CAPITOLO I
PERSONE E PERSONE
Fu un viaggio verso il fondo di sé.
Un viaggio frenato momentaneamente da
qualcuno che poi, una volta andatosene, gli fece riprendere
inevitabilmente ma in modo più precipitoso e devastante di prima.
Tutto cominciò con un arrivo.
Il suo arrivo.
Un arrivo che forse a posteriori
sarebbe stato meglio evitare anche se nel mezzo aveva dato
giovamenti.
Dei giovamenti sostanziali sotto molti
punti di vista...
Ci sono tanti tipi di persone.
Alcune di queste si possono definire in
un colloquiale spugne.
Assorbono.
Sono le persone che hanno molta
energia, energia davvero in eccesso e tanta ne danno quanta ne
prendono.
Nel prenderla assorbono quella altrui e
con essa anche tutto ciò che comporta.
Sia di positivo che di negativo.
Il problema è che quando la fonte di
energia benefica viene a mancare, questi cadono e non si riprendono e
c'è il rischio che non tornino più su, non come un tempo.
Kevin Prince Boateng era di questo
tipo.
Ci sono però anche altri tipi di
persone.
Le cosiddette fonti.
Sono coloro da cui gli altri prendono
tutto quello che hanno, sono quelli che danno e danno davvero molto,
danno in una maniera che altri si sognano. Danno anche l'anima.
E la loro solitamente è un'anima
davvero bella.
Per questo quando mancano, coloro che
assorbono da loro affondano e non ce la fanno da soli.
Sono persone che creano dipendenza.
Di questo tipo era Mark Van Bommel.
Il suo arrivo a Milano destò sorpresa
in tutti, nessuno si sarebbe mai aspettato uno del suo calibro a metà
anno, senza alcun avviso o precedente.
Mark era del tipo che dava e se però
non otteneva altrettanto recideva bruscamente i rapporti senza
voltarsi indietro, aveva un carattere d'acciaio e venne al Milan per
questo motivo.
Per recidere un legame quasi
indissolubile col Bayern Monaco. Il suo Bayern.
I rapporti precipitarono
improvvisamente e nessuno ebbe il coraggio mai di parlarne. Nessuno
ad eccezione di uno che i fatti suoi non sapeva cosa fossero e che di
natura era un curioso impiccione egocentrico narcisista pieno di
difetti. Per niente discreto, insomma.
Furono tutti sorpresi dal suo arrivo in
principio sotto forma di prestito.
Non era veramente necessario sapere
perchè era venuto, era strano per tutti però nessuno gli si
avvicinò per chiederglielo.
Per molti il problema era la lingua,
Mark non parlava l'italiano, parlava solo l'olandese, il tedesco e
l'inglese. Per molti il problema era l'aspetto. Non istigava la
confidenza, sembrava uno sulle sue, uno che innalzava muri, era alto,
grande e forte. Incuteva un certo timore in generale... specie
guardandolo in campo.
Kevin non era nato per sottomettersi e
pensò semplicemente che se aveva una curiosità era suo dovere
soddisfarla.
Mark però alla fine del suo viaggio,
un viaggio di un anno e mezzo al termine del quale se ne sarebbe
andato dal Milan con le lacrime agli occhi, avrebbe dovuto
ringraziare quell'impiccione indiscreto egocentrico che con
prepotenza aveva invaso la sua vita solo per distinguersi.
Nessuno osava chiedergli nulla?
Bene, lui sì!
Iniziò per questo.
Ma, per qualunque motivo fosse,
l'importante era iniziare.
Aveva cominciato ad allenarsi da poco
con loro, pochi gli parlavano e lo avvicinavano, qualcuno
naturalmente il tentativo lo faceva ma poi resistevano poco.
Non era chiaro a nessuno se gli
seccasse avere gente intorno o no, poteva essere solo concentrato a
conoscere gli altri e ad integrarsi il prima possibile ma magari non
era così...
magari non voleva socializzare.
Aveva una fama strana, Mark.
Era il capitano dell'Olanda ed aveva un
gioco molto duro e deciso, era fra quelli che accumulavano più
cartellini gialli, non andava leggero.
Fuori dal campo stava sempre in
silenzio, così Kevin gli propose una birra, una sera, dopo gli
allenamenti.
Mark stupito dal primo che osava
proporgli una serata insieme, accettò senza dimostrarsi troppo
aperto.
Questo non fermò il ghanese che appena
al locale scelto gli fece subito la domanda che tutti facevano tanta
cura a non fargli, spaventati chissà da cosa poi...
- Allora, cosa è successo che te ne
sei andato con tanta fretta? - I due comunicavano in tedesco, per
Kevin era praticamente la madre lingua e Mark aveva giocato davvero
molto in Germania.
Mark sbatté le palpebre stupito.
- Perchè me lo chiedi? -
Kevin alzò le spalle strafottente,
menefreghista.
- Lo voglio sapere! È strano che sei
venuto! Tutti pensavano non ti saresti mosso dal Bayern, eri un po'
la bandiera, no? - Mark allora fece un'espressione nostalgica e di
rimpianto.
Amara.
Kevin rimase colpito.
- C'era chi non la pensava così. -
Distolse lo sguardo e bevve un po' di birra, un bicchiere a sera se
lo concedevano ogni tanto, non era grave. Nei pressi di una partita
era severamente vietato.
- Chi? - Kevin insistette, voleva
saperne di più ed improvvisamente non era perchè nessuno lo sapeva
e lui voleva essere il primo... era proprio perchè lo desiderava.
Mark sospirò ma rispose nonostante
fosse chiaro non gli piacesse parlarne. Kevin pensava di sentirsi
rifilare un 'non sono cazzi tuoi' ma non fu così.
- Il mister... - Il ragazzo più
giovane fece un'espressione incredula ed allora gli chiese spontaneo
e quasi seccato: - Ma non hai sentito le notizie? Non hanno fatto che
ricamarci su i media! - L'altro alzò le spalle sminuendo la cosa.
- Ah, se non parlano di me non seguo! -
Era stato spontaneo e a Mark piacque anche se lo riteneva ancora un
po' pieno di sé.
La sua risata risuonò cristallina ed
allegra, Kevin ci rimase a guardarlo, gli rideva tutta la faccia ed
era gentile, luminoso... tutt'altra persona da prima.
- Insomma, che dicevano? - Mark smise
di ridere e spiegò.
- Non ha importanza. Il mister
nell'ultimo periodo ha cominciato a mettermi in parte convinto che io
fossi alla fine della mia carriera. Lui ha deciso che ho finito e che
devo mettermi da parte ma sono io che so quando sono finito e quando
è ora! Ho già predisposto il mio ritorno alla squadra d'origine per
finire la carriera, il PSV, e non è ora! Mi sento di giocare ancora
a buoni livelli e quando mi lasciava glielo dimostravo eppure per lui
non era abbastanza... del resto mi metteva così poco, ormai, che non
poteva certo capire se io fossi davvero finito! Sono cose che non
sopporto! Gli altri che decidono per me senza avere certezze! -
Kevin rimase colpito dal suo discorso e
si fece serio.
Aveva iniziato a giocare a calcio a
livello professionistico da relativamente poco. Aveva giocato un po'
in Germania ed un po' in Inghilterra, poi era approdato in Italia
come una promessa o qualcosa del genere. Fino ad allora aveva
faticato ad emergere ma non era male, era fiducioso nelle sue doti,
sapeva di potercela fare.
Non poteva capire bene gli eventi
narrati da Mark e se ne interessò.
Fu una specie di miracolo perchè a
Kevin difficilmente interessava qualcosa che non lo riguardava
direttamente.
Eppure quella volta approfondì e Mark
capì che l'aveva giudicato male e che in realtà era una persona
altruista anche se sembrava tutt'altro!
Non poteva immaginare che fino a quel
momento era stato davvero così com'era apparso ma che solo lì con
lui stava tirando fuori un nuovo lato di sé estraneo persino a sé
stesso.
- Non ti senti finito? -
Mark batté il pugno sul tavolo ed
esclamò seccato:
- No cazzo e sono qua per dimostrarlo!
-
- Quindi non intendi rimanere? - Mark
si strinse nelle spalle a quella domanda diretta.
- Io amo il Bayern, non sai cosa
significa per me quella squadra... quei ragazzi... mi... mi
mancano... mi mancano ogni giorno ed io so perchè ho fatto questa
scelta e perchè sia tanto importante, però è dura e se questa
mossa può riconquistare quell'uomo io torno perchè il Bayern per me
sarà sempre speciale. - Kevin si trovò contrariato e seccato da
questa notizia, infastidito.
Storse la bocca carnosa e lo guardò
seccato.
- Quindi sei qua per tornare via... -
Lo disse deluso, incapace di controllarsi.
- Bè, il contratto prevede un prestito
con diritto di riscatto ma starei qua fino a Giugno. Dopo di che se
siamo interessati da entrambe le parti, posso restare. - Kevin sbuffò
insofferente.
- L'ho capito ma se dipendesse solo da
te... se loro ti rivolessero indietro a Giugno... e potessi restare
qua... te ne andresti? - Era da poco che era lì, la risposta sarebbe
stata ovvia per tutti, evidentemente non per Kevin.
- Bè sì... - Kevin però rivoleva
quel sorriso di prima e si alzò in piedi finendo la birra in fretta.
Come se avessero litigato, se l'avesse
insultato, se gli avesse pestato un piede con una vescica enorme.
- Allora che senso ha integrarti? - Non
attese risposta, se ne andò svelto con un'arrabbiatura in
esponenziale aumento.
Era davvero difficile tutto questo.
Mark rimase sbalordito a guardare la
sua schiena allontanarsi e si chiese dove avesse sbagliato, quindi
lasciando i soldi sul tavolino si alzò e lo seguì verso la
macchina.
Non era tipo da mollare una
conversazione prima di ritenerla conclusa ed era abituato a decidere
tutto da solo.
Lo prese per il braccio con una presa
solida e lo voltò, poi disse deciso.
- Ma cosa vuoi dire? - Kevin alzò gli
occhi al cielo e lo fissò male, tempestoso. Si sentiva fuori di sé
e non ne capiva nemmeno il motivo.
- Voglio dire che puoi anche fare
l'asociale per tutti i mesi che ti restano, tanto te ne andrai! A
cosa serve inserirti come si deve? Ti interessa giocare! -
Tecnicamente ad ogni giocatore interessava giocare ma alla fine tutti
o quasi cercavano di integrarsi e fare gruppo, era un fattore
spontaneo di chi era in una squadra. Poi si imparava a condividere
tutto, sempre, e nascevano certi rapporti... certe relazioni
speciali...
- E non pensi che se invece mi integro
e mi affeziono e poi mi rispediscono altrove io non ci stia male? -
Mark non voleva affezionarsi, Kevin lo capì. Sarebbe anche potuto
essere d'accordo se non si fosse trovato così contrario alla cosa.
- Ma intanto ti perdi qualcosa che
potrebbe essere bello! - Normalmente non gli interessavano quelle
cose, non era molto socievole nemmeno lui, cioè faceva gruppo ed era
amichevole perchè la sua natura attirava gli altri, ma non era uno
altruista. La cosa era diversa.
Alexandre era altruista. Lui era solo
uno che socializzava.
Però con Mark faceva quei discorsi
alla Alexandre Pato!
Forse era stato troppo tempo con lui!
Mark lo guardò e lo lasciò andare non
sapendo cosa dire.
Kevin montò nell'auto e se ne andò
sgommando dal parcheggio privato del locale.
L'olandese rimase un istante ad
osservare la scia del carburante prima di vederla sparire e
dissolversi nell'aria. Solo a quel punto si chiese se non avesse
ragione.
Però affezionarsi e doversene andare
poi era peggio, ne era convinto, ora stava soffrendo tantissimo per
la mancanza dei suoi amici al Bayern... non voleva fare lo stesso
errore.
Non poteva immaginare che tanto,
qualunque decisione prendesse, inconsciamente era tutto già stato
deciso in una maniera umanamente incomprensibile.
Kevin raggiunse casa propria in pochi
secondi, si sentiva male, si sentiva interiormente male e non ne
capiva il motivo. Aveva avuto pochi approcci con lui e per di più
poco positivi tranne quell'unico momento di confidenza... e quel
sorriso splendido... ed ora era lì infastidito all'idea che se ne
andasse subito... che non voleva affezionarsi ed aprirsi... che non
intendeva restare.
Quando suo figlio l'abbracciò
oltretutto accadde un'altra cosa nuova, l'ennesima della giornata.
Kevin si sentì sporco.
Si sentì sporco in un modo
incomprensibile ed insolito, non spiegabile nemmeno a sé stesso ma
lo mise subito giù e a disagio anche solo nel guardarlo provò la
medesima sensazione solo diecimila volte amplificata guardando
Jennifer, sua moglie accorsa a salutarlo.
E, nel sentirsi in qualche modo
nell'errore, attaccò trattandola male per tutta la serata.
Odiandosi fino alla nausea per questo.
Irrimediabilmente.
Mark ripensò tutta la notte a quella
conversazione e non ne venne a capo.
Perchè mai affezionarsi ed impegnarsi
in quel senso se c'era la certa convinzione di andarsene a fine
contratto?
Il suo obiettivo non era conquistare
un'altra squadra, il suo obiettivo era riconquistare quella vecchia,
la sua unica e vera squadra.
Ai messaggi di Arjen non rispose e se
ne turbò poiché era la prima volta.
Mark continuò ad evitare Arjen, si
limitò a qualche dialogo di circostanza accuratamente oculato in
modo da non andare nei dettagli di una situazione che reputava strana
per la prima volta.
Il giorno dopo rivide Kevin agli
allenamenti e non esitò ad andare da lui e scusarsi.
Kevin rimase di sasso a guardarlo
dimentico in un istante di tutto. Persino il nervoso per la pessima
sensazione provata a casa, andò nel dimenticatoio. Per un attimo
tutto si sospese. Ogni cosa.
- Scusa per cosa? - Chiese senza
capire.
Mark si strinse nelle spalle in una
maniera molto semplice.
- Per averti fatto arrabbiare... mi
dispiace se ti ho seccato con quel discorso ma non ci ho pensato...
che forse può dare fastidio l'idea che non voglio restare. Cioè che
ho altri piani... - Un uomo sicuro di sé e così imponente con una
chiara fama di 'cemento armato' che poi si abbassava a scusarsi senza
il minimo problema?
Non era possibile...
- Ehm ecco... - Kevin era infatti senza
parole ed imbarazzato, si grattò la nuca e lo guardò senza saper
cosa dire. - Non so che dire io... cioè non è che... insomma, tu
puoi fare quello che vuoi... mi dispiace solo che non mediti di fare
radici qua, nel caso in cui tu possa farlo... - Non l'aveva pensata
prima, aveva parlato così senza rifletterci.
- Bè non si può mai sapere come vanno
queste cose. Sono stato sincero nel dire quali sono le mie intenzioni
ma poi alla fine sono istintivo, mi lascio trasportare... se mi trovo
bene qua e posso scegliere di restare potrei anche... - Kevin
sorrise. Lo fece immediato e senza respirare nemmeno. Riempì il
petto e sorrise in un modo estremamente dolce. Era solare. Era
felice.
Ed era sexy.
Mark inghiottì a vuoto e sorrise a sua
volta ebete, coinvolgente, sentito, sollevato. Al settimo cielo per
aver recuperato un qualcosa che aveva rischiato di perdere.
- Ottimo... spero allora che ti
troverai bene! - Era la prima volta che faceva il gentile e
l'amichevole.
L'euforia che invase la testa di Mark
la riconobbe subito, non era un ragazzino alle prese con i primi
istinti omosessuali. Ormai riconosceva al volo la sensazione... captò
tutti i sintomi subito e si preoccupò sentitamente.
I due scherzarono per tutto
l'allenamento e così fecero anche i giorni successivi diventando ben
presto a dir poco affiatati.
Tornato a casa quella sera Mark capì
con precisione cosa gli stava succedendo e si chiese se non fosse
troppo presto. Bè, non era tipo da fare filosofia, una volta che
capiva qualcosa gli era sufficiente.
“Mi sta piacendo il ragazzo... ecco
tutto... e so come andrà se il rapporto si rafforza come sembra...
mi succede sempre! L'ultimo è stato con Arjen... Arjen, cazzo... mi
sa che gli devo parlare seriamente... non penso gli piacerà la cosa
ma non so mentire...”
Così pensando decise di seguire la sua
solita linea onesta e lo chiamò.
La conversazione fu la cosa più
difficile ed ingrata mai fatta, specie perchè concluse con un
litigio e delle parole grosse, molto grosse.
Tanto non si erano lasciati molto bene
nemmeno a Monaco di Baviera...
Anche Kevin quella sera litigò con
Jennifer e trattò ignobilmente male anche suo figlio, quando lo vide
piangere per colpa sua uscì di casa realizzando che gli stava
succedendo qualcosa di serio e grave e che ignorarlo non avrebbe
portato a niente di buono.
Era ora di parlarne con qualcuno anche
se era appena all'origine.
Kevin a Milano aveva instaurato diversi
buoni rapporti anche se non delle solide amicizie. Si trovava bene
col gruppo dei brasiliani e trovava Thiago ed Alex molto adatti a
delle confidenze. Anche con Zlatan andava d'accordo.
Ma non capì perchè invece che
scrivere a lui si trovò a scrivere a Mark e a chiedergli di
raggiungerlo al locale dell'altra sera.
Pensò con nervo teso che non sarebbe
venuto e passò ad insultarsi e deciso a scolarsi un super alcolico,
si sentì prendere il bicchiere di mano e metterlo in un altro
tavolo.
L'imprecazione si spense in gola quando
vide lui, alto e atletico, sedersi al tavolo.
Capì che davvero qualcosa non andava
se si perdeva a pensare che la sua vita era stretta e le sue spalle
molto larghe.
Inghiottì a vuoto, si strofinò il
viso e sospirò.
- Che succede? - Chiese Mark
preoccupato. Era evidente avesse qualcosa.
- Mi sta succedendo qualcosa... io non
so... cioè... è normale litigare con la moglie ogni tanto ma non è
questo... e non è nemmeno perché è da ieri sera che lo sto facendo
costantemente in modo inspiegabile per ogni sciocchezza insensata...
cioè sto facendo lo stronzo davvero ma non è questo. È la
sensazione. Mi sento sporco e la cosa mi accade anche nei confronti
di mio figlio! - Mark sgranò gli occhi.
Conosceva molto bene la sensazione, la
situazione e la confusione.
Cercò di non fare espressioni ma si
torse la bocca con le dita e poi cercò di fare la persona calma
quale non era.
Stava succedendo davvero e non ne
capiva il motivo. Perchè a lui? Perchè così in fretta?
- Perchè da ieri sera? - Chiese come
se fosse una domanda intelligente. Kevin lo guardò stralunato.
- Che cazzo ne so! Ho la sensazione da
quando sono tornato dopo aver parlato con te, pensavo fosse perchè
avevamo litigato ma anche oggi che abbiamo fatto pace è stato peggio
con lei... e poi mi turba che c'entra anche mio figlio! Io non so
cosa sia... - Era davvero agitato e preoccupato e quando lo era
diventava una specie di anima in pena, tendeva all'aggressivo ed era
pure insopportabile.
Mark voleva distrarlo e deviarlo dalla
via che stava percorrendo ma per esperienza sapeva bene che quelle
cose erano inevitabili una volta che si iniziava. Era la natura. Non
la combattevi. L'assecondavi per non impazzire. Anche se era la cosa
più sbagliata del mondo.
Bè, per la natura era giusto...
- E... come mai hai chiamato me per
parlarne? Non hai altri amici? - Kevin se ne seccò altamente e
battendo la mano sul tavolo si protese per insultarlo.
- Fanculo! Ho amici però ho pensato di
dirlo a te, penso che sia colpa tua in qualche modo! Che cazzo ne so!
Ha senso? - Non sapeva cosa stava dicendo ma il novanta percento
delle volte era così per cui che problema c'era?
Mark sospirò e scosse il capo
rallentando i bollenti spiriti, quindi mise le mani anche lui sul
tavolo ben aperte aderenti alla superficie. Questo calmò
effettivamente Kevin che le fissò perchè erano tanto vicino alle
sue.
- In un certo modo sì, ha senso ma...
io penso che tu debba aspettare ancora un po' prima di parlarne... ti
serve tempo per esserne sicuro... ti servono altri indizi... - Non
voleva buttarlo nella mischia brutalmente, cercava goffamente di
essere dolce e ragguardevole.
- Cos'è, una caccia al tesoro? -
L'uscita gli venne spontanea e rise un sacco, Mark, a sentirlo.
- Dai, piantala e dimmi cosa c'è? Sono
in crisi con lei? Mi lascerà? - Questa era la parte più facile da
capire.
Mark scosse il capo con fermezza.
- Lo capirai presto da solo... -
- Perchè cazzo tu lo sai? - Kevin
aveva istinti omicidi.
- Ci... ci sono passato in un certo
senso... bè direi in pieno... - Non ce la faceva più.
- E allora dimmi cosa c'è! - No, non
poteva dirlo e senza transigere e cedere si alzò e gli strinse la
spalla con la mano elettrizzandosi a vicenda come non mai... ci
rimasero un istante, un istante infinito.
- Lo devi capire da solo. - Ma a Kevin
non piacque anche se fu felice del rapporto appena conquistato con
lui.
Rimase su una nuvola effervescente per
tutta la notte, riuscì a tornare a casa sereno e tranquillo e a non
litigare con Jennifer, baciò suo figlio e si oscurò solo quando
sentì la consueta sensazione di sporco addosso.
Poi ripensò a Mark e si rilassò
ancora.
Non sapeva perchè ma quell'uomo lo
calmava e nessuno gli aveva mai fatto quell'effetto.