic avevo già deciso tutta la storyline dell'anno intero perciò
sapevo già cosa sarebbe successo nelle loro altre storie successive,
perciò niente di ciò che ho scritto è a caso e tanto per scrivere. Per
sapere ciò che scrivo e quando lo pubblico, c'è la mia pagina su FB, mentre come dicevo, quest'altra è la pagina sulla serie a cui si riferisce questa fic. Questo
invece è il link per vedere tutte le altre fic precedenti, in ordine. E
grazie di avermi seguita fin qua. Buona lettura. Baci Akane*
3. INIZIARE ERA DIFFICILE MA POI...
Fra il dire ed il fare c’era un abisso, ma Alessio sapeva di non poter far passare una settimana intera prima di parlargli.
Non sapeva da dove iniziare, non era bravissimo in quelle cose, ma forse nessuno lo era.
Il giorno dopo i due
non si diedero appuntamento a Milanello prima degli altri, ma forse
entrambi sperarono di incontrasi e così fu.
Quando Alessio arrivò fu felice e nervoso allo stesso tempo di vedere già la macchina di Leo lì.
Nel percorso fino allo spogliatoio il cuore iniziò ad andargli velocissimo.
Ora doveva spiegargli qual era il suo problema con lui, era il minimo.
Aveva fatto delle prove
con Sinisa, ma era diverso perché i due erano diametralmente opposti
come tipi di persone. Sinisa non era in grado di portare maschere
nemmeno se implorato o costretto, Leo al contrario non era in grado di
togliersi la sua, ma si stava per ricredere.
Lo trovò negli
spogliatoi che si metteva la divisa leggera per la palestra, per un
momento ebbe la voglia di scappare, poi fece un respiro profondo e lo
salutò mettendosi nella propria postazione, posò il borsone ed iniziò
anche lui a prepararsi.
- Ehi, non ti aspettavo così presto... - Disse Leo per dire qualcosa. Alessio alzò le spalle.
- Preferisco cominciare prima e andare via puntuale. - Ma non era questo che voleva dirgli.
Da dove cominciare?
Improvvisamente la testa era vuota, cercò di fare mente locale mentre
lo vedeva rallentare per andare di là con lui, probabilmente anche Leo
voleva parlargli ma non sapeva come fare.
Ricordò l’espressione
ferita di Leo di ieri, quando il mister gli aveva detto che da lui si
aspettava di più e decise di partire da lì, da quello squarcio di
verità letta nei suoi occhi.
- Sai... vorrei darti
il mio punto di vista, se non ti dispiace. Non vorrei che te la
prendessi, ma è per spiegarti cosa mi succede. Penso che il mister
abbia ragione, non possiamo continuare così. - Il più era solo
iniziare, si disse Ale.
Leo colto di sorpresa
annuì e lo guardò per capire se voleva farlo lì o in palestra, così Ale
si sbrigò e lo precedette fuori, il capitano lo seguì.
- Non me la prenderò. - Ale annuì pensando che non era comunque una passeggiata.
Entrambi si misero alle
cyclette, uno vicino all’altro, ed iniziarono silenziosi a pedalare e
dopo aver scelto l’intensità, si appoggiarono con le schiene. Leo
guardava il bel profilo di Ale ed Ale guardava dritto davanti a sé, al
resto della palestra vuota e silenziosa.
Quante volte era venuto
lì al mattino presto con Sinisa occupando ogni macchinario, chiudendosi
dentro per assicurarsi di non essere visti da nessuno mentre facevano
le loro cose? Il bilanciere era il loro attrezzo preferito.
A quel ricordo sorrise e si rilassò.
- Io vedo che ti sforzi
e lo fai perché ovviamente ci tieni e vuoi riuscire in questo.
Trascinare il Milan al suo grande ritorno, farlo vincere partita dopo
partita, fare quello che un capitano dovrebbe fare. Lo vuoi fare e ci
tieni, ma la verità è che non hai idea di come applicare quello che hai
nella testa e ti sforzi. Crei questo personaggio che è quello che pensi
dovrebbe essere un capitano, ma la verità è che... - Alessio esitò e
sperando di non essere troppo terribile, lo guardò negli occhi con aria
di scuse sincere: - ...la verità è che non lo sei. Tu non sei quello e
si percepisce questo da fuori. Che tu ti costruisci, ma non sei così.
Per questo fallisci nelle cose che vuoi far funzionare. A volte in
campo fai errori sciocchi, tu giochi come facevi prima alla Juve, ma
prima avevi un certo rapporto, avevi certi compagni, eravate affiatati,
Gigi ti guardava le spalle ed era lui il capitano, lui il parafulmine,
lui che vedeva cosa serviva in campo. Qua è tutto diverso, devi darti
tempo di conoscere tutti e... io non so, non devi fare il capitano che
pensi dovresti essere. Tu devi essere il capitano che ti senti di
essere. Capisci la differenza? Non devi sforzarti di essere o di fare.
Se togli questa sorta di maschera vedrai che tutto andrà meglio, anche
le tue prestazioni miglioreranno e di conseguenza quelle di tutti! -
Alessio alla fine ci era riuscito, non era stato per niente facile, ma
era stato bravo, si disse. Aveva usato un tono dolce, probabilmente
avrebbe funzionato.
Dopo aver concluso
lasciò un po’ di spazio a Leo per assimilare, ma vedendo che non diceva
nulla tornò a guardarlo e vide che si era fermato e che si fissava le
mani strette sui manubri della cyclette.
Ale si sporse e si chinò per vedere e spalancò la bocca impallidendo.
Leo piangeva.
Ale sperava di aver colto nel segno, ma non immaginava così tanto.
“Alla faccia del
togliere la maschera! Non pensavo di essere tanto bravo! Se fallisco
come giocatore mi metto a psicanalizzare la gente!”
Sdrammatizzando con sé
stesso, smise di pedalare, si alzò e gli si mise vicino, gli circondò
la testa col braccio e lo attirò deciso a sé come avrebbe fatto Sinisa,
senza paura dei contatti fisici. Perché in certi casi facevano
dannatamente bene quei contatti.
Lo sentì tendersi e poi
rilassarsi. Lo lasciò piangere per un po’ e non disse nulla, non fece
nulla. Solo loro, uno che abbracciava l’altro protettivo, l’altro con
la testa mezza nascosta sulla sua pancia piatta. Il silenzio.
Quando Leo riuscì a
mangiarsi le lacrime, senza ancora guardarlo iniziò a sfogarsi piano
piano, con voce sempre meno rotta dal pianto.
Iniziare era difficile, poi si procedeva più spediti.
- È come dici, io
pensavo di dover solo applicare la Juve al Milan, ma non facevo i conti
con... beh, tutto! Che ci sono delle tappe per arrivare a quei livelli
e che siamo tutti diversi e che ci va del tempo e soprattutto ci sono
sistemi che non funzionano per tutti. E ho quest’idea di capitano, una
sorta di guru sempre presente per tutti, il parafulmine, il
trascinatore, quello che non è mai nervoso e teso. Ma anche se ho le
idee chiare vedo che sono inapplicabili. Non voglio sembrare falso e
costruito, non avevo idea di sembrarlo. Non lo sono. Non vedermi come
un montato! Io ci tengo che tutto questo vada bene. È sempre stato il
mio sogno trascinare la mia squadra al successo, essere un pilastro per
loro, un faro. Sono presuntuoso? - Alessio sorrise.
- Un po’, ma lo siamo tutti a calcio. Tutti iniziamo pensando di essere gli eroi della squadra. - Forse non tutti, ma quasi.
Leo sollevò lo sguardo
per il tono fraterno e dolce usato e sorpreso che cercasse davvero di
confortarlo, si trovarono a guardarsi finalmente onesti e senza
maschere, erano anche molto vicini, ma ad Alessio non dava più
fastidio.
- Come posso fare? Non
so come fare... voglio solo giocare bene il mio ruolo e aiutare come
capitano, ma non ho idea di come... - Alessio sorrise e gli lasciò una
mano sul collo e sulla nuca, le dita carezzavano sui capelli rasati
corti, l’altra gli diede un buffetto sulla guancia bagnata di lacrime.
- Semplicemente gioca a
calcio, difendi senza pensare a cosa dovresti fare ed essere. Fallo e
basta. Non pensare a dover essere il migliore e a dover fare il
capitano. Sei una persona dolcissima in realtà, Leo. E allegra e
positiva. Andrà bene a tutti. -
- Cavolo sei bravo... -
commentò poco dopo Leo pulendosi il viso con il dorso del braccio con
fare infantile e a suo modo tenero.
Ale lo guardò sorpreso e si scostò:
- A fare cosa? -
Leo sorridendo si alzò dalla cyclette e prima di andare a lavarsi il viso e bere dell'acqua, disse:
- A far star bene gli altri, aiutarli, confortarli... - Ale impallidì e boccheggiando un:
- Cos... Come...
Perché? - che non venne sentito, lo guardò ebete ed imbarazzato.
Ovviamente non mollò una volta tornato e mentre pedalava riprese il
discorso:
- Cosa intendevi? - Leo rise, sembrava un altro rispetto a prima, molto più rilassato e padrone della situazione.
- Gigio mi ha detto di
togliere le barriere e aprirmi con te, perché tu sei un cioccolatino di
ragazzo, quello che aiuta tutti anche senza volerlo. Non andare
d'accordo con te è impossibile... Non ci credevo fino ad ora! -
Alessio arrossì insultando Gigio.
- Ti ha detto questo? - Leo annui sempre ridendo, a quanto pareva era divertente imbarazzarlo.
- Testuali! Gli
dispiaceva che non andassimo d'accordo. - Ale cercò di concentrarsi su
di lui piuttosto su quanto successo e detto.
- È in gamba per essere così giovane! - Leo annui capendo che non gli piacevano i complimenti.
- Molto. Mi dispiace
che con quello che è successo a giugno ora lo vedano tutto male, ma in
realtà è stata un'ingenuità... È un bambino, quasi. Non può capire di
chi fidarsi e di chi no. - Alessio concordò deciso ed energico
cambiando macchinario, passando a quello per gli adduttori delle gambe.
- Gli ho detto di non
fidarsi troppo di Raiola che quello lo rende ricco ma odiato... -
brontolò schietto con il suo bell'accento romano. Leo si mise nel
macchinario per gli abduttori delle gambe, vicino a lui, continuando a
chiacchierare come se fossero amici di vecchia data ed in breve
trovarono quello che gli era sempre mancato, il dialogo!
Quando arrivarono altri
compagni per fare un po' di palestra, li videro li presi da una fitta
conversazione come se non si fossero mai presi quasi a pugni. Rimasero
tutti a bocca aperta ed increduli, mentre Riccardo sorrideva materno e
Ignazio gli si appendeva al collo orgoglioso come un padre ammirando i
loro bimbi che finalmente dimostravano maturità e si decidevano ad
avere un rapporto normale.
- Era ora! - Esclamò fra sé e sé il mister, affiancando i due ex capitani.
- Finalmente avremo i due difensori centrali più forti d'Italia! - replicò convinto papà Ignazio esagerando come sempre.
- Ci vuole un po' di tempo, ma hanno intrapreso la strada giusta. - lo corresse mamma Riccardo.
- Ehi, ci vedo bene?
Parlano? Ridono? Si allenano insieme? - lo zio Luca, arrivato in quel
momento, si unì a loro ad ammirare lo spettacolo.
- È tutto reale! - esclamò Ignazio orgoglioso e fiero.
- I bambini diventano
grandi! - che poi Leo non era così piccolo, ma per loro lo era in
quanto appena arrivato e poco importava se il capitano era Leo.
- Grazie davvero per
prima. - disse Leo seduto nella sua postazione in attesa di cominciare
il resto degli allenamenti, il cellulare in mano. Alessio sussultò
mentre rispondeva ad un messaggio di Sinisa.
- Non ho fatto niente... - Leo sorrise grato, quasi dolcemente. Tutt'altra persona rispetto a prima.
- Mi hai parlato
onestamente, nessuno l'aveva mai fatto, nessuno l'avrebbe mai fatto. -
Ale con un sorriso procurato da una battuta involontaria del suo uomo a
Torino, rispose sferzante in pieno Sinisa Style.
- Oh, prima o poi qualcuno ti avrebbe mandato a cagare! -
Leo così rise capendo che non era il caso di proseguire coi ringraziamenti.
- Foto per chiudere le
bocche alla gente là fuori? - chiese aprendo la fotocamera. Alessio
capì che gli sarebbe valsa una bella punizione con Sinisa. Bella in
tanti sensi. Così ridacchiando fra sé e sé lo raggiunse, si chinò
davanti a lui e si fece fare la foto con lui. Si fece passare la foto
nel proprio telefono e la postò subito sui social.
Magari li avrebbero lasciati in pace.
"Magari stanotte mi
ritrovo Sinisa in casa a frustarmi!" Pensò eccitato ed impaziente
Alessio mentre usciva saltellando verso il campo senza notare come
brillavano gli occhi di Leo mentre lo seguiva fuori.
Alessio stava facendo
colazione mentre sentiva le notizie sportive di Sky Sport 24, ingoiava
latte e cereali mentre guardava il video demenziale di Sinisa su
Whatsapp, quando il telecronista inviato a Milanello annunciò una
notizia che probabilmente veniva dal giorno prima, ma siccome Alessio
ascoltava solo al mattino, se la doveva essere persa.
- E così Leonardo
Bonucci avrebbe deciso di assumere un mental coach per uscire da questo
periodo difficile che lo blocca, sostenendo che sia colpa della
pressione con cui deve imparare a convivere. Essere e non fare, così
avrebbe detto Leonardo spiegando la sua scelta. - Alessio iniziò a
tossire mentre i cereali prendevano la strada sbagliata e lo
soffocavano. Quando vide le stelle, riuscì a tornare in tempo prima di
morire, poi prese il telecomando e alzò il volume, ma l’inviato aveva
cambiato argomento.
- Mental coach? Ma tu
guarda sto qua... a momenti faceva pure il mio nome! Sono le parole che
gli ho detto io! Cosa sono diventato, ora, il suo mental coach? Mi paga
mica per le consulenze giornaliere! -
Così senza esitare gli scrisse un messaggio senza considerare che l’avrebbe visto a breve.
‘Mental Coach? Sono stato promosso?’
La sua risposta arrivò fra le risa di uno smile che rotolava dal piangere.
‘Che vuoi, parlo di certe cose solo con te e tu sei così saggio che mi stai facendo meglio di uno psicologo!’
Alessio alzò gli occhi
al cielo e scosse la testa cancellando subito la conversazione. Ogni
tanto Sinisa gli controllava il telefono, non voleva che capisse che
erano diventati così amici lui e Leo. Che poi amici era una parola
grossa, andavano d’accordo.
Era contento che Leo
ora parlasse sinceramente almeno con lui, anche in campo stava
migliorando e con il resto del gruppo. Lo vedeva meno forzato.
Tuttavia era ancora
infastidito dal suo attaccamento, a volte sembrava di essere il miele
per le api. Non capiva se si era appiccicato esageratamente a lui per
un secondo fine oppure perché era davvero l’unico con cui si apriva ed
era spontaneo.
Supponeva che
respingerlo fosse un po’ da stronzi, così cercando di fare esattamente
quello che Sinisa non faceva, semplicemente decise di accettarlo con
buona pace di tutti che ne giovavano del buon umore del loro nuovo
capitano.
“Che poi andiamo, lo so
bene perché ‘lo sopporto’. Perché poi mi piacciono le reazioni
esagerate dello scemo che viene a trovarmi sempre più spesso!”
Così pensando Alessio sorrise mettendo giù il telefono. Quella sera Sinisa sarebbe passato da lui.
Sinisa lo schiaffeggiò
sulla natica ed Ale si tese e si rilassò sentendo i brividi che lo
scaldavano dalla testa ai piedi, al sorrisino beato Sinisa iniziò a
leccargli la spina dorsale raggiungendo la fessura dei glutei dove vi
sparì per un po' trascinandolo in paradiso.
- Allora? - chiese
Sinisa. Al gemito lo morse e Ale squittì torcendosi col busto verso di
lui, era a carponi mentre si lasciava fare di tutto da lui come sempre.
- Allora cosa!? -
- Sei attratto da lui?
Se te lo vuoi fare devi dirmelo, lo puoi scopare se vuoi. Basta che non
lo nascondi! - Ale sospirò infastidito.
- Devi parlarne ora? - polemizzò come sempre.
- Lo prendo per un si? - Sinisa si accostò a lui pronto ad entrare e visto che l'altro non rispondeva, lo schiaffeggiò ancora.
- Se voglio scopare con
altri? Ora come ora voglio solo sentire il tuo bel cazzo grande e teso
dentro di me! Pensi di riuscirci o devo usare un cetriolo? - a questo
Sinisa rise e con un altro schiaffo entrò cancellando tutto.
Di nuovo il loro paradiso, molto difficile da rovinare, ormai.
Anche se mai dire mai.