CAPITOLO X
DEI TRISTI SALUTI

Kevin e Mark non giocarono per i rispettivi infortuni, restarono insieme per tutto il resto del tempo, inseparabili, quasi a completo ed unico contatto.
Poi quando furono annunciati i nomi di quelli in partenza alla fine di quell'anno, scoppiò la tristezza generale ma tutti furono colpiti dalle lacrime del Generale nella sua conferenza stampa d'addio.
Era rimasto lì con loro un anno e mezzo, era il giocatore che aveva in carriera collezionato più cartellini gialli perchè era irascibile in campo ed ora era lì a piangere davanti a tutti, commosso all'idea di lasciare la sua squadra.
Mai, mai, mai avrebbe detto di potersi legare tanto a tutti loro.
Era sicuramente tanto per Kevin ma non poteva negare che quelle lacrime erano anche per gli altri.
Vivere lì era stata una parentesi, ma una delle più belle.
Era andato via con rabbia da Monaco dopo molti anni di gioco, da loro, dopo molto meno, se ne andava in lacrime.
Gli sarebbero mancati.
Gli sarebbero mancati ogni giorno in una maniera talmente inaspettata da non saper più che altro dire.

Dopo quella conferenza stampa sconvolgente seguita da molte altre altrettanto tristi, tutta la squadra si radunò attorno ai ragazzi in partenza, molti senatori più, appunto, uno degli ultimi, Mark. Nessuno poteva capire come potesse essere entrato in tutti loro in poco tempo ma così era stato ed in quella notte magica ed indimenticabile ricca di ricordi, aneddoti, risate e lacrime, Zlatan trovò un momento per Kevin, il suo amico.
Erano tutti radunati nella sala comune a parlare quando Kevin sospirando si staccò per prendere un po' aria. Gli serviva dell'aria per resistere ancora. Stava per cedere. Non doveva. Aveva giurato a sé stesso di farcela almeno fino a che lui non sarebbe stato lì.
Zlatan vedendolo andare a prendere una boccata d'aria fuori, lo seguì a ruota.
Era caldo, le porte finestre erano aperte e l'aria notturna comunque dava afa.
Lo vide sedersi su un gradino e guardare fuori, un cielo scuro che non mostrava le stelle, come al solito.
Pensieroso. Serio.
Zlatan si sedette con lui. Non era tipo da cercare qualcuno per ricevere le sue confidenze ma a volte faceva un'eccezione.
- Come mai sei così calmo? Da quanto lo sai? - Glielo voleva chiedere da un po' ma beccarlo era impossibile.
Kevin lo guardò brevemente e poi tornò in alto. I due parlavano in inglese quando erano da soli.
- Qualche settimana. - Rispose solo.
- E' triste. - Disse Zlatan stupendo Kevin che tornò a guardarlo.
- Non dirlo a me! -
- E perchè sei così forte, invece? Pensavo saresti crollato... -
Zlatan non aveva peli sulla lingua.
Kevin lo apprezzò e con un'amarezza adulta che lo svedese non avrebbe mai dimenticato, rispose.
- Mi vedrai appena se ne andrà... avrò bisogno di tutto il sostegno possibile. Spero non mi abbandonerai in quel momento, perchè fidati. Ne avrò bisogno. - Zlatan rabbrividì a quella lucidità e a quella richiesta d'aiuto anticipata. Non l'aveva mai fatto perchè vicino aveva sempre avuto Mark. Nessuno aveva mai avuto bisogno di sostenerlo e tirarlo su. Capì che da ora sarebbe toccato a lui e gli sembrò come che Mark gli passasse una sorta di testimone od eredità.
Veniva chiamato Generale per il suo modo di giocare e di dirigere tutti in campo ma anche per il carattere che sapeva sostenere chiunque. Da vero capitano. O generale.
Zlatan si sentì così.
Mark non era lì, non gli aveva detto niente e probabilmente non l'avrebbe fatto.
Però gli mise una mano sul ginocchio piegato e strinse dicendo senza parole che ci sarebbe stato.
Quello era Zlatan. C'era senza parole e quando le aveva erano incisive, dirette e sempre utili, colpivano in ogni caso.
A Kevin andava a genio come a tutti gli altri e sospirò pensando che con lui e magari anche gli altri ce l'avrebbe potuta fare.
Lo sperò davvero.

Mark però glielo disse.
Vedendoli parlare soli, una volta che la bolgia fu obbligata a dormire almeno qualche ora, Mark trattene Zlatan aspettando che tutti salissero alle rispettiva camere.
Fu una cosa molto breve e veloce, niente smancerie o discorsi stucchevoli che non sarebbero stati da lui.
Mani nelle tasche, schiena dritta, sguardo fisso nel suo. Zlatan lo ricambiò stupito ed attese.
Silenzio tutt'intorno, da fuori i versi degli animali notturni ed una brezza sempre più afosa.
Il buio per lo più, una sola luce da spegnere.
I cuori calmi dopo le risa e le lacrime di tutti per ore ed ore.
I cuori ormai rassegnati di chi sapeva. Sapeva bene tutto.
- Assicurati solo che non affondi, per favore. - Non servì dire nomi né dare spiegazioni.
Sapevano.
Zlatan annuì e fece un sorrisino sicuro dei suoi, poi lo rassicurò con una stretta sulla spalla, Mark ricambiò stringendo la sua e per un momento non servirono parole. Annuirono ancora. Si ringraziarono, si dissero che si ammiravano e rispettavano.
Poi Zlatan concluse con solennità, sapendo che Mark andava in Olanda per chiudere col calcio. La sua carriera, la sua vita. Una cosa davvero difficile, dopotutto, per chiunque.
- E' stato un onore giocare con te. - Mark non nascose la commozione. Sorrise mentre gli occhi gli brillavano ed una lacrima traditrice gli scivolava lungo la guancia.
- Lo è stato anche per me. - Perchè si arrivava ad un punto in cui ci si guardava indietro e si pensava a tutto quello che si aveva fatto. Era molto.
E poi si ripensava alle persone incontrate.
E ci si emozionava per quelle speciali.
Mark si sarebbe sempre emozionato ripensando a Zlatan, mentre non avrebbe mai smesso di pensare a Kevin ma con un'accezione diversa. Kevin era stato il suo amore e magari, chi lo poteva sapere poi... lo sarebbe anche sempre stato. O lo sarebbe stato ancora per un bel periodo... mentre Zlatan era stato un suo compagno di squadra. Uno dei migliori giocatori con cui aveva avuto l'onore di giocare.
Zlatan sarebbe stato lì insieme a molti altri che Mark non avrebbe mai dimenticato.
Dopo di questo si separarono, salirono insieme le scale e prima di entrare uno nella camera di Alex e l'altro in quella di Kevin, si guardarono, si sorrisero, si salutarono, chiusero la luce del corridoio ed entrarono nelle camere.
Sipario.


Zlatan si prese realmente l'impegno solenne di sostenere il gruppo, specie ora innanzi a tutte quelle partenze importanti.
Kevin stesso si aggrappò molto a lui ancora prima della partenza effettiva di Mark, conscio che solo lui avrebbe potuto dargli la forza di non crollare.
Staccarsi con gli Europei e poi le vacanze estive fu un buon espediente.
Riuscì a resistere.
Il problema fu dopo e fu anche per un grave evento che prese tutti in contropiede. In assoluto un colpo che dopo le partenze dei senatori e di Mark, per Kevin non sarebbe dovuto verificarsi mai.

- Dai, pensa che sia come l'anno scorso. Solo le vacanze estive. Non pensare a dopo... - Disse Mark carezzandogli il petto e soffermandosi sui capezzoli.
Kevin si impegnava per non piangere ed il sesso era stato terapeutico.
- Però poi tornare a Milanello e non rivederti... - Kevin cercava ma non era facile.
- Dai, tormenterai Zlatan tutte le notti! Lui è un po' come me, riesce ad infondere forza a tutti. Sembra lui il capitano... - Era vero, non lo potevano negare, per questo Kevin aveva legato con lui. Era attratto da quel tipo di persone ma mentre di Mark era innamorato, di Zlatan ovviamente no. Era la figura importante che l'avrebbe sostenuto, un buon amico, uno dei migliori lì dentro.
Kevin si sedette a cavalcioni sopra di lui, aveva riposato abbastanza.
Cominciò con un sorrisino furbo a strofinarsi sul suo bacino col proprio, Mark lo tenne per i fianchi accompagnandolo.
Non voleva pensarci, per questo lo rifaceva.
Era la loro ultima notte, poi sarebbe partito per la nazionale e dopo di che sarebbe stato il trasloco e poi le ferie e poi il ritiro del nuovo anno e poi...
Non riuscì più pensare per l'eccitazione che tornò a salire.
Kevin aveva un corpo fantastico ma ancor più un fare estremamente erotico, era sexy e lo sapeva.
Non riusciva mai a resistere quando lo guardava.
Cominciò a gemere e ad abbandonarsi a lui.
- Mi mancherai un casino lo sai... -
- Anche tu... -
- Non ti sto lasciando... -
- Lo so... -
- Ci vedremo quando potremo... ci sentiremo tutte le volte che vuoi... ogni giorno, ogni ora... -
- A tuo rischio e pericolo... -
Kevin si prese il suo membro ormai eretto e se lo infilò dentro, si inarcò, si raddrizzò ed eccitante come un gatto sinuoso cominciò a muoversi e cavalcare alzandosi ed abbassandosi. La testa all'indietro, gli occhi chiusi, i gemiti.
- Kevin... devi tenere duro... - Era il suo pensiero fisso, il suo unico pensiero. Che ce la facesse, che non mollasse...
Kevin gemette mentre aumentò i movimenti su di lui.
- Non mollare mai a qualunque costo... chiamami sempre quando stai male... e se hai bisogno di uno che ti picchi vai da Zlatan che lui lo farà! - Ne era certo. Sarebbe stato importante.
Kevin alzò le mani sulla testa, i brividi lo stavano uccidendo.
- Lo farai? - Kevin aprì gli occhi e lo guardò. Anche Mark parlava fra i gemiti ma non poteva non dire quelle cose per l'ennesima volta e forse l'ultima.
- Sì... lo farò... -
- Lo prometti? - Ancora più a fondo.
- Sì... lo prometto... ce la farò... - E voleva sperare di riuscirci davvero.
Mark si rilassò e riuscì a godere anche meglio, la voci si unirono e fu vicino all'apice che gli prese le mani, intrecciò le dita e disse.
- Ti amo... -
Kevin pianse ancora.
- Ti amo... - E anche Mark lo stava facendo.
Poi sarebbe partito e sarebbe stato tutto diverso.
L'orgasmo li riscaldò di nuovo e se lo impressero a fuoco nell'anima, non si sarebbero mai dimenticati e ad ogni costo, ci avrebbero provato sempre e sempre.
Non si stavano lasciando, stavano per cambiare la loro vita ed affrontare una sfida effettivamente importante e dura.
Una sfida che non potevano far altro che accettare ed affrontare.
Ma lì, in quel momento, insieme, dopo aver fatto l'amore due volte, abbracciati e con la consapevolezza di essere sostenuti da persone importanti, si sentivano forti. Si sentivano capaci. Si sentivano ancora possibilitati a far tutto.


Mark salì sull'aereo per la nazionale poco prima di Zlatan che fece altrettanto per raggiungere la propria.
Gli europei erano alle porte ed erano quasi tutti con le nazionali... anche il Brasile si riuniva per le Olimpiadi.
Kevin sarebbe rimasto solo ma decise di convincersi che era solo una pausa normale come le altre per la nazionale seguita dalle solite ferie. Voleva pensare alla separazione solo al ritorno in ritiro a Milanello, a Luglio.
Aveva deciso avrebbe fatto così. Quando avrebbe messo piede nella nuova squadra e non avrebbe visto Mark allora sarebbe potuto stare male, in quel caso però ci sarebbe stato Zlatan a sostenerlo.
Quelli erano i suoi piani e se li ripeté come un mantra per l'ennesima volta guardando il sorriso di Mark prima che sparisse oltre il gate.
Una brutta sensazione. Tremenda. Pessima.
Lo stomaco gli si contrasse.
Non era certo l'ultima volta che lo vedeva, l'avrebbe in ogni caso rivisto.
Però segnava la fine di un periodo splendido e l'inizio di uno difficilissimo.
Poi guardò Zlatan accanto. Era solo e con le valige in mano, stava per prendere anche lui l'aereo, avevano solo un paio di ore da passare.
Li aveva accompagnati Kevin, l'unico senza impegni da nazionale.
Alex e Thiago erano già partiti per la loro e Roby era partito con loro per il Brasile a fare le sue vacanze.
Si voltò, dunque, e lo guardò. Alzò lo sguardo sul suo profilo serio e corrucciato e pensò precisamente che la sensazione sgradevole comprendeva anche lui in qualche modo.
Non sapeva capire in che modo.
Fece una smorfia cupa e scosse il capo chiedendogli se volesse andare a bere qualcosa.
Erano in una zona dell'aeroporto protetta dalla gente, quindi decisero di non muoversi molto.
Parlarono molto, Zlatan gli fece capire che non doveva pensare a Mark e non doveva vederlo come un addio, che non cambiava il loro rapporto. Doveva capirlo. E poi gli disse di divertirsi con quella donna e farsi una bella vacanza.
Kevin pensò che il sesso con Melissa era piuttosto piacevole ma non certo paragonabile a quello con Mark. Bè, lei sostanzialmente non era lui ma dalla sua aveva il fatto di essere donna.
Si fece qualche piano decidendo di pomiciare con lei come un porco in spiaggia consapevole dei media pronti a paparazzarli. Jenny si sarebbe convinta meglio che era di nuovo etero anche se stava ancora con Mark, in realtà.
Parlò molto con lui, poi venne il momento di salutarlo e fu strano perchè la sensazione provata prima nel guardare Mark, ora tornò.
Stava male.
C'era qualcosa che stonava.
Zlatan passò oltre il gate e Kevin rimase lì imbronciato a guardarlo. Quasi... quasi che quello potesse essere una specie di saluto dello stesso tipo avuto con Mark. O simile.
Non volle darci peso, si voltò e se ne andò cercando di concentrarsi sulla missione 'convinciamo Jen che sono etero mentre mi faccio Meli'.
Non poteva immaginare di dover dare retta a quelle sensazioni...